Matthew Fox interviene nel dialogo fra papa Francesco e E. Scalfari

dialogo e la verità da vivere

di Matthew Fox
in “la Repubblica” del 2 ottobre 2013

È un piacere poter prendere parte all’importante dialogo ispirato dallo scambio di lettere tra Eugenio Scalfari e papa Francesco. Nel corso del lavoro preparatorio per il mio libro Lettere a papa Francesco ho letto il libro che riporta le conversazioni tra Bergoglio e il rabbino argentino (e scienziato) Skorka, per cui so bene quanta importanza attribuisca il nuovo pontefice al dialogo e a un profondo scambio di idee, e soprattutto quanto sia «vulnerabile» all’ascolto attento e all’apprendimento. È questa, a mio parere, la chiave del dialogo: parlare e ascoltare per imparare, non semplicemente per «segnare dei punti». È questo che fa di papa Francesco una boccata d’ossigeno dopo trentaquattro anni di papi che sembravano più inclini a dettare le risposte e anche le domande, senza dare quasi mai la sensazione di avere qualcosa da imparare. La modestia del pontefice attuale è palese non solo dal suo rifiuto di trasferirsi nei palazzi pontifici, ma anche dalla sua disponibilità a prendere la penna in mano e rispondere con sincerità, dal profondo del cuore, alle domande poste da Scalfari. Papa Francesco, come molti gesuiti, conserva la smania di apprendere, e questo per me è motivo di lode. Sono i saccenti, che avvolgono tutte le loro risposte in dogmi rigidi e congelati e domande preconfezionate, che tradiscono il significato più profondo e lo spirito di avventura che una religione sana dovrebbe avere. La verità, che la si apprenda da una persona che si autodefinisce «atea», o «laicista», o «credente », o «agnostica», o «non credente», non è vincolata a un’unica espressione. Quello che conta nel dialogo è quella parte di verità che impariamo gli uni dagli altri. La verità è qualcosa che viviamo, non qualcosa che congeliamo in dogmi e credenze liofilizzati. E poiché la viviamo, siamo in grado, a prescindere dalla nostra ideologia, di provare un’ammirazione comune per persone che ci hanno mostrato, attraverso la vita che hanno vissuto, la verità della giustizia, della bellezza, della gioia o della generosità. La domanda diventa: in che genere di Dio crediamo? Che genere di Dio rifiutiamo? Cantiamo le lodi di un Dio del Controllo e degli imperi? O di un Dio dei poveri e di chi non ha voce? Un Dio del razzismo, del sessismo, dell’omofobia o dell’antropocentrismo, oppure un Dio della Condivisione, dei poveri, della giustizia razziale. Voglio proporre qualche altro genere di Divinità che vale la pena di venerare. La Divinità apofatica è il Dio del silenzio, della contemplazione, dell’ascolto attento, del niente più proiezioni, il Dio che è «oscurità sovraessenziale, che non ha nome e non avrà mai nome» (Eckhart). Questo Dio ci insegna a tacere, ad apprezzare il silenzio e ad andare in profondità, e a non presumere più che chiunque di noi conosca la grandezza di Dio. In questo modo ci aiuta a placare il cervello rettile (sì, la «bestia» che è in tutti noi) lasciando spazio alla nostra intelligenza più recente, la Compassione. Un’altra dimensione della Divinità su cui vale la pena dialogare è quella della Luce. Con la scienza che oggi ci insegna che «la materia è luce congelata » (parole del fisico David Bohm), possiamo fare piazza pulita del pericoloso dualismo tra materia e spirito, perché lo Spirito in tutte le culture del pianeta è definito come «Luce » (vedi il Buddha – «Sii una luce per te stesso» – e il Cristo – «Io sono la luce del mondo»), ma la materia secondo la scienza odierna incorpora la luce. L’incarnazione dello spirito è ovunque, anche nella materia in tutte le sue dimensioni. Vale la pena discuterne e dialogarne. Naturalmente, l’insegnamento che Dio è Giustizia (Tommaso d’Aquino: «Dio è giustissimo») è un terreno comune, in questo momento critico della storia della Terra e dell’umanità, dove tantissime cose sono messe a rischio dai cambiamenti climatici e da sistemi economici che favoriscono i ricchi e rendono i poveri più numerosi e più poveri. La giustizia ecologica, la giustizia di genere, la giustizia economica: sono tutti nomi di lavoro per Dio, il Dio della giustizia. Quanto alla giustizia ecologica, il poeta Bill Everson commenta che «la maggioranza della gente conosce Dio nella
natura o non lo conosce affatto». La natura è sacra. Dio è dentro la natura, non al di sopra o al di là di essa. È questo che significa lo spirito; è questo, sicuramente, che significa l’Incarnazione. Sono stato felice di leggere Enzo Bianchi, nel suo contributo a questo scambio, parlare di Dio in quanto Vita e di come «ognuno di noi sia uno specialista, un esperto della vita». Dio è intrinseco alla natura e alla storia, alla materia e alla vita, perché la vita è sempre qualcosa di nuovo, qualcosa di meraviglioso, qualcosa di straordinario, qualcosa di bello. Un modo utile per definire attraverso il linguaggio le nostre esperienze del Dio in quanto Vita è dare nome al dispiegarsi e svelarsi (la rivelazione) del Dio in quanto Vita come la Via Positiva (le nostre esperienze di sgomento, meraviglia, gioia, bellezza), la Via Negativa (le nostre esperienze di silenzio, oscurità e anche dolore, sofferenza e cuore spezzato), la Via Creativa (l’impeto di co- creazione e creatività, e lo sgomento che si genera in questo processo) e la Via Trasformativa (l’opera di giustizia, compassione, guarigione e celebrazione). Dio non è un sostantivo. Dio è un verbo. Se non sperimentiamo queste dimensioni della Divinità siamo destinati a parlare soltanto e non agire: solo parole e niente cammino. Voglio proporre alcuni modi per tenere vivo questo importante dialogo e celebrare la vita in tutte le sue variazioni e meravigliose dimensioni, e gli aspetti Sacri legati a tutto questo. Sì, siamo in parte «bestia» e la nostra avidità, la nostra brama di potere, la nostra invidia, la nostra capacità di odiare parlano alle nostre ombre e alla nostra necessità di autoesaminarci e cercare assistenza nella psicologia, oltre che nella religione, per guarire e trovare perdono e cambiare nel profondo. Dialoghiamo fra noi e impariamo le lezioni profonde e spesso antiche dei nostri antenati: possiamo innalzarci al di sopra del nostro cervello rettile e dare corpo al nostro cervello mammifero, che è compassionevole. Non mi dite qual è l’ideologia di cui vi ammantate. Ditemi piuttosto quale contributo date alla Vita, la Vita Sacra. Questo è il tipo di dialogo che cerco.
Matthew Fox è l’autore di “In principio era la gioia”, Creatività e, di prossima pubblicazione, “Lettere a Papa Francesco”, entrambi di Fazi Editore. (Traduzione di Fabio Galimberti)

la situazione politica italiana SI SCRIVE FIDUCIA, SI LEGGE FARSA

B: “Votiamo a favore del governo Letta”

Stato confusionale

 

Berlusconi cambia (ancora) idea: “Voteremo sì”.

 E’ stata la quinta volta in mezza giornata. Fino all’ora di pranzo, infatti, Berlusconi e il Pdl avevano confermato di ritirare il sostegno al governo delle larghe intese. Ma il Cavaliere a sorpresa ha preso la parola in Aula al posto del capogruppo Schifani e ha annunciato il colpo di scena: tutto il Pdl voterà la fiducia all’esecutivo guidato da Enrico Letta. Pochissime parole quelle di Berlusconi, un intervento che doveva durare 10 minuti. In soli 2 minuti il Cavaliere cambia le carte in tavola ed ecco il colpo di scena: “Non senza un interno travaglio” votiamo la “fiducia”.

D’altra parte l’esecutivo avrebbe continuato a camminare e qui sta il motivo della retromarcia (l’ultima delle giravolte) di Berlusconi. Quella del Cavaliere sembra una sconfitta politica perché un pezzo non irrilevante del suo partito non l’ha seguito nella sua furia distruttrice al grido di “al voto, al voto”. Letta avrebbe avuto comunque una maggioranza e Berlusconi sarebbe rimasto nell’angolino. Avrebbe avuto una maggioranza al Senato più stretta: 180 voti (contro i 230 avuti finora). Per ottenere la fiducia servono 161 sì. Una “nuova maggioranza” come la chiama il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. E’ una maggioranza che non ha più bisogno di Berlusconi e questo lo hanno sottolineato in parecchi nel governo e nel Pd. Non è più Berlusconi a dire no al governo – è il ragionamento – ma è Letta che se ne frega ai voti (e ai ricatti) di Berlusconi. “Vota la fiducia? E’ un problema suo, non nostro” ha risposto a un certo punto il ministro per le Regioni Graziano Delrio a metà mattinata dopo l’ennesima capriola dell’ex presidente del Consiglio.

A votare sì, dunque, saranno al Senato il Pd, Scelta Civica, circa 25 senatori del Pdl, 9 dei 10 senatori di Grandi Autonomie e Libertà (che sono sempre eletti nel centrodestra) e i 4 fuoriusciti (espulsi e non) del Movimento Cinque Stelle. A questi si aggiungono a questo punto anche i senatori del Pdl (o Forza Italia o quel che è), dopo una serie innumerevole di dichiarazioni in senso opposto. A votare no resteranno le opposizioni che si sono formate già dal primo voto di fiducia: la Lega Nord, Sinistra Ecologia e Libertà e gli stessi Cinque Stelle. Tra i “transfughi” del Pdl al Senato si segnalavano comunque il ministro Gaetano Quagliariello, l’ex ministro del LavoroMaurizio Sacconi, l’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, l’ex relatore della Giunta per le elezioni Andrea Augello e l’ex sottosegretario Carlo Giovanardi.

La scelta di Berlusconi è stata dunque dettata in particolare dalla volontà di tenere unito il partito.Roberto Formigoni, infatti, aveva già annunciato – a prescindere dalle decisioni dei fedeli berlusconiani – la composizione di un nuovo gruppo autonomo (che potrebbe chiamarsi “i Popolari”)  di almeno 35 senatori che usciranno dai gruppi di Pdl e Gal.

LA CRONACA ORA PER ORA

14.37 – De Girolamo: “Non si è mai parlato di nessun gruppo” “Non si è mai parlato di nessun gruppo”. Lo afferma Nunzia De Girolamo, ministro dell’Agricoltura lasciando il Senato e rispondendo a chi gli chiede se i gruppi autonomi, dopo la decisione del Cavaliere di votare la fiducia, ci saranno lo stesso, come detto pochi minuti prima da Roberto Formigoni. “Berlusconi – ha aggiunto De Girolamo – oggi ha scelto con la testa per il bene del Paese e con il cuore per l’unità del nostro partito”.

14.29 – Voto in aula, raggiunta quota 161. Il governo ha già la fiducia al Senato

14.22 – Berlusconi: “Nessuna marcia indietro” “Nessuna marcia indietro”. Così Silvio Berlusconi, lasciando il Senato, ha risposto ai cronisti che gli chiedevano conto del voto di fiducia accordato al governo Letta.

14.22 – Formigoni: “Stasera parleremo comunque di gruppi autonomi” “Confermo le mie proposte e stasera nediscuterò con gli altri: proporrò di costituire gruppi autonomi a Camera e Senato per un fatto di chiarezza”. Così Roberto Formigoni, spiegando che stasera ci sarà una riunione dei dissidenti del Pdl.

