non è un crimine essere disperati e cercare liberazione

pregare nel vento e nella tempesta

di Frédéric Boyer
in “La Croix” del 1° marzo 2018 (traduzione: www.finesettimana.org)

È strano, in questi ultimi giorni, in una notte d’insonnia, una preghiera improvvisa è sorta dentro di me. Strana umanità. Spesso per pregare bisogna non voler pregare. Bisogna persino opporsi all’idea stessa di pregare. Basta accettare l’insonnia in silenzio, vegliare e inquietarci. In ogni preghiera che viene dal cuore, in ogni preghiera disordinata, deve esserci una lacerazione. In ogni preghiera, bisogna lasciar venire a galla tutta la nostra vergogna nascosta, la nostra vigliaccheria ordinaria. Bisogna che vengano confessate le nostre contraddizioni, le nostre ferite interiori. Un esempio? Abbiamo imparato a chiedere: “Dacci oggi il nostro pane, il necessario” (traduzione personale della parola greca epiousios, un hapax che appare molto raramente nella letteratura greca, e che può significare l’indomani, l’oggi, o ciò che è necessario), perché il pane su cui ci gettiamo prima di tutto, ammettiamolo, è il pane superfluo, il pane non necessario. Così, pregare è una lotta. Non si combatte contro un altro ma contro se stessi. Si prega sapendo fin dalla prima parola che si sarà sconfitti. Ma la preghiera è lotta. Preghiamo per i nostri cuori straziati. Ecco la preghiera della mia insonnia. Dimenticatela. È così semplice.

Signore, dimmi che non è un crimine prendere il mare.  Che non è un crimine fuggire la miseria, la guerra, l’oppressione.

Signore, dimmi che non è un crimine volere una vita migliore per sé e per la propria famiglia.

Signore, dimmi che non è un crimine passare le frontiere.

Signore, dimmi che non è un crimine essere nati in Eritrea, a Kabul, Aleppo, Homs, Racca, in Sudan, in Mali…

Signore, dimmi che non è un crimine essere stati torturati o violentati o perseguitati.

Signore, dimmi che non è un crimine partire all’avventura, rischiare la vita, sperare che l’indomani non sia più tragico di ieri.

Signore, dimmi che non è un crimine aspettare ospitalità, un luogo, di che mangiare e di che scaldarsi.

Signore, dimmi che non è un crimine voler proteggere i propri figli.

Signore, dimmi che non è un crimine volersi riunire alla propria famiglia, ai propri amici.

Signore, dimmi che non è un crimine volersi rifare una vita. Signore, dimmi che non è un crimine reclamare, bussare alla porta, gridare aiuto.

Allora, so perfettamente tutto ciò che si dice, chiaramente, seccamente, e al calduccio. Noi non possiamo. Non loro. Non tutti. Non lei, non lui. E tu, quanti ne hai accolti a casa tua?, ti chiedono. Oh, mio Dio, che lotta, in effetti! E se i nostri guadagni disonesti e superflui causassero le disgrazie di altri? Se il diritto che opponiamo alla loro venuta da noi, dopo che hanno attraversato deserti, mari e montagne, fosse il crimine, il peccato? Peccato, questa vecchia parola che non sopportiamo, e che vuol dire sempre non l’attentato al pudore, alla morale, alla decenza, ma che, oh mio Dio, ha sempre indicato la retta via smarrita, la strada senza sbocco, quella che prendiamo credendo così di proteggerci, in questo caso dalla presenza e dalla venuta di altri. Sì, è questo il peccato. Tutte le frontiere che chiudiamo per, crediamo, proteggerci. Ma spesso, lo abbiamo notato in questo periodo tempestoso, i nostri begli ombrelli si rovesciano nel vento ed eccoci fradici di pioggia e schiaffeggiati dal vento, desolati, ridicoli nella piogga e nel vento della Storia con i nostri ombrelli rovesciati. Quando questa difficoltà ad accogliere, a comprendere, ad accettare culmina in impossibilità. Oh Signore, vieni in mio aiuto. È questo il tuo vertice di beatitudine? Siamo brave persone, vogliamo che le cose funzionino e, mio Dio, eccoci perseguitati dalle disgrazie di altri, i lontani vicini, gli erranti bloccati nell’attesa, i migranti inchiodati ad un suolo che non è il loro, i rifugiati che non trovano rifugio. Oh, mio Dio, perché bisogna che siamo colpiti dalla disgrazia degli altri? e divisi? Quando la difficoltà ad accogliere si trasforma, crediamo, in impossibilità, scopriamo in noi questo terrore spaventoso, interiore, la violenza della nostra stessa impotenza, quando, per proteggerci, rifiutiamo ad altri proprio quello che vorremmo essere in grado di fare noi, per noi, per i nostri figli, se fossimo al loro posto. Ma la preghiera è ostinata. Ci vuol bene. Quel bene che non sentiamo più fisicamente, quel bene che non proviamo più di fronte alla venuta, davanti alla porta forzata, al pericolo attraversato. La preghiera per la nostra salvezza è a volte proprio la preghiera che rifiutiamo, la preghiera per altri. Allora, chiudiamo gli ombrelli, apriamo le frontiere, e preghiamo per coloro che sono nel vento e nella tempesta. Pregheremo così anche per noi.

bellissima preghiera per l’anno che termina e il nuovo anno scritta da un contadino sudamericano

Signore,
alla fine di questo anno voglio ringraziarti
per tutto quello che ho ricevuto da te,
grazie per la vita e l’amore,
per i fiori, l’aria e il sole,
per l’allegria e il dolore,
per quello che è stato possibile
e per quello che non ha potuto esserlo.

Ti regalo quanto ho fatto quest’anno:
il lavoro che ho potuto compiere,
le cose che sono passate per le mie mani
e quello che con queste ho potuto costruire.

