raddoppiati i poveri in pochi anni

IL RAPPORTO CARITAS 2015

  in sette anni raddoppiati i poveri

povertà

 Erano poco meno di due milioni nel 2007; sono risultati essere oltre 4 milioni nel 2014. Colpiti anche il Nord, i giovani e chi un lavoro comunque ce l’ha. La Caritas italiana chiede di nuovo l’introduzione del Reis, il Reddito di inclusione sociale proposto dall’Alleanza contro la povertà
E’ raddoppiata in sette anni. Dal 2007, anno in cui la crisi iniziò a mordere, al 2014 la povertà assoluta, in Italia, ha colpito un numero crescente di pesone, passando da 1,8 a 4,1 milioni di persone. Dal punto di vista percentuale si è saliti dal 3,1% al 6,8% della popolazione. È quanto emerge dal Rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia curato dalla Caritas italiana in collaborazione con l’Università Cattolica, presentato oggi a Roma. Sono mutati anche geografia e volti della povertà (per vedere la tabella riassuntiva clicca qui). Prima della crisi era un fenomeno circoscritto sostanzialmente al Meridione, ora riguarda anche il Nord. Prima penalizzava soltanto gli anziani, ora anche i giovani. Prima riguardava le famiglie con almeno tre figli, adesso anche quelle con due. Prima si era poveri perché senza lavoro, ora si è poveri anche con il lavoro. E a pagare il prezzo più alto, durante la crisi, sono stati i più poveri tra i poveri: il 10% delle persone in povertà assoluta ha sperimentato una contrazione maggiore del proprio reddito (-27%) s uperiore a quella del 90% della popolazione.

In questi anni, rivela il Rapporto intitolato Dopo la crisi, costruire il welfare, sono cambiati i governi, ma le politiche sociali non hanno contribuito a risolvere la situazione, che rischia di diventare strutturale se non viene messo in piedi un sistema di welfare pubblico. Il Rapporto analizza nel dettaglio la situazione socio-politica. «Per poter valutare l’operato del Governo guidato da Matteo Renzi nei confronti della povertà è opportuno considerare la realtà delle politiche contro la povertà prima del suo arrivo, cioè l’eredità lasciata dai suoi predecessori». si legge. «Primo, l’Italia è l’unico Paese europeo, insieme alla Grecia, privo di una misura nazionale mirata a sostenere l’intera popolazione in povertà assoluta. Secondo, l’attuale sistema di interventi pubblici risulta del tutto inadeguato per volume di risorse economiche dedicate e frantumato in una miriade di prestazioni non coordinate, suddivise tra una varietà di categorie e con caratteristiche diverse. Terzo, la gran parte dei finanziamenti pubblici disponibili è dedicata a prestazioni monetarie nazionali mentre i servizi alla persona, di titolarità dei Comuni che poi coinvolgono anche il terzo settore, sono sottofinanziati. Quarto, la distribuzione della spesa pubblica è decisamente sfavorevole ai poveri: l’Italia ha una percentuale di stanziamenti dedicati alla lotta alla povertà inferiore alla media dei Paesi dell’area euro».

Cos’è cambiato durante la crisi? «In termini strutturali nulla», viene risposto nel Rapporto, «poiché nel periodo 2007-2014 non sono state introdotte novità degne di nota. L’unica misura stabile introdotta nel periodo è stata la Social Card, attiva dal 2008, che non ha modificato in misura significativa il quadro delineato, data l’esiguità tanto degli importi previsti quanto del numero di poveri raggiunti. In parallelo, le già ridotte risposte esistenti sono state ulteriormente indebolite dalle politiche di austerità rivolte ai Comuni, che li hanno portati a contrarre la loro spesa sociale, già molto scarsa. Oggi ci troviamo, dunque, di fronte a una povertà diffusa e a un welfare pubblico ancora del tutto inadeguato».

E Renzi? «L’attuale Governo ha sinora introdotto alcuni interventi per supportare il reddito delle famiglie rivolti prevalentemente a fasce più ampie della popolazione ma che, in varia misura, riguardano anche i nuclei in povertà: il bonus di 80 euro per i lavoratori dipendenti, il bonus bebè per famiglie con figli entro i tre anni, il bonus per le famiglie numerose e l’Asdi. L’insieme degli interventi di sostegno al reddito sinora varati restituisce un quadro piuttosto chiaro. Ai poveri viene fornito qualche sollievo – concede il Rapporto Caritas -, che si traduce in un complessivo incremento medio di reddito pari al 5,7%, risultato migliore rispetto ai precedenti Governi. Si tratta, però, di un avanzamento marginale e non privo – per come è stato disegnato – di controindicazioni. Pertanto, la valutazione d’insiemenon può che essere la seguente: in materia di sostegno al reddito l’attuale esecutivo, ad oggi, non si è discostato in misura sostanziale dai suoi predecessori e ha confermato la tradizionale disattenzione della politica italiana nei confronti delle fasce più deboli di popolazione.

«Occorre decidere se si vuole o meno dar vita ad un sistema fondato su una misura rivolta a chiunque sia in povertà assoluta, un livello essenziale costituito da un mix tra diritti nazionali e risposte disegnate dalla rete dei servizi locali e dotato di finanziamenti adeguati», termina il Rpporto: «un sistema, in altre parole, come quello previsto dal Reddito d’inclusione sociale (Reis), proposto dall’Alleanza contro la povertà in Italia e del quale la Caritas italiana auspica l’introduzione»

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