i manifesti contro papa Francesco sono un attacco brutale da non sottovalutare

manifesti contro papa Francesco

“un attacco preciso, brutale e ben pianificato.

sbaglia chi minimizza”

di Marco Politi
in “http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/mpoliti/” del 5 febbraio 2017


l’attacco è stato preciso, violento, ben pianificato. Sbagliano i sostenitori di Francesco a voler minimizzare. E sbaglia anche il Vaticano a diffondere la tacita consegna “non ti curar di loro, ma guarda e passa”. Perché i manifesti   contro papa Bergoglio affissi sabato in molte parti del centro di Roma toccano i punti vitali dell’immaginario di questo pontificato

In primo luogo, il rapporto diretto con la massa dei fedeli e anche il popolo, che non crede ma ascolta con attenzione le parole di Francesco: rapporto ridicolizzato e deformato dalla foto, che sui manifesti mostra un pontefice ingrugnito. Più insidioso ancora è il secondo messaggio veicolato dalle affissioni: l’attacco brutale al cuore della sua buona novella, la misericordia. Come dire: “Sei un dittatore subdolo che parli di misericordia ma perseguiti chi non è d’accordo con te: dall’Ordine di Malta ai Francescani dell’Immacolata, a sacerdoti per te scomodi … e non hai nemmeno il coraggio di rispondere a quei cardinali che ti mettono in discussione”. Vero e falso in un messaggio di lotta politica senza quartiere non hanno importanza. (La campagna elettorale di Trump insegna). E questo dei manifesti è un attacco “politico” in piena regola al pontificato bergogliano. Raffinato nella sua perfidia è anche l’uso del dialetto romano.

“A France’… “. Uno sberleffo che mira a svuotare nella sua volgarità ogni preminenza morale della personalità presa a bersaglio. Sbaglia anche chi minimizza, considerando la vicenda un mero sviluppo di un clima della comunicazione contemporanea diventato sempre più esplicito, polarizzato e aggressivo. Il che è vero. Ma nel caso di Francesco l’ondata di manifesti derisori è qualcosa di più: è   un’ulteriore mossa di un’escalation che ha per scopo la   denigrazione sistematica   del suo riformismo e in ultima analisi la mobilitazione delle forze in vista del futuro conclave da cui (secondo i conservatori) non deve uscire assolutamente un Francesco II. Ridicolizzare il Papa a Roma con metodi, che ricordano i tweet di Trump contro i suoi avversari o gli insulti da stadio contro giocatori e arbitri, significa appunto trascinare in basso la figura di Francesco per metterlo alla pari degli insulti da bar. In questa vicenda – quali che siano i quattro gatti che un domani potranno essere individuati come autori materiali del fatto – non esiste un burattinaio unico. Esiste invece, a partire sin dai primi mesi del pontificato e in accelerata con il primo sinodo sulla famiglia, il coagularsi costante e crescente di molteplici   gruppi, preti, vescovi e cardinali sostenuti da una galassia di siti internet, il cui motto è: “Questo Papa non ci piace!”. E’ un demagogo, un populista, un comunista, un femminista, un eretico … Che protestantizza la Chiesa cattolica, sminuisce il primato papale, toglie sacralità alla cattedra di Pietro, si allontana dalla Tradizione, semina confusione tra i fedeli …”. Si prenda una cartina geografica e si appuntino con uno spillo le località da cui provengono i cardinali e i vescovi, che hanno scritto libri contro la svolta pastorale di Francesco in tema di etica familiare, che hanno firmato petizioni, che gli hanno mandato una lettera accusandolo praticamente di manipolazione dell’ordine dei lavori del Sinodo 2015, che infine (con la lettera dei quattro Cardinali dell’autunno scorso) lo hanno sostanzialmente accusato di tradire la parola di Dio iscritta nel Vangelo – e si avrà una mappa della rete mondiale – in Curia e nei cinque continenti – di coloro che nutrono malumore nei confronti della linea del pontefice. Preti,
teologi, vescovi e cardinali che gli si oppongono apertamente e che dietro le quinte sono appoggiati da quanti ne condividono le idee ma non vogliono esporsi e intanto fanno resistenza passiva. I manifesti di Roma, che attaccano pubblicamente Bergoglio nella Roma, di cui è vescovo e da cui svolge (come suona la definizione cattolica tradizionale) la sua “missione di pastore universale”, sono il segno allarmante di un movimento a lui contrario, che non ha tregua e incarna la stessa aggressività logorante che ha avuto negli Stati Uniti il tea party movement. La somiglianza colpisce. Quel movimento, che incessantemente anno dopo anno ha disgregato l’immagine di Obama, non era ovviamente in grado di rimuoverlo da presidente, ma al termine del suo mandato ha pesato enormemente sulle elezioni presidenziali. C’è un “movimento del sacro incenso”, abbastanza numeroso come hanno dimostrato le votazioni al sinodo sulla famiglia, e variamente aggressivo, che mira a corrodere dall’interno degli ambienti ecclesiastici l’autorevolezza di Bergoglio. Il vasto consenso di cui gode nei sondaggi è solo una parte della questione. L’altra dimensione riguarda la Chiesa come istituzione. E in questa dimensione la guerra sotterranea è violenta. Bergoglio, mostrando tranquillità, ha finora ordinato discretamente ai suoi sostenitori nella gerarchia di non dare importanza agli attacchi a lui rivolti. Ma la storia insegna che in una guerra civile chi non contrasta efficacemente gli attacchi, finisce per logorarsi. E qui chi si logora non è tanto la personalità storica di Francesco, ma la vitalità del fronte riformatore.

