il razzismo naviga in internet, soprattutto nei social-media

misoginia, omofobia e odio online

le regioni e le città più intolleranti

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La mappa dell’intolleranza, creata da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, inquadra le aree geografiche dove i messaggi di odio via Twitter sono più intensi e i periodi nei quali le violenze si intensificano. Per il settimo anno consecutivo le donne svettano quale categoria più odiata via Twitter.

Odio online, intolleranza, tweet e messaggi violenti all’indirizzo di donne, persone omosessuali, migranti, persone con disabilità, ebrei e musulmani. La mappa dell’intolleranza creata da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, fotografa nel dettaglio l’odio via social. Il rapporto, realizzato in collaborazione con alcuni poli universitari italiani, monitora quali sono le città dove la geolocalizzazione dei tweet che contengono parole considerate sensibili è più alta.

Com’è stata realizzata la mappa

La mappa prende in analisi il periodo gennaio-ottobre 2022 e mira a identificare le zone dove l’intolleranza è maggiormente diffusa nei confronti di 6 gruppi: donne, persone omosessuali, migranti, persone con disabilità, ebrei e musulmani. Sono stati estratti 629.151 tweet dei quali 583.067 negativi (il 93% circa vs. 7% positivi). Una relazione che assume particolare significato a ridosso del Giorno della memoria, il 27 gennaio, data nella quale l’antisemitismo registra un picco di messaggi. Ecco quali sono le città più intolleranti e quali sono le categorie più prese di mira dall’odio online.  

Omofobia

Dopo anni di indifferenza, o quasi, da parte degli odiatori online, le persone omosessuali sono di nuovo prese di mira. Non accadeva dal 2016. Un’inversione di tendenza, che evidenzia un attacco ai diritti della persona. Tra le zone più intolleranti, il Veneto, la Calabria e la città di Bari.

Infografica sull’omofobia – Vox Osservatorio sui diritti

Antisemitismo  

A Roma e nel Lazio si registra l’antisemitismo più forte. L’odio, si legge, contro gli ebrei diminuisce, ma si radicalizza e si concentra nelle date simbolo, come la Giornata della Memoria. Esplode anche in occasione delle aggressioni contro gli ebrei in alcune città. E si lega alle manifestazioni antisemite internazionali.

Disabilità

UmbriaSardegna e Sicilia le Regioni con l’incidenza più alta di tweet d’odio indirizzati a persone con disabilitàBolognaCaserta e Novara le città con più concentrazione di tweet intolleranti.

Islamofobia 

PiemonteNord Est ed Emilia sono tra le zone a più alto tasso di tweet islamofobi. A fomentare l’odio via social, eventi internazionali legati al terrorismo, come la sentenza di Parigi per l’attentato al Bataclan. O l’uccisione in Siria durante un raid aereo Usa di due terroristi dell’Isis.

Misoginia

CasertaTerni e Bologna, le città con l’incidenza più alta di tweet d’odio contro le donne. Per il settimo anno consecutivo le donne svettano quale categoria più odiata via Twitter. È un triste primato, che si accompagna all’innalzamento dei picchi di odio in concomitanza con i femminicidi, segno tragico del rapporto sempre più stretto tra lo sciame d’odio online e la violenza agita.

Xenofobia  

L’arrivo dei barconi dei migranti e dei profughi dall’Ucraina hanno scatenato intolleranza e odio. Le polemiche politiche e l’attenzione dei media riaccendono l’attenzione degli hater, che colpiscono soprattutto in VenetoLazio e Puglia, con una concentrazione maggiore tra Venezia, Verona e l’area tra Terni e Roma.

