le armi non partoriscono pace

la società civile

 «un errore puntare sulle armi»

la protesta dei pacifisti


Pax Christi: manca la politica e prevale l’ipocrisia. Rete pace e disarmo: attenti, le forniture finiscono anche nelle mani sbagliate. Marcia Perugia-Assisi: soldi tolti alla lotta contro la povertà

«Un errore puntare sulle armi»: la protesta dei pacifisti

di Luca Liverani 

Armi, ancora armi, solo armi. Senza uno sforzo parallelo per individuare una soluzione diplomatica. È questa la lettura condivisa nel mondo delle associazioni per il disarmo e la pace, di fronte al prossimo decreto, il sesto, per l’invio di armamenti italiani alle forze armate ucraine.

«Il governo Meloni segue la stessa linea di Draghi, secretando l’elenco delle armi inviate dall’Italia», dice Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete italiana pace e disarmo. Gli “omissis” nel decreto producono un doppio rischio. «Che si tratti di armi che finiscono anche nelle mani sbagliate», ad esempio gruppi mercenari attivi anche in altri teatri o organizzazioni criminali. «E la segretezza permette al Cremlino di alimentare polemiche basate su fake news», dice Vignarca. Nessuna trasparenza nemmeno sui costi, lamenta Rete pace e disarmo: «Abbiamo calcolato che nel 2022 gli invii di armi ci sono costati 485 milioni. Il ministro Tajani ha parlato genericamente di un miliardo di euro». Un’opacità che impedisce anche di capire «se si tratta di armamenti vecchi, che avremmo dovuto comunque rottamare, oppure sistemi che andranno rimpiazzati. È stato calcolato che gli aiuti militari Nato potrebbero portare all’industria militare americana nuovi ordini per 22 miliardi di dollari». Tutti elementi, sottolinea Vignarca, «che prescindono dal dibattito se inviare armi sia giusto o sbagliato». Ma c’è un altro aspetto: «Ogni invio è stato giustificato dalla propaganda politica dicendo: “sono le armi che cambieranno il corso della guerre”. A marzo i razzi anticarro Javelin, a giugno i lanciarazzi Himars, a dicembre i missili Patriot, ora i tank Leopard». Di certo c’è che «nessun tipo di arma ha avvicinato una soluzione politica. La diplomazia non è stata mai messa in campo seriamente. E la politica continua a ignorare le altre guerre: Siria, Congo, Etiopia…».

Pax Christi ribadisce il suo no all’invio di armi: «Siamo con Papa Francesco che a marzo diceva che per fermare le guerre non bisogna alimentarle», dice don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi. «Non sono le armi che mancano, ma la politica. E si gioca con le parole sfiorando l’ipocrisia: a Ramstein si è detto che “la Nato formalmente non è coinvolta”». Anche Pax Christi teme che il flusso di armi prenda vie sbagliate: «Il procuratore Nicola Gratteri non ha dubbi». E avverte: « Non abituiamoci alla guerra, non consideriamola accettabile. Sento parlare di un collegamento di Zelenski a Sanremo. Da esperti di calcio, gli italiani si sono trasformati tutti in strateghi. Ma ignoriamo le altre guerre tormentano palestinesi, curdi, armeni allo stesso modo degli ucraini». Senza contare i rischi dell’escalation: «A due anni dall’approvazione del bando Onu sulle armi nucleari, non sottovalutiamo come “propaganda” la minaccia atomica di Putin».

«È dall’inizio che diciamo che gli ucraini hanno tutto il diritto di difendersi, l’errore è puntare sulla guerra e solo sulla guerra», spiega Flavio Lotti, coordinatore della Marcia della Pace Perugia Assisi. «Ci hanno detto che le armi servivano a riequilibrare sul campo il confronto coi russi – ricorda – ma questo sesto invio è la prova che quella tesi è fallita. La guerra è in stallo e si punta ad armi sempre più letali. Le stragi continuano nel vuoto dell’iniziativa politica. Temo che il decreto verrà approvato senza un ampio dibattito, in cui si prenda atto che è tempo di scegliere un’altra strada. La politica è drammaticamente muta, maggioranza e opposizione». E le armi dissanguano anche in altro modo: «Ogni armamento sottrae risorse per la lotta alle disuguaglianze e alla povertà. In Italia, in Ucraina, ovunque».

