il vangelo della domenica commentato da p. Maggi

 

ANDÒ, SI LAVÒ E TORNÒ CHE CI VEDEVA

commento al vangelo della domenica quarta di quaresima (26 marzo 2017) di p. Alberto Maggi:

Gv 9,1-41

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè  ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

Il capitolo 9 del vangelo di Giovanni contiene un severo atto di accusa contro la cecità di un’istituzione religiosa, per la quale il bene della dottrina è più importante del bene dell’uomo. Il contesto, Gesù esce, o meglio scappa dal tempio, dopo un tentativo di lapidazione, ma, uscendo dal tempio, incontra le persone che non possono entrare nel tempio, gli esclusi. Leggiamo il capitolo 9 di Giovanni. “…passando vide un uomo cieco dalla nascita”, la cecità non era considerata un’infermità, ma un castigo, una maledizione inviata da Dio per le colpe degli uomini. Per discolpare Dio dei mali, si accusava l’uomo. Perché esiste il male? Perché l’uomo ha commesso un peccato, e il Signore lo castiga. “…e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?»”, quindi che la cecità sia una conseguenza del peccato, era indubbio, il problema era sapere se aveva peccato già l’individuo, o i suoi genitori. Gesù esclude tassativamente alcun rapporto tra il male, il peccato e il castigo divino. Dice: non “ha peccato né lui, né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio”. Gesù continua l’azione creatrice del Padre e, a questo individuo, dopo aver detto che lui è la luce del mondo, “fece del fango con la saliva, lo spalmò sugli occhi”, sono gli stessi gesti che ha fatto il creatore, nella creazione del primo uomo, Gesù continua la sua azione creatrice. Poi lo manda nella piscina di Siloe, questa piscina importante di Gerusalemme, che significa, sottolinea l’evangelista, l’“Inviato”, perché? Andando verso l’inviato, Gesù, che ha detto di sé: sono la luce del mondo, si recupera la vista. Infatti “Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva”. Ma cominciano i problemi per questo individuo, che non viene riconosciuto, non viene riconosciuto dai vicini, alcuni dicono: è lui, non è lui, ma come fanno a non riconoscerlo? Non è che gli sono cambiati i connotati, prima non aveva la luce degli occhi, ora è tornato a vedere, ha recuperato la vista. Perché non viene riconosciuto? Perché quando si incontra Gesù, si acquista una libertà, una dignità tale che si è come prima, ma si è completamente diversi. E lui, l’ex cieco, risponde non sono io, ma “io sono!”, rivendica per sé il nome divino, il nome esclusivo che, nella Bibbia, è adoperato per Dio, e, nei vangeli, per Gesù. Perché? Come è scritto nel prologo di Giovanni, a quanti lo hanno accolto, a Gesù, ha dato la capacità  di diventare i figli di Dio. Allora incomincia una serie di interrogatori, e, per la prima volta, ben sette volte sarà ripetuto, gli chiedono: ”«In che modo ti sono stati aperti gli occhi?»” È questo il tema di questo brano: aprire gli occhi era un segno della liberazione che il messia avrebbe portato de(a)ll’oppressione del popolo. C’è un cieco che ha recuperato la vista, è una cosa buona, ma il popolo non può avere un’opinione, il popolo deve essere sempre sottomesso a quello che pensa(no) le autorità religiose, sono loro che gli dicono se è bene e male, o no. Allora lo portano  dai farisei, leader spirituali del popolo, quello che era stato cieco, ed ecco il problema qual era: era un sabato. Di sabato bisogna osservare quello che è considerato il comandamento più importante, c’è una serie di lavori, ben 1521 azioni che sono proibite e, tra queste, c’è fare del fango e curare gli ammalati, quindi qui c’è stata una trasgressione, una violazione del sabato. E i farisei di nuovo gli chiedono come ha recuperato la vista, e danno una sentenza: “quest’uomo”, Gesù, “non viene da Dio, perché non osserva il sabato”. Per loro venire o no da Dio, dipende dall’osservanza o meno della legge. Per Gesù venire o no da Dio, invece, dipenderà dall’atteggiamento che si ha nei confronti dell’uomo, ma, per loro, l’unico criterio di giudizio è l’osservanza della legge. Però c’è dissenso, altri gli chiedono: ma come può un peccatore compiere qualcosa del genere? Lo chiedono di nuovo al cieco, e qui c’è l’ironia dell’evangelista, i farisei ambivano al titolo di guide dei ciechi, e sono ciechi, invece quello che era stato cieco, ora ha riacquistato la vista, lui dice “è un profeta”, loro hanno detto “non viene da Dio”, lui dice è un profeta, quindi viene da Dio. Entrano in campo le massime autorità  religiose, i Giudei, che in questo vangelo non indica(no) con questo termine il popolo, ma i capi religiosi, che non