la protesta di p. Zanotelli contro la politica xenofoba dell’Unione Europea

Migranti

padre Zanotelli

“politica Ue xenofoba prepara altri Olocausti”



la denuncia del missionario pacifista:

“L’Europa ci usa per fare il lavoro sporco”

duro j’accuse di padre Alex Zanotelli alla politica migratoria della Ue: “Razzista e xenofoba che prepara altri Olocausti. Non possiamo tacere”. Il missionario comboniano, in prima linea da sempre per gli ultimi, annuncia il nuovo digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti 

”Come essere umano e missionario, erede del sogno di quel povero Gesù di Nazareth – osserva padre Zanotelli all’Adnkronos – sono obbligato a protestare per come l’Europa e l’Italia continuano a trattare i profughi che bussano alla nostra porta. E’ inaccettabile che dal gennaio 2020 fino al gennaio 2021 abbiamo lasciato morire nel Mediterraneo oltre ottocento profughi che fuggivano dai lager libici. Il Mare Nostrum è diventato Cimiterium Nostrum dove potrebbero essere sepolti centomila esseri umani. E’ inaccettabile che il governo italiano blocchi per futili ragioni le navi salva-vite, mentre assistiamo a sempre più naufraghi. E’ inaccettabile che il governo italiano finanzi (anche a nome della Ue) il governo libico di El- Serraj che tiene i migranti in orribili lager dove gli uomini vengono torturati e le donne stuprate”.

Il pensiero del sacerdote comboniano va ai lager libici e alle condizioni inumane dei migranti sulla rotta Balcanica:

“E’ inaccettabile che nel 2020 la cosiddetta Guardia costiera libica, finanziata dall’Italia, abbia intercettato a mare e riportato nei lager libici ben 11.000 rifugiati. E’ inaccettabile che la Ue costringa almeno 18.000 rifugiati a vivere negli inferni di Lesbo e nelle altre isole greche. E’ inaccettabile che la Guardia costiera greca abbia speronato gommoni carichi di profughi in fuga dalla Turchia per arrivare nelle isole greche. E’ inaccettabile l’enorme sofferenza inflitta sui profughi che percorrono la ‘rotta balcanica’ che è diventata un’autentica Via Crucis. E’ inaccettabile che l’Italia respinga a Trieste i profughi della ‘rotta balcanica’ e li consegni alla polizia slovena che a sua volta li consegna a quella croata. E quest’ultima li deporta in Bosnia: fuori dall’Europa! E’ inaccettabile che la Ue non si commuova davanti allo spettacolo di migliaia e migliaia di profughi afghani, pakistani… nel campo di Lipa(Bosnia), abbandonati da tutti, in questo gelido inverno balcanico”.

Padre Zanotelli chiede anche di rompere il silenzio sul blocco degli eurodeputati che volevano verificare di persona le condizioni dei migranti sulla rotta Balcanica:

“E’ inaccettabile che quattro eurodeputati fra cui Bartolo siano stati bloccati dalla polizia croata e impediti dal recarsi al confine con la Bosnia. E’ inaccettabile che la Ue usi l’Italia, la Grecia, la Turchia, la Slovenia, la Croazia per fare il lavoro sporco di tenere nel ‘limbo’ i disperati della terra che bussano alla porta della ricca Europa”.

Il missionario comboniano a questo proposito chiama in causa il presidente del Parlamento Ue:

“Trovo inaccettabile la risposta del presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, che in una lettera ad Avvenire in risposta a un appello su Lesbo afferma che tutto questo ‘ripropone l’egoismo dei governi nazionali e la mancanza di poteri della Ue in materia di immigrazione e di asilo’. La verità invece è che la Ue non vuol accogliere questi profughi e usa nazioni come l’Italia, la Grecia… per fare il lavoro sporco. E vengono pagate per questo”.

