per una chiesa credibile oggi

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“Anche nella postmodernità le persone sono alla ricerca di risposte alle domande essenziali. L’individualizzazione non ha portato, come si presupponeva nel XX secolo, ad una diminuzione della religiosità… Se la Chiesa, nel mondo di oggi, vuole essere convincente, non le basta attuare un cambiamento di strutture. L’istituzione di parrocchie taglia XXL può rispondere a problemi interni di personale e di sostenibilità finanziaria. Ma per le persone che sono alla ricerca di risposte per la propria vita servono testimoni e piccole comunità in cui potersi collocare”
così Dario Hülsmann in www.kath-kommentar.de del 21 febbraio 2014 (riportato meritoriamente da ‘fine settimana’:

 Come può rinascere la credibilità?

di Dario Hülsmann

 

La Chiesa cattolica è in crisi. Dopo aver richiesto per anni alla società elevati standard morali, ora mostra di aver perso la sua integrità morale avendo nascosto casi di abusi sessuali e mancando di trasparenza in ambito finanziario. Al contempo, non sembra che in Germania le Chiese riescano a trovare nel loro potenziale religioso delle risposte alla profonda crisi della società. In questa crisi, i cattolici continuano a discutere degli stessi temi: morale sessuale, difesa della vita, processo decisionale democratico nella Chiesa, equiparazione dei diritti. Non ci si può quindi meravigliare che anche i media continuino a riproporre posizioni ben note. Progressismo contro conservatorismo – modernità contro tradizionalismo. All’osservatore appare innanzitutto chiara una cosa: i principi valoriali della società non sono congruenti con quelli della dottrina cattolica. Ma le opinioni su chi delle due debba adattarsi all’altra, divergono.

La Chiesa cattolica sembra bloccata in un dibattito relativo alle strutture, anche se vorrebbe in realtà promuovere nella società i propri i contenuti di fede. Ma per uscire dalla crisi, deve trovare una nuova forma per trasmettere tali contenuti.  Due papi chiedono “smondanizzazione” e una Chiesa povera . Entrambi i papi   Francesco e  Benedetto XVI esortano ad una nuova forma di trasmissione della fede. Nel suo viaggio in Germania nel 2011, Benedetto XVI chiedeva ai vescovi tedeschi “smondanizzazione” della Chiesa tedesca. “La Chiesa liberata dal suo peso materiale e politico può rivolgersi meglio e in modo veramente cristiano a tutto il mondo, essere veramente aperta al mondo”, dichiarava Benedetto XVI allora. Il suo successore, papa Francesco, rafforza ulteriormente questa richiesta quando parla di un ideale di “Chiesa povera” e fa dell’accompagnamento pastorale delle persone la sua preoccupazione principale. L’ideale di povertà rappresenta per entrambi, il papa emerito come quello in carica, la garanzia per una nuova credibilità. Con un “più” di credibilità e di autenticità, vogliono far uscire la Chiesa dalla crisi di fede. Relazioni d’inchiesta esterne servono al rinnovamento e ad un cambio di orientamento . Se vogliono mettere in pratica queste idee ed essere credibili, i vescovi tedeschi, come rappresentanti della Chiesa, devono innanzitutto assumersi le loro responsabilità. Nei casi di abuso e negli scandali finanziari sono loro ad essere identificati come figure rappresentative per gli errori commessi. Con la relazione d’inchiesta della Causa Limburg e con il nuovo Studio relativo ai casi di abuso sessuale sono stati fatti due passi importanti. In due casi, nel 2010 con il vescovo Walter Mixa e presumibilmente nel 2014 con il vescovo Franz- Peter Tebartz-van Elst, in cui i vescovi dovrebbero trarre personalmente le conseguenze, diventa evidente che la Chiesa si assume seriamente le sue responsabilità. La pubblicizzazione della gestione del patrimonio delle sedi vescovili e la realizzazione di una prescrizione unitaria per la prevenzione contro gli abusi sessuali fanno sperare che le cose procedano così anche in futuro. Fare pulizia non basta .

Non ci si può però limitare all’ammissione di errori passati ed una più forte trasparenza. Accanto ai vescovi anche i gruppi ecclesiali in conflitto sono invitati a riconoscere le opportunità della crisi. Mentre sempre meno cattolici sono interessati all’offerta pastorale e l’influenza sociopolitica delle associazioni ecclesiali scompare, l’elaborazione degli errori passati apre uno spazio per riflettere sui contenuti centrali della propria comunità di fede. A partire da quella elaborazione si potrebbe ora sfruttare l’opportunità per rinnovare la Chiesa. Il bisogno di proposte di fede è sempre presente. Come può diventare credibile la Chiesa cattolica in una società critica nei confronti delle  chiese?  

