indietro va’, straniero! , anzi negro!

la frontiera dell’egoismo

Europa. Frontiera chiusa e cariche della polizia

La Francia respinge i migranti, che minacciano lo sciopero della fame

immigrati a Ventimiglia

Fron­tiera chiusa e cari­che della poli­zia con­tro poche decine di migranti che per tutta rispo­sta minac­ciano lo scio­pero della fame o, peg­gio, di get­tarsi in mare dalla sco­gliera se non gli viene con­sen­tito di entrare in Fran­cia. A Ven­ti­mi­glia l’Europa si ferma e se non arriva a dichia­rare fal­li­mento di certo dimo­stra tutta la sua inca­pa­cità e il suo egoi­smo per il modo in cui affronta l’emergenza pro­fu­ghi. Un’impotenza che tra­spare chia­ra­mente anche dalla bozza cir­co­lata in que­ste ore del docu­mento pre­pa­rato per il Con­si­glio euro­peo del pros­simo 26 giu­gno in cui si incen­ti­vano gli Stati a rim­pa­triare i migranti eco­no­mici, ma non si spende nean­che una parola su cosa fare con i richie­denti asilo. Capi­tolo volu­ta­mente lasciato in bianco, a ulte­riore dimo­stra­zione delle divi­sioni che da giorni con­trap­pone il blocco dei Paesi «duri» dell’Unione, — di cui fa parte anche la Fran­cia — a quelli che invece accet­tano, in nome della soli­da­rietà, la logica pro­po­sta dalla Com­mis­sione Junc­ker della ricol­lo­ca­zione dei richie­denti asilo tra tutti gli Stati.

«We need to pass» dicono i car­telli che eri­trei e suda­nesi innal­zano seduti in un’aiuola a pochi passi dalla fron­tiera fran­cese. Hanno biso­gno di pas­sare per­ché le loro fami­glie, i loro amici, il loro futuro è oltre il dop­pio sbar­ra­mento di poli­ziotti ita­liani e gen­darmi fran­cesi che gli impe­di­scono di andare, di pas­sare per rag­giun­gere il nord Europa «dove c’è più uma­nità». Dopo la Ger­ma­nia che ha sospeso Schen­gen, dopo l’Austria che in nome del rego­la­mento di Dublino ci rispe­di­sce i migranti guar­dan­dosi bene dal fer­mare quelli che invece dal suo ter­ri­to­rio cer­cano di entrare in Ita­lia, la nuova fron­tiera — è il caso di dirlo — della dispe­ra­zione è adesso quella fran­cese. E’ bene chia­rire subito che non c’è nes­suna inva­sione in atto. Nell’ultima set­ti­mana Parigi ne ha rispe­diti indie­tro un migliaio ma in que­ste ore a spa­ven­tare i fran­cesi sono tra i trenta e i cento migranti, a seconda dei flussi di arrivo, e tra que­sti ci sono anche donne e bam­bini. Da due giorni dor­mono per strada, anche sotto la piog­gia. «Com­pren­diamo per­fet­ta­mente le loro dif­fi­coltà, ma non è qui che si può risol­vere que­sti pro­blemi», spie­gano fonti della police nationale.

Il pro­blema è il rego­la­mento di Dublino che obbliga i pro­fu­ghi a rima­nere nel Paese in cui sbar­cano, ma c’è qual­cosa che non va se è vero che alcuni dei migranti rispe­diti indie­tro hanno mostrato un biglietto di treno Nizza-Parigi dimo­strando così di tro­varsi già in ter­ri­to­rio fran­cese quando sono stati fer­mati dalla polizia.

Come giù suc­cesso alla sta­zione Cen­trale di Milano e alla sta­zione Tibur­tina di Roma, anche a Ven­ti­mi­glia la soli­da­rietà più grande arriva da asso­cia­zioni e cit­ta­dini. Acli, Arci, scout, Croce rossa ma anche tanta gente nor­male si fa in quat­tro per por­tare cibo, acqua e vestiti e migranti.

Chi invece non si stanca di gio­care con la vita delle per­sone è l’Unione euro­pea. La bozza di docu­mento che dovrebbe rias­su­mere le con­clu­sioni del ver­tice dei Capi di stato e di governo del 26 giu­gno spiega bene qual è la logica con cui i con­si­glio euro­peo intende muo­versi. Allon­ta­nare subito i migranti eco­no­mici ille­gali, che devono essere rim­pa­triati «anche gra­zie a «una mobi­li­ta­zione di tutti gli stru­menti» pos­si­bili. L’obiettivo è quello di aumen­tare il numero delle riam­mis­sioni por­tan­dolo oltre il 39,9% regi­strato nel 2013. Per que­sto si pre­vede un poten­zia­mento di Fron­tex, l’agenzia euro­pea per il con­trollo delle fron­tiere, oltre a una «velo­ciz­za­zione dei nego­ziati con i paesi terzi (non solo quelli in rima linea); lo svi­luppo di regole nel qua­dro della Con­ven­zione di Coto­nou; il moni­to­rag­gio dell’attuazione degli Stati della diret­tiva sui rientri».