Odio online: i risultati della relazione

Secondo il rapporto, nel 2022 la rilevazione, che ha riguardato il periodo gennaio-ottobre, “ha attraversato un periodo di forti turbolenze, segnate dalla guerra in Ucraina, dalla crisi energetica, dalle elezioni politiche, con un cambio di governo, e dall’inflazione: così anche quest’anno ansie, paure, difficoltà si sono affastellate nel vissuto quotidiano delle persone, contribuendo a creare un tessuto endemico di tensione e polarizzazione dei conflitti. Un dato su tutti fotografa al meglio la realtà che oggi rappresenta l’odio online e il ruolo di cinghia di trasmissione che i social svolgono tra i mass media tradizionali, la politica e alcune sacche di forte malcontento, che trovano sfogo ed espressione proprio nelle praterie dei social. La forte polarizzazione rappresentata dall’aumento evidente e notevolissimo delle percentuali dei tweet negativi a fronte del totale dei tweet rilevati. Il che indica una maggiore radicalizzazione dei discorsi d’odio. Come precisa il rapporto, le aree prive di colorazione, non indicano assenza di tweet discriminatori, ma luoghi che mostrano una percentuale più bassa di tweet negativi rispetto alla media nazionale”.

I picchi di odio a seconda degli eventi più importanti

“Contro le donne, in occasione dell’elezione di Giorgia Meloni a presidente del Consiglio e della sua scelta di usare il maschile per il suo titolo. Drammatica, la concomitanza dei picchi d’odio con i femminicidi, come purtroppo le rilevazioni della Mappa dell’Intolleranza evidenziano da anni”.

“Contro le persone con disabilità, in concomitanza con un’omelia di papa Francesco che invitava a considerare la disabilità una sfida per costruire insieme una società più inclusiva. E in seguito alla notizia di un taxista veronese, rifiutatosi di prendere a bordo un disabile”.

“Nei riguardi delle persone omosessuali, in occasione del monologo di Checco Zalone al festival di Sanremo, che ha raccontato una favola LGBTQ, e in generale in concomitanza con aggressioni omofobe”.

“Contro i migranti, in occasione degli sbarchi e dei discorsi di papa Francesco improntati all’accoglienza e all’inclusione”.

“Contro gli ebrei, in occasione della Giornata della Memoria e ogni qualvolta si verifichino aggressioni contro ebrei, di stampo antisemita”.

“Contro i musulmani, in occasione della sentenza per l’attentato a Parigi al Bataclan e dell’uccisione in Siria da parte degli americani di due dirigenti dell’Isis”.

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il commento al vangelo della domenica

quell’invito a diventare pescatori d’uomini

il commento di E. Ronchi al vangelo della terza  domenica del tempo ordinario – Anno A

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao. (…) Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.

Tace la voce potente del deserto, ma si alza una voce libera sul lago di Galilea. Esce allo scoperto, senza paura, un imprudente giovane rabbi, e va ad affrontare, solo, problemi di frontiera, di vita e di morte, nella meticcia Galilea, crogiolo delle genti. A Cafarnao, sulla via del mare: una delle strade più battute da mercanti ed eserciti, zona di contagio, di contaminazioni culturali e religiose, e Gesù la sceglie. Non è il monte Sion degli eletti, ma Cafarnao che accoglie tutti. C’è confusione sulla Via Maris, e insieme ombra, dice il profeta, come la nostra esistenza spesso confusa, come il cuore che ha spesso un’ombra…, e Gesù li sceglie. Cominciò a predicare e a dire: convertitevi perché il regno dei cieli è vicino. Sono le parole sorgive, il messaggio generativo del vangelo: Dio è venuto, è all’opera, qui tra le colline e il lago, per le strade di Cafarnao, di Magdala, di Betsaida.

