signor vescovo, non le sembra di esagerare!

l’arcivescovo di Trieste: «I matrimoni gay sono un suicidio dell’umanità»

 

«Gli attacchi al matrimonio come unione di un uomo e una donna rappresentano una sorta di suicidio dell’umanità stessa, soprattutto nei nostri Paesi occidentali». È quanto affermato dall’arcivescovo di Trieste, Giampaolo Crepaldi, durante un’omelia pronunciata al santuario di Monte Gria.

Secondo il personale parere del religioso, «dal punto di vista cristiano è erroneo affermare che la relazione fondamentale tra uomo e donna sia soltanto un prodotto culturale o sociale, un “dono” di un governo o la costruzione dell’uomo. I governi non possono soppiantare la primordiale responsabilità dei genitori per i loro figli, né possono negare ai bambini il diritto di crescere con una mamma e un papà». Crepaldi ha poi sostenuto che «in Cristo lo stato naturale del matrimonio, il naturale legame tra un uomo e una donna uniti in matrimonio, è elevato a sacramento».

Prosegue così l’ondata di critica che la Chiesa Cattolica ha deciso di lanciare dopo l’approvazione del matrimonio egualitario in Irlanda. Da nord e sud, una serie di prelati è pronta ad aizzare i fedeli contro il diritto alla felicità altrui, sostenendo che il principio fondamentale della famiglia non sia la sua funzione sociale ma l’eterosessualità dei componenti. Poi poco importa se i genitori costringono alla prostituzione i figli o se un padre picchia i propri familiari: l’essere eterosessuali è motivo di grazia dinnanzi a Dio in una sorta di nuova razza Ariana.

Parole dure e pericolose per chi dovrebbe ispirarsi alle predicazioni di Gesù, un bambino nato in una famiglia che è stata tutto fuorché una «famiglia tradizionale». Giuseppe non è il padre biologico di Gesù e la tanto sbandierata verginità di Maria (che ha persino portato ad uno scisma della Chiesa) è un motivo sufficiente che oggi spingerebbe la Sacra Rota a ritenere nullo il loro matrimonio. Per i leghisti che tanto si impegnano ad organizzare convegno omofobi, Gesù non sarebbe stato altro che un extracomunitario da ritenere colpevole del reato di clandestinità qualora avesse osato mettere piede in Italia. Ma ovviamente tutto ciò non importa a chi vuole usare Dio per tutelare i propri interessi, in una guerra all’umanità in cui l’amore viene additato come il nemico da abbattere.
Eppure è la Bibbia stessa a ricordarci che «nell’amore non c’è timore» (I Giovanni 4, 18) o che «chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre» (I Giovanni 2,9). Ma soprattutto ci ricorda come il volersi alla tradizione sia un errore imperdonabile: «le cose vecchie sono passate: ecco ne sono nate di nuove» ci viene ricordato nella seconda lettera ai Corinzi.

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il commento al vangelo della domenica

 