14.16 – Lupi: “Nuova maggioranza non c’è, ora i falchi chiameranno B. traditore?” “La nuova maggioranza non c’è. Questa è la maggioranza che ha voluto fortissimamente questo governo. Scopo di Enrico Letta non era quello di avere una nuova maggioranza ma un rinnovato sostegno a questo Governo”. Così il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi parlando in Transatlantico al Senato con i cronisti. “C’è stato un confronto all’interno del Pdl e poi una buona sintesi da parte del presidente Berlusconi. I falchi si dovranno rimangiare quello che hanno detto, quelli che hanno detto che siamo traditori adesso diranno che Berlusconi è un traditore”.

14.08 – Bondi: “Zanda fa bene a trattarci con disprezzo”. “Zanda fa bene a trattarci con untale disprezzo. Io sono una persona perbene e non mi unisco a una tale compagnia”. Così il senatore Sandro Bondi sulla decisione di Silvio Berlusconi di votare la fiducia. 13.55 – Nitto Palma: “Uscirò dall’Aula” “Mi chiedo se davvero si possa formare una solida futura maggioranza. Pur avendo avuto in animo di votare la fiducia al Governo come da richiesta di Berlusconi, dopo l’intervento di Zanda, ho deciso di uscire dall’aula”. Lo ha annunciato Francesco Nitto Palma, responsabile Pdl della Campania, intervenendo in aula al Senato.

13.51 – Grasso al Pdl: “Se questo è inizio pacificazione…” “Se questo è l’inizio della pacificazione…”. Il presidente del Senato Pietro Grasso richiama i senatori del Pdl che protestano vivacemente per le parole del capogruppo Pd Luigi Zanda, che tra l’altro richiama le vicende giudiziarie del Cavaliere. Grasso li richiama all’ordine per permettere a Zanda di proseguire: “Lasciate parlare, lasciate parlare”.

13.44 – Zanda: “Il sì di Berlusconi non nasconde la sconfitta politica” L’improvviso sì alla fiducia annunciato da Berlusconi serve “a nascondere la sconfitta politica, che ha un volto chiaro”. Lo ha detto Luigi Zanda annunciando il sì del Pdl alla fiducia al governo Letta. “Oggi si è formata una nuova maggioranza politica – ha detto Zanda – indipendentemente da tutte le operazioni tattiche e furbesche che contrastano con le parole e i gesti gravissimi che abbiamo ascoltato in questi giorni. E il voto che si aggiunge ora ha un senso chiaro: nascondere la sconfitta politica che ha un volto chiaro”.

13.41 – Parla Berlusconi, cala il silenzio nell’Aula del Senato Silvio Berlusconi prende la parola nell’Aula del Senato, e cala il silenzio nell’Emiciclo. Il cavaliere ha preso posto in uno scranno al centro di quelli occupati dal gruppo del Pdl. Dai banchi del governo Angelino Alfano lo ascolta con particolare attenzione. Dopo il suo intervento in Aula,Berlusconi si è seduto, raccogliendo le congratulazioni di molti colleghi di gruppo. Il suo annuncio ha destato uno stupore veramente visibile in tutti i senatori, che sono apparsi letteralmente colti di sorpresa.

13.34 – Berlusconi: “Il Pdl voterà la fiducia”

13.31 – Berlusconi interviene in Aula al Senato

13.20 – Berlusconi parlerà in Aula, forse ripensa al suo voto Nuovo cambio di programma nel Pdl perché Silvio Berlusconi avrebbe deciso di intervenire in Aula al Senato. L’ex premier, che dopo la riunione con i senatori del partito si è riunito con alcuni fedelissimi, starebbe di nuovo valutando l’idea di votare sì alla fiducia, modificando, ancora una volta il parere espresso proprio nell’incontro con i senatori del suo partito, che si è concluso con la decisione di votare no al governo.

14.10 – Finocchiaro: “Con nuova maggioranza basta ambiguità”

13.20 – Berlusconi fa conta numeri Pdl, altri 34 non seguono le indicazioni di voto Dopo la spaccatura del Pdl, nei minuti che precedono il voto in Aula sulla fiducia al governo, anche Silvio Berlusconi si dedica al “pallottoliere”. Come testimonia l’obiettivo di un fotografo dell’Ansa, il Cavaliere nell’Emiciclo di Montecitorio mostra a Jole Santelli, del Pdl, i numeri annotati su un foglietto: “23 + 34 = 57”. Il che dovrebbe significare che 23 votano a favore del governo ma 34 uscirebbero dall’aula non recependo le decisioni del gruppo.

13.16 – Monti (Scelta Civica): “Il Pdl non precipiti il Paese” “Non riesco a credere che il Pdl possa precipitare il Paese”. Lo ha detto in Senato Mario Monti durante le dichiarazioni di voto, che ha lanciato un appello al Pdl a votare la fiducia al Governo Letta. Scelta Civica, ha annunciato Monti, lo farà.

13.13 – Bitonci (Lega): “Noi per sfiducia” “La sfiducia non gliela diamo solonoi qui al Senato, ma tutte le famiglie e le imprese del Nord”. Così Massimo Bitonci ha annunciato in Senato il no alla fiducia al governo Letta da parte della Lega Nord.

13.11 – Alfano fa conti dei senatori Pdl: “32 no, 25 sì” “32 per sfiducia, 24 per uscire dall’Aula, 25 per votare fiducia”. Totale “81” senatori del Pdl. Angelino Alfano nell’Aula del Senato mostra a Enrico Letta un foglietto con questi numeri relativi al gruppo Pdl. “Una decina assenti o non schierati”, annota.

13.04 – De Petris (Sel): “Voteremo no alla fiducia” “Non possiamo votare la fiducia perché la discontinuità che il Paese ci chiede non l’abbiamo sentita”: lo dice i capogruppo del Misto al Senato e esponente di Sel Loredana De Petris intervenendo in Aula durante le dichiarazioni di voto sulla fiducia.

12.56 – Ferrara (Gal): “Alcuni di noi a favore, altri contro” Alcuni senatori del gruppo Gal voteranno la fiducia al governo Letta, ed altri contro. Lo ha annunciato in aula Mario Ferrara, il presidente del gruppo che annovera 10 senatori. Tra i sì Ferrara ha citato Compagna, Bianconi e Naccarato.

12.49 – Formigoni: “Il nome Pdl è nostro” “Abbiamo verificato che il nome Pdl è e resta nelle disponibilità del segretario e quindi di Angelino Alfano. Il Pdl a questo punto siamo noi”. Lo dice Roberto Formigoni precisando: “Questo è un fatto importante perché dice che siamo e restiamo nel centrodestra. Non siamo una costola di Scelta Civica o di altro”.

12.45 – Berlusconi non interviene, il no sarà annunciato da Schifani Silvio Berlusconi con ogni probabilità non interverrà in Aula come aveva ipotizzato nel corso della riunione dei senatori del Pdl. A parlare sarà il capogruppo del partito Renato Schifani. In questo momento l’ex premier è riunito con alcuni fedelissimi proprio negli uffici del presidente del gruppo.

12.42 – Zeller (Autonomie): “Sì alla fiducia” Berlusconi ha messo in atto“un’operazione” irresponsabile” e “kamikaze per evitare la decadenza e tentare di ribaltare con il voto popolare il giudizio della magistratura”: lo dice Karl Zeller il capogruppo delle Autonomie in Senato, intervenendo in Aula a Palazzo Madama e annunciando il proprio sostegno all’Esecutivo.

12.10 – Letta: “Stanotte non ho dormito” “Stanotte non ho dormito…, avevo la percezione che oggi sarebbe stata una giornata dai risvolti storici, drammatici, importanti, ma per me non era nemmeno troppo difficile, non ho nessun dubbio nel dare il voto al nostro governo”. Lo ha detto il premier Enrico Letta nella sua replica al Senato.

12.09 – Gelmini: “I destini sono separati. Fine” “I destini sono separati. Fine”. Così la deputata del Pdl Maria Stella Gelmini commenta la risoluzione in favore della fiducia al governo firmata da 23 senatori Pdl. “E’ già pronto il nuovo gruppo. Ma di che parliamo?”, aggiunge, affermando che Sandro Bondi ha fatto bene a tenere un discorso molto duro in Aula.

12.07 – Bondi al governo: “Fallirete”. Il Pd: “Basta!” “Voi fallirete, darete vita a un governicchio che ha ottenuto solo lo scopo di spaccare il Pdl”. Lo ha detto in Senato Sandro Bondi. “Io non assisterò allo spettacolo – ha concluso – dell’umiliazione del Pdl, di Berlusconi, del Paese”. I senatori del Pd hanno interrotto la difesa della posizione di Silvio Berlusconi nell’Aula del Senato da parte di Bondi: “Basta!”, gli hanno urlato, mentre il presidente Grasso diceva “lasciatelo parlare”.

12.05 – Gruppo Pdl vota per alzata di mano: nessuno per la fiducia Il gruppo del Pdl – a quanto si apprende – ha deciso di votare per alzata di mano se dare la fiducia o meno al governo Letta. Nessuno ha alzato la mano per il voto a favore. E quindi è passata la decisione di votare la sfiducia. ”Eravamo una sessantina” alla riunione dei parlamentari Pdl con Silvio Berlusconi. “La stragrande maggioranza era per la sfiducia, alcuni erano per uscire dall’Aula, ma nessuno era per votare la fiducia” racconta la deputata Pdl Maria Stella Gelmini, ai cronisti al Senato, e sottolinea: “Berlusconi ha ascoltato tutti, poi abbiamo votato”.

12.04 – Assenti i senatori a vita Ciampi, Abbado e Piano Al momento sono assenti due dei nuovi senatori a vita Claudio Abbado e Renzo Piano e Carlo Azeglio Ciampi, da tempo malato. Il direttore d’orchestra dovrebbe essere all’estero e così anche l’architetto Piano. Sono presenti invece Mario Monti, Elena Cattaneo e Carlo Rubia.

12.01 – Susta (Sc): “Nuova maggioranza. Altri voti sarebbero solo aggiuntivi” “Questo Paese ha pagato un prezzo troppo elevato sull’altare di vicende personali e dobbiamo fare in modo che si formi una nuova maggioranza” per la quale “eventuali voti aggiuntivi sarebbero solo aggiuntivi”. Lo afferma il senatore di Scelta Civica Gianluca Susta, intervenendo in Aula al Senato durante il dibattito sulle comunicazioni del presidente del Consiglio.

11.58 – Berlusconi: “Votiamo no e restiamo in Aula” Silvio Berlusconi insieme con il gruppo del Pdl ha confermato la decisione di votare no alla fiducia decidendo di restare in Aula: “Se uscissimo fuori sarebbe un gesto ambiguo e gli elettori non lo capirebbero”.

11.56 – Pdl valuta abbandono Aula a momento voto

11.52 – Pdl vota all’unanimità la sfiducia

11.52 – ”Delrio, Cav vota fiducia? Problema suo non nostro” “E’ un problema suo, non nostro… Ma vediamo che succede”. Così, in Transatlantico al Senato, il ministro per gli Affari regionali, Graziano Delrio, replica ai cronisti che gli chiedono che se per governo e centrosinistra una marcia indietro di Berlusconi sulla fiducia potrebbe rappresentare un problema.