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il commento al vangelo della domenica

beato chi cammina sulla via del Signore


Beato chi cammina sulla via del Signore
il commento di E. Ronchi al vangelo della quarta domenica del tempo ordinario – anno A

 

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia».

Abbiamo davanti parole abissali, delle quali non riusciamo a vedere il fondo, le più alte della storia dell’umanità (Gandhi). È la prima lezione del maestro Gesù, all’aperto, sulla collina, il lago come sfondo, e come primo argomento ha scelto la felicità. Perché è la cosa che più ci manca, che tutti cerchiamo, in tutti i modi, in tutti i giorni. Perché la vita è, e non può che essere, una continua ricerca di felicità, perché Dio vuole figli felici.Il giovane rabbi sembra conoscerne il segreto e lo riassume così: Dio regala gioia a chi produce amore, aggiunge vita a chi edifica pace. Si erge controcorrente rispetto a tutti i nuovi o vecchi maestri, quelli affascinati dalla realizzazione di sé, ammaliati dalla ricerca del proprio bene, che riferiscono tutto a sé stessi. Il maestro del vivere mette in fila poveri, miti, affamati, gente dal cuore limpido e buono, quelli che si interessano del bene comune, che hanno gli occhi negli occhi e nel cuore degli altri. Giudicati perdenti, bastonati dalla vita, e invece sono gli uomini più veri e più liberi.E per loro Gesù pronuncia, con monotonia divina, per ben nove volte un termine tipico della cultura biblica, quel “beati” che è una parola-spia, che ritorna più di 110 volte nella Sacra Scrittura. Che non si limita a indicare solo un’emozione, fosse pure la più bella e rara e desiderata. Qualcosa forse del suo ricco significato possiamo intuirlo quando, aprendo il libro dei Salmi, il libro della nostra vita verticale, ci imbattiamo da subito, dalla prima parola del primo salmo, in quel “beato l’uomo che non percorre la via dei criminali”.
Illuminante la traduzione dall’ebraico che ne ricava A. Chouraqui: “beato” significa “in cammino, in piedi, in marcia, avanti voi che non camminate sulla strada del male”, Dio cammina con voi. Beati, avanti, non fermatevi voi ostinati nel proporvi giustizia, non lasciatevi cadere le braccia, non arrendetevi. Tu che costruisci oasi di pace, che preferisci la pace alla vittoria, continua, è la via giusta, non ti fermare, non deviare, avanti, perché questa strada va diritta verso la fioritura felice dell’essere, verso cieli nuovi e terra nuova, fa nascere uomini più liberi e più veri.Gesù mette in relazione la felicità con la giustizia, per due volte, con la pace, la mitezza, il cuore limpido, la misericordia. Lo fa perché la felicità è relazione, si fonda sul dare e sul ricevere ciò che nutre, cura, custodisce, fa fiorire la vita. E sa posare una carezza sull’anima. E anche a chi ha pianto molto un angelo misterioso annuncia: Ricomincia, riprendi, il Signore è con te, fascia il cuore, apre futuro. Tu occupati della vita di qualcuno e Dio si occuperà della tua.

(Letture: Sofonia 2,3; 3,12-13; Salmo 145; Prima Corinzi 1,26-31; Marco 5,1-12a)

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il razzismo naviga in internet, soprattutto nei social-media

misoginia, omofobia e odio online

le regioni e le città più intolleranti

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La mappa dell’intolleranza, creata da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, inquadra le aree geografiche dove i messaggi di odio via Twitter sono più intensi e i periodi nei quali le violenze si intensificano. Per il settimo anno consecutivo le donne svettano quale categoria più odiata via Twitter.