Ti offro le persone che ho sempre amato,
le nuove amicizie, quelli a me più vicini,
quelli che sono più lontani,
quelli che se ne sono andati,
quelli che mi hanno chiesto una mano
e quelli che ho potuto aiutare,
quelli con cui ho condiviso la vita,
il lavoro, il dolore e l’allegria.

Oggi, Signore, voglio anche chiedere perdono
per il tempo sprecato, per i soldi spesi male,
per le parole inutili e per l’amore disprezzato,
perdono per le opere vuote,
per il lavoro mal fatto,
per il vivere senza entusiasmo
e per la preghiera sempre rimandata,
per tutte le mie dimenticanze e i miei silenzi,
semplicemente… ti chiedo perdono.

Signore Dio, Signore del tempo e dell’eternità,
tuo è l’oggi e il domani, il passato e il futuro, e, all’inizio di un nuovo anno,
io fermo la mia vita davanti al calendario
ancora da inaugurare
e ti offro quei giorni che solo tu sai se arriverò a vivere.

Oggi ti chiedo per me e per i miei la pace e l’allegria,
la forza e la prudenza,
la carità e la saggezza.

Voglio vivere ogni giorno con ottimismo e bontà,
chiudi le mie orecchie a ogni falsità,
le mie labbra alle parole bugiarde ed egoiste
o in grado di ferire,
apri invece il mio essere a tutto quello che è buono,
così che il mio spirito si riempia solo di benedizioni
e le sparga a ogni mio passo.

Riempimi di bontà e allegria
perché quelli che convivono con me
trovino nella mia vita un po’ di te.

Signore, dammi un anno felice
e insegnami e diffondere felicità.

Nel nome di Gesù, amen.

Arley Tuberqui

grido contro l’indifferenza

preghiera al termine della mia giornata

sento l’inesorabile trascorrere del tempo
mi accorgo di un altro giorno passato
cerco le ragioni del mio esistere ….
trovo te, Signore della mia vita

ti conosco nel profondo del mio cuore
ti amo nella miseria del vivere quotidiano
ti incontro nell’amore dei fratelli
ti patisco nella sofferenza umana

Dio, che sei come Gesù di Nazareth mi ha mostrato e ‘praticato’
ti prego per i fratelli che affogano nel mare
ti prego per i fratelli che si fanno nelle strade
ti prego per i fratelli che sentono la fame

… e poi, ti prego per me Signore,
dammi la forza di provare, sempre, come te,
la commozione viscerale per la sofferenza
di questa umanità distrutta dalla mia e globalizzata indifferenza !

il credo di papa Francesco quando era solo all’inizio della sua vita di sacerdote

Voglio credere… Credo…

preghiera di Papa Francesco alla vigilia dell’Ordinazione Sacerdotale

scritto il 12 dicembre 1969 alla vigilia dell’ordinazione sacerdotale
 

Voglio credere in Dio Padre, che mi ama come un figlio, e in Gesù, il Signore, che ha infuso il suo Spinto nella mia vita per farmi sorridere e portarmi così nel regno della vita eterna. 

 

Credo nella mia storia, permeata dallo sguardo benevolo di Dio, che nel primo giorno di primavera, 

il 21 marzo, mi è venuto incontro e mi ha invitato a seguirlo. 

 

Credo nel mio dolore, infecondo per colpa dell’egoismo, in cui mi rifugio. 

 

Credo nella meschinità della mia anima, che vuole prendere senza mai dare… senza mai dare. 

 

Credo che gli altri sono buoni, e che devo amarli senza timore, e senza mai tradirli per cercare una sicurezza per me. 

 

Credo nella vita religiosa. 

 

Credo che voglio amare molto. 

 

Credo nella morte quotidiana, ardente, alla quale sfuggo ma che mi sorride invitandomi ad accettarla. 

 

Credo nella pazienza di Dio, accogliente, dolce come una notte estiva. 

 

Credo che papà sia in cielo accanto al Signore. 

 

Credo che anche padre Duarte, mio confessore, sia in cielo, a intercedere per il mio sacerdozio. 

 

Credo in Maria, mia madre, che mi ama e non mi lascerà mai solo. 

 

E attendo la sorpresa di ogni giorno in cui si manifesterà l’amore, la forza, il tradimento e il peccato, che mi accompagneranno fino all’incontro definitivo con quel viso, meraviglioso che non so come sia, che sfuggo in continuazione, ma che voglio conoscere e amare. Amen. 

Jorge Mario Bergoglio

pregare fa bene all’anima e al corpo – parola di teologo

dimmi come preghi e ti dirò chi sei

 

 

di Vito MancusoVitoMancuso-981x540

in “la Repubblica”

La gran parte degli esseri umani prega (se prega) come la moglie di Montale, per esaudire i propri bisogni. La preghiera però insegna che l’uomo è qualcosa di più: sete di giustizia e libertà nella profezia, e parentela del proprio intimo sé con l’infinito nella mistica. Certo, è improbabile che questa esperienza faccia ritrovare gli oggetti smarriti, ma forse un’eccezione c’è: il proprio posto nel mondo. Per questo chi la vive ottiene la pace del cuore. Beve, come ricorda Florenskij, “l’acqua di guarigione e di pace”.