11.40 – Formigoni, gruppo autonomo anche se Pdl vota sì “Se il Pdl decidesse di votare la fiducia sarebbe dimostrato che avremmo avuto ragione noi, altro che traditori! Siamo stati l’avanguardia della decisione giusta che il Pdl si è deciso ad assumere”. Così il senatore Roberto Formigoni interviene nello speciale TgLa7 di Enrico Mentana. “Però – aggiunge – sarebbe una scelta francamente tardiva, per cui noi 25 che ci raduneremo nel pomeriggio valuteremo il da farsi e probabilmente decideremo comunque di dare vita a gruppi parlamentari autonomi”. Formigoni prosegue: “Ci sono i numeri per costituire un gruppo autonomo tra 25 del Pdl, 10 di Gal e probabilmente qualcun altro che potrebbe aggiungersi”, conferma Formigoni che per questo gruppo ha proposto il nome de “I popolari”. Chi sarà il leader di questa formazione? “Lo valuteremo democraticamente, questa volta la democrazia varrà a tutti il livelli”.

11.37 – Berlusconi valuta l’intervento in Aula al Senato Silvio Berlusconi ancora non avrebbe deciso se votare o meno la fiducia al governo Letta. Il Cavaliere starebbe valutando di fare un intervento in aula al Senato. La riunione con i senatori del Pdl a p. Madama è ancora in corso.

11.33 – Bondi: “Cicchitto assoldato dalla sinistra” “Non ho mai voluto replicare a Cicchitto avendo cura di conservare vecchi rapporti di amicizia. Visto per che lui non si fa scrupolo di venir meno a ogni memoria di amicizia e non esita ad accusarmi di stalinismo sapendo di mentire e di offendere la mia limpida storia personale, mi auguro solo che la sinistra che ora lo ha assoldato non lo accusi più, di essere un ‘piduistà come ha fatto finora”. Così il senatore Sandro Bondi, coordinatore del Pdl.

11.23 – Con 25 dissidenti Pdl Letta raggiunge il quorum per la fiducia Con la mozione di fiducia al Governo firmata da 23 senatori Pdl e del gruppo Gal (ma secondo Formigoni sarebbero già 25), il premier Enrico Letta ha raggiunto il quorum teorico al Senato. Infatti il presidente del Consiglio parte da una base di 137 voti (escluso quello del presidente del Senato che per tradizione non vota), ai quali si aggiungono i 5 dei senatori a vita ed i 4 annunciati dai fuoriusciti M5s. In questo modo il governo supera abbondantemente la fatidica ‘quota 161′ necessaria a Palazzo Madama assestandosi intorno a quota 170.

11.19 – Senato, gruppo Pdl mette ai voti ipotesi di sì alla fiducia Il gruppo dei senatori del Pdl -secondo quanto si apprende – sta valutando l’ipotesi di votare la fiducia al governo. Possibilità a cui avrebbe aperto anche Silvio Berlusconi. In questo momento – sempre a quanto riferiscono – il gruppo ha deciso di mettere ai voti la decisione finale e cioè se votare sì o no a Letta.

11.15 – Franceschini: “Oggi nasce una nuova maggioranza” “Mi pare evidente che la mozione firmata anche da 23 esponenti del Pdl stabilisce che politicamente nasce una nuova maggioranza e che quindi il governo può andare avanti”. Così il ministro Dario Franceschini in Transatlantico al Senato.

11.14 – Formigoni: “25 del Pdl e 10 di Gal pronti a nuovo gruppo” “Siamo 25 del Pdl pronti a votare la fiducia al governo Letta e a fare un nuovo gruppo che si chiamerà ‘i Popolari’”. Lo ha detto il senatore Roberto Formigoni al Senato, spiegando che il nuovo gruppo potrebbe nascere anche con i dieci senatori di Grandi autonomie e libertà.

11.13 – Fonti Ansa: “Berlusconi non esclude la fiducia” Silvio Berlusconi sta ascoltando – a quanto si apprende – gli interventi di tutti i senatori per valutare solo alla fine cosa fare in vista del voto di fiducia al governo Letta. Non si esclude, un colpo a sorpresa, e cioè la decisione di votare sì al governo per evitare spaccature del partito.

11.09 – Senato, Cinque Stelle contro la ex De Pin: “Venduta” Momenti di tensione nell’Aula del Senato nel dibattito sulla fiducia. Al termine dell’intervento di Paola De Pin, fuoriuscita del M5S e oggi nel gruppo Misto, che ha annunciato il suo sì al governo dai banchi dei grillini le è stato urlato “Venduta”. Un senatore M5S si è avviato verso il banco dove De Pin sedeva, protetta dai senatori del Pd per contestarla: è stato necessario l’intervento dei commessi mentre il presidente Piero Grasso ha stigmatizzato il fatto, annunciando che sarà posto all’attenzione dei questori. La De Pin si era rivolta agli ex colleghi dicendo che “hanno compiuto un tradimento verso gli elettori che chiedevano il cambiamento” accusandoli di un “classico cinismo partitocratico ed intollerante”.  La tensione con il Pd si placa quando interviene un altro grillino, il senatore Santangelo, il quale chiede l’attenzione “del signor governo” e ha un battibecco con il presidente di Piero Grasso quando chiede silenzio (“all’ordine qui ci penso io”, dice Grasso) e lamenta il fatto che il 31 luglio “quando senatori del Pd mi contrastarono nessuno chiese l’intervento della presidenza”. Parole sottolineate da commenti duri del Pd.

11.07 – Fonti LaPresse: “Governo, Berlusconi verso il sì alla fiducia” Silvio Berlusconi, vista l’ampiezza del gruppo che dentro il Pdl ha deciso di schierarsi col Governo Letta, si starebbe orientando a cedere, e a votare anche lui per il ‘sì’ alla fiducia. Non è stata, però, ancora presa una decisione definitiva. E’ quanto si apprende da fonti parlamentari vicine al Pdl.

10.59 – Fonti Agi: “Testo pro fiducia firmato da 27. Altri 15 possono aggiungersi” Sono arrivate a 27, secondo quanto si apprende, le firme al documento messo a punto dai senatori Pdl favorevoli alla fiducia al Governo Letta. Secondo voci ben informate altri 15 sarebbero pronti ad aggiungersi.

10.57 – Fonti Sky: “Il gruppo Pdl voterà la fiducia” Secondo fonti contattate da SkyTg24 il gruppo del Pdl ha cambiato idea e voterà la fiducia al governo Letta.

10.56 – Formigoni: “Formeremo un gruppo autonomo” “Siamo già in 25. E’ possibile che altri si aggiungano. Nel pomeriggio daremo vita a un gruppo autonomo chiamato ‘I Popolarì”. Così Roberto Formigoni parlando con i cronisti in Transatlantico della scissione dal gruppo Pdl. “Restiamo alternativi al centrosinistra, collocati nel centrodestra”, sottolinea.

10.55 – Berlusconi: “Decisione comune per non deludere il nostro popolo” “Prendiamo una decisione comune per non deludere il nostro popolo”. Lo ha detto, secondo quanto si apprende, Silvio Berlusconi nel corso della riunione dei senatori del Pdl.

10.53 – Matteoli: “Nel discorso di Letta molte cose ok” “Nel discorso di Enrico Letta ci sono molte cose che aveva chiesto il centrodestra e ciò ha indotto Berlusconi a convocare il gruppo del Pdl per decidere”. Lo ha detto il senatore Altero Matteoli.

10.52 – Berlusconi ai senatori Pdl: “Sarà il gruppo compatto a decidere cosa fare” “Sarà il gruppo in maniera compatta a decidere cosa fare”. Lo ha detto Silvio Berlusconi, a quanto si apprende, nel corso della riunione dei senatori del Pdl.

10.49 – Le citazioni di Letta: da Einaudi a Croce Sono due citazioni tratte da maestri del pensiero liberale le estremità che legano l’inizio e la fine dell’intervento del presidente del Consiglio Enrico Letta al Senato. Inizia con Luigi Einaudi: “Nella vita delle Nazioni l’errore di non saper cogliere l’attimo può essere irreparabile”. Chiude con Benedetto Croce:”Ciascuno di noi si ritiri nella sua profonda coscienza e procuri di non prepararsi, col suo voto poco meditato, un pungente e vergognoso rimorso”.

10.47 – Solo due sottosegretari hanno dato le dimissioni Sono passate 48 ore da quando Silvio Berlusconi ha invitato anche i sottosegretari e viceministri del Pdl a presentare le loro dimissioni. Ma, secondo quanto si apprende da fonti del governo, soltanto i sottosegretari Michaela Biancofiore, con delega alla P.a., e Simona Vicari, con delega allo Sviluppo economico, hanno fatto pervenire finora la loro lettera di dimissioni alla presidenza del Consiglio.

10.46 – Cicchitto: “Berlusconi aveva assicurato a Barroso il sostegno a Letta” “Questo governo si deve misurare con dei nodi economici, che ci sia la maggioranza o meno. E’ necessaria una guida alla società italiana. Alle 18 di ieri, a Barroso, Berlusconi aveva assicurato il voto favorevole al governo, quindi c’è stato un cambio repentino di opinione”. E’ quanto ha affermato Fabrizio Cicchitto durante “La Telefonata” di Belpietro su Canale 5.

10.44 – Banchi del Pdl deserti durante il dibattito Banchi del Pdl completamente vuoti nell’Aula del Senato durante il dibattito sulla fiducia chiesta dal governo, al punto da far chiedere a Pier Ferdinando Casini (Udc) una pausa dei lavori, non concessa dal presidente Grasso. A destra dell’Emiciclo i senatori si contano sulle dita di una mano. Affollati invece gli altri settori.

10.42 – Consegnate 23 firme di senatori Pdl-Gal pro Letta Sono 23 i sostenitori della risoluzione della maggioranza per sostenere il governo Letta. Le firme – a quanto si apprende – sono quelle di senatori del Pdl e del gruppo Gal. non è escluso – sempre secondo quanto si apprende – che potrebbero aggiungersi altri senatori. Questi i cognomi: Naccarato, Bianconi, Compagna, Bilardi, D’Ascola, Aielo, Augello, Caridi, Chiavaroli, Colucci, Formigoni, Gentile, Giovanardi, Gualdani, Mancuso, Marinello, Pagano, Sacconi, Scoma, Torrisi, Viceconte, L.Rossi, Quagliariello. Tra i “dissidenti” dunque anche il capogruppo del Pdl in Giunta per le Immunità del Senato Nico D’Ascola e l’ex relatore del caso Berlusconi Andrea Augello.

10.35 – Mozione di sfiducia al governo Letta dei Cinque Stelle Il M5S ha depositato la sua mozione di sfiducia al governo Letta. Il M5S, si legge nel testo, “esprime la propria sfiducia al Governo presieduto dall’onorevole Enrico Letta e lo impegna a rassegnare le proprie dimissioni nelle mani del capo dello Stato”.

10.34 – Bondi verso il governo: “Vergognatevi” Altri applausi anche quando Letta ha parlato della difesa ambientale, dell’impegno per gli Stati uniti d’Europa, della necessità di non sovrapporre le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi alla vita del governo (ma qui Sandro Bondi ha urlato “Vergognatevi”), dell’appello del Papa per la solidarietà. A fare da contraltare al lungo applauso dei senatori del Pd, di Sel e di Scelta civica, tutti in piedi, un capannello di esponenti del Pdl che si è formato attorno a Silvio Berlusconi seduto nelle prime file dei banchi del centrodestra.

