papa Francesco: il bilancio di due anni

Francesco, la Chiesa millenaria che vorrebbe tornare giovane

di Marco Politi
in “il Fatto Quotidiano” del 9 marzo 2015

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Due anni dopo la sua elezione Francesco ha già reso irreversibile il volto nuovo del pontificato. Tornare ad un pontefice-icona, dottrinario, monarca assoluto, non sarà più possibile: pena una drammatica perdita di contatto con la società contemporanea, credente o non credente.

Linguaggio

È stato rivoluzionato il linguaggio. Quando Francesco dice che i cattolici non devono figliare “come conigli” o spiega al clero di Roma (giorni fa) che ci sono “persone disturbate che si rifugiano nelle istituzioni forti: Esercito e Chiesa”, usa il linguaggio di un parroco in grado di farsi ascoltare da tutti. Un papa-prete capace di parlare anche agli atei come nessun altro prima di lui. Papa Bergoglio ha aperto la transizione verso una Chiesa più comunitaria e partecipata. “Sinodale”, secondo l’espressione degli Ortodossi. Un modello di Chiesa in cui il capo non decide in solitudine imperiale, ma insieme ai vescovi.

papa-francescoIl concilio Vaticano II lo ha chiamato “collegialità”, indicando l’immagine di “Pietro insieme agli apostoli”. Collegialità L’avvio di questa riforma si è tradotto nella creazione di un consiglio cardinalizio, coordinato da Oscar Rodriguez Maradiaga e formato da otto porporati di tutti i continenti, cui si aggiunge il segretario di Stato. È il cosiddetto C9, incaricato di “consigliare (il Papa) nel governo della Chiesa universale”.

Un embrione di collegialità.

All’ultimo concistoro del febbraio scorso l’assemblea dei cardinali di tutto il mondo ha ribadito la necessità di un “sano decentramento” delle competenze, sin qui esercitate esclusivamente dalla Curia romana. E negativo però il ritardo della riforma del governo centrale della Chiesa. Il secondo passo in direzione della collegialità è rappresentato dalla nuova funzione del Sinodo dei vescovi (il parlamentino di Santa Romana Chiesa), non più destinato a rimanere una semplice arena di opinioni, ma – grazie a Francesco – diventato titolare di un potere propositivo per trovare soluzioni ai problemi pastorali più urgenti. L’avere scelto il vescovo teologo Bruno Forte come segretario speciale delle due sessioni sinodali dedicate ai problemi familiari segnala la volontà di “aggiornamento”, per usare lo slogan felice di Giovanni XXIII.

Divorziati e gay

Concedere democrazia – libertà di parola e di voto come durante il Concilio – significa tuttavia fare i conti con le opposizioni e la possibilità di perdere qualche battaglia: è accaduto al Sinodo del 2014. Francesco ha aperto su temi sin qui tabù: la comunione ai divorziati risposati, le convivenze, le coppie omosessuali, la transessualità ma le resistenze interne al mondo ecclesiastico hanno impedito finora un cambio ufficiale di atteggiamento della Chiesa. L’appassionato intervento sinodale del cardinale di Vienna Christoph Schoenborn sulla solidarietà di due partner gay non ha ricevuto – almeno per il momento – il consenso della maggioranza dell’episcopato. Due anni dopo l’elezione si avverte un solco tra Francesco e quella parte della gerarchia in Vaticano e all’estero, rimasta attaccata alla visione di un papato sacrale, giudice dottrinale inflessibile delle “deviazioni” dai comandamenti del catechismo. Il cardinale americano Francis George (ex arcivescovo di Chicago), quando chiede se “Francesco si rende conto dell’effetto di certe sue parole?”, evidenzia un’offensiva in atto contro il pontefice argentino. Un solco netto esiste anche tra la fascia di sacerdoti – spesso giovani – imbevuti di spiritualismo, dogmatismo e ideologia del potere sacerdotale, che resistono alla declericalizzazione auspicata da Francesco, e invece quei preti, secondo i quali annunciare il Vangelo nella società urbana globalizzata esige di fare i conti  con la mescolanza delle culture e – come invita a fare il segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino di considerare il mondo “brutto, sporco e cattivo”.