«“Pregava?”. “Sì, pregava sant’Antonio perché fa ritrovare gli oggetti smarriti”. “Per questo solo?”. “Anche per i suoi morti e per me”. “È sufficiente” disse il prete». Così Montale ricorda in “Satura” la moglie scomparsa, ma ciò che per il poeta è minimalismo della preghiera, in realtà ne è la causa prima: il bisogno e gli affetti. Lo mostra alla perfezione il libro di Friedrich Heiler, lo studio più ampio finora condotto a livello mondiale sulla preghiera, pubblicato a Monaco di Baviera nel 1918 ma ancora insuperato quanto a documentazione e vigore speculativo, e oggi finalmente disponibile per il lettore italiano: La preghiera. Studio di storia e psicologia delle religioni, a cura di Martino Doni, Morcelliana, 912 fittissime pagine. Assai curioso che negli stessi giorni arrivi in libreria un altro grande testo del 1918 sul medesimo tema: La filosofia del culto di Pavel Florenskij, a cura di Natalino Valentini, San Paolo, 600 pagine, prima traduzione mondiale fuori dalla Russia. Matematico, filosofo, teologo, storico dell’arte, sacerdote, denominato “il Leonardo da Vinci russo” per la poliedrica genialità, Florenskij risulterà assai scomodo all’ateismo comunista che equiparava religione a ignoranza e per questo sarà deportato nel gulag delle isole Solovki ed eliminato l’8 dicembre 1937 in uno di quei crimini di massa detti “purghe staliniane”. Sulla preghiera Heiler e Florenskij presentano idee molto diverse. Con un approccio fenomenologico lo studioso tedesco ne illustra l’universalità tramite una valanga di documentazione a partire dalle preghiere dei primitivi, di cui mostra l’origine per lo più da situazioni di malattia, fame, pericolo, e da sentimenti quali paura, angoscia, ansia. Come mostrano anche l’etimologia (preghiera viene dal verbo latino precor, infinito precari, da cui precarietà) e il linguaggio quotidiano (“ti prego!”), all’inizio c’è sempre un bisogno. Il bisogno esaudito genera il ringraziamento e la lode, quello non-esaudito il lamento e la supplica, fino a vere e proprie tecniche di persuasione, tra cui Heiler menziona gli insulti che talora venivano rivolti a san Gennaro, da lui accostati a fenomeni analoghi presso i tedeschi. E conclude: «In nessun altro luogo risulta altrettanto forte ed evidente l’irrazionalità della religione, anzi della vita in generale». Il punto infatti è proprio questo: l’irrazionalità della preghiera segue l’irrazionalità della vita. Heiler descrive anche la preghiera col corpo: a mani giunte, a mani alzate, inchinandosi, prosternandosi, in ginocchio, in posizione accucciata, scoprendosi o coprendosi il capo a seconda delle religioni e del sesso, con o senza scarpe. E illustra come si preghi verso l’alto dei cieli, ma anche al cospetto della natura: della cima di una montagna, di una sorgente, di un albero imponente, del vento e del fuoco, della pioggia e del fulmine, della potenza del sole e della dolcezza della luna: ovunque gli esseri umani hanno avvertito e riverito il mistero. A proposito delle civiltà classiche Heiler scrive: «Pressoché a ogni azione, dalla culla alla tomba, i greci facevano corrispondere una specifica divinità»; e quanto ai romani: «Ogni singola opera del lavoro agricolo è sotto il patronato di una specifica divinità». Presenta alcune delle preghiere più belle (tra cui l’Inno al sole del faraone Akhenaton, l’Inno assiro a Shamash, l’inno omerico a Gaia, due splendidi inni inca, i salmi di Israele) e analizza la preghiera dei grandi geni religiosi come Buddha, Geremia, Amos, Gesù, Paolo, Agostino, Maometto, Francesco d’Assisi, Caterina da Siena, Lutero, Teresa d’Avila. Non tralascia la preghiera di artisti, tra cui Goethe e Beethoven, e di filosofi come Pascal, Voltaire, Rousseau. E riporta questa frase di Kierkegaard: «Il senso religioso è qualcosa di così segreto, che se uno ci scorgesse mentre preghiamo, potremmo arrossire come una ragazzina». Secondo Heiler infatti la preghiera, che avvenga nel chiuso della propria camera come auspicava Gesù o nella natura come preferiva Rousseau, con un’intonazione mistica oppure profetica, nasce dalla solitudine e conduce alla solitudine. È di parere opposto Florenskij. La sua filosofia del culto sostiene che la forma più alta di preghiera non è quella intima e solitaria dei mistici, ma è la preghiera istituzionale della comunità, la liturgia fatta di formule e gesti prefissati, incensazioni, accensione di lampade e candele, canti, adorazione
della croce, baci delle icone. È nella liturgia che si percepisce al meglio «la presenza di realtà misteriose accanto a noi e davanti a noi, di esseri, eventi e forze misteriose; il che non può che essere terribile, ma è bene che lo sia». Per Florenskij il culto non produce un distacco dalla vita reale, ma al contrario ne è il più autentico approfondimento: «La cultura, come risulta chiaro dall’etimologia, è un derivato dal culto, ossia un ordinamento del mondo secondo le categorie del culto». Per questo secondo Florenskij le civiltà dotate di un culto hanno anche una cultura condivisa e risultano coese, mentre l’occidente secolarizzato si avvia verso l’assenza di una cultura condivisa. Florenskij scrive talora in modo aspro e radicale, ma reagiva così alla distruzione che si compiva sotto i suoi occhi: «Vorrei dare a queste riflessioni il peso delle pietre, vorrei che tutte le parole pesassero, 10, 100, 1000 volte di più». Il culto pubblico, che per Heiler è decadenza della preghiera, per Florenskij è il vertice. Scrive Heiler: «In origine la preghiera è un contatto intimo e personale con Dio, ma gradatamente diviene una forma di culto rigida e impersonale». Scrive invece Florenskij: «Il culto è il punto fermo dell’universo per il quale e sul quale l’universo esiste». Per Heiler l’uomo si compie nel mistero nella solitudine, per Florenskij è invece il culto liturgico comunitario «l’attività per eccellenza dell’uomo, dato che l’uomo è homo liturgicus ». Per Heiler la preghiera nasce dal basso dei bisogni umani, per Florenskij dall’alto della rivelazione divina e della tradizione ecclesiale. Heiler da cattolico divenne protestante, per Florenskij invece «il protestantesimo è nella sua essenza la negazione della centralità del culto e la sostituzione del centro della religione con il pensiero ». Le due prospettive convergono sull’essenziale: sul fatto cioè che chi prega ottiene quiete, fiducia, speranza. La gran parte degli esseri umani prega (se prega) come la moglie di Montale, per esaudire i propri bisogni. La preghiera però insegna che l’uomo è qualcosa di più: sete di giustizia e libertà nella profezia, e parentela del proprio intimo sé con l’infinito nella mistica. Certo, è improbabile che questa esperienza faccia ritrovare gli oggetti smarriti, ma forse un’eccezione c’è: il proprio posto nel mondo. Per questo chi la vive ottiene la pace del cuore. Beve, come ricorda Florenskij, “l’acqua di guarigione e di pace”.

