I muri della discriminazione, dell’isolamento e dell’esclusione del popolo rom e sinto

 

 

 

 

Il C.C.I.T. 2014 al Cavallino di Venezia

 

Si è svolto nei giorni scorsi, dal 4 al 6 aprile, al Cavallino di Venezia il Comitato Cattolico Internazionale per la pastorale del popolo Zingaro (C.C.I.T.), in luogo stupendo, a trenta metri dal mare, in una bella temperatura primaverile, soprattutto ricca di spunti di riflessione e ricchezza umana condivisa da rappresentanti di circa dieci paesi europei (circa 200 presenze) che, a dispetto della difficoltà rappresentata dalla ‘barriera’ e dal ‘muro’ delle lingue, hanno messo in comune esperienze, analisi e riflessioni sui ‘muri della discriminazione’ e dei molteplici pregiudizi che separano duramente ancora i nostri percorsi da quelli di un popolo, quello rom, che continuiamo a tenere ancora lontano e guardiamo con diffidenza, paura, anche disprezzo, e questo non solo nell’ambito della nostra convivenza sociale, ma anche in ambito ecclesiale.

Per questo l’incontro è iniziato con un bel momento di preghiera comunitaria (Liturgia di Accoglienza) preparata per noi da Agostino Rota Martir, incentrata sulla figura di ‘Maria che abbatte i muri’ della violenza, della paura, dell’indifferenza tra le persone e le nazioni.

foto ccit 8  il ponte 1

Il presidente p. Claude Dumas e i membri del comitato sono stati esplicitamente salutati dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti che ha indicato nella figuta di Gesù colui che “portando la buona notizia agli uomini, si è fatto anche carico delle loro condizioni. Ha aperto le porte, ha abbattuto le mura di divisione e di inimicizia”. “Gli zingari Hanno bisogno dell’umanità delle società in cui vivono per sentirsi membri della famiglia umana, usufruendo dei diritti di cui godono gli altri membri della comunità, nel rispetto della loro dignità e della loro identità”.

Il presidente Claude Dumas rivolge un ‘saluto ai partecipanti’ con un commento molto opportuno della pagina evangelica del cieco Bartimeo, immagine della sfida a cui è chiamata la chiesa stessa: “Oggi i muri di separazione sono fatti di vergogna, di pregiudizi, di odio, di concorrenza, di timore, d’ignoranza, di pregiudizi teologici e incomprensione culturale. La chiesa è chiamata  ad essere una comunità inclusiva, a abbattere tutti quei muri di separazione”

.suzana

La romni  Suzana  Jovanovic (che ha conseguito la laurea in storia discutendo la tesi     dal titolo estremamente significativo : “come restare zingari nel mondo dei gagé”), ha svolto la più significativa relazione dell’incontro prendendo le mosse dalla propria esperienza personale: “Ho abbandonato la mia gente quando avevo 18 anni: la prima cosa che mi hanno insegnato i gagé è quella di vergognarmi di essere zingara. E questo l’ho assorbito così bene che l’ho subito messo in pratica. L’essere zingari è un peccato originale. Le persona che mi sono vicine mi stimano moltissimo e io – ovviamente – ne sono contenta. Ma nel tempo ho capito che la loro stima – paradossalmente – deriva da un pregiudizio formatosi  nei secoli: la convinzione che gli zingari sono dei ritardati mentali, degli incapaci, degli sfaticati, dei nullafacenti, dei non evoluti, delle sopravvivenze di qualche stadio precedente dell’evoluzione umana”. Suzzana ha articolato una fine e approfondita analisi della discriminazione da sempre in atto a partire da quella che gli antropologi chiamano l’ “immagine rovesciata del sé” attraverso la quale si inventa un’umanità il cui stile di vita è assolutamente da scartare e che nel nostro caso si materializza nello zingaro: progressivamente si costruisce un’umanità inquinata, poi la si trasforma in umanità inquinante; e questo, mutatis mutandis, sia ieri come oggi. “la prima operazione ideologico/propagandistica nella costruzione di un’ideologia negativa verso un gruppo, ieri come oggi, è quella di legittimare la propria azione facendola percepire come assolutamente necessaria”. La paura dell’altro forse è umana e tollerabile, ma “usarla a scopo strumantale per alterare la percezione del pericolo della ‘propria’ comunità umana nei confronti di un’altra comunità umana disumanizzando quest’ultima e trasformandola in parassita pericoloso per la propria società non solo non è tollerabile, ma è assolutamente da condannare”.