Padre Zanotelli chiede agli uomini di Chiesa di intervenire e cita l’appello dell’arcivescovo di Palermo:

“Non possiamo tacere. ’La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male – ha scritto il cardinale Lorefice – da qualunque parte provenga. La sua via non è la neutralità, ma la profezia. La Costituzione della Repubblica e il Vangelo ci chiedono di alzare la voce e di coinvolgere i cittadini italiani perché il nostro paese prenda le distanze da queste barbarie che massacrano corpi, vite, volti umani… e si adoperi anche a livello europeo per una soluzione umanamente sostenibile’”.

“Per questo – conclude padre Zanotelli – noi come ‘Digiuno di Giustizia in solidarietà con i migranti’ saremo il primo mercoledì del mese, 3 febbraio, in piazza Montecitorio davanti al Parlamento dalle 15 alle 18 , in nome di quanti in altre piazze italiane, nelle case e nei monasteri digiuneranno con noi”

la protesta della ‘fondazione romani’ per i pregiudizi contro i rom nei mezzi di informazione

rom

Dopo aver assistito increduli a numerose trasmissioni televisive che fornivano pregiudiziali informazioni su tutta la popolazione romanì, la Fondazione romanì Italia ha inoltrato proteste ad alcune istituzioni delegate al rispetto del diritto di replica per la generalizzata assenza di professionisti rom nelle trasmissioni televisive e radiofoniche.

Abbiamo chiesto con urgenza incontri istituzionali e spazi televisivi di confronto per replicare alle false informazioni diffuse. Qualora le nostre richieste non vengono accolte attiveremo democratiche iniziative pubbliche di forte protesta.

Numerosi programmi televisivi e radiofonici quando si occupano del tema rom hanno la consuetudine di non invitare al confronto professionisti rom, e quindi diffondono informazioni ricche di stereotipi e pregiudizi che producono una esplosione di istigazione all’odio razziale verso i rom e di violenza verbale, contraddistinte dalla fierezza dell’ignoranza e dall’arroganza del potere.

Queste trasmissioni quando non sono bilanciate da un sano confronto democratico producono solo istigazione all’odio razziale verso diverse decine di migliaia di persone rom, onesti e laboriosi cittadini Italiani che hanno contribuito alla conquista della libertà e della democrazia.

Oggi siamo arrabbiati con le televisioni per la vergognosa disinformazione e l’istigazione all’odio razziale, ma siamo certi che la responsabilità sia da addebitare solo a loro?

Il contesto attuale è il risultato di 40 anni di impiego di un modello di sviluppo degli interventi per la popolazione romanì privo di senso; un modello composto da scelte politiche-progetti-azioni-denunce decise senza il professionale coinvolgimento dei diretti interessati; un modello che ha concentrato tutto il dibattito pubblico esclusivamente sui campi nomadi, in cui vive meno del 20% delle comunità romanès, e che sono un dispositivo amministrativo frutto di equivoci ed una serie concatenata di errori che hanno occupato tutto lo spazio politico e mediatico, con conseguenze in termini di fossilizzazione delle rappresentazioni sociali di una intera popolazione.

Il modello di sviluppo degli interventi per la popolazione romanì ha condotto il dibattito pubblico ad ignorare due elementi essenziali nella programmazione politica e culturale: la reale composizione della popolazione romanì e la partecipazione attiva e professionale dei rom.

  1. Numerose ricerche e documenti politici indicano che più della metà della popolazione romanì residente in Italia è composta da cittadini italiani e che oltre 80% dei rom non hanno sperimentato le politiche di segregazione dei campi nomadi.

  2. la partecipazione attiva dei rom NON è stata mai promossa nella sua reale dimensione, spesso è stata ostacolata, tante volte ridicolizzata, strumentalizzata, folclorizzata.

Si è trattato di un errore di valutazione o di una strategia? Ognuno faccia la personale ed intima riflessione che ritiene opportuna.

Il modello di sviluppo degli interventi per la popolazione romanì è stato proposto e/o gestito da presunti esperti e qualche folclorostico rom, arrogandosi il diritto di sostituirsi alla partecipazione attiva e professionale dei rom a tutti i livelli.