chiese cristiane pregano per le vittime dell’omofobia

dal 17 al 22 maggio Firenze ospita la Settimana di preghiera per le vittime dell’omofobia

dal 17 al 22 maggio a Firenze avrà luogo la Settimana di preghiera per le vittime dell’omofobia organizzata dall’Associazione cristiana “Fiumi d’acqua viva – Pace, Giustizia e Salvaguardia del Creato”, dalla Comunità cristiana “Agape” – Chiesa della Comunità Metropolitana (CCM/MCC), dalla Chiesa Vetero-Cattolica di Firenze “S. Vincenzo di Lerins”, dalla Chiesa avventista di Firenze, dal CECSNUR (Centro Culturale di Scienze Umane e Religiose). Quattro eventi di approfondimento, dialogo e preghiera organizzate da chiese molto lontane tra loro per storia ed etica ma accomunate dal desiderio di respingere violenza e discriminazione
Martedì 17 maggio alle ore 21 presso l’Aula Magna della Facoltà Avventista in Viuzzo del Pergolino, 8 avrà luogo la tavola rotonda “Evangelicali ed omosessualità: un rapporto impossibile?”. Interverranno Simona Tocci, teologa Chiesa Vetero-Cattolica; Eugen Havresciuc, Direttore Gioventù Avventista del Centro Italia e Pietro Ciavarella, pastore Chiesa Logos. Modererà: Andrea Panerini, pastore CCM/MCC Firenze.
Giovedì 19 maggio alle ore 21 presso l’Aula Magna della Facoltà Avventista in Viuzzo del Pergolino, 8 sarà proiettato il film “Latter Days” (USA, 2003). Christian ha vent’anni, un fisico costruito in palestra e sempre tanta voglia di divertirsi. Lavora come cameriere in un ristorante con alcuni suoi amici e passa le serate in modo un po’ frivolo ed edonistico fra la discoteca e il letto, nel quale non si risparmia in incontri occasionali. Un giorno, per un bizzarro scherzo del destino, un gruppo di missionari mormoni si trasferisce nel suo stesso complesso residenziale e lì avviene l’incontro con il coetaneo Aaron. Chris inizia a corteggiare il ragazzo per una scommessa fatta con i suoi amici del ristorante, ma proprio nell’istante in cui lui e Aaron si baciano, vengono scoperti dai compagni Mormoni: Aaron viene rispedito a casa; Christian si rende conto in quel momento dei sentimenti che prova per il ragazzo, mai provati in precedenza.
Venerdì 20 maggio alle ore 21 presso l’Aula Magna della Facoltà Avventista in Viuzzo del Pergolino, 8 avrà luogo la presentazione del volume “Fede cristiana e orientamenti sessuali” di Andrea Panerini (Doxa editrice). Interverranno, oltre all’Autore, Paolo Ricca, teologo Chiesa valdese; Saverio Scuccimarri, pastore Chiesa avventista e Mirko Zanaboni, militante LGBTQ.
La Settimana si concluderà Domenica 22 maggio alle ore 12 presso la Chiesa anglicana di Via Maggio, 16 con il Culto cristiano per le vittime dell’omofobia. La liturgia sarà a cura di Giampaolo Pancetti (Chiesa Vetero Cattolica Firenze) mentre la predicazione sarà a cura di Saverio Scuccimarri (Chiesa avventista) ed Andrea Panerini (MCC Firenze).

Qui e qui è possibile avere maggiori informazioni sugli eventi

preghiera introduttiva del CCIT 2016 a Esztergom in Ungheria

CCIT 2016 – Esztergon

preghiera del venerdì sera

l’anno della misericordia

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misericordia, Europa, cultura zingara

Canto

1. Preghiera per la misericordia


Cari fratelli,


Quest’anno, il tema del nostro incontro è legato alla misericordia: misericordia nell’incontro delle culture misericordia al centro dei problemi attuali dell’Europa misericordia nella Chiesa. Tre parti principali compongono la nostra preghiera. Prima di tutto, chiediamo di poter vivere la misericordia e l’amore di Dio nella Chiesa, nella comunione fraterna in Cristo.
Una leggenda racconta che un pellegrino camminava sulla strada. Era di cattivo umore, e dei pensieri tristi gli attraversavano la mente. All’improvviso nota qualcosa di strano. e urla: ah, un serpente! Ma è troppo tardi, l’animale fa un saltato e lo morde. Poco dopo un altro pellegrino passa per la stessa strada. Il suo cuore è pieno di gioia, ed è di buon umore. Anche lui nota una cosa strana. Il suo viso si illumina con un sorriso e dice com’è bella questa allodola! E l’uccellino prende il volo subito, battendo le ali.
La morale della storia è questa: gli uomini sono spesso come noi li vediamo. Uno sguardo pretenzioso, negativo è un ostacolo, una rovina. Uno sguardo pieno di affetto mette le ali.gruppo rom suontori

Se in una famiglia regnano il giudizio, la malevolenza, la collera e l’amarezza, allora ognuno mostrerà la sua parte più oscura. Se in una famiglia regnano la sincerità, l’amore, la bontà, ognuno offrirà il suo volto più sorridente. E’ così nella Chiesa e nella società.

Quante ferite scaturiscono da giudizi negativi, da supposizioni malevoli, dal disprezzo!

Sono in grado di vedere con gli occhi di Dio, di guardare il mio prossimo, i membri della mia comunità, il povero, il disprezzato, con uno sguardo pieno di misericordia e di amore?