Odio online, intolleranza, tweet e messaggi violenti all’indirizzo di donne, persone omosessuali, migranti, persone con disabilità, ebrei e musulmani. La mappa dell’intolleranza creata da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, fotografa nel dettaglio l’odio via social. Il rapporto, realizzato in collaborazione con alcuni poli universitari italiani, monitora quali sono le città dove la geolocalizzazione dei tweet che contengono parole considerate sensibili è più alta.

Com’è stata realizzata la mappa

La mappa prende in analisi il periodo gennaio-ottobre 2022 e mira a identificare le zone dove l’intolleranza è maggiormente diffusa nei confronti di 6 gruppi: donne, persone omosessuali, migranti, persone con disabilità, ebrei e musulmani. Sono stati estratti 629.151 tweet dei quali 583.067 negativi (il 93% circa vs. 7% positivi). Una relazione che assume particolare significato a ridosso del Giorno della memoria, il 27 gennaio, data nella quale l’antisemitismo registra un picco di messaggi. Ecco quali sono le città più intolleranti e quali sono le categorie più prese di mira dall’odio online.  

Omofobia

Dopo anni di indifferenza, o quasi, da parte degli odiatori online, le persone omosessuali sono di nuovo prese di mira. Non accadeva dal 2016. Un’inversione di tendenza, che evidenzia un attacco ai diritti della persona. Tra le zone più intolleranti, il Veneto, la Calabria e la città di Bari.

Infografica sull’omofobia – Vox Osservatorio sui diritti

Antisemitismo  

A Roma e nel Lazio si registra l’antisemitismo più forte. L’odio, si legge, contro gli ebrei diminuisce, ma si radicalizza e si concentra nelle date simbolo, come la Giornata della Memoria. Esplode anche in occasione delle aggressioni contro gli ebrei in alcune città. E si lega alle manifestazioni antisemite internazionali.

Disabilità

UmbriaSardegna e Sicilia le Regioni con l’incidenza più alta di tweet d’odio indirizzati a persone con disabilitàBolognaCaserta e Novara le città con più concentrazione di tweet intolleranti.

Islamofobia 

PiemonteNord Est ed Emilia sono tra le zone a più alto tasso di tweet islamofobi. A fomentare l’odio via social, eventi internazionali legati al terrorismo, come la sentenza di Parigi per l’attentato al Bataclan. O l’uccisione in Siria durante un raid aereo Usa di due terroristi dell’Isis.

Misoginia

CasertaTerni e Bologna, le città con l’incidenza più alta di tweet d’odio contro le donne. Per il settimo anno consecutivo le donne svettano quale categoria più odiata via Twitter. È un triste primato, che si accompagna all’innalzamento dei picchi di odio in concomitanza con i femminicidi, segno tragico del rapporto sempre più stretto tra lo sciame d’odio online e la violenza agita.

Xenofobia  

L’arrivo dei barconi dei migranti e dei profughi dall’Ucraina hanno scatenato intolleranza e odio. Le polemiche politiche e l’attenzione dei media riaccendono l’attenzione degli hater, che colpiscono soprattutto in VenetoLazio e Puglia, con una concentrazione maggiore tra Venezia, Verona e l’area tra Terni e Roma.

Odio online: i risultati della relazione

Secondo il rapporto, nel 2022 la rilevazione, che ha riguardato il periodo gennaio-ottobre, “ha attraversato un periodo di forti turbolenze, segnate dalla guerra in Ucraina, dalla crisi energetica, dalle elezioni politiche, con un cambio di governo, e dall’inflazione: così anche quest’anno ansie, paure, difficoltà si sono affastellate nel vissuto quotidiano delle persone, contribuendo a creare un tessuto endemico di tensione e polarizzazione dei conflitti. Un dato su tutti fotografa al meglio la realtà che oggi rappresenta l’odio online e il ruolo di cinghia di trasmissione che i social svolgono tra i mass media tradizionali, la politica e alcune sacche di forte malcontento, che trovano sfogo ed espressione proprio nelle praterie dei social. La forte polarizzazione rappresentata dall’aumento evidente e notevolissimo delle percentuali dei tweet negativi a fronte del totale dei tweet rilevati. Il che indica una maggiore radicalizzazione dei discorsi d’odio. Come precisa il rapporto, le aree prive di colorazione, non indicano assenza di tweet discriminatori, ma luoghi che mostrano una percentuale più bassa di tweet negativi rispetto alla media nazionale”.

