il vangelo della domenica commentato da p. Maggi

DIO HA MANDATO IL FIGLIO SUO PERCHÉ IL MONDO SIA SALVATO PER MEZZO DI LUI

commento al vangelo della domenica della trinità (11 giugno 2017) di p. Alberto Maggi:

Gv 3,16-18

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

È tipico di ogni religione l’immagine di un Dio che giudica e poi condanna, un Dio che premia i buoni, ma castiga i malvagi. Questa immagine di Dio è completamente assente in Gesù, addirittura Gesù smentisce l’immagine di un Dio che giudica e condanna. Sentiamo cosa ci scrive Giovanni, nel capitolo 3, ai versetti 16-18. Il contesto è quello del discorso con il fariseo Nicodemo – i farisei aspettavano il messia appunto che fosse espressione del giudizio divino – Gesù dice che no. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il figlio unigenito”, Gesù si dichiara espressione dell’amore di Dio per l’umanità – Dio esprime il suo amore dando il suo figlio – “perché chiunque crede in lui”, credere non significa dare adesione a una dottrina, ma significa dar adesione a una persona, al suo messaggio, in questo caso a Gesù, “non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Per la seconda volta, in questo capitolo, appare un tema molto caro per l’evangelista, quello della vita eterna. La vita eterna i farisei la pensavano come un premio, da ottenere nel futuro, per il buon comportamento tenuto nella vita presente; per Gesù, invece, è una condizione nel presente. Vita si chiama eterna non tanto per la durata indefinita, ma per la qualità  indistruttibile. E continua Gesù: “Dio infatti non ha mandato il figlio nel mondo per”, il verbo non è giudicare (condannare), il verbo in greco adoperato dall’evangelista significa: emettere una sentenza, giudicare, quindi non è condannare, “il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. Gesù è venuto a offrire un’alternativa di vita, una possibilità di crescita, di realizzazione piena della sua esistenza all’uomo. “Chi crede in lui” continua Gesù, “non è giudicato”, quindi l’immagine di un giudizio da parte di Dio, è assente nel messaggio di Gesù: non si va incontro a nessun giudizio e pertanto nessuna condanna, “ma chi non crede è già  stato giudicato perché non ha creduto nel nome dell’unigenito figlio di Dio”, e qui bisogna aggiungere due versetti che, nella versione liturgica, non c’è (ci sono), altrimenti non si capisce, sembra una contraddizione. Continua Gesù dicendo che il giudizio è questo: “la luce è venuta nel mondo”, e poi conclude “chi fa il male odia la luce”, non c’è un giudizio da parte di Dio, c’è un’offerta di vita, qui raffigurata come la luce, sta all’uomo sentirsi attratto da questa luce ed entrare a far parte del cono d’amore della salvezza, ma chi fa il male, si sa, detesta la luce. Chi fa male vuole le tenebre e quindi si rintana ancora di più nelle tenebre, immagine della morte. Allora non è un giudizio da parte di Dio che respinge la persona, ma è la persona che, per il suo interesse, per la sua convenienza, il male è questo, respinge l’offerta di pienezza di vita da parte di Dio. Dio non può far altro che far brillare ancor di più la sua luce, ma più brilla la sua luce, per chi fa le tenebre questa è una minaccia, è un qualcosa che lo acceca, è qualcosa che lo detesta. Quindi l’invito dell’evangelista è a compiere quotidianamente azioni di luce per poter poi entrare in piena sintonia, in comunione con quel Dio che è luce e che è amore.

 

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