Nean­che una parola, invece, su cosa fare con i 40 mila eri­trei e siriani (24 mila dall’Italia e 16 mila dalla Gre­cia) che secondo quanto sta­bi­lito il 27 mag­gio scorso dalla com­mis­sione euro­pea andreb­bero divisi tra gli Stati mem­bri. A bloc­care tutto, a spa­ven­tare le can­cel­le­rie di mezza Europa, è l’«obbligatorietà» alla base della deci­sione e che in molti, a par­tire dalla Spa­gna, vor­reb­bero sosti­tuire con la «volon­ta­rietà» nell’accogliere i pro­fu­ghi. Secondo alcune fonti euro­pee, Fran­cia e Ger­ma­nia sareb­bero dispo­ni­bili ad accet­tare tem­po­ra­nea­mente i pro­fu­ghi, ma solo a patto che Ita­lia e Gre­cia si impe­gnino mag­gio­rente nei foto­se­gna­la­menti e nella rac­colto delle impronte digi­tali dei migranti. «Per­ché sia chiaro dove sono sbar­cati», spie­gano sem­pre le fonti. Per­ché sia chiaro pro­ba­bil­mente che Dublino non si tocca.

image_pdfimage_print

i tanti pregiudizi sui rom

 

I rom rubano i bambini e gli altri stereotipi sulla minoranza più discriminata d’Europa

Una rifugiata bosniaca di etnia rom, in un campo a Giugliano, in provincia di Napoli.  - Andrea Baldo, LightRocket/Getty Images
 una rifugiata bosniaca di etnia rom, in un campo a Giugliano, in provincia di Napoli
 

Secondo il Pew research center, l’Italia è il paese europeo dove l’intolleranza verso i rom e i sinti è più diffusa. L’istituto di ricerca statunitense ha esaminato l’ostilità nei confronti dei rom in sette paesi d’Europa nel 2014, e in Italia l’85 per cento degli intervistati ha espresso sentimenti negativi verso questa popolazione. Nel 2014 l’Osservatorio 21 luglio ha registrato 443 episodi di violenza verbale contro i rom, di cui 204 ritenuti di particolare gravità, e l’87 per cento di questi episodi è riconducibile a esponenti politici.

Gli stereotipi negativi su questo popolo sono molto diffusi, influenzano la percezione collettiva, le politiche pubbliche e hanno contribuito a fare dei rom un capro espiatorio in molte situazioni. Tuttavia alcune ricerche suggeriscono che la maggior parte della popolazione italiana conosce molto poco i rom. Uno studio di Paola Arrigoni e Tommaso Vitale per l’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione ha mostrato che il 42 per cento degli italiani non conosce la cultura rom.

I rom rubano i bambini. La storia che i rom rubano i bambini è molto antica e di tanto in tanto riaffiora nelle cronache dei quotidiani.

Nell’ottobre del 2014 in Irlanda, a Dublino e ad Althon, una bambina rom di sette anni e uno di due furono sottratti ai genitori perché avevano i capelli biondi e gli occhi azzurri e le autorità pensarono che erano stati rubati. Ma gli esami del dna confermarono che i due bambini erano figli delle famiglie a cui erano stati sottratti. Il ministro della giustizia irlandese aprì un’inchiesta sull’accaduto, ma l’episodio scatenò un’isteria collettiva, commenti razzisti e una serie di false denunce di bambini rubati dai rom.

Episodi come questi sono ciclici in Italia e in Europa. La ricercatrice Sabrina Tosi Cambini nel libro La zingara rapitrice ha analizzato gli archivi dell’Ansa dal 1986 al 2007 e ha preso in considerazione le decine di notizie in cui si denunciavano presunti rapimenti e scomparse di bambini a opera dei rom. Lo studio ha analizzato trenta casi di presunti rapimenti e ha verificato che nessuno di questi casi si è dimostrato vero dopo le indagini della polizia e della magistratura. Ma spesso i mezzi d’informazione, che hanno dato la notizia del rapimento, hanno invece ignorato gli esiti delle inchieste. Quello che si sa poco, invece, è che molti bambini rom vengono sottratti alle loro famiglie dai tribunali dei minori a causa delle condizioni materiali di indigenza delle loro famiglie.