I picchi di odio a seconda degli eventi più importanti

“Contro le donne, in occasione dell’elezione di Giorgia Meloni a presidente del Consiglio e della sua scelta di usare il maschile per il suo titolo. Drammatica, la concomitanza dei picchi d’odio con i femminicidi, come purtroppo le rilevazioni della Mappa dell’Intolleranza evidenziano da anni”.

“Contro le persone con disabilità, in concomitanza con un’omelia di papa Francesco che invitava a considerare la disabilità una sfida per costruire insieme una società più inclusiva. E in seguito alla notizia di un taxista veronese, rifiutatosi di prendere a bordo un disabile”.

“Nei riguardi delle persone omosessuali, in occasione del monologo di Checco Zalone al festival di Sanremo, che ha raccontato una favola LGBTQ, e in generale in concomitanza con aggressioni omofobe”.

“Contro i migranti, in occasione degli sbarchi e dei discorsi di papa Francesco improntati all’accoglienza e all’inclusione”.

“Contro gli ebrei, in occasione della Giornata della Memoria e ogni qualvolta si verifichino aggressioni contro ebrei, di stampo antisemita”.

“Contro i musulmani, in occasione della sentenza per l’attentato a Parigi al Bataclan e dell’uccisione in Siria da parte degli americani di due dirigenti dell’Isis”.

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il commento al vangelo della domenica

quell’invito a diventare pescatori d’uomini

il commento di E. Ronchi al vangelo della terza  domenica del tempo ordinario – Anno A

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao. (…) Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.

Tace la voce potente del deserto, ma si alza una voce libera sul lago di Galilea. Esce allo scoperto, senza paura, un imprudente giovane rabbi, e va ad affrontare, solo, problemi di frontiera, di vita e di morte, nella meticcia Galilea, crogiolo delle genti. A Cafarnao, sulla via del mare: una delle strade più battute da mercanti ed eserciti, zona di contagio, di contaminazioni culturali e religiose, e Gesù la sceglie. Non è il monte Sion degli eletti, ma Cafarnao che accoglie tutti. C’è confusione sulla Via Maris, e insieme ombra, dice il profeta, come la nostra esistenza spesso confusa, come il cuore che ha spesso un’ombra…, e Gesù li sceglie. Cominciò a predicare e a dire: convertitevi perché il regno dei cieli è vicino. Sono le parole sorgive, il messaggio generativo del vangelo: Dio è venuto, è all’opera, qui tra le colline e il lago, per le strade di Cafarnao, di Magdala, di Betsaida.

E fa fiorire la vita in tutte le sue forme. Lo guardi, e ti sorprendi a credere che la felicità è possibile, è vicina. Gesù non darà una definizione del Regno, dirà invece che questo mondo porta un altro mondo nel grembo; questa vita ha Dio dentro, una luce dentro, una forza che penetra la trama segreta della storia, che circola nelle cose, che le spinge verso l’alto, come seme, come lievito. Allora: convertitevi! Cioè: celebriamo il bello che ci muove, che ci muove dal di dentro. Giratevi verso la luce, perché la luce è già qui. Non una ingiunzione, ma una offerta: sulla via che vi mostro il cielo è più azzurro, il sole più bello, la strada più leggera e più libera, e cammineremo insieme di volto in volto. La conversione è appunto l’effetto della mia «notte toccata dall’allegria della luce» (Maria Zambrano). Gesù cammina, ma non da solo. Ama le strade e il gruppo, e subito chiama ad andare con lui.