10.33 – Per Letta 15 applausi in 50 minuti Standing ovation dai banchi del centrosinistra in Aula a Palazzo Madama al termine dell’intervento del premier Enrico Letta. Il lungo applauso tributato dai senatori della parte sinistra dell’emiciclio di Palazzo Madama è stato il quindicesimo per il premier. Particolarmente caloroso, proprio nelle prime battute del suo intervento, il battimani che, sempre dal centrosinistra, è giunto quando il presidente del Consiglio ha citato il capo dello Stato Napolitano. L’intervento di Letta in Aula a Palazzo Madama è durato 50 minuti.

10.32 – Letta cita Croce: “Evitate vergognosi rimorsi” Ognuno “ora si ritiri sommessamente nella sua profonda coscienza” ed eviti “col suo voto poco meditato” di procurarsi “un pungente e vergognoso rimorso”. Così Enrico Letta, in Senato, cita il discorso di Benedetto Croce all’Assemblea Costituente.

10.31 – Senato, in corso riunione del gruppo Pdl Dopo l’intervento del premier Enrico Letta, Silvio Berlusconi ha indetto una riunione del gruppo del Pdl del Senato.

10.30 – Governo, Senato, presentata risoluzione Lega È stata presentata alla presidenza del Senato una risoluzione della Lega che non approva le comunicazioni del presidente del Consiglio: lo ha comunicato all’Assemblea di Palazzo Madama il presidente Piero Grasso.

10.28 – Sei senatori Pdl applaudono Letta Sarebbero 6 i senatori del Pdl-Forza Italia che hanno applaudito la conclusione dell’intervento del premier Enrico Letta. Lo riferisce il senatore del Pd Stefano Esposito.

10.27 – Letta: “Basta con la politica da trincea” “Il Paese è stremato da mille conflitti, da una politica fatta da connoneggiamenti continui, da una politica sempre più rissosa, ripiegata su se stessa. E’ un appello che rivolgo in primo luogo a me stesso: basta con la politica da trincea”. Lo ha sottolineato il premier Enrico Letta parlando al Senato.

10.24 – Letta: “Chiedo la fiducia a tutto il Parlamento” “Coraggio e fiducia è quello che vi chiedo. Mi appello al parlamento tutto, dateci la fiducia per realizzare gli obiettivi”. Così il premier Enrico Letta rivolgendosi ai senatori a Palazzo Madama.

10.16 – Verdini e Barani fanno la “conta” del Pdl Letta parla, Berlusconi ascolta,Verdini conta. È la scena del Pdl durante le comunicazioni di Enrico Letta nell’Aula del Senato. Mentre il Cavaliere ascolta il premier in silenzio, interrotto solo da una stretta di mano fugace di Salvo Torrisi, uno di quelli che potrebbero votare la fiducia a Letta cui aveva precedentemente offerto un caloroso saluto, nell’ultimo banco Denis Verdini con Lucio Barani scorrono minuziosamente da diversi minuti quello che dalla tribuna stampa appare essere un elenco: potrebbe essere una lista dei senatori che voteranno la fiducia al governo.

10.13 – Letta: “Prenderemo misure sulla base del discorso di Napolitano” Il governo prenderà “importanti misure per affrontare la questione carceraria” sulle orme dell’”appassionato discorso del presidente Napolitano” di qualche giorno fa a Napoli. Lo ha detto il premier Enrico Letta a Napoli.

10.07 – Letta: “Con questo governo 3 miliardi di tasse in meno” “Questi 5 mesi di governo hanno già determinato un primo significativo sollievo fiscale agli italiani. A chi polemizza, faccio presente che grazie al governo sono state pagate meno tasse per 3 miliardi. Anche questi sono fatti, non rinvii”. Così il premier Enrico Letta, al Senato, replica alle critiche del Cavaliere sul governo delle tasse. Ha comunque confermato la “rotta sull’Imu”. “Non vogliamo nuove tasse” e “vogliamo mettere il contenimento della spesa pubblica al centro” della Legge si stabilità per il 2014″ ha detto Letta ricordando comunque che “non ci sono tagli di spesa facili”. ”Non esistono tagli di spesa facile, la revisione va fatta con accortezza – ha aggiunto – Se andremo avanti chiederemo a Carlo Cottarelli di diventare commissario della spending review”.

10.01 – Berlusconi nell’Aula del Senato. Ascolta Letta Silvio Berlusconi è giunto nell’Aula del Senato dove sono in corso le comunicazioni del presidente del Consiglio Enrico Letta. Il Cavaliere si è seduto in terza fila nei banchi del Pdl e segue il discorso in silenzio, con la guancia poggiata sulla mano.

9.59 – Berlusconi al Senato: “Sentiamo Letta e decidiamo” “Vediamo che succede… Sentiamo il discorso di Letta e poi decidiamo”. Lo dice Silvio Berlusconi arrivando a Palazzo Madama.

9.58 – Letta: “Rispetteremo gli impegno con l’Ue per il 2014″ “Rispetteremo gli impegni con l’Unione europea per il 2014 e il governo prenderà misure per ridurre l’indebitamento entro il tre per cento”. Lo ha garantito il premier Enrico Letta parlando al Senato.

9.57 –  Letta: “Vogliamo un punto di Pil in più ma risanare conti” “Il nostro obiettivo dichiarato da tempo è l’aumento di un punto di Pil nel 2014 e spero che la legge di stabilità sia l’occasione per dimostrare che il cambiamento in atto ma senza arretrare nel risanamento della finanza pubblica”. Così il premier Enrico Letta nel suo discorso al Senato.

9.57 – Letta: “Dobbiamo rendere conto ai cittadini prima che a chiunque altro” E’ ai cittadini “prima che a chiunque altro che dobbiamo rendere conto” ed è su di loro che “le conseguenze della crisi potrebbero” gravare. Lo afferma il premier Enrico Letta, in Senato.

9.55 – Berlusconi: “Non muoio neanche se mi ammazzano” “Non muoio neanche se mi ammazzano”. Silvio Berlusconi, in una intervista a Panorama, applica a sé la frase detta da Guareschi. Berlusconi parla di quella che è stata definita una una sua ossessione per la giustizia: “Più che altro è la giustizia ad essere ossessionata da me e mi fa uno stalking infinito.

9.52 – Letta: “Se non si cambia il Porcellum, ancora larghe intese” Se si tornasse al voto con il Porcellum “ci troveremmo di nuovo con le larghe intese perché non si produrrebbe una chiara maggioranza”. Così il premier Enrico Letta.

9.49 – Letta: “Intollerabili le dimissioni dei parlamentari Pdl” “Le dimissioni una settimana fa dei parlamentari Pdl mentre ero impegnato all’Onu ha creato una situazione insostenibile”. Lo ha detto il premier Enrico Letta al Senato, evidenziando la volontà di “tracciare una separazione netta tra la vicenda giudiziari di Berlusconi” l’attività dell’esecutivo: “Sono percorsi che non possono essere sovrapposti, perchè siamo una Repubblica fondata sullo Stato di diritto” e sul rispetto delle sentenze.

9.48 – Letta: “La stabilità è un valore assoluto” “La stabilità va perseguita come un valore assoluto da perseguire e praticare”. Così il premier Enrico Letta ricordando i progressi dell’Italia dal ’46 al ’68 quando grazie alla stabilità “i benefici di allora li conoscono tutti gli italiani”.

9.47 – Letta: “In uno Stato democratico le sentenze si applicano” “In uno Stato democratico le sentenze si applicano” ha detto Letta nel suo intervento al Senato.  “La nostra repubblica democratica si fonda sullo stato di diritto. In uno stato democratico le sentenze si rispettano, si applicano, fermo restando il diritto intangibile” della difesa. Ma “senza trattamenti né ad ad né contram personam”, ha detto il premier nel discorso sulla fiducia al Senato.

9.46 – Letta: “Distinguere vita governo da vicenda Berlusconi” I “piani” della vicenda giudiziaria che investe Silvio Berlusconi e del governo, “non potevano, né possono essere sovrapposti”. Lo afferma il premier Enrico Letta, in Senato.

9.44 – Letta: “Governo nato in Parlamento, se muore lo fa qui” “Il mio governo è nato in Parlamento e se deve morire deve morire qui, in Parlamento”. E’ la sfida lanciata dal premier Enrico Letta nel suo intervento al Senato.

9.43 – Standing ovation del Senato per Napolitano Standing ovation in aula al Senato quando Enrico Letta ricorda il monito di Giorgio Napolitano il giorno del giuramento alla Camera. Quasi tutti i senatori si sono alzati in piedi.

9.39 – Letta: “L’Italia corre un rischio fatale” “L’Italia corre un rischio che potrebbe essere fatale, sventare questo rischio dipende da noi, dalle scelte che assumeremo, dipende da un sì o un no”. Lo afferma il premier Enrico Letta, in Senato.

9.34 – Quagliariello: “E’ tutto a posto” “E’ tutto a posto”. Così il ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello, entrando in Senato, risponde alle domande dei cronisti che gli chiedono se il governo incasserá oggi la fiducia.

9.27 – Berlusconi: “Sull’Iva una coltellata da Letta” Nell’intervista a Panorama Berlusconi aggiunge che si è trattato di “una ritorsione inaccettabile. Un dispetto. Con l’aggravante di attribuire a noi la responsabilità della decisione. Insomma, Letta annunciava nuove tasse e le intestava a noi. Inaccettabile. Altro che colpo di testa mio. È stato il suo un colpo basso.

9.15 – Berlusconi: “Indecorosa una alleanza Pd-transfughi Pdl” Una alleanza tra Pd e transfughi Pdl sarebbe “talmente indecorosa e avvilente che si scontrerebbe con una ripulsa popolare”. Così Silvio Berlusconi, intervistato da “Panorama”. E aggiunge che Napolitano “non darebbe mai l’avallo a un simile esperimento”. Quanto ad una alleanza Pd-M5S, il Cavaliere la definisce “impossibile”.

9.03 – Giovanardi: “Fiducia da circa 40 parlamentari Pdl” I deputati e senatori che voteranno la fiducia al governo Letta sono circa 40 “basta vedere le loro dichiarazioni pubbliche”. Lo afferma Carlo Giovanardi entrando in Senato.

Da ilfattoquotidiano.it del 02/10/2013.

PAPA FRANCESCO: CHIESA DI PECCATORI, ANCHE CARDINALI E PAPI

papa Francesco all’udienza generale: qualcuno qui senza peccati?

 

Papa Francesco

La Chiesa è santa ma ‘fatta di peccatori’. ‘Come può essere santa una Chiesa fatta di uomini peccatori, sacerdoti peccatori, suore peccatrici, cardinali peccatori, papi peccatori?’, chiede il Papa durante l’udienza generale. ‘Qualcuno di voi è qui senza i suoi peccati? Qualcuno tra noi lo è?’, ha poi chiesto il Papa spiegando che la Chiesa ‘è santa non per i nostri meriti ma perché procede da un Dio che non la abbandona al male’.

Papa: meglio una Chiesa incidentata che malata

rinnovamento

Tutto cio’ che e’ chiuso e’ malato; meglio uscire, anche a costo di subire un incidente. “Meglio incidentati che ammalati”. Discorso che vale anche e soprattutto per la Chiesa, come avverte papa Francesco, spiegandolo ai catechisti incontrati nell’Aula Paolo VI, in occasione del congresso internazionale sulla catechesi nell’ambito dell’Anno della Fede.