papa Francesco applaudito da molti ma lasciato solo da coloro che gli sono più vicino

come e perché il papa sta smontando la chiesa ‘romana’

intervista a Marco Politi

Come e perché il Papa sta smontando la Chiesa romana. Parla Marco Politi

a livello ecclesiale c’è più opposizione che consenso all’opera di Papa Francesco. Una maggioranza tradizionalista più forte e muscolare nell’episcopato mondiale che si scontra con una minoranza di innovatori “più timidi”, nelle lotte di una “guerra civile in corso dentro la Chiesa”. E’ l’analisi di Marco Politi, scrittore e giornalista. Per sei anni inviato a Mosca, una ventina come vaticanista a Repubblica, oggi editorialista con un blog sul Fatto Quotidiano

 

Politi, questa guerra civile di cui lei parla significa che il programma di riforme di Francesco si sta arenando?

Niente affatto. Gli ostacoli ci sono, ma procede con tenacia.

Qualche esempio?

La pulizia dello Ior; la determinazione a punire i colpevoli di pedofilia: è il primo Papa che ha fatto processare un nunzio e arcivescovo. Non solo con la dimissione dallo stato clericale, ma dando l’ok al rinvio a giudizio. Nel frattempo l’ex nunzio Wesolowski è morto, ma si stava aprendo un processo penale senza precedenti in Vaticano.

Riforme vaticane più che pastorali in senso stretto?

Non dobbiamo dimenticare che il Papa ha aperto una commissione di studio sul diaconato alle donne e ha tirato fuori la Chiesa dalle secche delle ossessioni sessuali. E ha riformato i dicasteri dei laici e della giustizia sociale, per dargli maggiore incisività.

Ed emergono divisioni nella Chiesa.

E’ un vero e proprio scontro. In crescendo. Mosso da una parte della gerarchia, maggioritaria, che ritiene una questione identitaria, ad esempio, il “no” alla comunione ai divorziati risposati o il riconoscimento del valore positivo delle unioni omosessuali.

Il classico bisticcio tra conservatori e innovatori. Qual è la novità?

Anche durante il Concilio le opposizioni ai progetti di riforma erano tante. Allora i due fronti si scontravano a viso aperto con libri e incontri, ognuno aveva i propri teologi di riferimento in campo, si tenevano iniziative nelle diocesi che coinvolgevano il popolo di Dio. Oggi i riformatori sono silenziosi, inerti. Tutte le iniziative intorno ai due Sinodi sulla famiglia sono state organizzate dai conservatori. Assistiamo ad un climax di aggressività alimentato dai blog e dai siti internet. Ma non mancano attacchi diretti di cardinali e vescovi con iniziative impensabili persino ai tempi pur burrascosi di Paolo VI e delle riforme conciliari.

Si riferisce alla recente lettera di richiesta di chiarimento dei quattro cardinali?

Quella è il guanto di sfida. Ma seguirà altro. Come molto è stato anticipato. Prima del Sinodo 2014 un libro di cinque cardinali in difesa della dottrina tradizionale del matrimonio. Poi un altro volume firmato da 11 porporati. Quindi una petizione firmata da 800mila cattolici fra cui 100 vescovi per frenare le innovazioni. Nel Sinodo del 2015, una lettera di 13 cardinali sulla regolarità dell’assemblea. Se uno legge i nomi dei contestatori vede che ci sono molte personalità di primo piano, che provengono da un’area geografica vasta e che spesso avevano avuto un ruolo rilevante durante i due pontificati precedenti.

Eppure, mai come in passato, i grandi giornali ammirano il Papa.

Massmediaticamente si rimane concentrati sulla personalità di Francesco. Ma la Chiesa è un grande impero, coi suoi alti gerarchi, i vescovi; i quadri, preti e religiosi; e le milizie scelte, i laici impegnati. La cosa che più colpisce l’opinione pubblica cattolica, o credente in altre religioni o non credente, è l’assoluta sincerità di Francesco di presentarsi. Lui non parla tanto come prete, come vescovo, come Papa, ma come discepolo di Cristo. Questo colpisce. Ma poi le resistenze ci sono. La gerarchia si sta posizionando per il Conclave futuro.

Intanto Francesco si sta muovendo con nomine di persone a lui vicine.

Certo, ma non fraintendiamo: uno può essere conservatore sui temi etici e riformista su quelli sociali o viceversa. Inoltre Francesco non è uomo da spoil system. Nel governo della Chiesa cerca di essere inclusivo, di coinvolgere anche chi non la pensa come lui. E’ questo un punto che i suoi uomini più vicini gli contestano. Vorrebbero che usasse una mano più ferma.

Il 17 dicembre Bergoglio compirà 80 anni. Crede che possa nel breve periodo rinunciare al pontificato?