Anche nella postmodernità le persone sono alla ricerca di risposte alle domande essenziali. L’individualizzazione non ha portato, come si presupponeva nel XX secolo, ad una diminuzione della religiosità. Il desiderio e la ricerca di spiritualità e di Dio vengono, è vero, spesso ignorati da chi è occupato a progettare strutture, ma in ampi strati della società sono rimasti presenti. Però questa ricerca non si esprime in dibattiti relativi a principi morali o forme di vita prefissate, ma piuttosto in una credibile proposta di valori e messaggi, verso cui il singolo si può liberamente orientare. Se perciò la Chiesa, nel mondo di oggi, vuole essere convincente, non le basta attuare un cambiamento di strutture. L’istituzione di parrocchie taglia XXL può rispondere a problemi interni di personale e di sostenibilità finanziaria. Ma per le persone che sono alla ricerca di risposte per la propria vita servono testimoni e piccole comunità in cui potersi collocare. Il messaggio di fede cristiano viene preso in considerazione quando viene vissuto da  perso ne  che  sono autentiche. L’ideale di povertà di Francesco si innesta qui. Ricorda ai rappresentanti della Chiesa la necessità di ricercare quegli autentici testimoni della fede e di sostenerli con il proprio sempio. La richiesta di “smondanizzazione” punta sulla potenzialità del messaggio cristiano di aprire accanto ai temi sociali un ulteriore orizzonte di senso. In questo si concretizza spesso, proprio in contrapposizione alle rappresentazioni di valori della società, l’unicità della speranza cristiana.

Sottolineando queste contrapposizioni e l’importanza delle singole perone, i papi sostengono che ulcro e caposaldo del superamento della crisi non sono le strutture, ma i contenuti. Rinnovamento e nuove comunità cristiane .   Mentre le direzioni diocesane e i rappresentanti dei laici ancora discutono su come affrontare il problema degli scandali e quali conseguenze devono essere tratte per le strutture organizzative della Chiesa, sono soprattutto piccole comunità cristiane a registrare una storia di successo. Da anni nascono all’interno della Chiesa cattolica una molteplicità di movimenti diversi che si diffondono anche in luoghi dove la cura pastorale è fortemente ridotta. Accanto a nuove comunità come ad esempio il Cammino neocatecumenale, con i migranti cristiani arrivano nelle diocesi tedesche anche molti altri rappresentanti di movimenti ecclesiali. Alimentano la loro vitalità non da unità pastorali o piani finanziari ma dalla propria spiritualità vissuta. Sarà opportuno che i “decision maker” tengano presenti queste comunità vivaci, in modo da favorire ed integrare la loro vitalità. Sono i cristiani praticanti a rendere credibili i valori cristiani e la chiesa cattolica nella società – e non possono essere sostituiti né da esigenze ecclesiali sociopolitiche né da strutture

se l’Italia è indietro coi diritti civili la colpa è anche della chiesa

diplomazia vaticana

 

Filoramo: ‘Diritti civili, Italia arretrata. Chiesa responsabile’

Paolo Barbieri intervista il docente di Storia del Cristianesimo e presidente del Centro di Scienze delle religioni presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Torino

professore ordinario di Storia del Cristianesimo presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Torino e presidente del Centro di Scienze delle religioni presso la medesima università, Giovanni Filoramo è uno dei maggiori studiosi di storia delle religioni. Dirige, per le case editrici Laterza e Dell’Orso, tre collane di scienze religiose. Tra i suoi libri: Di che Dio sei? Tante religioni un solo mondo; La croce e il potere. I cristiani da martiri a persecutori; Il sacro e il potere. Il caso cristiano; La Chiesa e le sfide della modernità.

Il pluralismo religioso ha assunto dimensioni e implicazioni inedite. L’Italia è preparata a questo fenomeno?