Spiega il Papa: “In una stanza chiusa si forma l’umidita’. E se una persona e’ chiusa in quella stanza si ammala”. Allo stesso modo, “se un cristiano e’ chiuso nel suo gruppo, nel suo movimento, nella sua parrocchia, si ammala; se invece un cristiano esce nelle strade, nelle periferie, puo’ succedere un incidente stradale. Ma preferisco mille volte una Chiesa incidentata che una Chiesa ammalata. Meglio un catechista, che corra il rischio ma abbia il coraggio di uscire; piuttosto uno che studi ma che poi ha il sangue malato e a volte e’ malato anche nella testa…”.

Giovani disoccupati oltre il 40%

 amici

peggiora in modo preoccupante la condizione giovanile metà della quale tra poco si ritrova senza lavoro, con tutto quello che ne consegue:

Ue e Ocse: “L’instabilità italiana rischia di contagiare l’Europa”

Confindustria: con la crisi politica Pil in calo per tutto il 2014

La recessione.

(Elena Polidori)

 L’instabilità politica spaventa la Ue e l’Ocse che avvertono: «La crisi italiana minaccia l’Europa e la sua fragile ripresa». La Confindustria fa anche una stima: se continuasse questa incertezza, il Pil nazionale avrebbe il segno meno per tutto il 2014. L’Italia va al voto di fiducia portandosi appresso dati allarmanti sulla disoccupazione giunta al 12,2%, il top dal 1977; per i giovani questa percentuale sale al 40,1%, un record storico. Così, mentre i mercati scommettono sulla sopravvivenza del governo Letta, l’Istat diffonde i dati allarmanti sul lavoro, «la realtà cruda del paese», come la chiama il leader Cisl Bonanni, la «conferma della stagnazione», come la definisce il ministro Giovannini. Il Cnel aggiunge un particolare al quadro già drammatico dei giovani: uno su quattro non solo non lavora ma non studia neppure; i precari sono 3 milioni. Sono dati che farebbero soffrire qualunque paese, ancor più se si trova in una situazione politica delicata, incerta. Ed è su questo che basa le sue stime la Confindustria: Pil negativo e pure un esercito di posti di lavoro persi. Sempre su questo insistono Olli Rehn, Martin Schulz e Angel Gurria, ovvero il commissario per l’economia Ue, il presidente del Parlamento europeo ed il segretario generale dell’Ocse. Il senso del loro messaggio, quasi un appello, è chiaro: una Italia politicamente incerta costituisce una minaccia per la ‘fragile ripresa’ dell’economia, che oltretutto sta affacciandosi solo adesso. E questa minaccia è destinata a fuoriuscire dai confini nazionali diventando un pericolo per tutti. «Per l’intera zona euro’, puntualizza Rehn. E Schulz: ‘Non si può aprire una crisi per interessi particolari. Una caduta del governo creerebbe enormi turbolenze politiche e sui mercati finanziari’. Gurria si preoccupa soprattutto di smantellare il gran can can sulle tasse sulla casa: l’Ocse «è sempre stato contrario all’abolizione dell’Imu». Nella sua analisi la cancellazione di questa tassa non aiuta a diminuire la pressione fiscale sui salari e gli investimenti, come invece sarebbe opportuno. In sede europea la tenuta del governo è vista come imprescindibile. Schulz, il più politico dei tre, si preoccupa anche di argomentare che chi voterà a favore di Letta «non sarà né un traditore né un eroe, ma un deputato e un senatore responsabile ». Per essere ancora più sicuro dell’esito del voto, ha pure telefonato al segretario del Pd Epifani, perché «anche loro» devono sostenere l’esecutivo con tutti i mezzi. Lo stato dell’economia lo impone. Non a caso Rehn auspica ‘il ritorno della stabilità politica il prima possibile ». Bisogna poter prendere le decisioni utili alla crescita e all’occupazione. Un mini-segnale positivo in questo quadro fatto di tanti segni meno, arriva dal cosiddetto clic day, l’operazione per la raccolta delle domande di assunzione delle aziende relative agli under 30. Assunzioni con incentivi, ovviamente. Ebbene, in tre ore ne sono arrivate circa 5.500.

Da La Repubblica del 02/10/2013.

la gioia di H. Kung: “rinasce la speranza … “

rinnovamento

E’ estremamente sodisfatto H. Kung della svolta che papa Francesco sta imprimendo con coraggio e determinazione alla chiesa ed esprime la soddisfazione di uno che ritorna a sperare:

Io credo che sia un evento di grande valore e di cui rallegrarsi moltissimo, il fatto che il dialogo tra Papa Francesco ed Eugenio Scalfari non sia terminato con un epistolario, ma sia continuato con un’intervista. Quella pubblicata ieri su Repubblica è il documento straordinario di un incontro da uomo a uomo con un’intensa e profonda volontà reciproca di proseguire e approfondire il dialogo. Una delle cose che colpisce all’inizio del colloquio è che abbiano saputo trovare anche la dimensione dello humour: entrambi dicono di essere stati ammoniti e avvertiti dai loro collaboratori a non lasciarsi convertire l’uno dall’altro, né alla fede cristiana né al laicismo.
ED  ENTRAMBI – lo trovo straordinario anche sul piano della comunicazione – hanno reagito ridendo e assicurando che nessuno dei due aveva questa intenzione. Ma poi, passando con disinvoltura al discorso serio, hanno sottolineato che il loro colloquio aveva e avrebbe avuto lo scopo di accrescere con uno sforzo reciproco la conoscenza. Questo si proponevano di fare e questo hanno saputo fare trovando punti significativi di convergenza e punti di leale disaccordo. Un confronto tanto più straordinario perché nessuno dei due voleva fare proselitismo.
Uno dei punti interessanti dell’intervista è il giudizio sul comunismo. Francesco afferma che non avrebbe mai aderito al materialismo, ma che ciò nonostante, attraverso i docenti che ebbe e conobbe all’università, da quella dottrina imparò moltissimo. Imparò e capì molto sulle questioni sociali di cui parlavano i comunisti. Non è un caso che Francesco abbia sottolineato l’importanza di alcuni temi che sollevava il movimento (che era sia politico che di fede) della Teologia della Liberazione.
Poi c’è la questione della Curia, o diciamo anche della Corte romana. Il Papa ha usato parole molto dure, parole che non mi aspettavo, parole che persino a me avrebbero causato estremo disagio se le avessi usate: “La Corte è la lebbra del Papato”. In quel momento del loro dialogo, Francesco e Scalfari hanno davvero colto il punto essenziale, cioè che la Curia romana deve essere posta di nuovo al servizio del genere umano e non al servizio di un sistema romano che non ha nulla a che vedere con la lezione del Vangelo. E che da un punto di vista veramente cattolico il Vaticano non può divenire la necessità suprema, ma al contrario tutte le strutture della Chiesa, anche quelle della Curia, devono porsi al servizio del Popolo di Dio.
E infine, il Papa ha rifiutato di pronunciare una gerarchia dei santi: ha detto che è possibile fare una classifica dei migliori calciatori argentini ma non dei Santi. Poi si è espresso in favore di San Paolo, quale interpretazione del cristianesimo che è rimasta valida per millenni, di Sant’Agostino e di Francesco d’Assisi. Nel corso di tutto il dialogo tra Francesco e Scalfari non c’è un singolo tono sbagliato. Si può solo sperare che questo dialogo resti d’esempio per il dialogo tra credenti e non credenti.    (H. Kung, in ‘la Repubblica’ odierna)                                     

 

(02 ottobre 2013)

Con il Papa Francisco: il Terzo Mondo dentro il Vaticano

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L. Boff ancora su papa Francesco:

Sono note le tante innovazioni che Papa Francesco, il Vescovo di Roma, come vuole essere chiamato, ha introdotto nelle abitudini papali e nello stile di presiedere la Chiesa nella tenerezza, nella comprensione, con il dialogo e con la compassione.

Ma alcuni sono rimasti perplessi, perché erano abituati allo stile classico dei papi, dimenticando che questo stile è ereditato dagli imperatori romani pagani, dal nome di “Papa” al mantello sulle spalle (Mozetta), tutto ornato, simbolo del potere imperiale assoluto, prontamente respinto da Francesco.

Ricordiamo di nuovo che l’attuale Papa viene da fuori, dalla periferia della Chiesa centrale europea. Porta con sé un’altra esperienza ecclesiale, con nuovi costumi e con un’altra forma di sperimentare il mondo con le sue contraddizioni. Lo ha espresso coscientemente nella sua lunga intervista con la rivista gesuita Civiltà Cattolica: “Le chiese giovane sviluppano una sintesi di fede, cultura e vita in divenire, e quindi diversa da quella che hanno sviluppato le Chiese più antiche”. Queste ultime non sono segnate dal divenire ma dalla stabilità e fa loro fatica incorporare elementi nuovi derivati dalla cultura moderna laica e democratica.

Qui il Papa Francesco sottolinea la differenza. È consapevole di venire da un altro modo di essere Chiesa, maturato nel Terzo Mondo. Questo è caratterizzato da profonde ingiustizie sociali, da un numero assurdo di baraccopoli che circondano quasi ogni città, da culture originarie sempre disprezzate e da l’eredità della schiavitù di origine africana, che subiscono discriminazioni importanti. La Chiesa ha capito che oltre alla sua missione religiosa particolare, non poteva sottrarsi a una missione sociale urgente: schierarsi con i deboli e gli oppressi e lottare per la loro liberazione. In diversi incontri dei vescovi continentali di Latinoamerica e dei Caraibi (Celam) è maturata l’opzione preferenziale per i poveri, contro la loro povertà, e l’evangelizzazione liberatrice.

Papa Francesco viene di questo brodo ecclesiale e culturale. Qui, tali opzioni con le loro riflessioni teologiche, con modi di vivere la fede in rete di comunità e celebrazioni incorporando lo stile popolare di pregare Dio, sono cose evidenti. Ma non lo sono per i cristiani della antica cristianità europea, pieni di tradizioni, teologie, cattedrali e un senso del mondo riempito con il modo greco-romano-germanico di articolare il messaggio cristiano. Venendo di una Chiesa che ha dato centralità ai poveri, prima di tutto ha visitato i rifugiati sull’isola di Lampedusa, poi a Roma presso il centro dei gesuiti e poi presso i disoccupati di Corsica. E’ naturale per lui, ma è quasi uno “scandalo” per i curiali e un fatto senza precedenti per gli altri cristiani europei. L’opzione per i poveri, ribadita dagli ultimi papi era solo retorica e concettuale. Non c’era un vero incontro con i poveri ed i sofferenti. Con Francesco capita esattamente il contrario: l’annuncio è pratica affettiva ed efficace.

Forse queste parole di Francesco chiariscono il suo modo di vivere e di vedere la missione della Chiesa: “Vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. E’ inutile chiedere a uno gravemente ferito se ha il colesterolo e la glicemia elevati! È necessario guarire le ferite. Poi, si può parlare di tutto il resto”. “La Chiesa” – continua – “a volte é chiusa in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante, piuttosto, è il primo annuncio: ‘Gesù ti ha salvato!’. Pertanto, i ministri della Chiesa, in primo luogo, devono essere ministri di misericordia, le riforme strutturali e organizzativi sono secondarie, vale a dire, vengono dopo, la prima riforma dovrebbe essere l’atteggiamento. I ministri del Vangelo devono essere persone in grado di scaldare il cuore della gente, camminare con loro durante la notte, dialogare e anche entrare nella “loro” notte  senza perdersi nel buio. “Il popolo di Dio -conclude- vuole pastori e non dipendenti o clerici di Stato”. In Brasile, parlando ai vescovi latinoamericani ha chiesto loro di fare la “rivoluzione della tenerezza”.