Lo farà certamente se dovesse rendersi conto che per assoluta mancanza di energie fisiche non dovesse essere più in grado di governare. Qui sta il punto: quanti anni ancora al Soglio? Credo che gli servano almeno cinque anni per dare solidità al processo di riforma avviato. L’obiettivo della guerra civile in corso è proprio questo: impedire che arrivi al trono di Pietro un uomo che porti a sviluppo le riforme iniziate.

Riforme finite, come nel caso della comunione ai divorziati risposati, in una nota a pie’ di pagina, con un invito al discernimento che però tanto sta facendo discutere la Chiesa.

Nei due Sinodi la maggioranza era compatta contro la linea aperturista del cardinal Kasper. E’ l’esempio del prevalere tradizionalista. A questo proposito è istruttivo guardare le recenti elezioni nella Chiesa. In Europa, quando si è votato per i vertici del Consiglio delle conferenze episcopali europee, è stato eletto un cardinale moderatamente conservatore come Bagnasco. Uno dei suoi vice è il conservatore polacco Gadecki. Poi c’è uno più riformista, l’inglese Nichols. Ma, appunto, è in minoranza. E non dimentichiamoci degli Usa, con l’elezione dei due nuovi leader della Conferenza episcopale, entrambi scelti dal fronte pro-life, mentre i nuovi porporati americani creati dal Papa sono preoccupati delle divisioni nella Chiesa. E’ una dimostrazione che una serie di elettori di Bergoglio nel 2013 – e tra questi molti erano statunitensi – oggi non lo voterebbero più.

Due anni fa ha scritto un libro dal titolo evocativo: “Francesco tra i lupi”. Chi sono questi lupi?

Anche quelli che applaudono il Papa, ma poi non muovono un dito. Sono quelli del dissenso nella Chiesa: sacche di silenzio, passività e adulazione; di chi dice parole con le labbra che in realtà non pensa. Lo esprime bene monsignor Bregantini: tutti dicono che è buono e bravo, ma in realtà il Papa è un giocatore lasciato solo in campo quando tutti lo applaudono.

Politi, però gli osanna ci sono.

Spesso di facciata. Mi dicevano alcuni diplomatici presso la Santa Sede che in certi ambienti vaticani si respira un’aria di “slealtà”. Parole che dette da diplomatici ci fanno capire che clima difficile si respiri in Vaticano. Mi ricorda di quando ero a Mosca ai tempi della perestrojka. I giornali tributavano un consenso unanime a Gorbaciov. Sorrisi e cordialità dal Comitato centrale, che intanto gli remava contro.

Da arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio di interviste ne ha rilasciate pochissime. Ora ne concede a getto continuo. E ogni giorno possiamo leggere le sue omelie mattutine a Santa Marta. Viene in mente l’immagine del Pio XIII di Sorrentino, uno “young pope” che si nasconde ai fedeli, rifiuta persino di farsi fotografare. Tutto il contrario di Bergoglio.

Gli artisti anticipano sempre. Habemus Papam di Moretti nel 2011 mostrava un Papa eletto che poi rinuncia, e che aveva individuato come priorità la misericordia, l’umanità, la cura dei feriti. E’ arrivato Francesco e il suo “ospedale da campo”. Sorrentino con quel papa contraddittorio, conservatore ma anche umano, evidenzia l’interrogativo e le attese non ancora definite dell’opinione pubblica su quale Papa uscirà dal futuro Conclave.

Il vaticanista Aldo Maria Valli in una recente conversazione con Formiche.net riconosce che le argomentazioni di Francesco sono a volte ambigue.

Non c’è dubbio che Amoris laetitia sia un documento in cui il Papa – vincolato dalle votazioni del Sinodo – non si sia potuto esprimere in merito ai divorziati risposati con la chiarezza che gli è propria. Ma d’altronde tutta l’ideologia dei valori non negoziabili ha allontanato inesorabilmente masse di credenti dalla Chiesa istituzionale. Francesco non è buonista, è realista, conoscendo il formarsi e il disgregarsi dei progetti di vita proprio nelle megalopoli del Terzo Mondo dall’America latina, all’Africa, all’Asia e allora “cristianamente” vuole aiutare le persone anche ad un “nuovo inizio”. Il suo perdono è un incoraggiamento ad andare avanti.

Quindi dove sta andando Francesco?

E’ stato eletto per riformare. Bergoglio vuole smontare la Chiesa romana, imperiale e monarchica. Per questo insiste sulla collegialità, la sinodalità, la responsabilità dei singoli episcopati. Per questo ha creato il consiglio dei cardinali che deve assisterlo nel governo oltre che studiare la riforma della Curia. E’ stato eletto per riformare, ma per qualcuno sta esagerando, e allora gli tirano il freno.

a un anno dall’elezione, un nuovo quadro ecclesiale

abbracio papale

 

mi piace mutuare da M. Politi, vaticanista de ‘il Fattoquotidiano’, un bilancio del primo anno di pontificato di papa Francesco: con molta competenza delinea le  coordinate di una nuova comprensione ecclesiale più evangelica e aperta al mondo secondo le linee indicative del concilio vaticano secondo da troppi anni messo da parte:

Una chiesa più comunitaria, dialogante e femminile

di Marco Politi

in “il Fatto Quotidiano” del 9 marzo 2014

Un anno dopo la sua elezione papa Francesco continua a godere di un consenso altissimo, mentre una torma di avversari silenziosi si muove nell’ombra dietro le quinte. Jorge Mario Bergoglio ha rotto gli equilibri nella Chiesa cattolica. Avesse semplicemente tagliato qualche ufficio della curia e riportato un po’ di efficienza e correttezza nella banca vaticana – come gli chiedeva la base elettorale in conclave – non avrebbe dato fastidio al nucleo conservatore, che si annida negli apparati vaticani e in molte strutture ecclesiastiche sparse per il mondo. Avesse organizzato solo meglio le riunioni dei concistori per dare modo ai cardinali dei cinque continenti di esprimersi puntualmente su alcuni problemi di interesse generale, riprendendo contemporaneamente un contatto regolare con i capi dicastero della curia per fare funzionare meglio la macchina vaticana, tutti i zucchetti porpora e viola sarebbero stati tranquilli. Invece il papa argentino ha messo in moto una rivoluzione. Sta rimodellando la Chiesa cattolica, spogliandola della mitologia e delle pratiche di un papato imperiale in cui il pontefice è sovrano assoluto e vescovi, preti, suore e fedeli sono semplicemente sudditi. Non è questo ciò che indicava il concilio Vaticano II, ma nei fatti nell’ultimo mezzo secolo nessuno aveva messo mano per smontare la struttura assolutista ereditata dal concilio di Trento. L’insistenza, con cui in varie occasioni il papa cita elogiandolo il concetto di “sinodalità” della Chiesa ortodossa, significa che Francesco ha in mente un obiettivo preciso: una Chiesa cattolica più comunitaria in cui il governo centrale funziona con la partecipazione dei vescovi. In altre parole Bergoglio – senza nulla togliere al potere decisionale finale dei pontefici – ritiene essere sano per la Chiesa che il papa romano governi “con” i vescovi dell’orbe cattolico. Contemporaneamente papa Francesco sta reimpostando il rapporto tra Chiesa e società contemporanea. A partire dal dialogo con i non credenti, non più considerati come mutilati (a cui “manca” qualcosa) ma trattati come portatori di valori da rispettare senza ambiguità, perché in ultima analisi ciò che caratterizza ogni essere umano è la posizione che la sua coscienza prende di fronte al problema del bene e del male. Guardando la contemporaneità con occhio sgombro da ideologismi dottrinari, in un anno ha spazzato dal tavolo l’equivoco diktat dei “valori non negoziabili” – confessando di non capire che cosa il motto potesse, al fondo, significare – e ha reimpostato radicalmente secondo una visione pastorale tutta la tematica della relazionalità sessuale e affettiva: dal divorzio (è il primo papa che serenamente usa la parola “secondo matrimonio”), alla contraccezione, all’omosessualità, alle unioni civili, all’esistenza di nuclei di convivenza in cui i bambini si trovano insieme ad adulti dello stesso sesso. Di questo nuovo approccio fa parte la consapevolezza che la Chiesa cattolica non può andare avanti senza fare concretamente spazio alle donne. Francesco, sul piano programmatico, ha fatto un enorme balzo in avanti rispetto alle tradizionali belle parole sul “genio femminile”, che hanno avuto corso per decenni negli ambienti ecclesiastici. Ha detto che le donne nella Chiesa devono stare nei posti dove si “decide” e dove si “esercita autorità”. Sul piano pratico ha sostenuto una vigorosa opera di pulizia nella banca vaticana, ha messo in piedi  procedure per la cooperazione con altri stati (fra cui l’Italia) nel campo delle indagini finanziarie, ha creato un comitato per il contrasto al riciclaggio di denaro sporco e ha istituito un dicastero per controllare la politica degli appalti e degli acquisti in Vaticano: operazioni da sempre fonte di torbidi affari. Sul piano del governo la creazione del “consiglio della corona” di otto cardinali provenienti dai cinque continenti costituisce il rodaggio di un organismo consultivo permanente inedito in tempi moderni. Ma la cosa più interessante è la trasformazione del sinodo dei vescovi in un piccolo concilio, convocato a scadenze regolari, a cui il papa affida il compito di fare proposte pastorali precise. Non sarà lui – e non vuole esserlo – ad affacciarsi alla finestra dicendo, ad esempio, che i divorziati risposati potranno fare la comunione. La rivoluzione di Francesco consiste nel fatto di avere organizzato un sondaggio universale su ciò che pensano i fedeli (sabotato peraltro in moltissime diocesi) e di affidare ai sinodi del 2014 e l 2015 la responsabilità di sciogliere a viso aperto i nodi dell’ossessione di controllo della sessualità, in cui le gerarchie cattoliche si sono impigliate dopo secoli di una esasperata casistica. L’opposizione dei settori più tradizionalisti (o semplicemente “disorientati”) della Chiesa è attiva su ciascuno dei punti, che Francesco ha enucleato i questo anno. Etichette manichee non hanno senso. In curia esistono riformatori e frenatori. E così negli episcopati del mondo. C’è chi è contro la comunione ai divorziati risposati ed è favorevole all’indulgenza per i gay. Chi agita la bandiera delle marce contro l’aborto e chi vede come fumo negli occhi una presenza femminile nelle stanze dei bottoni vaticani. I conservatori temono specialmente la fine dell’assolutismo papale. Su Internet i falchi si sfogano nella maniera più aggressiva,  tacitamente sostenuti da quei prelati costretti ufficialmente all’ossequio verso il pontefice. L’enorme popolarità di Francesco, dentro e fuori la Chiesa – dovuta al fatto che non sembra parlare al “recinto” cattolico, ma all’umanità contemporanea – è lo scudo che ne protegge il cammino riformatore. Ma la battaglia diventerà sempre più aspra nel momento in cui saranno in agenda le specifiche innovazioni. La strategia del papa consiste precisamente nel voler portare alla luce dibattiti e conflitti in quel parlamento rappresentato dai “sinodi”. Così lo scontro sarà visibile a tutti come ai tempi di Giovanni XXIII e Paolo VI durante il concilio.