Il rapporto dell’Associazione 21 luglio, Mia madre era rom, ha mostrato che un bambino rom ha il 60 per cento di possibilità in più di altri bambini che sia aperta nei suoi confronti una procedura di adottabilità.

I rom non vogliono abitare nelle case, sono nomadi. Solo il 3 per cento della popolazione rom in Italia è nomade, mentre la maggior parte è stanziale (dati della commissione diritti umani del senato). In Italia, quattro rom su cinque vivono in normali abitazioni, lavorano e conducono una vita perfettamente integrata. Si tratta di almeno 130mila persone. Tutti gli altri (un quinto del totale, circa 40mila persone) vivono nei campi, in una situazione di emergenza abitativa. Si tratta dello 0,06 per cento della popolazione italiana.

L’Italia è l’unico paese in Europa dove esistono i campi, creati dalle autorità per risolvere l’emergenza abitativa dei cittadini rom. L’idea che i rom amano vivere nei campi perché sono nomadi per cultura è priva di fondamento. Più del 90 per cento di quelli che vivono in Italia è stanziale.

In Abruzzo per esempio le famiglie rom vivono in normali appartamenti e conservano la cultura, la lingua e le tradizioni rom. La parola nomadi inizia a essere usata per parlare delle popolazioni rom e sinti alla fine dell’ottocento. Nando Sigona del Centro studi sui rifugiati dell’università di Oxford ha spiegato a Redattore sociale che “l’utilizzo del termine nomadi serve per giustificare la costruzione dei cosiddetti campi nomadi”, dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Secondo Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, “la parola nomade è molto pericolosa” perché giustifica la segregazione delle persone rom in campi speciali isolati dalla città. Nel suo rapporto annuale l’Associazione 21 luglio afferma: “Nel 2014 la costruzione e la gestione dei campi rom continua a essere un’eccezione italiana nel quadro europeo. Tali politiche hanno comportato voci di spesa elevatissime senza far registrare alcun miglioramento nelle condizioni di vita di rom e sinti, ma ne hanno sistematicamente violato i diritti umani. A Roma nel 2013 sono stati spesi più di 22 milioni di euro per mantenere in piedi il sistema dei campi e dei centri di accoglienza per soli rom”.

Sono troppi, devono tornare a casa loro. L’Italia è uno dei paesi europei dove abitano meno rom e sinti, al contrario di quanto percepito dalla popolazione.

In Italia abitano 180mila rom, lo 0,25 per cento della popolazione totale, una delle percentuali più basse d’Europa. La Romania è il paese europeo con la maggiore presenza di rom (circa due milioni), seguita dalla Spagna dove i rom sono circa 800mila. Nonostante il numero dei rom in Italia sia basso, nel 2008 il governo italiano ha dichiarato lo “stato di emergenza nomadi” nel Lazio, in Campania e in Lombardia. Ad aprile 2013 la corte di cassazione ha dichiarato illegittimo il piano di emergenza, perché non ha rilevato nessuna relazione tra la presenza dei rom e i presunti pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblica denunciati dal governo.

I rom e i sinti sono presenti in Italia da più di sei secoli. Infatti il 50 per cento dei rom che abitano nel paese è di nazionalità italiana. Le regioni dove la presenza rom è più significativa sono il Lazio, la Campania, la Lombardia e la Calabria. In Emilia Romagna più del 90 per cento dei rom è italiano. I rom di più recente insediamento provengono dai Balcani, sono profughi della guerra nella ex Jugoslavia, molti di loro sono apolidi di fatto, non hanno i documenti, perché il loro paese d’origine non esiste più.

image_pdfimage_print

il vescovo invita all’accoglienza ma …

il vescovo di Padova: “Accogliete i profughi”

durante l’omelia di sabato scorso monsignor Mattiazzo ha detto: “Ricordiamoci sempre che anche Gesù, Maria e Giuseppe sono stati profughi”

Durante l’omelia, infatti, il vescovo ha detto: “Le parole del Signore ci sollecitano ad aprire il nostro cuore, il nostro portafoglio e, se necessario, anche le nostre case per aiutare i poveri. Non è peccato essere poveri. Lo è, invece, essere egoisti ed indifferenti ed avere il cuore duro. Evidentemente la Provvidenza ha fatto venire Antonio proprio a Padova perché c’era bisogno di un Santo così eccezionale per convertire i padovani. E, forse, ce ne sarebbe bisogno anche oggi. Ricordiamoci sempre che anche Gesù, Maria e Giuseppe sono stati profughi. E poi che pure Sant’Antonio, prima di arrivare nella nostra città, si imbarcò per la Sicilia dall’Africa e sopravvisse ad un naufragio“.

image_pdfimage_print
image_pdfimage_print