E fa fiorire la vita in tutte le sue forme. Lo guardi, e ti sorprendi a credere che la felicità è possibile, è vicina. Gesù non darà una definizione del Regno, dirà invece che questo mondo porta un altro mondo nel grembo; questa vita ha Dio dentro, una luce dentro, una forza che penetra la trama segreta della storia, che circola nelle cose, che le spinge verso l’alto, come seme, come lievito. Allora: convertitevi! Cioè: celebriamo il bello che ci muove, che ci muove dal di dentro. Giratevi verso la luce, perché la luce è già qui. Non una ingiunzione, ma una offerta: sulla via che vi mostro il cielo è più azzurro, il sole più bello, la strada più leggera e più libera, e cammineremo insieme di volto in volto. La conversione è appunto l’effetto della mia «notte toccata dall’allegria della luce» (Maria Zambrano). Gesù cammina, ma non da solo. Ama le strade e il gruppo, e subito chiama ad andare con lui.

Che cosa mancava ai quattro pescatori per convincerli a mollare barche e reti e a rischiare di perdere il cuore dietro a quel giovane rabbi? Avevano il lavoro, anzi una piccola azienda di pesca, una casa, la famiglia, la sinagoga, la salute, la fede, tutto il necessario per vivere, eppure mancava qualcosa. E non era un codice morale migliore, dottrine più profonde o pensieri più acuti. A loro mancava un sogno. Gesù è venuto per la manutenzione dei sogni dell’umanità, per sintonizzarli con la salute del vivere. I pescatori sapevano a memoria le migrazioni dei pesci, le rotte del lago. Gesù offre la mappa del mondo e del cuore, cento fratelli, il cromosoma divino nel nostro Dna, una vita indistruttibile e felice. Gli ribalta il mondo: “sapete che c’è? non c’è più da pescare pesci, c’è da toccare il cuore della gente”. C’è da aggiungere vita.

(Letture: Isaia 8,23b-9,3; Salmo 26; Prima Lettera ai Corinzi 1,10-13.17; Matteo 4,12-23)

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i contrasti dentro la chiesa cattolica e l’opposizione a papa Francesco

“la chiesa divisa”
di Enzo Bianch

Questi sono giorni in cui emergono in modo molto più evidente i contrasti, le conflittualità e le “guerre” all’interno della chiesa cattolica. La morte di Benedetto XVI, l’incauta rivelazione postuma di alcune delle sue parole e dei suoi sentimenti da parte del segretario particolare e lo svelamento dell’identità dell’autore del memoriale attribuito al Cardinal Pell – vero grido di allarme sulla situazione della chiesa –, sono fatti che hanno scosso e scuotono i credenti quotidiani, che non sempre comprendono la materia diventata tanto conflittuale, ma soffrono di questa situazione così nuova per “la gente cattolica”, in balìa del chiacchiericcio delle sacrestie e delle denunce fatte dai media.

L’esito – va detto – non sarà il tanto temuto e paventato “scisma” di una porzione di cattolici, perché questo non è più tempo di fondazioni, ma sarà un silenzioso abbandono della chiesa da parte di molti che si sentono frustrati, stanchi e sovente amareggiati da tante liti fraterne che si consumano con schizofrenia ipocrita: da un lato una corsa al dialogo con i non cattolici, con i credenti delle altre religioni, e si realizzano cooperazioni tra chiese mai viste nella storia del cristianesimo; dall’altro lato c’è intolleranza, non sopportazione di chi, pur cattolico, condivide la stessa fede con uno stile diverso nella liturgia o nel modo di collocarsi nel mondo. Qui la lotta, l’antagonismo sono feroci con delegittimazione reciproca e impossibilità di riconoscere la fraternità che pure ha fondamento nell’unico battesimo.

In una vita ecclesiale così attraversata da polarizzazioni c’è però una novità: gli attacchi, il rigetto, l’insulto verso il papa, attualmente Francesco. La critica al papa era già presente nella chiesa degli ultimi tempi, critica aperta almeno dal pontificato di Paolo VI e poi dei suoi successori, ma le accuse o erano morali (e a tanto si giunse con l’integro papa Montini!), o erano critiche per il governo. Con Papa Francesco invece gli attacchi sono diretti alla sua fede, viene attaccato proprio quello che è il suo carisma: confermare nella fede i fratelli, e si arriva fino alla delegittimazione e all’insulto.

