un razzismo convinto ed esibito – negli Usa 1124 gruppi razzisti

il trionfo dell’ultradestra

«noi razzisti e allora?

di Umberto De Giovannangeli
in “l’Unità” del 1 febbraio 2017

attualmente ci sono negli Usa 1124 gruppi razzisti che sostengono idee come la supremazia bianca basata sulla teorica superiorità di questa razza su afro-americani, ispanici, arabi o ebrei.
Queste credenze, basate sull’odio hanno fondamenta politiche e sociali, che a volte partono da una base religiosa spesso legata al cristianesimo fondamentalista

Il killer della moschea di Quebec City aveva il mito dei «suprematisti» e su Facebook «AlexB» (Bissonette) inneggiava a Trump, Marine Le Pen e le forze di difesa israeliane. Se anche è stato da solo a compiere la strage (6 morti, 8 feriti) Alex Bissonette non è certo il solo a essere influenzato e armato, almeno ideologicamente, dal razzismo suprematista made in Usa. Perché da tempo negli Stati Uniti agiscono e si rafforzano quelli che oggi potrebbero essere definiti i legionari di Trump. Attualmente ci sono negli Usa 1124 gruppi razzisti che sostengono idee come la supremazia bianca basata sulla teorica superiorità di questa razza su afro-americani, ispanici, arabi o ebrei. Queste credenze, basate sull’odio hanno fondamenta politiche e sociali, che a volte partono da una base religiosa spesso legata al cristianesimo fondamentalista. Nella South Carolina, ad esempio, secondo il Southern Poverty Law Center, operano almeno 19 «hate groups», cioè i gruppi che fanno dell’odio la propria cifra.

C’è il Ku Klux Klan, naturalmente, che non molto tempo fa aveva lanciato una campagna di adesioni esplicita, facendo trovare caramelle davanti alle porte dei cittadini. Qui sventolare le bandiere confederate sugli edifici pubblici è ancora legale: non può sorprendere che ci siano sei gruppi ancora determinati a non riconoscere la sconfitta nella Guerra Civile. I miliziani suprematisti sono oggi oltre 50mila in tutti gli States. Tra i gruppi che operano attivamente si includono: neonazisti, miliziani del Ku Klux Klan, nazionalisti bianchi, neoconfederati, teste rasate di taglio razzista, vigilanti frontalieri. I gruppi neonazi nel 2008 erano 159 , otto anni dopo sono saliti a 1384. Tra i più attivi: American front, American guard, Hammerskins, National alliance, National socialist American labor party, National socialist vanguard, Nsdap/Ao, White aryan resistance. Il suprematismo bianco Usa corre anche sul web. Un recente studio del Simon Wiesenthal Center ha identificato più di 12mila gruppi di odio xenofobo e antisemita sul web. La League of the South sul proprio sito avverte: «Se ci chiamerete razzisti, la nostra risposta sarà: e allora?». Tra i gruppi più attivi si segnalano l’Aryan Brotherhood in New Mexico e i Nazi Low Riders nella California del sud: sorti come gang di strada, si sono poi ideologizzati. Di più recente fondazione è l’American Third Position party, denominato per brevità A3P, un gruppo che fa della supremazia bianca la sua bandiera e che ha preso il via in California facendo poi proseliti in altri Stati americani.

La crescita delle organizzazioni bianche è tutta in queste cifre: il 16% in più rispetto a due anni fa, il 71% rispetto al 2000. Tra i suprematisti bianchi che hanno appoggiato Donald Trump in campagna elettorale ci sono anche quelli dell’American Freedom Party, il cui leader William Johnson aveva spiegato, in interviste e dichiarazioni pubbliche, che i suoi uomini stanno lavorando in stretta collaborazione con la campagna di Trump per far andare tutto liscio il giorno delle elezioni. Mobilitati altri suprematisti, quelli del Traditionalist Workers Party, che si erano dati appuntamento in Ohio, il giorno del voto, per volantinare a favore di Trump. In Stati come l’Arizona, i gruppi suprematisti sono in prima linea contro l’immigrazione dei latinos, classificati tra le razze «inferiori» non bianche. Accanto a questi gruppi troviamo poi il movimento dell’estrema destra cristiana noto come Christian Identity, a cui fanno capo gruppi come Aryan Nations (la cui connotazione cristiana li distingue da altri, che si rifanno al paganesimo celtico, così come parte della destra radicale europea). Nell’ambito della Christian Identity troviamo anche piccoli gruppi religiosi e sette apocalittiche, come quella di David Koresh che nel 1993 fu protagonista dei fatti di Waco, in Texas (dove più di 70persone morirono nell’incendio di un ranch assediato dalle forze federali). Sempre in ambito religioso troviamo poi i gruppi antiabortisti più radicali come Operation Rescue, che negli ultimi decenni si sono impegnati in numerosi blitz contro le cliniche dove si eseguono aborti. Sono900 gli episodi di intolleranza e odio avvenuti negli Stati Uniti nei giorni che hanno seguito la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane. «Non ho dubbi che si tratti di una stima in ribasso», ha detto Richard Cohen del Southern Poverty
Law Center, che ogni hanno compila una mappa dei crimini legati all’odio. In tutto il gruppo ha registrato 867 casi di molestie e intimidazioni dopo l’elezione di Trump.