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Rivoluzione Bergoglio. Il nuovo vangelo di papa Francesco

 

di Marco Politi

in “il Fatto Quotidiano” del 9 marzo 2014

 

non temete la tenerezza

 

La tenerezza non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza! Quando i cristiani si dimenticano della speranza e della tenerezza, diventano una Chiesa fredda, che non sa dove andare e si imbriglia nelle ideologie, negli atteggiamenti mondani. Ho paura quando i cristiani perdono la speranza e la capacità di abbracciare e accarezzare. Fermiamoci davanti al Bambino di Betlemme. Non abbiamo paura che il nostro cuore si commuova! Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio, abbiamo bisogno delle sue carezze. Le carezze di Dio non fanno ferite: le carezze di Dio ci danno pace e forza. Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia.

 

toccare la carne dei poveri

 

Avvicinarsi alla carne della sofferenza significa aprire il cuore, non temere di avvicinarsi alla carne che ha fame e sete, alla carne malata e ferita, alla carne che “sta scontando la propria colpa”, alla carne che non ha di che vestirsi, alla carne che conosce l’amarezza corrosiva della solitudine nata dal disprezzo. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non possiamo dormire tranquilli mentre bambini muoiono di fame e anziani non hanno assistenza medica. Se una notte di inverno, qui vicino in via Ottaviano, muore una persona, quella non è notizia. Al contrario, un abbassamento di dieci punti nelle borse, costituisce una tragedia. Così le persone vengono scartate. Fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione.  

peccatori sì corrotti no

 

Dove c’è l’inganno, non c’è lo Spirito di Dio. Questa è la differenza tra peccatore e corrotto. Quello che fa la doppia vita è un corrotto. La doppia vita di un cristiano fa tanto male. (E se dice) “Ma io sono un benefattore della Chiesa! Metto la mano in tasca e do alla Chiesa”. Ma con l’altra mano ruba: allo Stato, ai poveri. É un ingiusto. E questo merita, lo dice Gesù, non lo dico io, che gli mettano al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Un cristiano che si vanta di essere cristiano, ma non fa vita da cristiano, è un corrotto. Quello che pecca e invece vorrebbe non peccare, ma è debole e va dal Signore e chiede perdono, a questo il Signore vuole bene, lo accompagna, è con lui. Sappiamo quanto male fanno alla Chiesa i cristiani corrotti, i preti corrotti. E noi dobbiamo dire: peccatori sì, corrotti no.

 

l’ora dell’incontro con i non credenti

 

È venuto il tempo di un dialogo aperto e senza preconcetti (tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista, dall’altra), che riapra le porte per un serio e fecondo incontro. Questo dialogo non è un accessorio secondario dell’esistenza del credente: ne è invece un’espressione intima e indispensabile. La fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti. La questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire.

 

le donne nella Chiesa lì dove si decide

 

La Chiesa è femminile. Il ruolo della donna nella Chiesa non deve finire solo come mamma, come lavoratrice, limitata … No! Non si può capire una Chiesa senza donne, ma donne attive nella Chiesa, con il loro profilo che portano avanti. Questo si deve esplicitare meglio. Bisogna fare una profonda teologia della donna. È necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. Temo la soluzione del “machismo in gonnella”, perché in realtà la donna ha una struttura differente dall’uomo. Le donne stanno ponendo domande profonde che vanno affrontate. La Chiesa non può essere se stessa senza la donna e il suo ruolo. La donna per la Chiesa è imprescindibile. Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti. La sfida oggi è proprio questa: riflettere sul posto specifico della donna anche proprio lì dove si esercita l’autorità nei vari ambiti della Chiesa.

 

il Vaticano non deve essere una corte

 

Il cardinale (che) entra nella Chiesa di Roma, non entra in una corte. Evitiamo tutti abitudini e comportamenti di corte: intrighi, chiacchiere, cordate, favoritismi, preferenze. Il nostro linguaggio sia quello del Vangelo: “Sì, sì. No, no”. Il vescovo (sia) un pastore che conosce per nome le sue pecore, le guida con vicinanza, con tenerezza, con pazienza, manifestando effettivamente la maternità della Chiesa e la misericordia di Dio. L’atteggiamento del vero pastore non è quello del principe o del mero funzionario attento principalmente alla disciplina, alle regole, ai meccanismi organizzativi. I dicasteri romani sono al servizio del Papa e dei vescovi. In alcuni casi, quando non sono bene intesi, corrono il rischio di diventare organismi di censura. I dicasteri romani sono mediatori, non intermediari o gestori.

