una giornata importante da diversi anni ma che stenta a dare risultati apprezzabili nella chiesa

credenti contro l’omo-transfobia

veglie, contestazioni e passi avanti

di Luca Kocci
in “il manifesto” del 17 maggio 2017

Si celebra oggi la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia e, come succede ormai da diversi anni, in decine di città italiane ed europee si svolgono veglie, culti e fiaccolate per le vittime della violenza dell’omo-transfobia promosse da gruppi di omosessuali credenti, parrocchie cattoliche, chiese battiste, metodiste e valdesi. Avviate undici anni fa in maniera semiclandestina da pochi gruppi e comunità di frontiera che decidevano di sfidare l’indifferenza e talvolta l’ostilità delle istituzioni ecclesiastiche – soprattutto cattoliche – oggi, pur non essendo ancora diventate esperienze pienamente condivise, le veglie sono un appuntamento diffuso. Tanto che i settori più tradizionalisti del mondo cattolico e i loro mezzi di informazione (siti web e blog), che fino ad ora hanno quasi sempre scelto di ignorare eventi considerati di nicchia, si sono fatti più aggressivi.

A Reggio Emilia c’è stata una dura contestazione degli ultrà cattolici – e il silenzio del vescovo, il ciellino mons. Camisasca – nei confronti del parroco che ha ospitato la veglia nella sua parrocchia, dove si è svolta regolarmente, e con una grande partecipazione, la sera del 14 maggio. E uno dei siti di riferimento della galassia dell’integralismo cattolico (La nuova bussola quotidiana) pubblica articoli dal titolo eloquente: “Veglie per inesistenti vittime dell’omofobia”. Chissà cosa ne pensano gli omosessuali reclusi dei campi di rieducazione in Cecenia. Sono più di venticinque le città italiane coinvolte. Nei giorni scorsi veglie ed iniziative ecumeniche per le vittime della violenza omo-transfobica si sono già svolte nei tempi valdesi di Milano e Firenze, nella chiesa luterana di Trieste, in una parrocchia cattolica di Pistoia. Stasera sarà la volta di Palermo e di nuovo Firenze (dove le veglie saranno seguite da fiaccolate per le vie della città), Catania, Sanremo, Torino, Varese. E altre nei giorni successivi: Bologna, Cagliari, Napoli, Padova, Siracusa, Genova. A Roma la veglia ecumenica, organizzata dai cattolici di Cammini di speranza-Nuova proposta e dalla Rete evangelica fede e omosessualità (Refo), si terrà domenica sera in piazza del Campidoglio, al termine della Settimana contro l’omotransfobia: uno spazio pubblico all’aperto anche perché il card. Vallini (vicario del papa per la diocesi di Roma) nei mesi scorsi ha invitato le due parrocchie romane che ospitavano gli incontri periodici dei gruppi di omosessuali cattolici a chiudere loro le porte, per cui la possibilità di svolgere la veglia in una parrocchia non è stata nemmeno presa in considerazione dai promotori. Segnale eloquente che, nonostante i passi avanti, nella Chiesa cattolica il tema è ancora controverso e che l’azione di papa Francesco, camminando sul filo dell’equilibrismo di una pastorale più aperta e inclusiva e di una dottrina immutata, ha modificato il clima ma non ha prodotto cambiamenti strutturali.

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“vogliamo accogliere” la manifestazioine di Barcellona e quella di Milano

abbattere i muri ideologici

ecco perché tutta l’Europa deve accogliere chi soffre

di Ada Colau  

( l’autrice è sindaca di Barcellona)
in “la Repubblica” del 17 maggio 2017

Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Per questo motivo lo scorso febbraio Barcellona è scesa in piazza. È stata la manifestazione più grande d’Europa a favore dell’accoglienza dei migranti. Ed è nata per la volontà della società civile e con l’appoggio delle istituzioni. Siamo davvero felici di sapere dunque che anche a Milano il 20 maggio si riaffermerà questa stessa volontà e la necessità di non barricarsi dietro anacronistici muri “ideologici” e fisici.

“Vogliamo accogliere” non è solo lo slogan in cui si è riconosciuta la manifestazione che ha sfilato nella mia città a inizio anno. È molto di più. “Vogliamo accogliere” è la nostra risposta, della cittadinanza e anche di molti sindaci, di fronte alla cosiddetta “crisi dei rifugiati” con cui l’Europa tutta si deve confrontare. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché è nostro dovere. Siamo infatti noi, le città — e non gli Stati -, ad offrire un’opportunità reale di integrazione a immigrati e rifugiati. È nelle nostre strade e nelle nostre piazze che le persone smettono di essere numeri e diventano cittadini e cittadine. Ecco perché noi vogliamo e dobbiamo accogliere più persone e meglio. Se non lo facciamo — se non ci impegniamo ad aprire la nostra comunità e la nostra società a chi lascia la sua casa e il suo Paese per cercare un’occasione di vita migliore nelle nostre città — , i nostri figli, i nostri concittadini ci chiederanno dove eravamo quando in Europa si alzavano muri e barriere contro quelli che fuggivano dalla guerra. Soprattutto ci chiederanno: che cosa avete fatto per evitarlo? Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo.

Perché l’appello del “popolo dell’accoglienza” che ha manifestato a Barcellona e che sfilerà a Milano per un “20 maggio senza muri” non lascia spazio a interpretazioni. Non abbiamo scuse per ignorarlo. Anzi, il coraggio, l’entusiasmo e l’apertura che così tante persone hanno dimostrato, dimostrano e dimostreranno ci spinge con forza a intraprendere azioni concrete e politiche. Per questo motivo, serve l’aiuto e la collaborazione di molte altre città del mondo. Da Barcellona e Milano può nascere un network internazionale, in grado di indicare ai governi la via migliore da seguire per rispondere ai bisogni dei migranti, riconoscendoli come un’opportunità per la nostra società. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo. Perché nella gestione dei migranti l’Europa si gioca il proprio futuro e la propria credibilità. Le immagini che abbiamo visto in Italia, in Grecia e in altri Paesi stanno minando il progetto europeo e le sue conquiste; stanno mettendo in dubbio gli stessi principi fondanti dell’Europa. Oggi, davanti al pericolo di una “Europa- fortezza”, come città e come cittadini abbiamo la responsabilità storica di intervenire per cambiare la situazione. Vogliamo accogliere. E vogliamo continuare a farlo con serietà, ma anche con allegria ed entusiasmo.

Perché le manifestazioni di Barcellona e di Milano altro non sono che una festa per i cittadini di tutto il mondo, un momento di incontro e di scambio, ricco di musica, colore, gioia e solidarietà. Ecco allora che emerge con forza la necessità di ridare valore al Mediterraneo, di offrire al mondo un altro punto di vista per raccontare ciò che sta accadendo. Quel mare, che si è trasformato per molti migranti nel “mare della morte”, è infatti ancora il ponte, è il luogo in cui le culture si incontrano, è la ricchezza dei popoli che lo abitano. Affinché questa narrazione sia possibile ed evidente a tutti, le città devono unire le forze e continuare a essere un luogo di libertà che riconosce e garantisce i diritti a tutti coloro che in esse vivono. Per difendere tutto ciò, scendiamo nelle strade a manifestare. Vogliamo accogliere. Vogliamo continuare a farlo. E lo faremo, dando il nostro sostegno a Milano e a tutte le città che vorranno unire la loro voce alla nostra.

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