il panzer-cardinale bugiardo sbugiardato dalla signora Marie Collins

l’incoerenza e la memoria corta del card. Müller

Marie Collins attacca il prefetto della Cdf

Ludovica Eugenio 

da: Adista Notizie n° 12 del 25/03/2017

 

«Ci sono alcune cose che Lei afferma alle quali sento il bisogno di rispondere»

con un tono solo apparentemente pacato Marie Collins, la vittima di abusi e attivista irlandese recentemente dimessasi da membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori per contestare il boicottaggio della Commissione stessa in particolare da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede (v. Adista Notizie n. 10/17), ha replicato al tono vagamente sprezzante e liquidatorio usato nei suoi confronti dal card. Gerhard Müller, prefetto della Congregazione. Müller, in un’intervista al Corriere della Sera del 5 marzo scorso, aveva rispedito al mittente tutte le obiezioni della Collins, mettendone in dubbio la veridicità (v. Adista Notizie n. 11/17). E così l’irlandese ha preso metaforicamente carta e penna e ha ribattuto attaccando e smentendo con grande forza, frase per frase, a tratti con sarcasmo, le affermazioni del cardinale in una lunga lettera aperta pubblicata in esclusiva dal settimanale statunitense National Catholic Reporter (14/3).

Ma quale collaborazione?

«Non posso capire che si parli di mancanza di collaborazione», aveva affermato Müller. «Forse un esempio può essere d’aiuto», ribatte pronta la Collins. «Nel 2015, alcuni gruppi di lavoro della Commissione invitarono la sua Congregazione a far partecipare un suo rappresentante agli incontri in programma a Roma per discutere questioni di comune interesse. Ma l’invito venne declinato, e i membri vennero informati dal Segretario della Commissione, mons. Robert Oliver, che tali incontri non sarebbero stati possibili e che non era possibile altra comunicazione se non per iscritto. Certo, le cose poi sono cambiate, ma c’è voluto più di un anno. Era settembre 2016 quando un rappresentante della Cdf ha partecipato agli incontri del gruppo di lavoro della Commissione».

A sentire Müller, poi, negli ultimi anni «c’è stato un contatto permanente» tra Cdf e Commissione: «Non so che forma abbia assunto questo contatto permanente», replica la Collins. «Tutto ciò che posso dire è che i membri della Commissione non hanno ricevuto resoconti formali né vi è stato alcun risultato positivo generato da tale contatto».

«Uno dei nostri collaboratori fa parte» della Commissione, insisteva il cardinale: certo, ne faceva parte, «ma è sorprendente, dato che lei afferma di essere sempre stato in contatto con la commissione – nota sarcastica la Collins – che non sapesse che questo membro, Claudio Papale, ha concluso il suo coinvolgimento attivo nella Commissione nel 2015 (anche se i membri lo hanno saputo solo a maggio 2016)».

Il tribunale per i vescovi negligenti è stato silurato

Riguardo poi al nuovo tribunale per i vescovi negligenti nella gestione dei casi di pedofilia, Müller, nell’intervista con il Corriere, aveva parlato di un «dialogo intenso fra vari Dicasteri coinvolti nella lotta contro la pedofilia nel clero» che avrebbe avuto luogo, e che tale tribunale sarebbe stato solo un «progetto»: «Era solo un progetto, dice?», attacca l’irlandese. «A rileggere l’annuncio pubblico del 10 giugno 2015, sembra molto di più. Azioni molto precise erano già state approvate e dotate di risorse dal Santo Padre», come la creazione di una nuova sezione giudiziaria nella Cdf, la nomina di personale per il Tribunale e la nomina di un segretario per i rapporti tra prefetto e tribunale. «Nonostante la stretta collaborazione con la Commissione di cui lei parla, questa non si estendeva alla discussione tra dicasteri vaticani».

Ma il tribunale, secondo il prefetto, non era necessario, dal momento che qualsiasi negligenza poteva essere trattata con «la competenza», «gli strumenti» e i «mezzi giuridici» già in opera nella Congregazione per i vescovi; e se in qualche “caso speciale” ciò non fosse stato sufficiente, il papa avrebbe sempre potuto affidarlo, sosteneva Müller, alla Cdf. «Quindi non era necessario alcun cambiamento e non venne realizzato nulla. La ringrazio, Cardinale, per aver confermato, con le sue parole, che quello che avevo detto sul tribunale era vero», incalza la Collins. «La Commissione lo aveva raccomandato, il Consiglio dei cardinali e il papa lo avevano approvato, e poi è stato rigettato dalla sua congregazione». Ma se è vero che sono stati messi in opera tutti i mezzi necessari per trattare il caso di un vescovo negligente, perché allora «nessun vescovo è stato ufficialmente e pubblicamente sanzionato o rimosso per la sua negligenza? Se non è per mancanza di leggi, allora si tratta di mancanza di volontà? Sono certa, cardinale, che molte vittime, me compresa, sono interessate alla risposta a questa domanda».

