la bellezza di una vera carezza

 

una bella riflessione di L. Boff sulla carezza che quando è vera e autentica diventa ‘essenziale’, cioè veicola tutta la persona,”la carezza è essenziale quando si trasforma in una attitudine, in un modo-di-essere che qualifica la persona nella sua totalità, nella psiche, nel pensiero, nella volontà, nella interiorità, nelle relazioni”
“è urgente al giorno d’oggi riscattare negli esseri umani la dimensione della carezza essenziale”

  

Perché diciamo carezza essenziale? Perché vogliamo distinguerla dalla carezza come puro moto psicologico, in funzione di un volersi bene fugace e senza storia. La carezza-emozione non abbraccia tutta la persona. La carezza è essenziale quando si trasforma in una attitudine, in un modo-di-essere che qualifica la persona nella sua totalità, nella psiche, nel pensiero, nella volontà, nella interiorità, nelle relazioni.
L’organo della carezza è, fondamentalmente, la mano: la mano che tocca, la mano che consola, la mano che stabilisce relazioni, la mano che culla, la mano che porta serenità. Ma la mano è più che una mano. E’ l’intera persona che attraverso la mano e nella mano rivela un modo-di-essere affettuoso. La carezza tocca l’essere umano nel profondo, là dove è situato il Centro della persona. Affinché la carezza sia veramente essenziale dobbiamo coltivare l’io profondo, quella ricerca del più intimo e vero in noi e non soltanto l’ego superficiale della coscienza sempre piena di preoccupazioni.
La carezza che emerge dal Centro offre integrazione e fiducia. Da lì il significato di accarezzamento. Nell’atto di accarezzare un bambino, la madre gli comunica l’esperienza più orientatrice che esista: la fiducia fondamentale nella bontà della vita; la fiducia che, in fondo, nonostante le numerose distorsioni, tutto ha senso; la fiducia che è la pace, e non un incubo, la realtà più vera; la fiducia di essere accolti nel grande Utero.
Come anche la tenerezza, la carezza esige totale altruismo, rispetto per l’altro e rinuncia a qualsiasi altra intenzione che non sia quella dell’esperienza di voler bene e di amare. Non è un contatto di pelle, ma un investimento di carezza e di amore attraverso la mano e la pelle, pelle che è il nostro io concreto.
L’affetto non esiste senza carezze, tenerezza e premure, così come una stella ha bisogno di un’aura per brillare, allo stesso modo l’affetto ha bisogno della carezza per sopravvivere. E’ la carezza della pelle, dei capelli, delle mani, del viso, delle spalle, dell’intimità sessuale che dona concretezza all’affetto e all’amore. È la qualità della carezza che impedisce all’affetto di essere bugiardo, falso o dubbio. È la carezza essenziale come socchiudere dolcemente la porta. Non esiste carezza nella violenza quando si sfondano porte e finestre, cioè nell’invasione dell’intimità della persona.
Lo psichiatra colombiano Luis Carlos Restrepo, che ha scritto un bel libro su «Il diritto alla tenerezza» (Vozes 1998), dice con precisione: «La mano, organo umano per eccellenza serve tanto per accarezzare quanto per afferrare. Mano che afferra e mano che accarezza sono due facce estreme delle possibilità di un incontro Inter-humano”.
In una riflessione culturale più ampia, la mano che afferra dà corpo al modo-di-essere degli ultimi quattro secoli della cosiddetta modernità.
L’asse articolatore del paradigma moderno è la volontà di afferrare tutto per possedere e dominare. L’intero continente latino americano fu afferrato e praticamente decimato dall’aggressione militare e religiosa degli iberici. Poi venne l’Africa, la Cina, tutto quello che si può afferrare, fino alla Luna.
I moderni afferrano dominando la natura, sfruttando i suoi beni e servizi senza nessuna considerazione di rispetto dei suoi limiti e senza dar-le tempo di riposo per potere riprodurre. Oggi cogliamo i frutti avvelenati di questa pratica senza alcuna premura e lontana da qualsiasi sentimento di carezza verso quello che vive e è vulnerabile.
Afferrare è l’espressione di potere su, di inquadramento dell’altro o delle cose al mio modo-di-essere.
Se osserviamo attentamente, non è avvenuta una mondializzazione, nel rispetto delle culture nella loro ricca diversità. Quello che è avvenuto si chiama occidentalizzazione del mondo, e nella sua forma più pedissequa: una amburgherizzazione dello stile di vita nordamericano imposta a tutti i quadranti del pianeta.
La mano che accarezza rappresenta l’alternativa necessaria: il modo-di-essere-cura, dato che “la carezza è una mano rivestita di pazienza che tocca senza ferire e ti lascia per permettere la mobilitazione dell’essere con il quale entriamo in contatto” (Restrepo).
È urgente al giorno d’oggi riscattare negli esseri umani la dimensione della carezza essenziale.
Essa sta dentro di noi tutti, sebbene coperta da un grosso strato di cenere di materialismo, di consumismo e di futilità. La carezza essenziale ci restituisce la nostra umanità perduta. Nel suo significato migliore rafforza pure il precetto etico più universale: trattare umanamente ogni essere umano, cioè con comprensione, con accoglienza, con premura e con carezza essenziale.
Leonardo Boff
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