Avvicinati a chi è accanto a te, tendigli la mano, volgi su di lui uno sguardo pieno di amore e auguragli la pace di Cristo! E con il pensiero offri la riconciliazione anche a coloro che non sono qui!rom ungheresi

 

Canto

Le ferite, i conflitti tra gli uomini sono spesso insolubili a livello umano.
Solo la misericordia di Dio è in grado di guarire queste ferite, solo le braccia aperte del Cristo, dall’alto dalla croce, possono abbracciare gli uomini in conflitto.


All’interno della nostra comunità, succede che alla messa o in una cappella, davanti alla croce, uomini in lite tra di loro si riconcilino, si stringano la mano e si abbraccino come dei fratelli, anche se portano le cicatrici delle ferite che si sono inferti.

Con questa preghiera noi vogliamo rendere grazie perché Cristo è la nostra pace, lui che abbatte ancora e ancora i muri tra di noi, e fa di noi un solo corpo. Chiediamogli di divenire anche noi operatori della riconciliazione.

preghiera


Tutti: Signore, fa di me un artigiano della tua pace,

che Io porti l’amore là dove regna l’ odio,

il perdono là dove abita l’ingiuria,

l’accordo là dove c’è il disaccordo,

la verità là dove regna l’errore,

la fede là dove vive il dubbio,

la speranza là dove regna la disperazione,

la luce dove non c’è che ombra,

la gioia là dove abita la tristezza.

Signore, fa che io doni consolazione anziché essere consolato,

fa che io testimoni la comprensione anziché essere compreso,

che io ami piuttosto che essere amato.

Perché è dimenticandoci di noi che ritroveremo noi stessi,

E’ perdonando che saremo perdonati;

E allora, dopo la nostra ultima ora, ci sveglieremo nella vita eterna. Amen.

Canto

2. Preghiera per l’Europa


L’apostolo San Paolo ha udito in sogno la chiamata a percorrere l’Europa. Nei secoli il Vangelo di Cristo risorto è stato diffuso su tutta la terra. Grandi uomini e santi sono nati come frutti dell’amore eroico dei martiri di Cristo.


Risposta: Ti rendiamo grazie per i valori di cui hai gratificato l’Europa nel suo passato e nel suo presente.


Che la società intera si sforzi di seguire le orme di Gesù e non solo le persone. Che i dirigenti di tutti i popoli tendano a organizzare i loro Paesi secondo l’insegnamento di Gesù’. Che le relazioni tra i popoli possano allacciarsi secondo la volontà di Cristo.


Risposta: Ti rendiamo grazie per i valori di cui hai gratificato l’Europa nel suo passato e nel suo presente.


A causa delle debolezze e delle imperfezioni dell’uomo, la riuscita è stata solo parziale. Ma ricordiamoci che è negli sforzi dei grandi uomini della sua storia, Saint Etienne, Saint Louis, che la sua cultura si è formata.


Risposta: Ti rendiamo grazie per i valori di cui hai gratificato l’Europa nel suo passato e nel suo presente.

La teologia, la filosofia, l’architettura, la musica, il canto, la pittura e la scultura hanno sempre cercato di trovare i modi per esprimere Dio. Grazie al lavoro svolto per la gloria di Dio, terre aride e paludi sono state trasformate in terre fertili. L’Europa è stata la culla delle scienze e dello sviluppo della tecnica .

Risposta: Ti rendiamo grazie per i valori di cui hai gratificato l’Europa nel suo passato e nel suo presente.


Qui sono nati gli ordini religiosi che hanno curato i poveri e gli ammalati, che hanno insegnato ai giovani, che hanno riscattato i prigionieri.


Risposta: Ti rendiamo grazie per i valori di cui hai gratificato l’Europa nel suo passato e nel suo presente.


Perdona i peccati, le imperfezioni dell’Europa!


Risposta: Abbi pietà di noi, Signore!


Perdona quelli che hanno tollerato la palese ingiustizia tra ricchi e poveri.


Risposta: Abbi pietà di noi, Signore!


Perdona all’Europa le sue guerre, le sue intolleranze, le sue ostilità.


Risposta: Abbi pietà di noi, Signore!


Perdona all’Europa i crimini che ha commesso contro gli zingari, gli omicidi, le azioni giudiziarie, le esclusioni, il disprezzo e la discriminazione.


Risposta: Abbi pietà di noi, Signore!


Perdona all’Europa lo sfruttamento dei popoli degli altri continenti.


Risposta: Abbi pietà di noi, Signore!


Perdona all’Europa i suoi peccati, le sue infedeltà alle sue radici cristiane, le sue paure di annunciare il Vangelo!


Risposta: Abbi pietà di noi, Signore!


Canto

Preghiera di San Giovanni Paolo II per l’Europa

Maria, Madre della speranza,
cammina con noi!

Insegnaci a proclamare il Dio vivente;
Aiutaci a testimoniare Gesù, l’ unico Salvatore;
Rendici servitori verso il nostro prossimo,
accoglienti verso chi è nel bisogno.
Rendici artigiani della giustizia, costruttori appassionati di un mondo più giusto;
intercedi per noi che operiamo nella storia,
con la certezza che il disegno del Padre si compirà.
Alba di un nuovo mondo,
mostrati a noi Madre della speranza
e veglia su di noi!
Veglia sulla Chiesa in Europa:
che sia trasparente al Vangelo;
che sia un autentico luogo di comunione;
che viva la sua missione di annunciare, di celebrare e di servire
il Vangelo della speranza,
per la pace e la gioia di tutti. Amen.

3. Preghiera per gli Zingari – Gesù sulla croce

Gesù, Tu ha sofferto per noi, Tu sei stato crocifisso per i nostri peccati. Crediamo troppo poco in Te, perché guardiamo solo noi stessi invece di contemplare Te.
Noi vediamo solo le differenze tra gli uomini e le culture, per questo alziamo muri e per questo distogliamo il nostro sguardo dall’altro, piuttosto che chinarci verso di lui.