Incoerenza e freddezza burocratica

La Collins prosegue con l’affermazione di Müller di non sapere nulla dei due “incidenti” – per non dire boicottaggi – da lei citati: il rifiuto della Cdf di collaborare sul fronte delle linee guida per la tutela dei minori e di rispondere alla corrispondenza inviata dalle vittime: «Se ha dubbi sulla natura di questi “incidenti” – afferma incastrandolo – può rinfrescarsi la memoria guardando la lettera formale di risposta inviata dalla sua Congregazione alla Commissione il 15 dicembre 2016. Nel primissimo paragrafo, la lettera cita esplicitamente le due richieste». Per quanto riguarda la seconda, ossia la richiesta a tutti i dicasteri di rispondere sempre alle lettere inviate dalle vittime, essa era già stata approvata dal papa e il rappresentante ufficiale della Cdf si era detto d’accordo, in un incontro del settembre 2016: «Invece, due mesi dopo, nella risposta formale della sua Congregazione, è stata rifiutata». «È difficile lavorare con un organismo – conclude la Collins – incoerente nel suo approccio, che non si sa dove si colloca in ogni momento specifico». Il cardinale aveva motivato questo rifiuto con il rispetto della sussidiarietà, ma ciò indica che «nella Chiesa il rispetto del sistema gerarchico ha ancora la meglio sul rispetto per l’individuo. Mi hanno insegnato che nella Chiesa tutti sono uguali, ma qui sembra che nella sua Congregazione non sia così, quando si tratta di un vescovo e di una vittima. Sembra che per lei la preoccupazione che il vescovo possa sentirsi scavalcato superi quella di non rispettare il sopravvissuto», e si tratta di considerazioni «anacronistiche, burocratiche, riguardanti la gerarchia». E se il punto è che la Cdf non vuole ingerenze di esperti “esterni” in un campo che ritiene di propria competenza, se ne può discutere. O no?

Penultimo punto affrontato dalla Collins: Müller afferma che vi sarebbe un fraintendimento sul ruolo della Cdf: «Come ex membro della Commissione, conosco molto bene la funzione della Cdf», ribatte; d’altronde, la Cdf avrebbe dovuto solo fare lo sforzo di confermare l’avvenuta recezione della lettera, trasmettendo così allo scrivente il messaggio che la sua storia non veniva ignorata, che sarebbe stata affrontata.

Mancanza di memoria o disfunzione? 

Infine, la Collins contesta l’affermazione di Müller che la riguarda: «Non ho mai avuto l’occasione di incontrarla», aveva affermato sul Corriere il prelato. «Cardinale, sembra che lei abbia scordato la serata trascorsa insieme, seduti a cena a Dublino dopo la mia nomina alla Commissione», attacca. «Durante la cena abbiamo discusso della nuova Commissione, della mia nomina e in generale dell’abuso nella Chiesa. Erano presenti altri rappresentanti della Cdf, tra cui mons. John Kennedy e l’allora p. Robert Oliver, che prima della nomina alla Commissione era promotore di giustizia alla Cdf».

La Collins chiude con una considerazione colma di amarezza: «Con tutto il rispetto, cardinale, non capisco il motivo delle difficoltà opposte alla Commissione. Tutto ciò che vuole è proteggere maggiormente minori e adulti vulnerabili là dove la Chiesa cattolica è presente. Se vi sono dei problemi, non si guadagna nulla a far finta che tutto vada bene. Vorrei che, quando viene espressa una critica come la mia, invece di ricadere nella posizione tipica della Chiesa di negazione e offuscamento – continua – si desse al popolo della Chiesa la risposta che merita di avere. Abbiamo diritto a trasparenza, onesta e chiarezza. La disfunzione non può più essere nascosta dietro porte chiuse istituzionali. Ciò accade soltanto quando chi conosce la verità vuole restare zitto».

*immagine di Presse.Nordelbien, tratta da Flickr, licenza e immagine originale.

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