Occorre distinguere tra pluralità e pluralismo religioso. Oggi in Italia, per effetto dei processi di immigrazione che hanno cambiato il volto del paese, esiste una pluralità di fenomeni e tradizioni religiosi, impensabile una generazione orsono. Questa pluralità religiosa può rimanere ghettizzata (come avviene in genere nella prospettiva comunitaristica) oppure trasformarsi in un fattore dinamico. In Italia, paradossalmente, la presenza della Chiesa può essere un fattore positivo, così come è avvenuto grazie ad organizzazioni cattoliche nell’accoglienza dei migranti. Anche dal punto di vista giuridico abbiamo un quadro costituzionale “aperto” che è contrario a una forma di laicité alla francese e auspica un riconoscimento pubblico delle presenze religiose. Per sua natura, infine, il fondo cattolico tipico della cultura italiana è incline ad aperture e ibridazioni.

Il confronto che la Chiesa cattolica sta sostenendo con una serie di sfide poste dalla modernità rischia di trasformarsi in un conflitto?

Difficile dirlo. Molto dipende dalle scelte che farà il nuovo papa. Mi sembra che egli stia abbandonando la linea dottrinale (ad tuendam fidem, ”a difesa della fede”) fortemente e pericolosamente identitaria portata avanti dai due precedenti pontefici. Se così è, verrà meno una causa conflittuale di fondo: la difesa di un’identità fondata su di una concezione di legge di natura di origine divina e immutabile, che non può resistere agli attuali progressi della scienza. Il nuovo papa, poi, come dimostra l’ultima esortazione evangelica, apre alle culture locali in una prospettiva globale. In questo modo verrebbe meno, se questa politica fosse confermata, un altro motivo radicale di conflitto: l’accentramento eurocentrico e la difesa a ogni costo della tradizione.

Quanto pesa l’ingerenza delle gerarchie ecclesiali in campi, dalla politica alla indagine scientifica che la Costituzione italiana affida unicamente all’iniziativa statale?

Moltissimo: ma questo era vero per la Cei soprattutto sotto la presidenza del cardinal Ruini. Sotto Bagnasco questa linea si è oggettivamente indebolita. Anche in questo caso penso che il nuovo pontefice stia incidendo profondamente per una trasformazione in senso più pastorale e meno politicizzato della Cei.

Dopo la sconfitta al referendum sul divorzio, Aldo Moro affermò che per i cattolici iniziava il tempo della testimonianza. Bisogna rimpiangere la laicità di quella classe politica?

Temo di sì. La laicità di quella classe politica è stata in molti casi dubbi, ma in altri, meno numerosi, a cominciare da De Gasperi, significativa. Certo, oggi, mancando un analogo della Dc è più difficile fare un confronto; inoltre, il caso degli atei devoti o dei politici, a partire da Berlusconi, che hanno tentato accordi con la Chiesa a scopi politici, ha contribuito in modo determinante a cambiare le regole del gioco. Rimane il problema, che intellettuali cattolici rigorosamente laici come Pietro Scoppola avevano lucidamente posto, per un cattolico impegnato in politica, di fare della propria coscienza – e non del rapporto con la gerarchia – il luogo ultimo delle proprie scelte.

Per quanto riguarda i diritti civili siamo un paese arretrato. Pensa che il Vaticano abbia responsabilità per questa arretratezza?

Certamente. Basterebbe pensare ai diritti civili che riguardano le unioni coniugali di fatto e in genere tutti quei diritti civili che minacciano la concezione della “famiglia naturale”. Da questo punto di vista, il fatto che la Chiesa, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, sia diventata paladina di quei diritti umani che aveva fino ad allora aspramente combattuto, non ha cambiato la sua posizione per quanto riguarda il fatto che questa difesa si fonda su una concezione di Legge naturale oggi non difendibile.

In questi anni c’è stato un dibattito acceso su scuola pubblica e privata. Intanto la politica dei tagli ha messo in crisi il sistema scolastico statale per non parlare dell’università. Come giudica lo stato della scuola e dell’università italiane?

Purtroppo la mia risposta è pessimistica. È una situazione disastrosa sotto molteplici punti di vista, ben noti perché dovuti ad analisi impietose e convincenti. Forse il fattore più preoccupante è lo spazio sempre più esiguo che ha nell’università attuale la ricerca. Nel campo umanistico, poi, si sta distruggendo una tradizione di cui l’Italia poteva andare orgogliosa. I piccoli settori di ricerca, in cui la ricerca italiana spesso eccelleva, oggi o sono scomparsi o hanno un futuro precario. La conferma: i giovani migliori o cambiano mestiere o sono costretti ad emigrare.

La corruzione è un cancro della società italiana. Lei pensa che la chiesa abbia qualche responsabilità se in Italia non c’è una cultura del bene comune?