Pertanto, la centralità non è occupata dalla dottrina e disciplina, così dominante in questi ultimi tempi, ma dalla persona di Gesù e della umana nelle sue ricerche, che sia o non sia credente, come il Papa ha mostrato nel dialogo con l’ex direttore del quotidiano romano La Repubblica, Eugenio Scalfari, persona non credente. Sono nuovi venti che soffiano dalle nuove chiese periferiche e danno aria nuova a tutta la Chiesa. La primavera davvero sta arrivando, prometente.

Leonardo Boff ha scritto Francesco d’Assisi e Francesco di Roma, Mar Idéias, Rio 2013.

Papa Francesco e il comunismo

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Come si legge oggi nella lunga intervista di Eugenio Scalfari su La Repubblica:

“Ebbi anche un’insegnante verso la quale concepii rispetto e amicizia, era una comunista fervente. Spesso mi leggeva e mi dava da leggere testi del partito comunista. Così conobbi anche quella concezione molto materialitica.  – Poi Papa Francesco aggiunge – Ricordo che mi fece avere anche il comunicato dei comunisti americani in difesa dei Roseberg che erano stati condannati a morte. La donna di cui sto parlando poi è stata arrestata, torturata e uccisa dal dittatoriale allora governante in Argentina.”

Eugenio Scalfari poi chiede a Bergoglio: il Comunismo la sedusse?

“Il suo materialismo non ebbe alcuna presa su di me. Ma conoscerlo attraverso una persona attraverso uan persona onesta e coraggiosa mi è stato utile, ho capito alcune cose, un aspetto sociale, che poi ritrovai nella dottrina sociale della Chiesa.”

Papa, il cantiere della nuova Chiesa

rinnovamento

Duecento giorni al lavoro e otto cantieri aperti. Alla riunione del suo “consiglio della corona” di otto cardinali, convocati stamane per discutere di riforma della Curia e principali problemi della Chiesa, papa Bergoglio si presenta con un elenco di cose concrete già avviate. Francesco non è soltanto un personaggio carismatico, ma si è rivelato un grande lavoratore e un leader capace di gestione politica. A 76 anni non si è concesso vacanze, ma ha passato l’estate a studiare i problemi del Vaticano, dello Ior e della Chiesa, consultando più persone possibili e convocando singolarmente e collettivamente i capi dei dicasteri di Curia. Questa stagione ha messo in luce anche il suo metodo. Improntato alla gradualità e impostato sull’inclusione delle forze disponibili. Schivando la tentazione di costruirsi un clan di “amici del papa”. Nelle nomine da lui fatte si trovano uomini di tutte le “correnti”: riformisti, conservatori, centristi, ratzingeriani, bertoniani, diplomatici della scuola Casaroli-Silvestrini-Sodano, esponenti dell’Opus Dei e persino dei Legionari di Cristo. (È legionario,non compromesso con i maneggi del fondatore-abusatore Maciel perché da sempre impegnato nell’attività vaticana, il nuovo segretario generale del Governatorato, Alzaga).

L’OBIETTIVO è chiaro: le riforme che saranno messe in opera devono essere sostenute dal consenso ecclesiale più ampio possibile. Francesco si muove senza frettolosità, ma con determinazione. E passo dopo passo produce o avvia riforme.

1) Ieri ha creato il “Consiglio dei cardinali”. È l’ufficializzazione come consiglio permanente, in rappresentanza degli episcopati del mondo, del gruppo di otto cardinali dei cinque continenti con cui si riunisce stamane fino al 3 ottobre. È la prima tappa di concretizzazione del principio di collegialità, stabilito dal concilio Vaticano II e mai realizzato. Collegialità significa che i vescovi – una loro rappresentanza – prendono parte al processo decisionale nel governo della Chiesa universale. Il Consiglio dei Cardinali avrà una composizione numerica da stabilirsi. Per ora sono otto. Hanno il compito di “aiutare il Santo Padre nel governo della Chiesa universale”, diconsigliarloperlariformadella Curia, di fornirgli pareri su “questioni particolari”.

2) Il rinnovamento della banca vaticana, seguito personalmente dal papa, sta procedendo. Entro l’anno saranno chiusi i conti correnti anomali o di persone che non c’entrano con le opere di religione. Una speciale commissione sta revisionando lo statuto affinché l’attività dello Ior si concentri esclusivamente sulla “missione della Chiesa”. In queste ore per la prima volta è stato pubblicato il bilancio. L’Istituto gestisce 7,1 miliardi di patrimonio, in crescita di 200 milioni rispetto al 2011. L’utile netto è di 86,6 milioni di euro nell’esercizio 2012 (contro i 20,3 milioni del 2011). Il numero di clienti è sceso di 2.234 unità. I depositi di terzi in gestione sono passati da 3,3 a 3,1 miliardi di euro. Il patrimonio proprio in gestione è aumentato da 0,7 a 0,8 miliardi di euro.

3) È stato istituito un Centro anti-riciclaggio, il cosiddetto Comitato di sicurezza finanziaria, che raggruppa esponenti della Segreteria di Stato, del ministero degli Esteri vaticano, del Governatorato, della Prefettura affari economici, della procura vaticana, dei servizi di sicurezza e dell’Autorità di informazione finanziaria per coordinare tutta l’attività di “prevenzione e contrasto” del riciclaggio di denaro sporco in Vaticano.

4) Nella riunione del Consiglio dei Cardinali verrà trattato il problema di un rimodellamento della Curia, che – come ha sottolineato Francesco – non dovrà essere centro di gestione di potere né di censura, ma “strumento al servizio del papa e dei vescovi”.

5) Il nuovo Segretario di Stato mons. Parolin affronterà con una speciale commissione la riorganizzazione degli organismi finanziari del Vaticano.

6) Sul ruolo delle donne nella Chiesa – escluso il sacerdozio femminile – papa Bergoglio ha preannunciato un loro inserimento nei luoghi “dove si decide… e si esercita autorità”. In altre parole le cattoliche dovranno arrivare ai posti di vertice del governo ecclesiale.

7) Per la comunione ai divorziati risposati il papa ha prospettato che verrà trovata una soluzione nell’ambito del Sinodo dei vescovi. Già in questi giorni discuterà la questione nel consiglio dei cardinali.

8) Si profilano novità strutturali anche per la Cei. Papa Bergoglio è orientato a lasciare che i vescovi italiani si eleggano il proprio presidente.

Da Il Fatto Quotidiano del 01/10/2013 , di M. Politi

“così cambierà la chiesa”: colloquio di papa Francesco con E. Scalfari

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Il Papa: così cambierà la Chiesa: colloquio tra papa Francesco e Eugenio Scalfari
in “la Repubblica” del 1 ottobre 2013