Che cosa mancava ai quattro pescatori per convincerli a mollare barche e reti e a rischiare di perdere il cuore dietro a quel giovane rabbi? Avevano il lavoro, anzi una piccola azienda di pesca, una casa, la famiglia, la sinagoga, la salute, la fede, tutto il necessario per vivere, eppure mancava qualcosa. E non era un codice morale migliore, dottrine più profonde o pensieri più acuti. A loro mancava un sogno. Gesù è venuto per la manutenzione dei sogni dell’umanità, per sintonizzarli con la salute del vivere. I pescatori sapevano a memoria le migrazioni dei pesci, le rotte del lago. Gesù offre la mappa del mondo e del cuore, cento fratelli, il cromosoma divino nel nostro Dna, una vita indistruttibile e felice. Gli ribalta il mondo: “sapete che c’è? non c’è più da pescare pesci, c’è da toccare il cuore della gente”. C’è da aggiungere vita.

(Letture: Isaia 8,23b-9,3; Salmo 26; Prima Lettera ai Corinzi 1,10-13.17; Matteo 4,12-23)

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i contrasti dentro la chiesa cattolica e l’opposizione a papa Francesco

“la chiesa divisa”
di Enzo Bianch

Questi sono giorni in cui emergono in modo molto più evidente i contrasti, le conflittualità e le “guerre” all’interno della chiesa cattolica. La morte di Benedetto XVI, l’incauta rivelazione postuma di alcune delle sue parole e dei suoi sentimenti da parte del segretario particolare e lo svelamento dell’identità dell’autore del memoriale attribuito al Cardinal Pell – vero grido di allarme sulla situazione della chiesa –, sono fatti che hanno scosso e scuotono i credenti quotidiani, che non sempre comprendono la materia diventata tanto conflittuale, ma soffrono di questa situazione così nuova per “la gente cattolica”, in balìa del chiacchiericcio delle sacrestie e delle denunce fatte dai media.

L’esito – va detto – non sarà il tanto temuto e paventato “scisma” di una porzione di cattolici, perché questo non è più tempo di fondazioni, ma sarà un silenzioso abbandono della chiesa da parte di molti che si sentono frustrati, stanchi e sovente amareggiati da tante liti fraterne che si consumano con schizofrenia ipocrita: da un lato una corsa al dialogo con i non cattolici, con i credenti delle altre religioni, e si realizzano cooperazioni tra chiese mai viste nella storia del cristianesimo; dall’altro lato c’è intolleranza, non sopportazione di chi, pur cattolico, condivide la stessa fede con uno stile diverso nella liturgia o nel modo di collocarsi nel mondo. Qui la lotta, l’antagonismo sono feroci con delegittimazione reciproca e impossibilità di riconoscere la fraternità che pure ha fondamento nell’unico battesimo.

In una vita ecclesiale così attraversata da polarizzazioni c’è però una novità: gli attacchi, il rigetto, l’insulto verso il papa, attualmente Francesco. La critica al papa era già presente nella chiesa degli ultimi tempi, critica aperta almeno dal pontificato di Paolo VI e poi dei suoi successori, ma le accuse o erano morali (e a tanto si giunse con l’integro papa Montini!), o erano critiche per il governo. Con Papa Francesco invece gli attacchi sono diretti alla sua fede, viene attaccato proprio quello che è il suo carisma: confermare nella fede i fratelli, e si arriva fino alla delegittimazione e all’insulto.

Perché ci si spinge fino ad affermazioni che lo dicono papa eretico, idolatra della dea pagana Pachamama, un papa che distrugge la chiesa? C’è una sola risposta: perché papa Francesco ha osato e osa essere solo un servo del Signore, un cristiano obbediente unicamente all’Evangelo, un esperto di umanità, un uomo che non ha paura dei potenti di questo mondo! Quanto più Francesco fa apparire il Vangelo nella sua nudità tanto più scatenerà le potenze avverse contro di lui e contro la chiesa della quale è al servizio della quale è pastore e servo della comunione.