Dicci Signore, cosa dobbiamo fare?
Contemplarti sulla croce,
quando ci sentiamo traditi, ingannati,
quando ci crediamo importanti e dimentichiamo l’altro,
quando crediamo che tutto è finito.

Dove possiamo cercarTi, dove possiamo trovarTi?

Liberaci, guariscici dalle nostre malattie, permettici di offrirti le nostre ferite, e rafforza il nostro desiderio di lottare contro le divisioni tra gli uomini e le culture!

Guariscici dalla nostra cecità!


Sappiamo che sei pronto ad aiutarci a vincere le tentazioni della ricchezza, tutto quello che ci pone al di sopra dell’altro, la vanità e l’orgoglio che ci impediscono di testimoniare la verità.


Sappiamo che ami tutti gli uomini e che ai tuoi occhi siamo tutti uguali.
Gesù, sappiamo che Tu ci aspetti e vuoi guarire il nostro cuore e tutto ciò che ci divide.


Tu sei Dio e il tuo nome è “misericordia”.

Scena musicale e danza che vuole illustrare il processo attraverso il quale gli zingari offrono le loro sofferenze a Gesù crocifisso. gruppo di danza Dejtár (5-10 minuti). Alla fine mettiamo tutte le nostre candele davanti alla croce

i ‘luoghi’ odierni della croce di Cristo

“Croce di Cristo”

la preghiera-invettiva di papa Francesco

il testo integrale

 

 
al termine della via crucis del venerdì santo al Colosseo Papa Francesco ha letto una preghiera scritta da lui per questa occasione. Eccola in versione integrale:
crocifisso
O Croce di Cristo!O Croce di Cristo, simbolo dell’amore divino e dell’ingiustizia umana, icona del sacrificio supremo per amore e dell’egoismo estremo per stoltezza, strumento di morte e via di risurrezione, segno dell’obbedienza ed emblema del tradimento, patibolo della persecuzione e vessillo della vittoria.
O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco.
O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei volti dei bambini, delle donne e delle persone, sfiniti e impauriti che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate.
O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei dottori della lettera e non dello spirito, della morte e non della vita, che invece di insegnare la misericordia e la vita, minacciano la punizione e la morte e condannano il giusto.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi in coloro che vogliono toglierti dai luoghi pubblici ed escluderti dalla vita pubblica, nel nome di qualche paganità laicista o addirittura in nome dell’uguaglianza che tu stesso ci hai insegnato.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei potenti e nei venditori di armi che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli.armi
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei traditori che per trenta denari consegnano alla morte chiunque.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ladroni e nei corrotti che invece di salvaguardare il bene comune e l’etica si vendono nel misero mercato dell’immoralità.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli stolti che costruiscono depositi per conservare tesori che periscono, lasciando Lazzaro morire di fame alle loro porte.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei distruttori della nostra “casa comune” che con egoismo rovinano il futuro delle prossime generazioni.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli anziani abbandonati dai propri famigliari, nei disabili e nei bambini denutriti e scartati dalla nostra egoista e ipocrita società.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata.foto premio migranti
O Croce di Cristo, immagine dell’amore senza fine e via della Risurrezione, ti vediamo ancora oggi nelle persone buone e giuste che fanno il bene senza cercare gli applausi o l’ammirazione degli altri.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ministri fedeli e umili che illuminano il buio della nostra vita come candele che si consumano gratuitamente per illuminare la vita degli ultimi.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volti delle suore e dei consacrati – i buoni samaritani – che abbandonano tutto per bendare, nel silenzio evangelico, le ferite delle povertà e dell’ingiustizia.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei misericordiosi che trovano nella misericordia l’espressione massima della giustizia e della fede.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle persone semplici che vivono gioiosamente la loro fede nella quotidianità e nell’osservanza filiale dei comandamenti.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei pentiti che sanno, dalla profondità della miseria dei loro peccati, gridare: Signore ricordati di me nel Tuo regno!croce
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei beati e nei santi che sanno attraversare il buio della notte della fede senza perdere la fiducia in te e senza pretendere di capire il Tuo silenzio misterioso.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle famiglie che vivono con fedeltà e fecondità la loro vocazione matrimoniale.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volontari che soccorrono generosamente i bisognosi e i percossi.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei perseguitati per la loro fede che nella sofferenza continuano a dare testimonianza autentica a Gesù e al Vangelo.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei sognatori che vivono con il cuore dei bambini e che lavorano ogni giorno per rendere il mondo un posto migliore, più umano e più giusto. 
In te Santa Croce vediamo Dio che ama fino alla fine, e vediamo l’odio che spadroneggia e acceca i cuori e le menti di coloro preferiscono le tenebre alla luce.
O Croce di Cristo, Arca di Noè che salvò l’umanità dal diluvio del peccato, salvaci dal male e dal maligno! O Trono di Davide e sigillo dell’Alleanza divina ed eterna, svegliaci dalle seduzioni della vanità! O grido di amore, suscita in noi il desiderio di Dio, del bene e della luce.mendicante
O Croce di Cristo, insegnaci che l’alba del sole è più forte dell’oscurità della notte. O Croce di Cristo, insegnaci che l’apparente vittoria del male si dissipa davanti alla tomba vuota e di fronte alla certezza della Risurrezione e dell’amore di Dio che nulla può sconfiggere od oscurare o indebolire.
Amen!

Papa Francesco

papa Francesco e la preghiera ‘incriminata’

“non siamo capomastri, ma manovali”

la preghiera del papa per la Curia sconcerta alcuni conservatori

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Tratto da: Adista Notizie n° 1 del 09/01/2016

Una preghiera, non molto nota, comunemente attribuita a mons. Oscar Romero ma composta da mons. Kenneth Edward Untener, vescovo di Saginaw dal 1980 al 2004, e pronunciata per la prima volta dal card. John Dearden, storico vescovo di Detroit (dal 1958 al 1980), ha concluso, il 21 dicembre scorso, il discorso natalizio di papa Francesco alla Curia Romana. Un discorso, come hanno riportato i media, improntato sulla metafora degli “antibiotici curiali” da opporre come rimedio alle malattie di cui la Curia soffre, perché «Ecclesia semper reformanda».