Perché ci si spinge fino ad affermazioni che lo dicono papa eretico, idolatra della dea pagana Pachamama, un papa che distrugge la chiesa? C’è una sola risposta: perché papa Francesco ha osato e osa essere solo un servo del Signore, un cristiano obbediente unicamente all’Evangelo, un esperto di umanità, un uomo che non ha paura dei potenti di questo mondo! Quanto più Francesco fa apparire il Vangelo nella sua nudità tanto più scatenerà le potenze avverse contro di lui e contro la chiesa della quale è al servizio della quale è pastore e servo della comunione.

Nessuna adulazione! Anche papa Francesco, come ogni uomo, ha i suoi difetti, il suo carattere che può non piacere, il suo modo di parlare che può essere più o meno attraente, il suo modo di governare la chiesa che può essere criticato, ma per i cattolici è il successore di Pietro, è colui per il quale Gesù ha assicurato di pregare, è l’uomo fragile e limitato che va giudicato solo per come annuncia il Vangelo e presiede alla comunione plurale della chiesa. Lo sappiamo dai Vangeli: colui che è la “Pietra”, cioè il fondamento della fede, può diventare un fuscello, ma sappiamo anche che ci sarà un gallo che canterà e lo richiamerà.

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in morte di fratel Biagio Conte

 papa Francesco

ha consolato i poveri nei quali vedeva il volto di Gesù


“generoso missionario di carità e amico dei poveri”

è così che il Papa ricorda, unendosi all’unanime cordoglio, fratel Biagio Conte, scomparso ieri a Palermo dopo una lunga malattia, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e indirizzato all’arcivescovo della città, monsignor Corrado Lorefice.

Il Papa: ha consolato i poveri nei quali vedeva il volto di Gesù

Nel testo, Francesco sottolinea come il missionario laico scorgesse proprio nei poveri “il volto stesso di Gesù”, e come per loro si sia “instancabilmente prodigato offrendo loro consolazione, protezione e speranza”. Il Papa sottolinea quindi la

“coraggiosa testimonianza evangelica di questo discepolo di Cristo che ha accesso una fiamma d’amore nella città di Palermo e nel cuore di quanti lo hanno incontrato”.

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il commento al vangelo della domenica

 

Gesù, Agnello che toglie il peccato del mondo

il commento di E. Ronnchi al vangelo della seconda domenica del Tempo ordinario – Anno A

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

Il mondo ci prova, ha tentato, ma non ce la fa a fiorire secondo il sogno di Dio: gli uomini non ce la fanno a raggiungere la felicità. Dio ha guardato l’umanità, l’ha trovata smarrita, malata, sperduta e se n’è preso cura. È venuto, e invece del ripudio o del castigo, ha portato liberazione e guarigione.Lo afferma il profeta roccioso e selvatico, Giovanni delle acque, quando dichiara: ecco l’agnello che toglie il peccato del mondo. Sono parole di guarigione, eco della profezia di Isaia, rilanciata dalla prima Lettura: ecco il mio servo, per restaurare le tribù di Giacobbe. Anzi, è troppo poco: per portare la mia salvezza fino all’estremità della terra.Giovanni parlava in lingua aramaica, come Gesù, come la gente del popolo, e per dire “ecco l’agnello” ha certamente usato il termine “taljah”, che indica al tempo stesso “agnello” e “servo”. E la gente capiva che quel giovane uomo Gesù, più che un predestinato a finire sgozzato come un agnello nell’ora dei sacrifici nel cortile del tempio, tra l’ora sesta e l’ora nona, era invece colui che avrebbe messo tutte le sue energie al servizio
del sogno di Dio per l’umanità, con la sua vita buona, bella e felice.Servo-agnello, che toglie il peccato del mondo. Al singolare. Non i peccati, ma piuttosto la loro matrice e radice, la linfa vitale, il grembo che partorisce azioni che sono il contrario della vita, quel pensiero strisciante che si insinua dovunque, per cui mi importa solo di me, e non mi toccano le lacrime o la gioia contagiosa degli altri, non mi importano, non esistono, non ci sono, non li vedo. Servo-agnello, guaritore dell’unico peccato che è il disamore. Non è venuto come leone, non come aquila, ma come agnello, l’ultimo nato del gregge, a liberarci da una idea terribile e sbagliata di Dio, su cui prosperavano le istituzioni di potere in Israele. Gesù prende le radici del potere, le strappa, le capovolge al sole e all’aria, capovolge quella logica che metteva in cima a tutto un Dio dal potere assoluto, compreso quello di decretare la tua morte; e sotto di lui uomini che applicavano a loro volta questo potere, ritenuto divino, su altri uomini, più deboli di loro, in una scala infinita, giù fino all’ultimo gradino. L’agnello-servo, il senza potere, è un “no!” gridato in faccia alla logica del mondo, dove ha ragione sempre il più forte, il più ricco, il più astuto, il più crudele.
E l’istituzione non l’ha sopportato e ha tolto di mezzo la voce pura, il sogno di Dio. Ecco l’agnello, mitezza e tenerezza di Dio che entrano nelle vene del mondo, e non andranno perdute, e porteranno frutto; se non qui altrove, se non oggi nel terzo giorno di un mondo che sta nascendo.