Mi dice papa Francesco: «I più gravi dei mali che affliggono il mondo in questi anni sono la disoccupazione dei giovani e la solitudine in cui vengono lasciati i vecchi. I vecchi hanno bisogno di cure e di compagnia; i giovani di lavoro e di speranza, ma non hanno né l’uno né l’altra, e il guaio è che non li cercano più. Sono stati schiacciati sul presente. Mi dica lei: si può vivere schiacciati sul presente? Senza memoria del passato e senza il desiderio di proiettarsi nel futuro costruendo un progetto, un avvenire, una famiglia? È possibile continuare così? Questo, secondo me, è il problema più urgente che la Chiesa ha difronte a sé». Santità, gli dico, è un problema soprattutto politico ed economico, riguarda gli Stati, i governi, i partiti, le associazioni sindacali. «Certo, lei ha ragione, ma riguarda anche la Chiesa, anzi soprattutto la Chiesa perché questa situazione non ferisce solo i corpi ma anche le anime. La Chiesa deve sentirsi responsabile sia delle anime sia dei corpi». Santità, Lei dice che la Chiesa deve sentirsi responsabile. Debbo dedurne che la Chiesa non è consapevole di questo problema e che Lei la incita in questa direzione? «In larga misura quella consapevolezza c’è, ma non abbastanza. Io desidero che lo sia di più. Non è questo il solo problema che abbiamo di fronte ma è il più urgente e il più drammatico». L’incontro con papa Francesco è avvenuto martedì scorso nella sua residenza di Santa Marta, in una piccola stanza spoglia, un tavolo e cinque o sei sedie, un quadro alla parete. Era stato preceduto da una telefonata che non dimenticherò finché avrò vita. Erano le due e mezza del pomeriggio. Squilla il mio telefono e la voce alquanto agitata della mia segretaria mi dice: «Ho il Papa in linea glielo passo immediatamente ». Resto allibito mentre già la voce di Sua Santità dall’altro capo del filo dice: «Buongiorno, sono papa Francesco». Buongiorno Santità — dico io e poi — sono sconvolto non m’aspettavo mi chiamasse. «Perché sconvolto? Lei mi ha scritto una lettera chiedendo di conoscermi di persona. Io avevo lo stesso desiderio e quindi son qui per fissare l’appuntamento. Vediamo la mia agenda: mercoledì non posso, lunedì neppure, le andrebbe bene martedì?». Rispondo: va benissimo. «L’orario è un po’ scomodo, le 15, le va bene? Altrimenti cambiamo giorno». Santità, va benissimo anche l’orario. «Allora siamo d’accordo: martedì 24 alle 15. A Santa Marta. Deve entrare dalla porta del Sant’Uffizio». Non so come chiudere questa telefonata e mi lascio andare dicendogli: posso abbracciarla per telefono? «Certamente, l’abbraccio anch’io. Poi lo faremo di persona, arrivederci ». Ora son qui. Il Papa entra e mi dà la mano, ci sediamo. Il Papa sorride e mi dice: «Qualcuno dei miei collaboratori che la conosce mi ha detto che lei tenterà di convertirmi» È una battuta gli rispondo. Anche i miei amici pensano che sia Lei a volermi convertire. Ancora sorride e risponde: «Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso. Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci circonda. A me capita che dopo un incontro ho voglia di farne un altro perché nascono nuove idee e si scoprono nuovi bisogni. Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare la cerchia dei pensieri. Il mondo è percorso da strade che riavvicinano e allontanano, ma l’importante è che portino verso il Bene». Santità, esiste una visione del Bene unica? E chi la stabilisce? «Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e anche del Male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene». Lei, Santità, l’aveva già scritto nella lettera che mi indirizzò. La coscienza è autonoma, aveva detto, e ciascuno deve obbedire alla propria coscienza. Penso che quello sia uno dei passaggi più coraggiosi detti da un Papa. «E qui lo ripeto. Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e
combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per migliorare il mondo». La Chiesa lo sta facendo? «Sì, le nostre missioni hanno questo scopo: individuare i bisogni materiali e immateriali delle persone e cercare di soddisfarli come possiamo. Lei sa cos’è l’“agape”?». Sì, lo so. «È l’amore per gli altri, come il nostro Signore l’ha predicato. Non è proselitismo, è amore. Amore per il prossimo, lievito che serve al bene comune». Ama il prossimo come te stesso. «Esattamente, è così». Gesù nella sua predicazione disse che l’agape, l’amore per gli altri, è il solo modo di amare Dio. Mi corregga se sbaglio. «Non sbaglia. Il Figlio di Dio si è incarnato per infondere nell’anima degli uomini il sentimento della fratellanza. Tutti fratelli e tutti figli di Dio. Abba, come lui chiamava il Padre. Io vi traccio la via, diceva. Seguite me e troverete il Padre e sarete tutti suoi figli e lui si compiacerà in voi. L’agape, l’amore di ciascuno di noi verso tutti gli altri, dai più vicini fino ai più lontani, è appunto il solo modo che Gesù ci ha indicato per trovare la via della salvezza e delle Beatitudini». Tuttavia l’esortazione di Gesù, l’abbiamo ricordato prima, è che l’amore per il prossimo sia eguale a quello che abbiamo per noi stessi. Quindi quello che molti chiamano narcisismo è riconosciuto come valido, positivo, nella stessa misura dell’altro. Abbiamo discusso a lungo su questo aspetto. «A me — diceva il Papa — la parola narcisismo non piace, indica un amore smodato verso se stessi e questo non va bene, può produrre danni gravi non solo all’anima di chi ne è affetto ma anche nel rapporto con gli altri, con la società in cui vive. Il vero guaio è che i più colpiti da questo che in realtà è una sorta di disturbo mentale sono persone che hanno molto potere. Spesso i Capi sono narcisi». Anche molti Capi della Chiesa lo sono stati. «Sa come la penso su questo punto? I Capi della Chiesa spesso sono stati narcisi, lusingati e malamente eccitati dai loro cortigiani. La corte è la lebbra del papato». La lebbra del papato, ha detto esattamente così. Ma qual è la corte? Allude forse alla Curia? ho chiesto. «No, in Curia ci sono talvolta dei cortigiani, ma la Curia nel suo complesso è un’altra cosa. È quella che negli eserciti si chiama l’intendenza, gestisce i servizi che servono alla Santa Sede. Però ha un difetto: è Vaticano-centrica. Vede e cura gli interessi del Vaticano, che sono ancora, in gran parte, interessi temporali. Questa visione Vaticano-centrica trascura il mondo che ci circonda. Non condivido questa visione e farò di tutto per cambiarla. La Chiesa è o deve tornare ad essere una comunità del popolo di Dio e i presbiteri, i parroci, i Vescovi con cura d’anime, sono al servizio del popolo di Dio. La Chiesa è questo, una parola non a caso diversa dalla Santa Sede che ha una sua funzione importante ma è al servizio della Chiesa. Io non avrei potuto avere la piena fede in Dio e nel suo Figlio se non mi fossi formato nella Chiesa e ho avuto la fortuna di trovarmi, in Argentina, in una comunità senza la quale non avrei preso coscienza di me e della mia fede». Lei ha sentito la sua vocazione fin da giovane? «No, non giovanissimo. Avrei dovuto fare un altro mestiere secondo la mia famiglia, lavorare, guadagnare qualche soldo. Feci l’università. Ebbi anche una insegnante verso la quale concepii rispetto e amicizia, era una comunista fervente. Spesso mi leggeva e mi dava da leggere testi del Partito comunista. Così conobbi anche quella concezione molto materialistica. Ricordo che mi fece avere anche il comunicato dei comunisti americani in difesa dei Rosenberg che erano stati condannati a morte. La donna di cui le sto parlando fu poi arrestata, torturata e uccisa dal regime dittatoriale allora governante in Argentina». Il comunismo la sedusse? «Il suo materialismo non ebbe alcuna presa su di me. Ma conoscerlo attraverso una persona coraggiosa e onesta mi è stato utile, ho capito alcune cose, un aspetto del sociale, che poi ritrovai nella dottrina sociale della Chiesa».
La teologia della liberazione, che papa Wojtyla ha scomunicato, era abbastanza presente nell’America Latina. «Sì, molti suoi esponenti erano argentini». Lei pensa che sia stato giusto che il Papa li combattesse? «Certamente davano un seguito politico alla loro teologia, ma molti di loro erano credenti e con un alto concetto di umanità ». Santità, mi permette di dirle anch’io qualche cosa sulla mia formazione culturale? Sono stato educato da una madre molto cattolica. A 12 anni vinsi addirittura una gara di catechismo tra tutte le parrocchie di Roma ed ebbi un premio dal Vicariato. Mi comunicavo il primo venerdì di ogni mese, insomma praticavo la liturgia e credevo. Ma tutto cambiò quando entrai al liceo. Lessi, tra gli altri testi di filosofia che studiavamo, il “Discorso sul metodo” di Descartes e rimasi colpito dalla frase, ormai diventata un’icona, “Penso, dunque sono”. L’io divenne così la base dell’esistenza umana, la sede autonoma del pensiero. «Descartes tuttavia non ha mai rinnegato la fede del Dio trascendente». È vero, ma aveva posto il fondamento d’una visione del tutto diversa e a me accadde di incamminarmi in quel percorso che poi, corroborato da altre letture, mi ha portato a tutt’altra sponda. «Lei però, da quanto ho capito, è un non credente ma non un anticlericale. Sono due cose molto diverse». È vero, non sono anticlericale, ma lo divento quando incontro un clericale. Lui sorride e mi dice: «Capita anche a me, quando ho di fronte un clericale divento anticlericale di botto. Il clericalismo non dovrebbe aver niente a che vedere con il cristianesimo. San Paolo che fu il primo a parlare ai Gentili, ai pagani, ai credenti in altre religioni, fu il primo ad insegnarcelo». Posso chiederle, Santità, quali sono i santi che lei sente più vicini all’anima sua e sui quali si è formata la sua esperienza religiosa? «San Paolo è quello che mise i cardini della nostra religione e del nostro credo. Non si può essere cristiani consapevoli senza San Paolo. Tradusse la predicazione di Cristo in una struttura dottrinaria che, sia pure con gli aggiornamenti di un’immensa quantità di pensatori, di teologi, di pastori d’anime, ha resistito e resiste dopo duemila anni. E poi Agostino, Benedetto e Tommaso e Ignazio. E naturalmente Francesco. Debbo spiegarle il perché?». Francesco — mi sia consentito a questo punto di chiamare così il Papa perché è lui stesso a suggerirtelo per come parla, per come sorride, per le sue esclamazioni di sorpresa o di condivisione, mi guarda come per incoraggiarmi a porre anche le domande più scabrose e più imbarazzanti per chi guida la Chiesa. Sicché gli chiedo: di Paolo ha spiegato l’importanza e il ruolo che ha svolto, ma vorrei sapere quale tra quelli che ha nominato sente più vicino all’anima sua? «Mi chiede una classifica, ma le classifiche si possono fare se si parla di sport o di cose analoghe. Potrei dirle il nome dei migliori calciatori dell’Argentina. Ma i santi…». Si dice scherza coi fanti, conosce il proverbio? «Appunto. Tuttavia non voglio evadere alla sua domanda perché lei non mi ha chiesto una classifica sull’importanza culturale e religiosa ma chi è più vicino alla mia anima. Allora le dico: Agostino e Francesco». Non Ignazio, dal cui Ordine Lei proviene? «Ignazio, per comprensibili ragioni, è quello che conosco più degli altri. Fondò il nostro Ordine. Le ricordo che da quell’Ordine proveniva anche Carlo Maria Martini, a me ed anche a lei molto caro. I gesuiti sono stati e tuttora sono il lievito — non il solo ma forse il più efficace — della cattolicità: cultura, insegnamento, testimonianza missionaria, fedeltà al Pontefice. Ma Ignazio che fondò la Compagnia, era anche un riformatore e un mistico. Soprattutto un mistico». E pensa che i mistici sono stati importanti per la Chiesa? «Sono stati fondamentali. Una religione senza mistici è una filosofia». Lei ha una vocazione mistica? «A lei che cosa le sembra?». A me sembra di no.