La preghiera pronunciata dal papa in quell’occasione è particolarmente significativa, sia per il contenuto – che consente di leggere in filigrana un riferimento al proprio pontificato – sia per la figura dalla quale è stata pronunciata per la prima volta, un cardinale che ha avuto un ruolo di rilievo nella Conferenza episcopale statunitense fino alla fine degli anni ’80 ma che, soprattutto, ha partecipato in qualità di padre conciliare ai lavori del Vaticano II, contribuendo alla stesura della Gaudium et spes e della Lumen gentium e ed è stato molto attivo nel campo della lotta alla discriminazione razziale negli Usa.

Ma non solo. La figura del card. Dearden ha un valore anche simbolico, e lo ha dimostrato il fatto che il riferimento da parte del papa abbia inquietato gli animi di un settore conservatore della Chiesa cattolica, soprattutto anglofona, come il blog inglese Torch of the Faith, che parla di un «sentimento di scoraggiamento» trasmesso dal papa con il suo discorso e del fatto che «i cattolici tradizionalisti del mondo aggrotterebbero le sopracciglia per questa “preghiera”, che suggerisce che “nessun credo porta la perfezione”». Ma soprattutto, è il riferimento stesso a Dearden a provocare sconcerto presso i cattolici più conservatori, i quali lo hanno sempre considerato un «progressista riservato» per il suo stile di governo basato sul consenso, quando fu primo presidente della Conferenza episcopale Usa (1966-1971): fu sotto la sua guida che negli Usa vennero autorizzati i ministri straordinari dell’Eucaristia e venne ripresa una pratica ormai abbandonata da secoli, l’ordinazione diaconale di laici sposati. Nel 1976, quando venne lanciata l’iniziativa “Call to Action” con lo scopo di coinvolgere la comunità cattolica statunitense nella ricerca della libertà e della giustizia (poi dando vita all’omonima associazione), Dearden ne fu alla guida, con una massiccia consultazione dei laici. Naturalmente, il suo coinvolgimento in quella che sarà poi giudicata dall’ala più tradizionalista della Chiesa un’associazione ai limiti dell’apostasia – per la critica al magistero sui temi delle donne prete, dell’aborto, della contraccezione e dei divorziati risposati; venne anche posto sotto inchiesta dal Vaticano nel 2006 – ne fece un “radicale”. Così come radicale è considerato, dalla stessa ala, papa Francesco, specialmente riguardo alla sua agenda sul clima: «Quella conferenza del 1976 – si legge sul blog Torch of the Faith – mostra alcuni interessanti paralleli con i giorni di papa Francesco e la saga che circonda il Sinodo di Roma sulla famiglia e l’agenda sul cambiamento climatico». In sintesi: «Alla luce di tutto questo possiamo solo chiederci se l’inclusione di quella “preghiera” del radicale John Francis Dearden indica qualcosa di più del semplice fantasma di un’idea».

Ecco di seguito il testo della preghiera “incriminata”, introducendo la quale il papa ha detto: «Ogni tanto ci aiuta il fare un passo indietro e vedere da lontano».

Il Regno non è solo oltre i nostri sforzi, è anche oltre le nostre visioni. / Nella nostra vita riusciamo a compiere solo una piccola parte di quella meravigliosa impresa che è l’opera di Dio. / Niente di ciò che noi facciamo è completo. Che è come dire che il Regno sta più in là di noi stessi. / Nessuna affermazione dice tutto quello che si può dire. / Nessuna preghiera esprime completamente la fede. / Nessun credo porta la perfezione. / Nessuna visita pastorale porta con sé tutte le soluzioni. / Nessun programma compie in pieno la missione della Chiesa. / Nessuna meta né obbiettivo raggiunge la completezza. Di questo si tratta: / noi piantiamo semi che un giorno nasceranno. / Noi innaffiamo semi già piantati, sapendo che altri li custodiranno. /Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà. / Mettiamo il lievito che moltiplicherà le nostre capacità. / Non possiamo fare tutto, però dà un senso di liberazione l’iniziarlo. / Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene. / Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino. / Una opportunità perché la grazia di Dio entri e faccia il resto. / Può darsi che mai vedremo il suo compimento, / ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale. / Siamo manovali, non capomastri, servitori, non messia. / Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene. 

pregare dal carcere …

“Io ti prego Dio del cielo da dietro queste sbarre”

una bella riflessione sulla preghiera di Vito Mancuso in presentazione del libro Preghiere dal carcere a cura di Silvana Ceruti (La vita felice)