(Letture: Isaia 49,3.5-6; Salmo 39; Prima lettera ai Corinzi 1,1-3; Giovanni 1,29-34)

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il commento al vangelo della domenica

 il battesimo

l’immergersi in un oceano d’amore

Il Battesimo, l’immergersi in un oceano d’amore

il commento di E. Ronchi al vangelo della domenica del battesimo del Signore Anno A

Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. E una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Tramonto a Patmos, l’isola dell’Apocalisse. Stavamo seduti davanti al fondale magico delle isole dell’Egeo, in contemplazione silenziosa del sole che calava nel mare, un monaco sapiente e io. Il monaco ruppe il silenzio e mi disse: lo sai che i padri antichi chiamavano questo mare «il battistero del sole»? Ogni sera il sole scende, si immerge nel grande bacile del mare come in un rito battesimale; poi il mattino riemerge dalle stesse acque, come un bambino che nasce, come un battezzato che esce. Indimenticabile per me quella parabola che dipingeva il significato del verbo battezzare: immergere, sommergere. Io sommerso in Dio e Dio immerso in me; io nella sua vita, Lui nella mia vita. Siamo intrisi di Dio, dentro Dio come dentro l’aria che respiriamo, dentro la luce che bacia gli occhi; immersi in una sorgente che non verrà mai meno, avvolti da una forza di genesi che è Dio. E questo è accaduto non solo nel rito di quel giorno lontano, con le poche gocce d’acqua, ma accade ogni giorno nel nostro battesimo esistenziale, perenne, in-finito: «siamo immersi in un oceano d’amore e non ce ne rendiamo conto» (G. Vannucci). La scena del battesimo di Gesù al Giordano ha come centro ciò che accade subito dopo: il cielo si apre, si fessura, si strappa sotto l’urgenza di Dio e l’impazienza di Adamo. Quel cielo che non è vuoto né muto. Ne escono parole supreme, tra le più alte che potrai mai ascoltare su di te: tu sei mio figlio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento. Parole che ardono e bruciano: figlio, amore, gioia. Che spiegano tutto il vangelo. Figlio, forse la parola più potente del vocabolario umano, che fa compiere miracoli al cuore. Amato, senza merito, senza se e senza ma. E leggermi nella tenerezza dei suoi occhi, nella eccedenza delle sue parole. Gioia, e puoi intuire l’esultanza dei cieli, un Dio esperto in feste per ogni figlio che vive, che cerca, che parte, che torna. Nella prima lettura Isaia offre una delle pagine più consolanti di tutta la Bibbia: non griderà, non spezzerà il bastone incrinato, non spegnerà lo stoppino dalla fiamma smorta. Non griderà, perché se la voce di Dio suona aspra o impositiva o stridula, non è la sua voce. Alla verità basta un sussurro. Non spezzerà: non finirà di rompere ciò che è sul punto di spezzarsi; la sua mania è prendersi cura, fasciando ogni ferita con bende di luce. Non spegnerà lo stoppino fumigante, a lui basta un po’ di fumo, lo circonda di attenzioni, lo lavora, fino a che ne fa sgorgare di nuovo la fiamma. “La vita xe fiama” (B. Marin) e Dio non la castiga quando è smorta, ma la custodisce e la protegge fra le sue mani di artista della luce e del fuoco.

