il sogno dei ‘giovani rom’ in un manifesto

oltre i pregiudizi

il coraggio dei giovani rom e sinti

Bade, Ivana, Miguel, Manuel, Matteo, Serena, Nedzad, Florin, Jemina, Ahmet, Dolores, Rubino, Remi, Annachiara, Denisa, Valentina

Sono giovani rom, sinti e non rom, italiani e stranieri, provenienti da varie città italiane: da Roma a Mazara del Vallo, da Lecce a Vicenza, da Torino a Lucca, da Bergamo a Bologna e Cagliari. Hanno deciso di unire le forze e di impegnarsi in prima persona per contribuire a costruire un’Italia più giusta, senza odio e discriminazioni. Un’Italia libera, che abbracci le differenze, che rispetti i diritti. Di tutti. Non solo dei rom e dei sinti.

Hanno racchiuso la loro voce all’interno di un Manifesto, in cui ragionano su come, secondo loro, dovrebbero cambiare le politiche, nel nostro Paese, sui temi della scuola, del lavoro, dei giovani e del diritto alla casa. Ci hanno messo la faccia e vogliono che questo sia solo il primo di tanti passi.

Pensiamo  a tutti quei pregiudizi e a quegli stereotipi che la gente ha nei confronti dei rom. E a come le opinioni di queste persone – che sovente sui social media e sul web si tramutano in vere proprie invettive di odio e intolleranza, senza che, nella stragrande maggioranza dei casi, si è mai incontrato, conosciuto o interloquito con un solo rom – cambierebbero se solo potessero scambiare qualche chiacchiera con questi giovani. Se solo potessero comprendere che non è vero che i rom non vogliono integrarsi, ma che sono le politiche discriminatorie ad aver costretto una parte di essi a vivere nei ghetti, nei campi rom, a ad averli esclusi da quel tessuto sociale in cui noi tutti viviamo. Che non è vero che non vogliono lavorare o vivere in abitazioni convenzionali, perché 4 rom su 5 in Italia lavorano, studiano e vivono come ogni altro cittadino. Che i rom che delinquono non possono rappresentare una giustificazione per condannare tutti i rom d’Italia, così come non ci permetteremmo di farlo per gli italiani, per i non rom, che commettono reati

che affermare che “se ne devono tornare al loro Paese” è sbagliato alla radice, perché questo è anche il loro Paese, in cui sono nati e cresciuti, e perché oltre la metà dei rom in Italia sono cittadini italiani.

«Non accettiamo più che i nostri figli vivano in un paese di ghetti, separazioni, disuguaglianze, povertà, odio e razzismo, né oggi, né domani. La memoria di ciò che è stato, e la consapevolezza di ciò che è, sono per noi la spinta verso la costruzione di una storia diversa. Sogniamo per l’Italia un risveglio di umanità. Vogliamo essere un esempio di società unita e libera, come l’Italia dovrebbe essere. Un paese orgoglioso dei suoi valori, aperto verso i deboli, che consenta a ciascuno di essere apprezzato, amato e riconosciuto per le proprie passioni e qualità. Un’Italia che abbracci le differenze e si consideri fortunata per la ricchezza di tutte le culture che la compongono. Un’Italia serena».

Nelle parole di Bade, Ivana, Miguel, Manuel, Matteo, Serena, Nedzad, Florin, Jemina, Ahmet, Dolores, Rubino, Remi, Annachiara, Denisa, Valentina è racchiusa la speranza per un futuro diverso. Per andare oltre i luoghi comuni, oltre l’ignoranza, attraverso l’incontro, il dialogo e la conoscenza.

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