l’importanza della ‘giornata della memoria per il popolo rom

La memoria negata

così il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia:

ancora oggi le popolazioni Rom e Sinti sono oggetto di razzismo e marginalizzazione sociale
perché è importante ricordarli nel giorno della ‘memoria’?

ancora oggi le popolazioni Rom e Sinti sono vittime di processi di marginalizzazione e ghettizzazione perpetrati dalla società maggioritaria. In questo giorno della Memoria è perciò importante considerare la storia delle popolazioni Rom e Sinti come un frammento importante di una Storia Europea condivisa da preservare perché i diritti di tutti vengano rispettati.

Il rapporto delle popolazioni Rom e Sinti con le popolazioni sedentarie è stato sempre problematico e complesso, segnato da rifiuti, rimozioni e violenze. La categoria del «Rom – zingaro – nomade» è stata il frutto di politiche che dal 1400 fino ad oggi hanno cercato di classificare «l’Altro» al fine di dominarlo e controllarlo.

Infatti i Rom, dalla nascita degli Stati nazionali fino ad oggi, sono stati spesso percepiti come non-cittadini, considerati indegni di beneficiare dei servizi che lo Stato poteva offrire loro. Le relazioni tra Rom e gagé (non-Rom) si sono così sviluppate tra pregiudizi e stereotipi, che hanno portato alla separazione, alla marginalizzazione ed in alcuni casi allo sfruttamento dei Rom stessi.

Agli inizi del secolo scorso, la presunta «asocialità zingara» è stata addirittura considerata, come una caratteristica genetica ed ereditaria. Il regime nazista adottando le idee introdotte nel dibattito pubblico dal darwinismo sociale, considerò i Rom e i Sinti come razze deboli e inferiori che avrebbe potuto infettare la Germania. Robert Ritter, Adolf Würth, Eva Justin e altri ricercatori che lavorarono all’interno dell’Unità di Igiene Razziale del Reich diedero seguito a queste tesi arrivando a definire il gene del «Wandertrieb», il gene dell’istinto al nomadismo, come fattore specifico che rendeva i Rom una razza impura.

Di conseguenza, il regime nazista cercò una soluzione adeguata, razionale, pianificata e scientificamente informata per risolvere questa situazione. La risposta venne trovata nel “totale isolamento dei soggetti patogeni ed infetti, attraverso la completa separazione spaziale e la successiva distruzione fisica”. Gli ebrei, gli omosessuali, gli immigrati, i renitenti alla leva (tra cui i Testimoni di Geova) e tutte quelle persone considerate «anti- sociali» (Rom e Sinti, lesbiche, anarchici, senzatetto, alcolisti, malati mentali e prostitute furono così coinvolte nella più grande operazione di ingegneria sociale mai intrapresa nella storia dell’umanità.

Nel 1942 Otto Thierack, ministro nazista della Giustizia introdusse il principio di sterminio attraverso il lavoro come metodo per liberare il popolo tedesco da questi individui. Al giorno d’oggi, determinare la percentuale di Rom che morirono nel Porrajmos (Grande Divoramento) non è facile. Le cifre approssimative stimano che nel corso degli anni morirono da 500.000 a 1.500.000 persone appartenenti alle comunità Rom e Sinti. Nonostante questo solo nel 1982, la Germania Ovest riconobbe lo sterminio sistematico delle popolazioni Rom sotto il regime nazista. Fino a tale data l’atteggiamento del Europa nei confronti delle popolazioni Rom è stata considerata da diversi studiosi come assolutamente inadeguata. Ad esempio, nessun Rom fu chiamato a testimoniare al Processo di Norimberga e nessun riconoscimento economico fu dato ai familiari delle vittime coinvolti nello stermino nazista.

A differenza degli ebrei la cui esperienza dell’Olocausto diede alla luce una rinnovata militanza politica e un’elaborazione anche artistica delle atrocità subite, i Rom furono messi a tacere. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale in Europa le comunità Rom erano un popolo decapitato, alla ricerca di qualcuno che li potesse aiutare a comprendere cosa era appena accaduto. Trovarono invece un muro di silenzio da parte delle autorità. Nessun risarcimento, nessuna scusa, nessun film o narrazione pubblica, nessuna nuova terra dove stabilirsi.

Riprendendo alcune delle riflessioni di Hannah Arendt, esposte, in particolare, nell’opera La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, le atrocità commesse in quel periodo furono portate a termine da persone «terribilmente normali» e non da perversi né da sadici. Da persone calate, semplicemente, nella realtà che avevano davanti: lavorare, cercare una promozione, riordinare numeri sulle statistiche.

Ancora oggi le popolazioni Rom e Sinti sono vittime di processi di marginalizzazione e ghettizzazione perpetrati dalla società maggioritaria. In questo giorno della Memoria è perciò importante considerare la storia delle popolazioni Rom e Sinti come un frammento importante di una Storia Europea condivisa da preservare perché i diritti di tutti vengano rispettati.

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