(Letture: Isaia 42,1-4.6-7; Salmo 28; Atti degli Apostoli 10,34-38; Matteo 3,13-17) 

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il commento al vangelo della domenica

benedetti da chi ha volto e cuore luminosi
solennità Maria Santissima Madre di Dio

il commento di E. Ronchi al vangelo della ottava di natale

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

Otto giorni dopo Natale, il Vangelo ci riporta alla grotta di Betlemme, all’unica visita riferita da Luca, quella dei pastori odorosi di latte e di lana, sempre dietro ai loro agnelli, mai in sinagoga, che arrivano di notte guidati da una nuvola di canto. E Maria, vittima di stupore, tutto custodiva nel cuore! Scavava spazio in sé per quel bambino, figlio dell’impossibile e del suo grembo; e meditava, cercava il senso di parole ed eventi, di un Dio che sa di stelle e di latte, di infinito e di casa. Non si vive solo di emozioni e di stupori, e lei ha tempo e cuore per pensare in grande, maestra di vita che ha cura dei suoi sogni.

All’inizio dell’anno nuovo, quando il tempo viene come messaggero di Dio, la prima parola della Bibbia è un augurio, bello come pochi: il Signore disse: Voi benedirete i vostri fratelli (Nm 6,22) Voi benedirete… è un ordine, è per tutti. In principio, per prima cosa anche tu benedirai, che lo meritino o no, buoni e meno buoni, prima di ogni altra cosa, come primo atteggiamento tu benedirai i tuoi fratelli. Dio stesso insegna le parole: Ti benedica il Signore, scenda su di te come energia di vita e di nascite. E ti custodisca, sia con te in ogni passo che farai, in ogni strada che prenderai, sia sole e scudo.

Faccia risplendere per te il suo volto. Dio ha un volto di luce, perché ha un cuore di luce. La benedizione di Dio per l’anno che viene non è né salute, né ricchezza, né fortuna, né lunga vita ma, molto semplicemente, la luce. Luce interiore per vedere in profondità, luce ai tuoi passi per intuire la strada, luce per gustare bellezza e incontri, per non avere paura. Vera benedizione di Dio, attorno a me, sono persone dal volto e dal cuore luminosi, che emanano bontà, generosità, bellezza, pace. Il Signore ti faccia grazia: di tutti gli sbagli, di tutti gli abbandoni, di qualche viltà e di molte sciocchezze. Lui non è un dito puntato, ma una mano che rialza.

Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace. Rivolgere il volto a qualcuno è come dire: tu mi interessi, mi piaci, ti tengo negli occhi. Cosa ci riserverà l’anno che viene? Io non lo so, ma di una cosa sono certo: il Signore si volterà verso di me, i suoi occhi mi cercheranno. E se io cadrò e mi farò male, Dio si piegherà ancora di più su di me. Lui sarà il mio confine di cielo, curvo su di me come una madre, perché non gli deve sfuggire un solo sospiro, non deve andare perduta una sola lacrima. Qualunque cosa accada, quest’anno Dio sarà chino su di me. E ti conceda pace: la pace, miracolo fragile, infranto mille volte, in ogni angolo della terra. Ti conceda Dio quel suo sogno, che sembra dissolversi ad ogni alba, ma di cui Lui stesso non ci concederà di stancarci.