Il ruolo delle donne

Francesco ha avuto il merito di mettere sul tavolo un argomento tabù come il ruolo delle donne nei luoghi decisionali della Chiesa, ma non ha incontrato una risposta entusiastica da parte degli episcopati nel mondo. Nemmeno le donne dell’associazionismo cattolico si sono per ora mobilitate. Colpa di una “certa sfiducia e un’antica abitudine a tacere”, commenta la storica Lucetta Saraffia, che vorrebbe vedere le donne partecipare ai sinodi. Non è detto che in tutti questi campi, su cui si è fatto sentire Francesco, si realizzino cambiamenti concreti già durante il suo pontificato. Lui è un seminatore, i sassi sul suo cammino sono tanti e i suoi avversari – nota il segretario della pontificia Commissione per l’America latina, professor Guzman Carriquiry – si comportano alla pari dei farisei che seguivano Gesù “con animo incattivito, scandalizzati dei suoi incontri con prostitute e peccatori, sempre male interpretando, sperando di poter intravvedere qualsiasi minima deviazione riguardo alla Legge, per giudicarlo e condannarlo…”. Lotta alla pedofilia In tre ambiti precisi il pontefice argentino ha già voltato pagina. Per la prima volta ha destituito, processato ecclesiasticamente e degradato (ridotto allo stato laicale) un vescovo pedofilo: l’ex nunzio nella Repubblica Dominicana Jozef Wesolowski. Per volontà di Francesco subirà inoltre un processo penale in Vaticano. Tuttavia nel comitato anti-abusi, da lui creato, sono emerse resistenze a proposito di nuove Linee guida internazionali più stringenti.

La banca vaticana

La banca vaticana è stata sottoposta ad una drastica ripulitura dei conti correnti, sono stati firmati accordi di cooperazione giudiziaria con Italia, Germania, Stati Uniti, è stata creato un comitato antiriciclaggio e una Segreteria per l’Economia, guidata dal cardinale George Pell, che vigilerà sugli appalti e la regolarità dei bilanci delle varie articolazioni della Santa Sede e che ha portato alla luce fondi riservati (benché regolari) di alcuni organismi, che non erano stati inseriti nel bilancio consolidato del Vaticano. Il presidente delle Ior, il francese Jean-Baptiste de Franssu, spinge per una gestione unica del patrimonio finanziario e immobiliare della Santa Sede. Il terzo settore in cui Francesco ha mostrato una forte impronta è quello geopolitico. Politica estera Ha ridato slancio alla presenza del Vaticano sulla scena internazionale, impedendo una catastrofica invasione occidentale della Siria, indicando a Israele e Palestina la via di una pace dei coraggiosi, denunciando il traffico di armi dietro ai conflitti in corso, impegnandosi contro le “moderne schiavitù” (la tratta sessuale, quella dei migranti, le fabbriche clandestine). Suo obiettivo, discusso con il presidente Barack Obama, è far dichiarare dall’Onu la tratta degli esseri umani un “crimine contro l’umanità”. I suoi interventi contro la corruzione, la criminalità organizzata, l’ideologia neoliberista del profitto senza regole, il primato assoluto del mercato che produce “scarti” vecchi o giovani, alimentando il precariato permanente, hanno suscitato un’eco vastissima a livello internazionale, ben al di là del mondo cattolico, ma le leadership politiche ed economiche non hanno mostrato nessuna intenzione di elaborare un modello economico ispirato al “bene comune”. Per molti aspetti Francesco è applaudito, ma resta solo. Dentro e fuori la Chiesa. La sua – benché non lo mostri – è un’autentica lotta contro il tempo. L’anno prossimo compirà già ottant’anni e i suoi amici latino-americani non dubitano che quando la vecchiaia si farà sentire, anche Jorge Mario Bergoglio sarà pronto a dimettersi come Benedetto XVI (magari tornando in Argentina). Lo ha anticipato lui stesso ai giornalisti, durante un viaggio. Il papato a termine è l’ultima (silenziosa)  riforma di questo pontificato.

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