vogliono credere che fosse stato cieco. Per difendere la loro dottrina, negano l’evidenza: le autorità religiose, di fronte ai nuovi avvenimenti della vita, non avendo risposte da dare, si intrecciano nell’assolutismo della loro dottrina, negano l’evidenza, pur di non trovare contraddizioni nella loro dottrina, e lo intimidiscono. Intimidiscono i genitori con un interrogatorio, nel quale mettono in dubbio che sia loro figlio, che sia nato cieco, e i genitori rispondono in una maniera, che sembra codarda: noi non lo sappiamo, lui c’ha la sua età, chiedetelo a lui. Perché rispondono così? Lo dice l’evangelista: “questo dissero i suoi genitori perché avevano paura dei Giudei”, i capi religiosi, che “avevano già  stabilito che se uno avesse riconosciuto Gesù come il Cristo, venisse  espulso dalla sinagoga”. Essere espulsi dalla sinagoga non significa essere cacciati da un luogo di culto, il che non sarebbe poi un gran danno, ma significava l’esclusione dalla vita civile, dalla vita sociale. Con gli espulsi dalla sinagoga occorreva tenere una distanza di ben 2 metri, non si poteva né comprare, né vendere nulla, e quindi era la morte civile. “Di nuovo chiamarono l’uomo”, che, da  miracolato, passa ad imputato, e gli dissero: “dà gloria a Dio!”, questa è una formula, un’espressione che significa riconoscere, confessa la verità, anche se viene a tuo svantaggio, a tuo scapito. E la sentenza. Mentre i farisei erano divisi tra chi diceva che era un peccatore e chi diceva ma come fa un peccatore, loro non hanno dubbi: le autorità  religiose non hanno mai dubbi, per loro è tutto chiaro: “Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore”, ed ecco qui entra tutta l’ironia dell’ex cieco, che risponde praticamente dicendo: sentite, io di teologia non so niente, io parlo della mia esperienza, e infatti dice “se sia un peccatore non lo so”, questo è affare vostro se sia un peccatore o meno, “una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo”, lui parla in base alla propria esperienza, voi dite che è un peccatore, a me non interessa, la mia esperienza dice che per me questo è positivo. L’evangelista qui sta dicendo che il primato della coscienza è il più importante di qualunque dottrina, fosse pure una legge divina: il bene e il male lo decide l’uomo in base alla propria esperienza, non in base a una dottrina, che decreta quello che è bene o quello che è male. Quindi lui dice: io in campo teologico non mi ci metto, parlo della mia esperienza. E di nuovo, per la quinta volta, per ben sette volte gli chiederanno “come ti ha aperto gli occhi?”, è questa la preoccupazione delle autorità  religiose, perché se il popolo apre gli occhi, per loro è finita, è la fine di tutto. E, sempre con ironia, quello che era stato cieco, chiede: “ma volete diventare discepoli anche voi?”. Quando le autorità religiose non sanno come rispondere, come ribattere, passano alla violenza, violenza verbale prima, e, se possibile, anche quella fisica, “lo insultarono”, dice tu sarai il discepolo, noi siamo i discepoli di Mosè, loro non seguono Gesù vivente, ma un morto, Mosè, “noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio”, e, poi, con un termine dispregiativo – nei vangeli i capi, i farisei non nomineranno mai Gesù, ma sempre useranno questa espressione – “questo non sappiamo di dove sia”.
E qui entra il buon senso dell’ex cieco nato: il buon senso della gente è più vero e più importante dei valori della dottrina, e lui fa un ragionamento molto semplice: ma non si è mai sentito dire che un cieco nato abbia recuperato la vista, se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla. È talmente chiaro, come fanno le autorità religiose a non comprendere questo? Non sapendo come controbattere, gli replicano con violenza: “sei nato tutto nei peccati e insegni a noi”, loro non desiderano apprendere, loro sono quelli che insegnano, “e lo cacciarono fuori”. Il povero ex cieco nato dovrebbe tornare ad essere cieco, per dare loro ragione. Aver riacquistato la vista è un male, perché questa vista l’ha riacquistata attraverso un peccatore. Ma, cacciato dalla religione, non è un danno, perché trova la fede, trova Gesù che lo accoglie, lui dà adesione a Gesù, e il brano termina con una sentenza molto severa di Gesù ai farisei, che ambivano al titolo di guide dei ciechi. Gesù dice loro: “«Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane»”. Qual è la cecità? Quando si mette il bene della dottrina della legge al primo posto, prima ancora del bene degli uomini, questa è la cecità che impedisce di leggere gli avvenimenti della storia.

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