«Probabilmente ha ragione. Adoro i mistici; anche Francesco per molti aspetti della sua vita lo fu ma io non credo d’avere quella vocazione e poi bisogna intendersi sul significato profondo di quella parola. Il mistico riesce a spogliarsi del fare, dei fatti, degli obiettivi e perfino della pastoralità missionaria e s’innalza fino a raggiungere la comunione con le Beatitudini. Brevi momenti che però riempiono l’intera vita ». A Lei è mai capitato? «Raramente. Per esempio quando il Conclave mi elesse Papa. Prima dell’accettazione chiesi di potermi ritirare per qualche minuto nella stanza accanto a quella con il balcone sulla piazza. La mia testa era completamente vuota e una grande ansia mi aveva invaso. Per farla passare e rilassarmi chiusi gli occhi e scomparve ogni pensiero, anche quello di rifiutarmi ad accettare la carica come del resto la procedura liturgica consente. Chiusi gli occhi e non ebbi più alcuna ansia o emotività. Ad un certo punto una grande luce mi invase, durò un attimo ma a me sembrò lunghissimo. Poi la luce si dissipò io m’alzai di scatto e mi diressi nella stanza dove mi attendevano i cardinali e il tavolo su cui era l’atto di accettazione. Lo firmai, il cardinal Camerlengo lo controfirmò e poi sul balcone ci fu l’“Habemus Papam”». Rimanemmo un po’ in silenzio, poi dissi:parlavamo dei santi che lei sente più vicini alla sua anima ed eravamo rimasti ad Agostino. Vuole dirmi perché lo sente molto vicino a sé? «Anche il mio predecessore ha Agostino come punto di riferimento. Quel santo ha attraversato molte vicende nella sua vita ed ha cambiato più volte la sua posizione dottrinaria. Ha anche avuto parole molto dure nei confronti degli ebrei, che non ho mai condiviso. Ha scritto molti libri e quello che mi sembra più rivelatore della sua intimità intellettuale e spirituale sono le “Confessioni”, contengono anche alcune manifestazioni di misticismo ma non è affatto, come invece molti sostengono, il continuatore di Paolo. Anzi, vede la Chiesa e la fede in modo profondamente diverso da Paolo, forse anche perché erano passati quattro secoli tra l’uno e l’altro». Qual è la differenza, Santità? «Per me è in due aspetti, sostanziali. Agostino si sente impotente di fronte all’immensità di Dio e ai compiti ai quali un cristiano e un Vescovo dovrebbe adempiere. Eppure lui impotente non fu affatto, ma l’anima sua si sentiva sempre e comunque al di sotto di quanto avrebbe voluto e dovuto. E poi la grazia dispensata dal Signore come elemento fondante della fede. Della vita. Del senso della vita. Chi è non toccato dalla grazia può essere una persona senza macchia e senza paura come si dice, ma non sarà mai come una persona che la grazia ha toccato. Questa è l’intuizione di Agostino». Lei si sente toccato dalla grazia? «Questo non può saperlo nessuno. La grazia non fa parte della coscienza, è la quantità di luce che abbiamo nell’anima, non di sapienza né di ragione. Anche lei, a sua totale insaputa, potrebbe essere toccato dalla grazia». Senza fede? Non credente? «La grazia riguarda l’anima». Io non credo all’anima. «Non ci crede ma ce l’ha». Santità, s’era detto che Lei non ha alcuna intenzione di convertirmi e credo che non ci riuscirebbe. «Questo non si sa, ma comunque non ne ho alcuna intenzione ». E Francesco? «È grandissimo perché è tutto. Uomo che vuole fare, vuole costruire, fonda un Ordine e le sue regole, è itinerante e missionario, è poeta e profeta, è mistico, ha constatato su se stesso il male e ne è uscito, ama la natura, gli animali, il filo d’erba del prato e gli uccelli che volano in cielo, ma soprattutto ama le persone, i bambini, i vecchi, le donne. È l’esempio più luminoso di quell’agape di cui parlavamo prima». Ha ragione Santità, la descrizione è perfetta. Ma perché nessuno dei suo predecessori ha mai scelto quel nome? E secondo me, dopo di Lei nessun altro lo sceglierà? «Questo non lo sappiamo, non ipotechiamo il futuro. È vero, prima di me nessuno l’ha scelto. Qui affrontiamo il problema dei problemi. Vuole bere qualche cosa?».
Grazie, forse un bicchiere d’acqua. Si alza, apre la porta e prega un collaboratore che è all’ingresso di portare due bicchieri d’acqua. Mi chiede se vorrei un caffè, rispondo di no. Arriva l’acqua. Alla fine della nostra conversazione il mio bicchiere sarà vuoto, ma il suo è rimasto pieno. Si schiarisce la gola e comincia. «Francesco voleva un Ordine mendicante ed anche itinerante. Missionari in cerca di incontrare, ascoltare, dialogare, aiutare, diffondere fede e amore. Soprattutto amore. E vagheggiava una Chiesa povera che si prendesse cura degli altri, ricevesse aiuto materiale e lo utilizzasse per sostenere gli altri, con nessuna preoccupazione di se stessa. Sono passati 800 anni da allora e i tempi sono molto cambiati, ma l’ideale d’una Chiesa missionaria e povera rimane più che valida. Questa è comunque la Chiesa che hanno predicato Gesù e i suoi discepoli». Voi cristiani adesso siete una minoranza. Perfino in Italia, che viene definita il giardino del Papa, i cattolici praticanti sarebbero secondo alcuni sondaggi tra l’8 e il 15 per cento. I cattolici che dicono di esserlo ma di fatto lo sono assai poco sono un 20 per cento. Nel mondo esiste un miliardo di cattolici e anche più e con le altre Chiese cristiane superate il miliardo e mezzo, ma il pianeta è popolato da 6-7 miliardi di persone. Siete certamente molti, specie in Africa e nell’America Latina, ma minoranze. «Lo siamo sempre stati ma il tema di oggi non è questo. Personalmente penso che essere una minoranza sia addirittura una forza. Dobbiamo essere un lievito di vita e di amore e il lievito è una quantità infinitamente più piccola della massa di frutti, di fiori e di alberi che da quel lievito nascono. Mi pare d’aver già detto prima che il nostro obiettivo non è il proselitismo ma l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle delusioni, della disperazione, della speranza. Dobbiamo ridare speranza ai giovani, aiutare i vecchi, aprire verso il futuro, diffondere l’amore. Poveri tra i poveri. Dobbiamo includere gli esclusi e predicare la pace. Il Vaticano II, ispirato da papa Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare». Anche perché — mi permetto di aggiungere — la società moderna in tutto il pianeta attraversa un momento di crisi profonda e non soltanto economica ma sociale e spirituale. Lei all’inizio di questo nostro incontro ha descritto una generazione schiacciata sul presente. Anche noi non credenti sentiamo questa sofferenza quasi antropologica. Per questo noi vogliamo dialogare con i credenti e con chi meglio li rappresenta. «Io non so se sono il migliore che li rappresenta, ma la Provvidenza mi ha posto alla guida della Chiesa e della Diocesi di Pietro. Farò quanto sta in me per adempiere al mandato che mi è stato affidato». Gesù, come Lei ha ricordato, ha detto: ama il tuo prossimo come te stesso. Le pare che questo sia avvenuto? «Purtroppo no. L’egoismo è aumentato e l’amore verso gli altri diminuito». Questo è dunque l’obiettivo che ci accomuna: almeno parificare l’intensità di questi due tipi d’amore. La sua Chiesa è pronta e attrezzata a svolgere questo compito? «Lei cosa pensa?». Penso che l’amore per il potere temporale sia ancora molto forte tra le mura vaticane e nella struttura istituzionale di tutta la Chiesa. Penso che l’Istituzione predomini sulla Chiesa povera e missionaria che lei vorrebbe. «Le cose stanno infatti così e in questa materia non si fanno miracoli. Le ricordo che anche Francesco ai suoi tempi dovette a lungo negoziare con la gerarchia romana e con il Papa per far riconoscere le regole del suo Ordine. Alla fine ottenne l’approvazione ma con profondi cambiamenti e compromessi». Lei dovrà seguire la stessa strada? «Non sono certo Francesco d’Assisi e non ho la sua forza e la sua santità. Ma sono il Vescovo di Roma e il Papa della cattolicità. Ho deciso come prima cosa di nominare un gruppo di otto cardinali che siano il mio consiglio. Non cortigiani ma persone sagge e animate dai miei stessi sentimenti.
Questo è l’inizio di quella Chiesa con un’organizzazione non soltanto verticistica ma anche orizzontale. Quando il cardinal Martini ne parlava mettendo l’accento sui Concili e sui Sinodi sapeva benissimo come fosse lunga e difficile la strada da percorrere in quella direzione. Con prudenza, ma fermezza e tenacia». E la politica? «Perché me lo chiede? Io ho già detto che la Chiesa non si occuperà di politica». Però proprio qualche giorno fa ha rivolto un appello ai cattolici ad impegnarsi civilmente e politicamente. «Non mi sono rivolto soltanto ai cattolici ma a tutti gli uomini di buona volontà. Ho detto che la politica è la prima delle attività civili ed ha un proprio campo d’azione che non è quello della religione. Le istituzioni politiche sono laiche per definizione e operano in sfere indipendenti. Questo l’hanno detto tutti i miei predecessori, almeno da molti anni in qua, sia pure con accenti diversi. Io credo che i cattolici impegnati nella politica hanno dentro di loro i valori della religione ma una loro matura coscienza e competenza per attuarli. La Chiesa non andrà mai oltre il compito di esprimere e diffondere i suoi valori, almeno fin quando io sarò qui». Ma non è stata sempre così la Chiesa. «Non è quasi mai stata così. Molto spesso la Chiesa come istituzione è stata dominata dal temporalismo e molti membri ed alti esponenti cattolici hanno ancora questo modo di sentire. Ma ora lasci a me di farle una domanda: lei, laico non credente in Dio, in che cosa crede? Lei è uno scrittore e un uomo di pensiero. Crederà dunque a qualcosa, avrà un valore dominante. Non mi risponda con parole come l’onestà, la ricerca, la visione del bene comune; tutti principi e valori importanti, ma non è questo che le chiedo. Le chiedo che cosa pensa dell’essenza del mondo, anzi dell’universo. Si domanderà certo, come tutti, chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Se le pone anche un bambino queste domande. E lei?». Le sono grato di questa domanda. La risposta è questa: io credo nell’Essere, cioè nel tessuto dal quale sorgono le forme, gli Enti. «E io credo in Dio. Non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico, esiste Dio. E credo in Gesù Cristo, sua incarnazione. Gesù è il mio maestro e il mio pastore, ma Dio, il Padre, Abbà, è la luce e il Creatore. Questo è il mio Essere. Le sembra che siamo molto distanti?» Siamo distanti nei pensieri, ma simili come persone umane, animate inconsapevolmente dai nostri istinti che si trasformano in pulsioni, sentimenti, volontà, pensiero e ragione. In questo siamo simili. «Ma quello che voi chiamate l’Essere vuole definire come lei lo pensa?». L’Essere è un tessuto di energia. Energia caotica ma indistruttibile e in eterna caoticità. Da quell’energia emergono le forme quando l’energia arriva al punto di esplodere. Le forme hanno le loro leggi, i loro campi magnetici, i loro elementi chimici, che si combinano casualmente, evolvono, infine si spengono ma la loro energia non si distrugge. L’uomo è probabilmente il solo animale dotato di pensiero, almeno in questo nostro pianeta e sistema solare. Ho detto è animato da istinti e desideri ma aggiungo che contiene anche dentro di sé una risonanza, un’eco, una vocazione di caos. «Va bene. Non volevo che mi facesse un compendio della sua filosofia e mi ha detto quanto mi basta. Osservo dal canto mio che Dio è luce che illumina le tenebre anche se non le dissolve e una scintilla di quella luce divina è dentro ciascuno di noi. Nella lettera che le scrissi ricordo d’averle detto che anche la nostra specie finirà ma non finirà la luce di Dio che a quel punto invaderà tutte le anime e tutto sarà in tutti». Sì, lo ricordo bene, disse “tutta la luce sarà in tutte le anime” il che — se posso permettermi — dà più una figura di immanenza che di trascendenza. «La trascendenza resta perché quella luce, tutta in tutti, trascende l’universo e le specie che in quella fase lo popolano. Ma torniamo al presente. Abbiamo fatto un passo avanti nel nostro dialogo. Abbiamo constatato che nella società e nel mondo in cui viviamo l’egoismo è aumentato assai più dell’amore per gli altri e gli uomini di buona volontà debbono operare, ciascuno con la propria forza e competenza, per far sì che l’amore verso gli altri aumenti fino ad eguagliare e possibilmente
superare l’amore per se stessi». Qui anche la politica è chiamata in causa. «Sicuramente. Personalmente penso che il cosiddetto liberismo selvaggio non faccia che rendere i forti più forti, i deboli più deboli e gli esclusi più esclusi. Ci vuole grande libertà, nessuna discriminazione, non demagogia e molto amore. Ci vogliono regole di comportamento ed anche, se fosse necessario, interventi diretti dello Stato per correggere le disuguaglianze più intollerabili». Santità, lei è certamente una persona di grande fede, toccato dalla grazia, animato dalla volontà di rilanciare una Chiesa pastorale, missionaria, rigenerata e non temporalistica. Ma da come parla e da quanto io capisco, Lei è e sarà un Papa rivoluzionario. Per metà gesuita, per metà uomo di Francesco, un connubio che forse non si era mai visto. E poi, le piacciono i “Promessi Sposi” di Manzoni, Holderlin, Leopardi e soprattutto Dostoevskij, il film “La strada” e “Prova d’orchestra” di Fellini, “Roma città aperta” di Rossellini ed anche i film di Aldo Fabrizi. «Quelli mi piacciono perché li vedevo con i miei genitori quando ero bambino». Ecco. Posso suggerirle di vedere due film usciti da poco? “Viva la libertà” e il film su Fellini di Ettore Scola. Sono certo che le piaceranno. Sul potere gli dico: lo sa che a vent’anni ho fatto un mese e mezzo di esercizi spirituali dai gesuiti? C’erano i nazisti a Roma e io avevo disertato dalla leva militare. Eravamo punibili con la condanna a morte. I gesuiti ci ospitarono a condizione che facessimo gli esercizi spirituali per tutto il tempo in cui eravamo nascosti nella loro casa e così fu. «Ma è impossibile resistere ad un mese e mezzo di esercizi spirituali» dice lui stupefatto e divertito. Gli racconterò il seguito la prossima volta. Ci abbracciamo. Saliamo la breve scala che ci divide dal portone. Prego il Papa di non accompagnarmi ma lui esclude con un gesto. «Parleremo anche del ruolo delle donne nella Chiesa. Le ricordo che la Chiesa è femminile». E parleremo se Lei vuole anche di Pascal. Mi piacerebbe sapere come la pensa su quella grande anima. «Porti a tutti i suoi familiari la mia benedizione e chieda che preghino per me. Lei mi pensi, mi pensi spesso». Ci stringiamo la mano e lui resta fermo con le due dita alzate in segno di benedizione. Io lo saluto dal finestrino. Questo è Papa Francesco. Se la Chiesa diventerà come lui la pensa e la vuole sarà cambiata un’epoca.

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