(Letture: Numeri 6, 22-27; Salmo 66; Galati 4,4-7; Luca 2,16-21)

 

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a proposito del declino vistoso del cristianesimo nel mondo europeo

il cristianesimo: religione o ‘via’ e ‘sequela’?

di E. Bianchi

E. BIANCHI

Un monaco benedettino, vero fratello e amico, raffinato teologo e letterato riconosciuto per i suoi scritti anche poetici, François Cassingena-Trévedy, nel suo ultimo libro scritto nella condizione di esilio dal suo monastero confessa di “restare in contatto costante con la sua chiesa e la sua epoca” della quale mette in luce un evento importante: “l’affondamento di tutto un paesaggio religioso”. Anch’io come cristiano devo confessare che ciò che mi turba di più nella vicenda della fede è questo affondamento, che si potrebbe chiamare “implosione”, del cattolicesimo, questo declino vistoso del cristianesimo, almeno nel nostro mondo, l’Europa!
Per un cattolico che si è affacciato alla maturità della vita con l’orizzonte di una promettente primavera, annunciata soprattutto dall’avvento di Papa Giovanni e del concilio da lui voluto, non è facile assistere oggi a questo tramonto che non è solo fine della cristianità, ma è anche spoliazione di una chiesa attualmente visibile solo più sotto forma di minoranza e in cammino verso la diaspora.
Non credo che quanti hanno nutrito una grande speranza di riforma della chiesa e del suo stare nella storia, nella compagnia degli umani, volessero una chiesa trionfante e più grande: il desiderio era di vivere in una chiesa capace di ascolto dell’umanità, e talmente convinta del primato del Vangelo da assumerne lo stile, la prassi e lo spirito. Ma non è stato così!
Certamente oggi la chiesa cattolica è umiliata dalla sue contraddizione al Vangelo che emergono come scandali soprattutto finanziari e violazioni della dignità della persona umana: ma proprio a partire da questa umiliazione sarà possibile che diventi umile? Oggi alla chiesa è impedito di essere domina nella storia: ma è davvero capace di accoglierlo come beatitudine? Siamo consapevoli che grazie al cammino sinodale voluto da Papa Francesco emergono dal popolo di Dio in modo inedito domande di riforma: ma la chiesa si mostrerà ancora una volta irriformabile?
Ogni giorno nelle diverse chiese si vivono scandali che causano non solo disaffezione, ma anche abbandono della comunità cristiana e tutti siamo testimoni della crescita esponenziale di chiese chiuse, chiese vuote, assemblee nelle quali appaiono solo più teste bianche… La spoliazione che sta avvenendo è vistosa e fa soffrire, ma siamo ancora lontani dal leggerla nella sua forma evangelica. Non è solo questione di povertà, di rifiuto della ricchezza e di condivisione con i poveri: occorre che la chiesa si faccia povera di potere mondano, si spogli del potere giuridico, sieda alla tavola dei peccatori semplicemente seguendo Gesù e frequentando come lui i sofferenti, i bisognosi, gli scarti della società. La chiesa deve sentirsi una “via”, quale la professavano i primi cristiani, e pensarsi nella forma della “sequela”, non in quella di una religione.
Allora vi sarà la conversione del cattolicesimo alla cattolicità e verrà meno il rischio di un cattolicesimo senza cristianesimo, di una religione teista condannata oggi all’autoreferenzialità, a fallaci tentativi di autoconservazione, occupandosi di sé stessa senza un’attesa messianica che gli dia vigore e scacci ogni paura . Allora il Vangelo – come Buona notizia che la morte non ha l’ultima parola perché Gesù Cristo, che è l’amore vissuto all’estremo per l’umanità, l’ha vinta – non resterà più afono e potrà risuonare limpidamente in comunità minoritarie ma significative.
Crolla il paesaggio religioso, ma sotto la cenere resta la brace della fede e – come diceva Aleksandr Men’, la fede cristiana non fa che rinascere.
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il commento al vangelo della domenica

natale del Signore

nel mondo la luce vera che illumina ogni uomo

il commento di E. Ronchi al vangelo del natale di Gesù

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.