Questa è stata a lungo una delle accuse, a partire almeno da Machiavelli, che è stata avanzata contro una cultura ecclesiastica (e gesuitica) casuistica e strumentale, che subordinava il bene comune di tutti al bene comune della chiesa. Ma oggi mi sembra un’accusa difficilmente sostenibile per l’incidenza profonda e capillare dei processi di secolarizzazione: il potere di incidenza della chiesa nella formazione della coscienza morale degli italiani (e di conseguenza il suo eventuale grado di responsabilità) mi sembra francamente inesistente.

La politica ha perso credibilità. Che giudizio dà della protesta a volte rabbiosa che dilaga nel paese?

Ritengo, come comune cittadino, che oggi questo sia, tra i tanti mali che funestano il nostro tessuto civile, il peggiore. Alle cause strutturali di crisi della democrazia liberale e rappresentativa, a cominciare dai partiti, si è aggiunta in Italia questa crisi gravissima, ormai di dominio pubblico: la politica come carriera al servizio dei propri più meschini interessi di arraffamento (le mutande di Cota sono esemplificative). La protesta è giustificata anche se personalmente ritengo che l’unica soluzione sia politica.

la chiesa e la u’drangheta, un connubio spesso oscuro e pericoloso

 

rinnovamento

in occasione della pubblicazione del volume di N. Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria e dello storico A. Nicaso in cui si raccontano luci e ombre del rapporto chiesa-mafia, una buona presentazione su l’ ‘Avvenire’ odierno di A. M. Mira:

 

Chiesa e n’drangheta, dal silenzio alla lotta

di Antonio Maria Mira

« La Chiesa deve essere una spina nel fianco della mafia», ha detto recentemente il cardinale Gianfranco Ravasi, aggiungendo che la mafia «è un fenomeno radicato e impastato: forse la comunità ecclesiale non lo ha combattuto abbastanza, anche in passato». La frase è citato nel libro, in uscita oggi da Mondadori, Acqua santissima. La Chiesa e la ’ndrangheta: storie di potere, silenzi e assoluzioni, scritto dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri e dallo storico Antonio Nicaso, coppia ormai rodata (siamo al sesto libro) in tema di ’ndrangheta. Il titolo riassume già la tesi del libro, dove, in modo molto documentato – e non poteva essere che così visto che Gratteri è tra i magistrati di punta della lotta alla ’ndrangheta – si raccontano luci e ombre del rapporto chiesa-mafia, in particolare quella calabrese, sicuramente quella che anche per sua natura, tradizione, legami con la terra ha più utilizzato elementi di religiosità, o meglio pseudoreligiosità, nel mantenimento del proprio potere. Più ombre che luci, secondo gli autori che nell’introduzione parlano di «controverso rapporto tra Chiesa e ’ndrangheta. Un rapporto in cui si alternano e a volte si sovrappongono luci e ombre intorno a un gomitolo aggrovigliato del quale è sempre più urgente trovare il bandolo. Non è più il tempo delle parole, ma di fatti e comportamenti finalmente capaci di dimostrare quanto questi due mondi siano diversi e inconciliabili». Molte citazioni, sicuramente dure, di storie certo non positive di questo rapporto. Vicende ben note come i condizionamenti delle feste religiose, lo stravolgimento di matrimoni e funerali, i giuramenti col santino di San Michele Arcangelo, la convinzione dei mafiosi di essere giustificati davanti a Dio, fino al punto di chiedere alla Madonna di Polsi, il più famoso santuario calabrese, l’intercessione per poter uscire dal carcere: «Fammi la grazia a cacciami fora e la prima figghia ti la fazzo sora». Sembra solo folclore ma, purtroppo, non lo è. Come sottolinea il cardinale Ravasi, che ne ha fatto tema di una delle tappe del Cortile dei Gentili proprio in Calabria, questi elementi sono stati spesso accompagnati da colpevoli silenzi di parte del mondo ecclesiale. Gratteri e Nicaso, come abbiamo detto insistono molto su questo, citando nomi e cognomi, storie anche non strettamente giudiziarie, ma correttamente avvertono che molte non sono ancora concluse e quindi i protagonisti «sono da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva». Certo il negativo domina in questo libro, rispetto al positivo che pur c’è e c’è stato. Gli autori non mancano di citare nette prese di posizione della Chiesa calabrese, come una lettera pastorale del 1916 che a proposito delle feste patronali scriveva di «abusi inqualificabili»; o padre Gaetano Catanoso, beatificato nel 1987, impegnato alla fine dell’Ottocento contro le prepotenze degli ’ndranghetisti. Ma poi ripetono che queste prese di posizione sono rimaste isolate e non hanno avuto concretizzazioni durature nel tempo. Certo, più si va avanti negli anni della loro analisi, più sono gli esempi di vescovi e sacerdoti impegnati con convinzione, e soprattutto con efficacia, nel contrasto alle mafie, da don Italo Calabrò, parroco e vicario a Reggio Calabria (tra i fondatori della Caritas italiana) a don Pino Demasi, parroco di Polistena e animatore di tante iniziative nella Piana di Gioia Tauro, ma nel libro appaiono sempre come casi isolati. Un libro, dunque, da leggere con attenzione e, soprattutto, da discutere. In particolare per l’ardita tesi, ripresa da altri scrittori, che il perdono cristiano giustificherebbe gli ’ndranghetisti («Solo Dio è il vero giudice», scrivono sui muri delle celle) anche quando commettono i più gravi delitti. Forse i mafiosi lo pensano. Di certo la Chiesa no.