QUESTO E’ IL MIO CORPO, QUESTO E’ IL MIO SANGUE 

commento al Vangelo di p. Alberto Maggi

p. Maggi

Mc 14,12-16.22-26

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 

Marco struttura il racconto della cena del Signore su quanto si legge nel Libro dell’Esodo al termine dell’alleanza. Nel capitolo 24 si legge che Mosè prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo, poi prese il sangue e ne asperse il popolo e disse “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole”. 
E’ da tener presente questo parametro per comprendere quello che ci scrive l’evangelista. 
Scrive Marco: “Mentre mangiavano prese” – non è scritto ‘il pane’, che avrebbe indicato un pane particolare rispetto al pane azzimo che si mangiava durante la cena pasquale; l’evangelista evita accuratamente qualunque riferimento alla cena pasquale. Gesù non ripete un rito antico, ma sta facendo qualcosa di completamente nuovo. Quindi Marco evita qualunque assomiglianza con la cena pasquale.
Quindi “prese un pane, benedì, lo spezzò, lo diede loro dicendo: «prendete, questo è il mio corpo»”.   
Ecco già la prima differenza con l’antica alleanza. Nell’antica alleanza Mosè ha presentato un libro, un libro che conteneva la legge, la volontà di Dio; ebbene, con Gesù inizia un’epoca nuova nel rapportarsi con Dio. 
Il credente, con Gesù, non è più, come nell’antica alleanza, colui che obbediva alle leggi del suo Signore, ma colui che accoglie l’amore del suo Signore. 
Mentre il libro della legge è un codice esterno all’uomo che l’uomo deve impegnarsi a osservare e molti non ci riescono, o non vogliono, la nuova alleanza non è basata su un agente – un libro – un qualcosa di esterno all’uomo, ma sulla effusione interiore della stessa vita divina.
Dio non governa gli uomini emanando leggi che questi devono osservare, ma comunicando loro la sua stessa capacità d’amore, il suo stesso spirito, la sua stessa forza d’amore. Quindi non più un codice, una legge, ma un uomo – Gesù – che ci comunica la sua vita. 
Poi Gesù ”prese il calice”; e qui, mentre prima per il pane ha adoperato il verbo ‘benedire’ (eÙlogšw) – un termine conosciuto nel mondo ebraico –, per il calice usa il verbo ‘eÙcaristšw’, ‘ringraziare’, da cui deriva poi la parola Eucaristia. 
Perché questi due verbi differenti e non ha usato per esempio lo stesso ‘benedire’ entrambe le volte? 
L’evangelista si rifà alle due moltiplicazioni dei pani. 
Nella prima, in terra ebraica, Gesù benedì il pane (Mc 6,41); nella seconda, in terra pagana, Gesù rese grazie (Mc 8,6).
Allora nell’Eucaristia l’evangelista vuole radunare questi due elementi. Non è soltanto per il popolo d’Israele, ma è per tutta l’umanità.
Quindi Gesù “rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti”. Mentre l’evangelista non ha detto che il pane è stato mangiato, soltanto per il calice dice che bevvero tutti. 
Non basta accogliere Gesù come modello di comportamento, ma bisogna anche bere al calice – il calice è simbolo di morte, di donazione. Allora soltanto nell’accettazione di un impegno di vita che va fino alla morte, c’è la completezza della Eucaristia.
Ebbene, questo sangue non è il sangue dei tori, spruzzato esternamente sulle persone, ma, dice Gesù, “questo è il mio sangue dell’alleanza”. Tutti gli evangelisti indicano l’azione di Gesù come colui che battezza in Spirito Santo, però, stranamente, nessun evangelista ci dice ‘dove’, ‘quando’ e ‘come’ Gesù battezzi in Spirito Santo.  
Ecco, ecco il momento in cui la comunità, il credente, riceve questa effusione nello Spirito Santo, il battesimo nello Spirito Santo. Non è un sangue, come dei tori, che viene asperso esternamente all’uomo, ma una comunicazione interiore della stessa vita divina. E’ questo che dona all’uomo la capacità d’amore. 
E questo sangue, dice Gesù, “è versato per molti”. 
Nella cena pasquale si leggeva un salmo, il salmo 79 in cui il salmista dice che “l’ira di Dio veniva versata sui pagani”. 
Ebbene, per Gesù è cambiato il rapporto con Dio, non viene più versata l’ira di Dio, ma il suo sangue, un amore che accoglie tutti quanti. Questa è la novità proposta da Gesù. Quindi non più l’osservanza di norme esterne, ma Dio governa l’uomo comunicandogli la sua stessa capacità d’amore.  

 

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amore sano e amore malato da curare?