Il presidente eletto sin dall’inizio ha avuto il sostegno dei suprematisti bianchi, spinti a appoggiarlo dalle sue posizioni di estrema destra su immigrati, musulmani e donne. Secondo John Horgan, studioso di terrorismo dell’Università di Massachusetts-Lowell, la percezione sbagliata della gente è ormai evidente per gli esperti. «C’è consenso ora sull’idea che la minaccia del terrorismo islamico sia stata esagerata e che invece quella portata dagli estremisti di destra e dagli antigovernativi sia stata sottovalutata ».Cosa abbia rappresentato per la variegata galassia suprematista, l’elezione di “The Donald”a presidente degli Stati Uniti, lo chiarisce molto bene l’ex Gran Dragone del Ku Klux Klan David Duke: «Dio benedica Donald Trump. È venuto il tempo di fare le cose giuste, di rendere agli Usa il posto che meritano nel mondo. Voglio rendere omaggio a tutti i bianchi che hanno votato per la difesa della loro cultura e dei loro figli». Duke è stato tra i primi a congratularsi, via social network, con Trump, certo che «con questa vittoria sono le idee per le quali combattiamo da una vita ad essersi imposte». Trump non l’ha deluso.

image_pdfimage_print

per i vescovi americani viviamo un bruttissimo momento

l’ira dei vescovi

«è un’ora buia»

 

di Mariaelena Finessi
in “Trentino” del 31gennaio 2017

I vescovi americani si ribellano al bando anti-islamici di Donald Trump che vieta l’ingresso negli Stati Uniti per quanti arrivano da 7 Paesi a maggioranza islamica: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen.

«Il mondo ci guarda mentre abbandoniamo il nostro impegno verso i valori americani»

denuncia il cardinale di Chicago, Blaise Cupich. Il porporato, a cui papa Francesco nel nel 2014 ha dato la responsabilità della terza diocesi cattolica degli Usa, intravede in quest’operazione discriminatoria

«un’ora buia nella storia dell’America»

Indigeste anche le eccezioni riservate ai cristiani e ad altre minoranze religiose del Medio Oriente, senza contare, continua Cupich, che la decisione di non inserire nel bando i Paesi di origine di 15 dirottatori responsabili della tragedia dell’11 settembre è alquanto strana mentre ha come obiettivo gli iracheni, «perfino quanti hanno assistito le nostre forze armate in una guerra distruttiva». Se Trump era certo di far cosa gradita alla Chiesa, offrendo ai profughi cristiani in fuga da guerre e persecuzioni una corsia preferenziale, la protesta di leader cattolici e di altre denominazioni protestanti dovrà invece farlo ricredere. Quella costruita dagli Usa è una «trappola», sintetizza Louis Raphael I Sako, Primate della Chiesa cattolica orientale a cui appartiene la maggioranza dei cristiani iracheni.

«Queste scelte discriminanti – chiarisce – creano e alimentano tensioni con i nostri concittadini musulmani. I sofferenti che chiedono aiuto non hanno bisogno di essere divisi in base a etichette religiose. E noi non vogliamo privilegi. Ce lo insegna il Vangelo e lo ha mostrato anche papa Francesco, che ha accolto a Roma rifugiati fuggiti dal Medio Oriente sia cristiani che musulmani, senza distinzioni»

L’ordine di Trump, a cui si lavorava da mesi – come ha rivelato ieri il Wall Street Journal – ha però anche (pochi) supporter: tra questi, il reverendo Franklin Graham, figlio del predicatore Billy Graham, un evangelico che da tempo denuncia «il cancro» dell’Islam e prima ancora di Trump aveva proposto il bando dei musulmani alle frontiere: «Dobbiamo essere sicuri – ha spiegato, difendendo le misure ordinate dalla Casa Bianca – che le loro filosofie in materia di libertà siano in linea con le nostre». Un modo di pensare, questo, che non aiuta a superare la paura, anzi.

«Queste azioni – è il monito di Cupich – danno conforto a coloro che vorrebbero distruggere il nostro modo di vivere. Abbassano la nostra stima agli occhi di molti popoli che conoscono l’America come un difensore dei diritti umani e della libertà religiosa, non una nazione che ha come bersaglio le popolazioni religiose e poi chiude loro la porta in faccia. È tempo di unirsi per recuperare il senso di chi siamo e cosa rappresentiamo in un mondo che ha disperato bisogno di speranza e di solidarietà».

image_pdfimage_print
image_pdfimage_print