La sinta Pamela Adami delinea un’analisi o una ‘lettura socio-culturale’ della presenza dei sinti e dei rom in Italia. Pur evidenziando le difficoltà obiettive nell’individuare i ‘numeri’ precisi perché l’ultimo censimento, per esempio, “è stato compiuto in Italia in regime di presunta emergenza e ha avuto anche tratti intimidatori”. Pamela delinea la situazione dal punto di vista:

  • delle denominazioni
  • delle appartenenze religiose
  • della cittadinanza
  • delle tipologie abitative
  • dell’emergere di associazioni politiche e culturali rom

     p. agostino

Agostino  Rota Martir racconta l’attenzione pastorale verso i rom e i sinti in Italia (‘quadro pastorale’) come “un cammino lungo, articolato e complesso, dove non sono mancati strappi e divergenze”. Nella necessità di sintetizzare il rapporto attuale della chiesa in Italia con i rom e i sinti Agostino elenca “tre tipi di linee fondamentali”, “tre presenze” che “a volte  si intrecciano, dialogano, ma anche si scontrano tra loro:

1.la chiesa dei ‘progetti’ per l’integrazione

2.la chiesa che evangelizza

3.la chiesa “con l’odore delle pecore”

Sembra talmente obiettiva questa pluriformità di difficile composizione e dialogo che anche in sede di C.C.I.T. ha suscitato subito delle reazioni critiche alla relazione accusandola ingiustamente di settarismo, ideologismo, volontà di divisione della chiesa: la pressoché generale convinta approvazione di essa rende ragione del settarismo, invece, di queste critiche.

La suora croata Karolina Miljak delinea dei “tentativi pastorali per l’abbattimento del muro dei pregiudizi e  delle discriminazioni” a partire dalla figura di Gesù Dio-uomo che abbatte i muri dei pregiudizi sperimentando la discriminazione e combattendo le discriminazioni. Ne deriva un’immagine dell’operatore pastorale che sa immedesimarsi con l’escluso e che sa andare verso l’ ‘altro’-

Thérèse Poisson descrive la storia di Marianna che assomiglia sicuramente a quella di molte altre storie plasmate da tanta lotta e piene di energia.

I ‘gruppi di studio’, tentando di superare le barriere segnate dal multilinguismo, hanno rappresentato come sempre una bella occasione di incontro ravvicinato delle persone, dei loro ‘racconti’ e delle loro proposte per superare i muri più resistenti, nelle società civili e nelle chiese, che impediscono un incontro libero e aperto tra rom e gagé.

Come sempre ricca di umanità, di vivande condivise (le migliori, non occorre dirlo, sempre quelle italiane!), di festa e di danza la serata del sabato che esprime i segni del superamento di ogni barriera nazionale e della comunione in atto tra sinti e rom e amici gagé operatori della pastorale di ‘comunione’.

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https://www.youtube.com/watch?v=MF8ZSIMUn68

https://www.youtube.com/watch?v=XIFT_legAMk

https://www.youtube.com/watch?v=Zrno3US2g_I

https://www.youtube.com/watch?v=QmgcKhQve7I

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Un bel giro su Venezia ci ha permesso anche di fruire delle bellezze della natura e della cultura.   

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Il tutto non avrebbe avuto una riuscita così felice senza la dedizione, il servizio e la gentilezza del gruppo dei  ‘giovanissimi’ e la capacità e l’esperienza di Cristina Simonelli

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