la chiesa è un ospedale da campo, parola di papa

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La Chiesa come “un ospedale da campo dopo una battaglia”.

E’ l’immagine usata da papa Francesco in un’intervista rilasciata a Civiltà Cattolica, per descrivere le difficoltà attraversate dalla Chiesa. “E’ inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti: si devono curare le sue ferite, poi potremo parlare di tutto il resto”. Quindi, “le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo”, perché “la prima riforma deve essere quella dell’atteggiamento”. E il cambio di atteggiamento invocato da Bergoglio deve verificarsi investe anche una serie di temi tradizionalmente delicati per la Chiesa, come l’omosessualità, l’aborto e il ruolo della donna.

Nelle parole del pontefice, per “curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità, bisogna cominciare dal basso“. Al contrario, “la Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece che i ministri della Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia“. Per papa Francesco, infatti, “i ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi. Il popolo di Dio vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato”. E ancora: “Credo che ci sia sempre bisogno di tempo, per porre le basi di un cambiamento vero, efficace: questo è il tempo del discernimento”.

La Chiesa deve andare incontro alle persone e, dunque, anche a omosessuali e divorziati risposati. Interpellato sul tema, Bergoglio risponde: “Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione. Bisogna accompagnare con misericordia”. Il papa racconta che a Buenos Aires gli scrivevano delle persone omosessuali, “che sono feriti sociali, perché mi dicono che sentono come la Chiesa li abbia sempre condannati”. E torna sulla sua frase “Chi sono io per giudicare i gay?”. “Dicendo questo – ricorda – io ho detto quello che dice il Catechismo”.

Altro tema affrontato dal pontefice quello dell’aborto. Se una donna ha interrotto la gravidanza, ma la cosa “le pesa enormemente”, e, inoltre, “è sinceramente pentita”, il Papa invita alla misericordia nei suoi confronti. “Il confessionale – dice il papa – non è una sala di tortura, ma il luogo della misericordia nel quale il Signore ci stimola a fare meglio che possiamo. Penso anche alla situazione di una donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito. Poi questa donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L’aborto le pesa enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana. Che cosa fa il confessore?”, si domanda il Papa. E sulla questione femminile aggiunge: “E’ necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa“. “Bisogna lavorare di più per fare una profonda teologia della donna“, spiega il pontefice. “Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti”.

Il papa è interpellato anche sulla sua fede politica.”Il mio modo autoritario e rapido di prendere decisioni”, spiega, “mi ha portato ad avere seri problemi e ad essere accusato di essere ultraconservatore. Ma non sono mai stato di destra”. E del suo predecessore Benedetto XVI dice: “Ha fatto un atto di santità, di grandezza, di umiltà. E’ un uomo di Dio”.

il papa stesso dà l’allarme

 

 

12.6.2013

il papa

accanto a tanta virtù, anche tanta corruzione in Vaticano: è il papa stesso a denunciare tutto questo

lobby gay potenti, carrierismo, arrivismo, attaccamento ai soldi, corruzione … non sono più da considerare voci malevole di gente che non ama la chiesa ma una dolorosa realtà da spazzare via con decisione

ma ancora, troppo spesso, in ambito ecclesiale si preferisce nascondere la spazzatura sotto il tappeto: che l’abbia denunciato il papa in persona è un segno molto incoraggiante

qui sotto una buona puntualizzazione di P. Rodari (vedi link)

Allarme corruzione nella Chiesa

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