Oggi, dopo 40 anni, fisicamente sono cambiati alcuni nomi dei presunti esperti e delle loro associazioni, sostanzialmente il modello di sviluppo degli interventi per la popolazione romanì non è cambiato e sta producendo una catastrofe culturale ed umana.

Si tratta di una scelta Italiana o Europea? Difficile da capire.

Da 40 anni le Istituzioni Europee emanano risoluzioni e raccomandazioni agli Stati membri per attivare l’inclusione della popolazione romanì, per sostenere la partecipazione attiva dei rom. I fatti dimostrano che l’inclusione dei rom troppo spesso è solo teoria e carta, e che nelle Istituzioni Europee la partecipazione attiva e professionale dei rom è pressochè inesistente. Al Consiglio d’Europa nel Comitato esperti sui rom (CAHROM) ancora oggi per l’Italia non c’è un professionista rom.

La strategia Italiana per l’inclusione dei rom, sollecitata dalle Istituzioni Europee, è un esempio del modello di sviluppo degli interventi per la popolazione romanì, ad iniziare dal nome (rom sinti e camminanti) che attribuisce alla nostra popolazione una denominazione che è frutto di interpretazioni ed errori di presunti esperti; è grave che accade in un documento politico del Governo Italiano, perchè il nome non è solo il primo elemento dell’identità culturale, ma è anche uno strumento di riconoscimento

politico e culturale, oltre ad una necessità comunicativa.

Il giorno 8 aprile, giornata internazionale del popolo rom ha un senso? Si, se il Governo e le Istituzioni Italiane hanno recepito questo riconoscimento ‘ONU.

Allora perché delegittimare e dividere il nome della popolazione romanì?

Riflettendoci è facile accorgersi che anche il non riconoscimento del nome è parte integrante del disastroso modello di sviluppo degli interventi per soffiare sul vento della divisione

La strategia Italiana per l’inclusione dei rom è anche una questione di modello, di metodo, di strategie, che purtroppo sono identiche alle scelte sbagliate del passato.

Per concludere, il fallimentare del modello di sviluppo degli interventi per la popolazione romanì è diventato un “sistema” fondato su stereotipi e pregiudizi e che si nutre di stereotipi e pregiudizi per produrre discriminazione che poi si denuncia con un importante impatto mediatico.

A fronte di questo “sistema” per la popolazione romanì cosa fanno i media?

Ci mettono “il carico da undici”, (parafrasando il gioco delle carte della briscola).

Oggi non è affatto sufficiente la soluzione di smantellare i campi nomadi, che non dovevano essere mai allestiti, ma è necessario smantellare e demolire il “sistema”.

Le persone rom devono avere la determinazione di demolire l’attuale “sistema”, e abbattere il fatalismo, l’assistenzialismo culturale e il personalismo. Se questo disastroso sistema continua ad essere attivo la responsabilità è solo di noi rom.

Le persone rom devono muoversi nella direzione dell’emancipazione politica collettiva, prima, individuale dopo, fondata sull’autonomia e la normalità, sulle differenze e l’uguaglianza, sulla cultura del rispetto e della legalità.

Si, la legalità, che non è tabù e dobbiamo rivendicarla con determinazione, perché solo il concetto di legalità è cultura dei diritti esigibili, com’è cultura della responsabilità, della partecipazione e della giustizia sociale.

Sulla base di queste brevissime motivazioni la Fondazione romani Italia ha definito una visione strategica di elaborare una nuova romanipè con “azioni di sistema” per smantellare e demolire il vecchio e disastroso modello di sviluppo degli interventi che ha schiacciato la popolazione romanì fuori dal contesto politico-culturale ed ha bloccato l’evoluzione della cultura romanì.

Le azioni di sistema della Fondazione romanì Italia intendono muoversi nella direzione dell’emancipazione politico-culturale ed elaborare una romanipè 2.0 per affontare le sfide socio-culturali del terzo millennio.

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