 

un ospedale sul campo di battaglia

 

Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite… e bisogna cominciare dal basso. La Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato!”. Sogno una Chiesa Madre e Pastora. I ministri della Chiesa devono essere misericordiosi, farsi carico delle persone, accompagnandole come il buon samaritano che lava, pulisce, solleva il suo prossimo. Questo è Vangelo puro. Lo Spirito Santo ci muove, ci fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. Ma (vogliamo) che non ci dia fastidio. Vogliamo che lo Spirito Santo si assopisca. Vogliamo addomesticare lo Spirito Santo. E questo non va.

 

chi sono io per giudicare un gay che cerca Dio?

 

Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che non si devono emarginare queste persone per questo, devono essere integrate in società. Ricordo il caso di una bambina molto triste, che alla fine confidò alla maestra il motivo del suo stato d’animo: “La fidanzata di mia madre non mi vuol bene”. La percentuale di ragazzi, che hanno i genitori separati, è elevatissima. Le situazioni che viviamo oggi pongono sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Una donna ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito. Poi questa donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L’aborto le pesa enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana. Che cosa fa il confessore? La tentazione di risolvere ogni problema con la casistica è un errore.

 

cari giovani, fate casino

 

Giovani, fate chiasso, fate casino, smuovete la Chiesa! Questa civiltà mondiale è andata oltre i limiti perché ha creato un tale culto del dio denaro, che siamo in presenza di una filosofia e di una prassi di esclusione dei due poli della vita che sono le promesse dei popoli. Esclusione degli anziani ed esclusione dei giovani. La percentuale che abbiamo di giovani senza lavoro, senza impiego, è molto alta e abbiamo una generazione che non ha esperienza della dignità guadagnata con il lavoro. Allora i giovani devono emergere, devono farsi valere, devono uscire per lottare per i valori. Per favore non lasciatevi rubare la speranza. Una cosa da non fare è di lasciarsi vincere dal pessimismo e dalla sfiducia. Un giovane senza speranza non è giovane, è invecchiato troppo presto. Se voi non avete speranza, pensate seriamente.

 

preti pastori non preti farfalla

 

Ai sacerdoti chiedo di essere pastori con l’odore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge. C’è tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli scandali, anche nella Chiesa. Gente ferita dalle illusioni del mondo. Noi preti dobbiamo essere lì, vicino a questa gente. I preti “asettici” non aiutano la Chiesa, i preti da laboratorio, tutto pulito e tutto bello. Noi siamo unti dallo Spirito e quando un sacerdote si allontana da Gesù Cristo, invece di essere unto finisce per essere untuoso. Quanto male fanno alla Chiesa i preti untuosi! Quelli che mettono la loro forza nelle cose artificiali, nelle vanità, in un atteggiamento e in un linguaggio lezioso. Quante volte si sente dire con dolore: “Ma, questo è un prete-farfalla!”. É bello trovare preti, di cui la gente dice: “Ha un caratteraccio, ma è un prete”.

il papa fa sul serio

Udienza Generale del mercoledì di Papa Francesco

 

M. Politi in questo bell’articolo evidenzia la determinazione e l’ufficialità della linea innovativa, ‘rivoluzionaria’, di papa Francesco espressa in modo inequivoco in un vero e proprio ‘atto di magistero’ quale è la quasi-enciclica ‘evangelii gaudium’:

il Papa fa sul serio

Ora è ufficiale

di Marco Politi
in “il Fatto Quotidiano” del 28 novembre 2013

Ora che la perestrojka di papa Francesco è messa nera su bianco con la pubblicazione dell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, credenti e mondo laico possono misurare l’ampiezza del progetto di riforma, che il nuovo pontefice ha in mente. Questa volta non si tratta di interviste o di riflessioni colloquiali, ma di ciò che in linguaggio ecclesiastico si chiama un “atto di magistero”. Cioè di un intervento che promana direttamente dall’autorità suprema della Chiesa cattolica. Su questo testo si potranno misurare nei mesi e negli anni a venire successi, resistenze, conflitti (come ne conobbero Giovanni XXIII e Paolo VI) e possibili sconfitte del pontificato argentino.
Francesco vuole rimodellare la Chiesa nella sua struttura, nel suo stile di cura delle anime e nel suo approccio verso la società contemporanea. Allo stesso tempo il nuovo papa sviluppa ancora più robustamente la dottrina sociale della Chiesa, portando a conseguenze più nette l’insoddisfazione di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI nei confronti delle politiche liberiste senza vincoli, che acuiscono la miseria, la precarietà e l’emarginazione sociale, arrivando al punto di lanciare un grido di allarme non retorico: “Fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione”. Nettissima nelle sue argomentazioni, la parte sociale del documento sarà rapidamente archiviata dalle attuali élites governanti (a cominciare in Italia sia dai partiti di centro e centro-destra che si richiamano alla tradizione democristiana e del partito popolare europeo sia dall’attuale governo e dal rampante aspirante alla segreteria del Pd, Renzi) perché il papa chiede una rifondazione dell’economia sociale di mercato e nessuno dei politici in questione ha il coraggio di affrontare il tema. Sul piano interno – la fisionomia della comunità ecclesiale e il modo di rapportarsi dei “pastori” ai fedeli e ai loro problemi esistenziali – la Chiesa di Bergoglio torna a pensare in grande come ai tempi del concilio Vaticano II, a cui evidentemente si riallaccia. Non perché Giovanni Paolo II e papa Ratzinger non pensassero in grande. Ma il papa polacco si muoveva in grande nel suo dinamismo geopolitico, tenendo però immutata dottrina e struttura della Chiesa. Mentre Benedetto XVI pensava in grande sul piano filosofico, ma lasciava che la Chiesa si chiudesse in una trincea contraria ad ogni innovazione. Francesco intende lavorare per una ristrutturazione del potere nella Chiesa. Vuole chiudere con il centralismo esasperato, arrivare a un ragionevole decentramento, rivedere il modo di esercizio del primato papale riprendendo l’dea di un confronto con le altre Chiese cristiane come auspicato da Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut Unum sint. Vuole archiviare il clericalismo esasperato e coinvolgere nei processi decisionali i laici e in particolare le donne, che – scandisce – devono essere presenti nei “luoghi dove vengono prese le decisioni importanti”. (Benché il sacerdozio resti maschile). Soprattutto il suo programma postula un ruolo attivo e proprio delle conferenze episcopali. Qui la rottura con la linea di Ratzinger è netta. Per Ratzinger le conferenze episcopali non avevano nessuna autorità ecclesiale né potevano impegnare il singolo vescovo. Francesco dice il contrario: le conferenze episcopali abbiano un loro statuto preciso, “attribuzioni concrete (e) anche qualche autorità dottrinale”. È la fine (almeno come progetto) dell’assolutismo ereditato dal Concilio di Trento e dell’ossessione di un potere papale quasi divino come l’aveva voluto Pio IX. Quanto alla pastorale il papa sferza i preti, che si abbandonano alla mondanità, l’impigrimento, l’egocentrismo, la rassegnazione, la mania di parlare dal pulpito in veste di “esperti di diagnosi
apocalittiche o giudici oscuri che si compiacciono di individuare ogni pericolo o deviazione”. Francesco vuole una Chiesa gioiosa nell’evangelizzare. L’aborto resta una male, il matrimonio resti unito, ma non è compito dei preti agire come alla barriera di una “dogana”, perché “l’eucaristia… non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli”. Anche qui l’inversione di rotta rispetto alla linea di Wojtyla e Ratzinger è palpabile.

papa Francesco è sotto tiro

 

un vero verminaio circonda papa Francesco

 

Papa Francesco

non sarà sotto tiro nel senso di pericolo fisico per la sua persona, ma certo col suo stile, la sua ‘parresia’, le sue scelte e priorità, le sue strategia di pulizia totale dentro la chiesa, di fatto ha aperto una fase di scontro sotterraneo perché in ballo ci sono interessi troppo grossi finendo per disturbare, in questo modo, “intrecci di malafare tra mafie e settori clericali”

Papa Francesco è sotto tiro. Troppo insistenti i suoi interventi contro il sistema delle tangenti, della corruzione, del “pane sporco”. Perché di sistema si tratta, non di singoli peccatori. Le parole pacate e perciò più pesanti del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, sono un segnale allarmante. Il sistema del malaffare è “innervosito” e non tollera una strategia papale di pulizia a 360 gradi.

Non c’è bisogno di pensare a mezzogiorni di fuoco. C’è da rendersi conto invece che si apre una fase di scontro sotterraneo. 

La svolta di Francesco tocca interessi corposi, disturba intrecci di malaffare tra mafie e settori clericali, infastidisce profittatori piccoli e grossi, suscita robuste resistenze passive. C’è un verminaio su cui fare luce. Le operazioni opache dell’Apsa, le centinaia di posizioni chiuse allo Ior di cui nulla si sa, suore con 150.000 dollari in mazzette da cento , vescovi (come l’ex di Urbino, mons. Marinelli) che guadagnano ufficialmente meno di 1.500 euro al mese e fanno bonifici a parenti per oltre un milione. E questo in un paese dove in tribunale è stato certificato che Berlusconi ha negoziato con la mafia, mentre il suo mediatore Dell’Utri appare regolarmente sui media come opinion maker e il ministro della Giustizia Cancellieri considera “non giusto, non giusto, non giusto” mettere in prigione chi, come i Ligresti, ha frodato e sottratto a risparmiatori e fisco centinaia di milioni. Per tacere dei milioni rapinati alla collettività per “attività politiche” rivelatesi ingordamente private. Malavita e mala-abitudine di far finta di niente, magari invocando a sproposito il garantismo, trascendono ogni frontiera confessionale. Anzi, le sporche alleanze si basano sul ripudio di ogni credo.

Nel verminaio Francesco è destinato – se insiste – a diventare una figura sempre più scomoda. Da frenare e neutralizzare. I suoi appelli toccano la coscienza di tutti. Sarebbe importante una diretta assunzione di responsabilità da parte del mondo cattolico nelle sue articolazioni, perché si sappia chi è dalla parte di Francesco e con quali mezzi si vuole combattere la sua battaglia.

Da Il Fato Quotidiano del 14/11/2013.