Nessuna adulazione! Anche papa Francesco, come ogni uomo, ha i suoi difetti, il suo carattere che può non piacere, il suo modo di parlare che può essere più o meno attraente, il suo modo di governare la chiesa che può essere criticato, ma per i cattolici è il successore di Pietro, è colui per il quale Gesù ha assicurato di pregare, è l’uomo fragile e limitato che va giudicato solo per come annuncia il Vangelo e presiede alla comunione plurale della chiesa. Lo sappiamo dai Vangeli: colui che è la “Pietra”, cioè il fondamento della fede, può diventare un fuscello, ma sappiamo anche che ci sarà un gallo che canterà e lo richiamerà.

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in morte di fratel Biagio Conte

 papa Francesco

ha consolato i poveri nei quali vedeva il volto di Gesù


“generoso missionario di carità e amico dei poveri”

è così che il Papa ricorda, unendosi all’unanime cordoglio, fratel Biagio Conte, scomparso ieri a Palermo dopo una lunga malattia, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e indirizzato all’arcivescovo della città, monsignor Corrado Lorefice.

Il Papa: ha consolato i poveri nei quali vedeva il volto di Gesù

Nel testo, Francesco sottolinea come il missionario laico scorgesse proprio nei poveri “il volto stesso di Gesù”, e come per loro si sia “instancabilmente prodigato offrendo loro consolazione, protezione e speranza”. Il Papa sottolinea quindi la

“coraggiosa testimonianza evangelica di questo discepolo di Cristo che ha accesso una fiamma d’amore nella città di Palermo e nel cuore di quanti lo hanno incontrato”.

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il commento al vangelo della domenica

 

Gesù, Agnello che toglie il peccato del mondo

il commento di E. Ronnchi al vangelo della seconda domenica del Tempo ordinario – Anno A

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

Il mondo ci prova, ha tentato, ma non ce la fa a fiorire secondo il sogno di Dio: gli uomini non ce la fanno a raggiungere la felicità. Dio ha guardato l’umanità, l’ha trovata smarrita, malata, sperduta e se n’è preso cura. È venuto, e invece del ripudio o del castigo, ha portato liberazione e guarigione.Lo afferma il profeta roccioso e selvatico, Giovanni delle acque, quando dichiara: ecco l’agnello che toglie il peccato del mondo. Sono parole di guarigione, eco della profezia di Isaia, rilanciata dalla prima Lettura: ecco il mio servo, per restaurare le tribù di Giacobbe. Anzi, è troppo poco: per portare la mia salvezza fino all’estremità della terra.Giovanni parlava in lingua aramaica, come Gesù, come la gente del popolo, e per dire “ecco l’agnello” ha certamente usato il termine “taljah”, che indica al tempo stesso “agnello” e “servo”. E la gente capiva che quel giovane uomo Gesù, più che un predestinato a finire sgozzato come un agnello nell’ora dei sacrifici nel cortile del tempio, tra l’ora sesta e l’ora nona, era invece colui che avrebbe messo tutte le sue energie al servizio
del sogno di Dio per l’umanità, con la sua vita buona, bella e felice.Servo-agnello, che toglie il peccato del mondo. Al singolare. Non i peccati, ma piuttosto la loro matrice e radice, la linfa vitale, il grembo che partorisce azioni che sono il contrario della vita, quel pensiero strisciante che si insinua dovunque, per cui mi importa solo di me, e non mi toccano le lacrime o la gioia contagiosa degli altri, non mi importano, non esistono, non ci sono, non li vedo. Servo-agnello, guaritore dell’unico peccato che è il disamore. Non è venuto come leone, non come aquila, ma come agnello, l’ultimo nato del gregge, a liberarci da una idea terribile e sbagliata di Dio, su cui prosperavano le istituzioni di potere in Israele. Gesù prende le radici del potere, le strappa, le capovolge al sole e all’aria, capovolge quella logica che metteva in cima a tutto un Dio dal potere assoluto, compreso quello di decretare la tua morte; e sotto di lui uomini che applicavano a loro volta questo potere, ritenuto divino, su altri uomini, più deboli di loro, in una scala infinita, giù fino all’ultimo gradino. L’agnello-servo, il senza potere, è un “no!” gridato in faccia alla logica del mondo, dove ha ragione sempre il più forte, il più ricco, il più astuto, il più crudele.
E l’istituzione non l’ha sopportato e ha tolto di mezzo la voce pura, il sogno di Dio. Ecco l’agnello, mitezza e tenerezza di Dio che entrano nelle vene del mondo, e non andranno perdute, e porteranno frutto; se non qui altrove, se non oggi nel terzo giorno di un mondo che sta nascendo.