etero o gay il vero amore non ha bisogno di essere curato

di Michela Marzano
in “la Repubblica” del 5 giugno 2015

gay

Mentre nella cattolicissima Irlanda sono stati una valanga i “sì” al matrimonio gay, in Italia, tutto resta terribilmente immobile. Anzi, forse peggiora. Come se il riconoscimento progressivo della necessità di rispettare ognuno di noi per quello che è, fosse intollerabile. E che lo sia per chi, invece di aprirsi alla tolleranza, utilizza la fede per imporre a tutti un rigido “dover essere”. Non solo allora, dopo il referendum, si è dovuto assistere al laconico commento del Cardinal Parolin, Segretario di Stato Vaticano, che non ha esitato a parlare di una “sconfitta dell’umanità”. Ma in questi giorni sembra anche tornare in auge l’assurda idea della possibilità di guarire dall’omosessualità. «Lasciatevi aiutare dal Signore. Voi non siete gay, ma solo persone con un problema», si sente dire al Centro di Spiritualità Sant’Obizio, come ha raccontato Repubblica. L’omosessualità come una malattia da sradicare, una ferita da curare, un problema da risolvere. Per poter così tornare alla normalità, ripristinando la mascolinità e la femminilità. Ma di che cosa stiamo parlando esattamente? Chi dovrebbe guarire esattamente da cosa? Perché ormai lo sappiamo bene che l’omosessualità, esattamente come l’eterosessualità, è solo un orientamento sessuale. È un modo di essere e di amare. Qualcosa che non si sceglie, non si cambia, non si cura. Perché non c’è niente da cui guarire o da curare. C’è solo qualcosa da riconoscere e accettare. Qualcosa che fa parte della propria identità, quella con la quale prima o poi tutti dobbiamo fare i conti, anche quando ci sono cose che vorremmo che fossero diverse, cose che magari non sopportiamo di noi stessi, cose con le quali, però, non possiamo far altro che convivere. Ma questo, appunto, riguarda sia gli omosessuali, sia gli eterosessuali. Senza che qualcuno venga a spiegarci che, da bambini, qualcosa non ha funzionato. Un padre distante o una madre assente. Un padre severo o una madre assillante. Tanto, quando eravamo bambini, sicuramente qualcosa non ha funzionato per ognuno di noi. E non è colpa di nessuno. È la vita. E così che vanno le cose. E, in fondo, va bene. A patto che non ci sia poi chi, senz’altro con le migliori intenzioni — ma, si sa, è l’inferno che è lastricato delle migliori intenzioni — non intervenga per farci sentire colpevoli, aggiungendo così ulteriore sofferenza alla sofferenza che, forse, si è già vissuta. Ancora una volta indipendentemente dal fatto che siamo omosessuali o eterosessuali. «La guarigione dipende da quanto si apre il nostro cuore a Gesù», dicono ancora i leader del gruppo Lot di Sant’Obizio. Ma chi lo chiude il proprio cuore a Gesù? Chi non fa altro che prendere atto di ciò che è e di chi ama — chiedendo agli altri rispetto, accettazione, riconoscimento e diritto di esistere così com’è — oppure chi decide che non va bene, che si deve cambiare, che ci si deve sforzare, che basta un piccolo sacrificio e poi tutto torna a posto? Difficile accettarsi quando intorno a noi c’è solo commiserazione. Difficile persino raccapezzarsi con le parole che si trovano nel Vangelo, dove in fondo è sempre questione di inclusione e di carità, quando si sentono invocare, nel nome della fede, la “sconfitta dell’umanità” o l’“abominio” della propria malattia. Anche se, ovviamente, non c’è proprio nulla da riparare o da correggere. A parte forse lo sguardo giudicante di chi, dimenticando persino la pietà, ci chiede di essere diversi da quello che siamo.

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i soldi valgono più dei poveri

IL NAUFRAGIO DELL’EUROPA 

“E’ inaccettabile che merci e capitali 

godano di più diritti dei poveri

 per entrare in un Paese”