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Gli esseri umani fanno molte cose nella loro esistenza e tra queste, in ogni parte del mondo (carceri comprese), pregano. La preghiera è un fenomeno universale. Si può anche giungere al paradosso di uomini che non credono in Dio ma che pregano, che cioè almeno qualche volta nella vita si ritrovano a formulare parole o pensieri in forme non usuali rivolgendoli al mistero che avvolge la vita – esattamente nel senso richiamato da Norberto Bobbio quando diceva: «Come uomo di ragione, non di fede, so di essere immerso nel mistero». Gli esseri umani pregano perché avvertono il bisogno di rivolgersi alla potenza superiore che sovrasta le loro vite. E in qualche modo conoscerla, placarla, ingraziarla, a prescindere poi se tale potenza venga da loro intesa come personale (il Dio della Bibbia) o impersonale (il Fato degli antichi) o al di là delle categorie di personale-impersonale (il Nirvana del buddismo). La ragione può giungere a non riconoscere nulla di superiore a se stessa, ciononostante il sentimento complessivo dell’esistenza sente in certi momenti il bisogno di rivolgersi alla potenza imponderabile della vita che ci sovrasta dicendo “tu”, da spirito libero a spirito libero. Le molteplici preghiere degli uomini si possono distinguere in base al contenuto secondo quattro tipologie fondamentali: invocazione di aiuto per sé o per altri, richiesta di perdono, ringraziamento, lode gratuita. Tale quadruplice contenuto si esplica in molteplici forme di preghiere, le principali delle quali sono: il dialogo personale con Dio tramite parole proprie, la ripetizione di testi composti da altri come per esempio il Padre Nostro, le pratiche di devozione personale o comunitaria come per esempio il rosario, e infine il silenzio del corpo e della mente in ciò che i mistici chiamano “preghiera pura”. Nei testi delle preghiere che provengono dal Carcere di Opera è sorprendente ritrovare quasi tutte queste tipologie, sia a livello di forma, sia a livello di contenuto. Vi sono anzitutto numerose richieste di aiuto, ora rivolte a Cristo («Cristo, dammi la fede nella vera libertà che è dentro di noi e che nessuno può strapparci »), ora a Dio Padre («Caro Padre Nostro»), ora a Dio inteso come Madre (…), ora a Gesù perché interceda presso sua madre ribaltando curiosamente la prospettiva tradizionale che fa di Maria colei che intercede (…). Vi sono espressioni di pura lode: «So che mi regali la purezza luminosa/ di questa vita che scorre in un’unica melodia…». Vi sono richieste di perdono che invocano Dio «perché ci perdoni e ci salvi dalla sua ira», e altre che si rivolgono ad altre entità: «Scusaci Madre Terra» (…). Non mancano pagine problematizzanti che mettono in forse l’utilità della preghiera dicendo che «forse è umano pregare, anche se inutile», e che constatano empiricamente l’inefficacia delle richieste di intervento divino (…). Anche queste contestazioni però, che peraltro rimandano ad alcune celebri pagine bibliche di Giobbe e di Qohelet, sono indice di un bisogno di senso dell’anima umana che non si rassegna al non — senso e all’assurdo proprio nell’atto stesso di dichiararne amaramente la presenza. Perché forse tutto nasce da qui: dal contrasto tra la sete del cuore di bene, di giustizia e di calore, e la realtà di un mondo che consegna spesso il contrario (…). La preghiera è il grido, o la supplica, o il lamento, o il sospiro di un pezzo di materia (di un pugno di polvere, direbbe la Bibbia) che si scopre abitato da una strana esigenza di senso, di giustizia, di infinito, e che per questo prega, trasformando la sua intelligenza in speranza e in desiderio di bontà (…). Se Dio c’è, Egli (Ella — Esso) non abita al di fuori dell’essere umano ma al suo interno, in quella disposizione particolare dell’energia che chiamiamo spirito, perché “Dio è spirito”. Dio abita nell’uomo interiore diceva Agostino: in interiore homine habitat veritas . Giovanni della Croce nella Salita al monte Carmelo riesprime tale prospettiva con parole preziose: «È necessario ricordare che il Signore dimora sostanzialmente ed è presente in qualsiasi anima, anche in quella del più grande peccatore della terra (…). La preghiera quindi si può definire come rapporto consapevole con la sorgente e la meta dell’essere, alla quale da sempre siamo inevitabilmente e fisicamente uniti. La preghiera è figura di un rapporto, è relazione. E il vertice della preghiera è compiutezza della relazione, è cioè comunione (unione — con), unione con la sorgente da cui veniamo e con la meta verso cui andiamo. Se solo ci rendessimo conto di questo immenso valore che è in gioco nella preghiera, di quale realtà noi possiamo entrare in possesso o perdere per sempre, probabilmente non faremmo altro, avendo capito che qui veramente è in gioco il destino eterno dell’anima: «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la sua anima?» (Marco 8, 36). Ne viene che la preghiera autenticamente concepita non è una pratica accanto ad altre. La preghiera autentica è vita, è la vita liberata dalla vanità delle convenzioni sociali, dalle sciocchezze che il mondo ritiene importanti. La preghiera è vita nel tempo che attinge l’eterno, tempo abitato e illuminato da un’altra luce, dall’unica vera luce che è la verità. E la preghiera per gli altri, la preghiera di intercessione? C’è una forma falsa di essa, quella che suppone un Dio lontano o addirittura maldisposto e pensa di ricorrere a qualcuno che interceda presso di lui commuovendolo e disponendolo al bene. Ma c’è anche una forma vera, che è anzi il vertice del lavoro spirituale, il fiore dello spirito. La preghiera è pensiero, e pregare per un altro significa regalargli pensiero puro, un pensiero senza pensieri e tutto solo calore. Quando chi prega non trattiene per sé il frutto del suo silente pensare senza pensieri ma lo dona a beneficio di qualche persona, si ha la preghiera di intercessione. Concentrarsi, tirare fuori da sé le energie spirituali più preziose e più pure, svuotarsene e consegnarle a un’anima in stato di purificazione perché mediante di esse si possa ripulire: questa può essere preghiera per i morti, per coloro che la tradizione chiama “anime del Purgatorio”, e può essere anche preghiera per i vivi, perché riacquistino le forze spirituali. A questo punto penso appaia chiara l’importanza delle persone che dedicano tutta la vita alla preghiera, l’importanza dei monasteri, siano essi monasteri cristiani, buddisti, taoisti o altri. Forse tutto il senso della religione consiste nel rendere gli uomini capaci di pregare, giungendo a fare della propria preghiera un dono per gli altri (…). Comunemente si pensa che il verbo fondamentale legato alla preghiera sia dire : dire le preghiere. Ma non è così. Il verbo fondamentale, per la preghiera come per ogni altra attività umana, è essere: essere preghiera. Non si tratta di dire le preghiere, si tratta di essere preghiera, di essere cioè con la vita concreta (anche quando essa per un periodo venga trascorsa dietro le sbarre di un carcere) una richiesta di aiuto e di perdono, e insieme una parola di ringraziamento e di lode.

IL LIBRO

Preghiere dal carcere a cura di Silvana Ceruti, (La vita felice, pagg. 82, euro12) 

(parte della prefazione di Vito Mancuso)

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