(Letture: Isaia 49,3.5-6; Salmo 39; Prima lettera ai Corinzi 1,1-3; Giovanni 1,29-34)

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il commento al vangelo della domenica

 il battesimo

l’immergersi in un oceano d’amore

Il Battesimo, l’immergersi in un oceano d’amore

il commento di E. Ronchi al vangelo della domenica del battesimo del Signore Anno A

Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. E una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Tramonto a Patmos, l’isola dell’Apocalisse. Stavamo seduti davanti al fondale magico delle isole dell’Egeo, in contemplazione silenziosa del sole che calava nel mare, un monaco sapiente e io. Il monaco ruppe il silenzio e mi disse: lo sai che i padri antichi chiamavano questo mare «il battistero del sole»? Ogni sera il sole scende, si immerge nel grande bacile del mare come in un rito battesimale; poi il mattino riemerge dalle stesse acque, come un bambino che nasce, come un battezzato che esce. Indimenticabile per me quella parabola che dipingeva il significato del verbo battezzare: immergere, sommergere. Io sommerso in Dio e Dio immerso in me; io nella sua vita, Lui nella mia vita. Siamo intrisi di Dio, dentro Dio come dentro l’aria che respiriamo, dentro la luce che bacia gli occhi; immersi in una sorgente che non verrà mai meno, avvolti da una forza di genesi che è Dio. E questo è accaduto non solo nel rito di quel giorno lontano, con le poche gocce d’acqua, ma accade ogni giorno nel nostro battesimo esistenziale, perenne, in-finito: «siamo immersi in un oceano d’amore e non ce ne rendiamo conto» (G. Vannucci). La scena del battesimo di Gesù al Giordano ha come centro ciò che accade subito dopo: il cielo si apre, si fessura, si strappa sotto l’urgenza di Dio e l’impazienza di Adamo. Quel cielo che non è vuoto né muto. Ne escono parole supreme, tra le più alte che potrai mai ascoltare su di te: tu sei mio figlio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento. Parole che ardono e bruciano: figlio, amore, gioia. Che spiegano tutto il vangelo. Figlio, forse la parola più potente del vocabolario umano, che fa compiere miracoli al cuore. Amato, senza merito, senza se e senza ma. E leggermi nella tenerezza dei suoi occhi, nella eccedenza delle sue parole. Gioia, e puoi intuire l’esultanza dei cieli, un Dio esperto in feste per ogni figlio che vive, che cerca, che parte, che torna. Nella prima lettura Isaia offre una delle pagine più consolanti di tutta la Bibbia: non griderà, non spezzerà il bastone incrinato, non spegnerà lo stoppino dalla fiamma smorta. Non griderà, perché se la voce di Dio suona aspra o impositiva o stridula, non è la sua voce. Alla verità basta un sussurro. Non spezzerà: non finirà di rompere ciò che è sul punto di spezzarsi; la sua mania è prendersi cura, fasciando ogni ferita con bende di luce. Non spegnerà lo stoppino fumigante, a lui basta un po’ di fumo, lo circonda di attenzioni, lo lavora, fino a che ne fa sgorgare di nuovo la fiamma. “La vita xe fiama” (B. Marin) e Dio non la castiga quando è smorta, ma la custodisce e la protegge fra le sue mani di artista della luce e del fuoco.

(Letture: Isaia 42,1-4.6-7; Salmo 28; Atti degli Apostoli 10,34-38; Matteo 3,13-17) 

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