 di Alex Zanotelli
 
 
Con il naufragio di oltre 700 migranti vicino alle coste libiche, nella notte tra il 18 e il 19 aprile, è naufragata anche l’Unione Europea come patria dei diritti umani. L’Unione Europea è diventata una Fortezza che respinge i ‘naufraghi dello sviluppo’, il frutto di un Sistema economico dove pochi (il 20% della popolazione del mondo consuma il 90% dei beni prodotti).
Questo sterminio di innocenti, questo genocidio dura da 18 anni. Nel 2014 sono morti 3.500 migranti, nel 2013 oltre 600 e nel 2012 più di 500!
Il giornalista Gianpaolo Visetti di la Repubblica ha calcolato che dal 2000 al 2012 potrebbero essere periti nel Mediterraneo 42.000 persone. E’ un’ecatombe! Altro che Mare Nostrum, è un Cimiterium Nostrum!
..
L’Italia si troverà così da sola ad affrontare l’emergenza che si profila per questa estate. Ma ancora più grave è la decisione di distruggere le imbarcazioni , che la Libia interpreterà come un atto di guerra. E questo dopo la guerra del 2011 che ha creato il caos libico di oggi. “Vergognoso colpire le imbarcazioni”, ha reagito giustamente padre G. Perego della Migrantes.
Siamo in guerra contro gli impoveriti del Sistema, che è la causa del loro Esodo biblico. Ed è solo l’inizio: aumenteranno gli esodi in massa, perché provocati anche dal surriscaldamento.
Come credente e come discepolo di Gesù non posso accettare tali barbarie.
….
E’ inaccettabile che una decisione politica vada riempiendo di tombe il cammino che i poveri percorrono con la forza di una speranza. E’ inaccettabile che merci e capitali godano di più diritti dei poveri per entrare in un Paese. E’ inaccettabile che si rivendichino frontiere per i pacifici della terra e si tollerino frontiere permeabili al denaro, alla corruzione, al turismo sessuale, alla tratta delle persone e al commercio delle armi.”
un NO chiaro ad un’altra guerra per distruggere le imbarcazioni.
 
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noi italiani siamo i più razzisti in Europa

rom

non è un mistero che il razzismo sia, in Italia, diffuso e pervasivo, soprattutto negli ultimi tempi
il Pew-Research Center di Washington ci inchioda: siamo i più razzisti in Europa.
lo dice un rapporto, Faith in European Project Reviving, condotto dal think tank americano in Francia, Germania, Italia, Spagna, Polonia e Gran Bretagna, tra il 7 aprile e il 13 maggio del 2015.

Il nostro Paese viene fuori malissimo dalla parte del rapporto che tratta l’Anti-Minority Sentiment, monitorando il grado di ostilità rispetto ad alcune minoranze. L’Italia è, tra i sei grandi paesi considerati, quello più ostile ai musulmani. Il 61% degli italiani hanno un’opinione negativa dei musulmani: gli altri sono meno intolleranti e vanno dal 56% dei polacchi al 42% degli spagnoli, al 24% di tedeschi e francesi e al 19% degli inglesi.

Meno grave la situazione nei confronti delle minoranze ebraiche: il 28% dei polacchi ha un’opinione negativa degli ebrei, seguito da italiani (21%), spagnoli (17%), tedeschi (9%), inglesi e francesi (7%).

Quelli che proprio non vanno giù agli italiani sono i rom e gli zingari. L’86% degli italiani ha un’opinione negativa dei rom, visti in modo meno sfavorevole dagli altri: dal 60% di sgradimento dei francesi al 48% dei polacchi, al 37% degli inglesi, al 35% degli spagnoli per finire col 34% dei tedeschi. Solo il 9% degli italiani gradisce i rom, mentre il restante 5% preferisce non rispondere.

Numeri allarmanti, che non sono, però, il prodotto della campagna d’odio di cui si è resa protagonista, negli ultimi tempi, la Lega di Salvini. Anzi: l’Italia starebbe impercettibilmente migliorando, visto che il rapporto del Pew-Research Center l’anno scorso regalava dati peggiori: il gradimento dei rom è peggiorato di un punto, scendendo dal 10% al 9%, in compenso è cresciuto del 6% il gradimento degli ebrei e del 3% quello dei musulmani. La strada è lunga, insomma, ma stiamo imparando. a prendercela soprattutto con i rom. Il rapporto ancora precedente, datato 2009, ci dipingeva ancora più beceri: 21% di gradimento dei musulmani, 9% dei rom (come adesso), 52% degli ebrei.

Passi avanti quasi confortanti in tema di antisemitismo, meno rilevanti rispetto ai musulmani, ristagno dell’odio verso gli zingari. In un quadro del genere va rivista la posizione degli xenofobi in politica: più che fomentare l’odio, cavalcano l’onda offrendo agli italiani i capri espiatori che vanno cercando. Rom su tutti: il 30% non li gradisce, il 56% li odia.

Il resto del rapporto dice che siamo un paese moderatamente ottimista e filoeuropeo. La faccia brutta degli italiani, insomma, viene fuori con le minoranze. Bella figura…

di Pancrazio Anfuso

 

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