Papa, il cantiere della nuova Chiesa

rinnovamento

Duecento giorni al lavoro e otto cantieri aperti. Alla riunione del suo “consiglio della corona” di otto cardinali, convocati stamane per discutere di riforma della Curia e principali problemi della Chiesa, papa Bergoglio si presenta con un elenco di cose concrete già avviate. Francesco non è soltanto un personaggio carismatico, ma si è rivelato un grande lavoratore e un leader capace di gestione politica. A 76 anni non si è concesso vacanze, ma ha passato l’estate a studiare i problemi del Vaticano, dello Ior e della Chiesa, consultando più persone possibili e convocando singolarmente e collettivamente i capi dei dicasteri di Curia. Questa stagione ha messo in luce anche il suo metodo. Improntato alla gradualità e impostato sull’inclusione delle forze disponibili. Schivando la tentazione di costruirsi un clan di “amici del papa”. Nelle nomine da lui fatte si trovano uomini di tutte le “correnti”: riformisti, conservatori, centristi, ratzingeriani, bertoniani, diplomatici della scuola Casaroli-Silvestrini-Sodano, esponenti dell’Opus Dei e persino dei Legionari di Cristo. (È legionario,non compromesso con i maneggi del fondatore-abusatore Maciel perché da sempre impegnato nell’attività vaticana, il nuovo segretario generale del Governatorato, Alzaga).

L’OBIETTIVO è chiaro: le riforme che saranno messe in opera devono essere sostenute dal consenso ecclesiale più ampio possibile. Francesco si muove senza frettolosità, ma con determinazione. E passo dopo passo produce o avvia riforme.

1) Ieri ha creato il “Consiglio dei cardinali”. È l’ufficializzazione come consiglio permanente, in rappresentanza degli episcopati del mondo, del gruppo di otto cardinali dei cinque continenti con cui si riunisce stamane fino al 3 ottobre. È la prima tappa di concretizzazione del principio di collegialità, stabilito dal concilio Vaticano II e mai realizzato. Collegialità significa che i vescovi – una loro rappresentanza – prendono parte al processo decisionale nel governo della Chiesa universale. Il Consiglio dei Cardinali avrà una composizione numerica da stabilirsi. Per ora sono otto. Hanno il compito di “aiutare il Santo Padre nel governo della Chiesa universale”, diconsigliarloperlariformadella Curia, di fornirgli pareri su “questioni particolari”.

2) Il rinnovamento della banca vaticana, seguito personalmente dal papa, sta procedendo. Entro l’anno saranno chiusi i conti correnti anomali o di persone che non c’entrano con le opere di religione. Una speciale commissione sta revisionando lo statuto affinché l’attività dello Ior si concentri esclusivamente sulla “missione della Chiesa”. In queste ore per la prima volta è stato pubblicato il bilancio. L’Istituto gestisce 7,1 miliardi di patrimonio, in crescita di 200 milioni rispetto al 2011. L’utile netto è di 86,6 milioni di euro nell’esercizio 2012 (contro i 20,3 milioni del 2011). Il numero di clienti è sceso di 2.234 unità. I depositi di terzi in gestione sono passati da 3,3 a 3,1 miliardi di euro. Il patrimonio proprio in gestione è aumentato da 0,7 a 0,8 miliardi di euro.

3) È stato istituito un Centro anti-riciclaggio, il cosiddetto Comitato di sicurezza finanziaria, che raggruppa esponenti della Segreteria di Stato, del ministero degli Esteri vaticano, del Governatorato, della Prefettura affari economici, della procura vaticana, dei servizi di sicurezza e dell’Autorità di informazione finanziaria per coordinare tutta l’attività di “prevenzione e contrasto” del riciclaggio di denaro sporco in Vaticano.

4) Nella riunione del Consiglio dei Cardinali verrà trattato il problema di un rimodellamento della Curia, che – come ha sottolineato Francesco – non dovrà essere centro di gestione di potere né di censura, ma “strumento al servizio del papa e dei vescovi”.

5) Il nuovo Segretario di Stato mons. Parolin affronterà con una speciale commissione la riorganizzazione degli organismi finanziari del Vaticano.

6) Sul ruolo delle donne nella Chiesa – escluso il sacerdozio femminile – papa Bergoglio ha preannunciato un loro inserimento nei luoghi “dove si decide… e si esercita autorità”. In altre parole le cattoliche dovranno arrivare ai posti di vertice del governo ecclesiale.

7) Per la comunione ai divorziati risposati il papa ha prospettato che verrà trovata una soluzione nell’ambito del Sinodo dei vescovi. Già in questi giorni discuterà la questione nel consiglio dei cardinali.

8) Si profilano novità strutturali anche per la Cei. Papa Bergoglio è orientato a lasciare che i vescovi italiani si eleggano il proprio presidente.

Da Il Fatto Quotidiano del 01/10/2013 , di M. Politi

quelli che non vogliono pagare mai …

6.5.2013

belle

ogni giorno di più sembra profilarsi nella nostra realtà quotidiana un nuovo tipo di guerra:

“la guerra spietata dei potenti contro gli indifesi, la guerra dei prepotenti contro la massa di chi rispetta la legge e pensa (ingenuamente) che la società dovrebbe orientarsi secondo i dettami di un’etica civile sancite dalle norme. Potenti e prepotenti non vogliono pagare mai. Né rispondere delle loro azioni. Né risarcire morti e sofferenze causate da loro. Mai. “

Mette il dito nella piaga, senza sconti, neanche alla Chiesa, M. Politi, riflettendo sulle notizie deei giornali odierni … leggere al link qui sotto

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