Un Vangelo immenso ascoltiamo oggi, che ci obbliga a pensare in grande. Giovanni comincia con un inno, un canto, che ci chiama a volare alto, un volo d’aquila che proietta Gesù di Nazaret verso i confini del cosmo e del tempo. In principio era il Verbo e il Verbo era Dio. Nel principio e nel profondo, nel tempo e fuori dal tempo. Un mito? No, perché il volo d’aquila plana fra le tende dell’accampamento umano: e venne ad abitare, piantò la sua tenda in mezzo a noi.

Poi Giovanni apre di nuovo le ali e si lancia verso l’origine delle cose che esistono: tutto è stato fatto per mezzo di Lui (v 3). Nulla di nulla senza di lui. “In principio”, “tutto”, “nulla”, “Dio”, parole assolute, che ci mettono in rapporto con la totalità e con l’eternità, con Dio e con il cosmo, in una straordinaria visione che abbraccia tempo, cose, spazio, divinità.

Senza di lui nulla di ciò che esiste è stato fatto. Non solo gli esseri umani, ma il filo d’erba e la pietra e il pettirosso di stamattina, tutta la vita è fiorita dalle sue mani. Nessuno e niente nasce da se stesso…

Natale: veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Ogni uomo, ogni donna, ogni bambino e ogni anziano, ogni malato e ogni migrante, tutti, nessuno escluso; nessuna esistenza è senza un grammo di quella luce, nessuna storia senza lo scintillio di un tesoro, abbastanza profondo perché nessun peccato possa mai spegnerlo.​

E allora c’è un frammento di Verbo in ogni carne, un pezzetto di Dio in ogni uomo, c’è santità in ogni vita.

La luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l’hanno vinta! Le tenebre non vincono la luce. Non la vincono mai. La notte non sconfigge il giorno. Ripetiamolo a noi e agli altri, in questo mondo duro e triste: il buio non vince.

“In principio era il Verbo e il Verbo era Dio…”. Che vorrei tradurre: in principio era la tenerezza / e la tenerezza era Dio. E la tenerezza di Dio si è fatta carne.

Natale è il racconto di Dio caduto sulla terra come un bacio (B. Calati).

Natale è il brivido del divino nella storia (papa Francesco). Per questo siamo più felici a Natale, perché ascolti il brivido, rallenti il tempo, guardi di più tuo figlio, gli dai una carezza…Gesù è il racconto della tenerezza di Dio (Ev. Ga.), porta la rivoluzione non della onnipotenza o della perfezione, ma della tenerezza e della piccolezza: Dio nell’umiltà, il segreto del Natale. Dio nella piccolezza, forza dirompente del Natale. Dio adagiato sulla povera paglia come una spiga nuova.Noi non stiamo aspettando Qualcuno che verrà all’improvviso, ma vogliamo prendere coscienza di Qualcuno che, come una luce, già abita la nostra vita.

(Letture Messa del giorno: Isaia 52,7-10; Salmo 97; Ebrei 1,1-6; Giovanni 1,1-18)

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gli ‘auguri scomodi’ di natale di don Tonino Bello

AUGURI SCOMODI

Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’ idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’ inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell’ affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’ aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.
I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’ oscurità e la città dorme nell’ indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano.
Che i ritardi dell’ edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’ aurora, vi diano il senso della storia, l’ ebbrezza delle attese, il gaudio dell’ abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’ unico modo per morire ricchi.
Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.

+ Tonino Bello

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