Jorge Mario Bergoglio, il Papa che ha scelto la solitudine per cambiare la Chiesa – Il Fatto Quotidiano

Anche per il Papa c’è l’ora del caffè. Nella storia recente di Santa Romana Chiesa è rimasto memorabile quello di Giovanni Paolo I, preparato all’alba del 29 settembre 1978 da suor Vincenza Taffarel. Un caffè, però, che Albino Luciani, non bevve mai perché la morte era sopraggiunta nella notte. Su quella tazzina misteriosa ma soprattutto sul suo contenuto sono stati scritti centinaia di articoli e di libri. Ma c’è un altro caffè che ai nostri giorni desta non poco stupore in Vaticano. E’ quello che Papa Francesco si va a prendere da solo al distributore automatico di Casa Santa Marta. Ogni giorno verso le 17, senza avvisare nessuno, Bergoglio esce dalla sua suite numero 201 al secondo piano dell’albergo vaticano, prende l’ascensore e arriva al livello meno uno dell’edificio, appena sotto la hall, la sala ristorante e la cappella dedicata allo Spirito Santo dove ogni mattina alle 7 in punto celebra la Messa.

Lì ci sono solo due cose: la lavanderia e, sotto un cartello ingannatore con la scritta “bar”, il distributore automatico di caffè. Francesco prende i centesimi necessari dalla tasca della sua talare bianca e infila le monete nella macchinetta. Un clic e il caffè è servito senza scomodare suore o maggiordomi. Un sorso fugace e poi di nuovo al lavoro nella sua stanza tra dossier da studiare meticolosamente, quello Vatileaks in testa, e nomine da vagliare accuratamente. Vietato sbagliare: il pontificato di Benedetto XVI è un monito vivente. Le scelte iniziali sono fondamentali per tenere a bada i corvi vaticani. Francesco sta scoprendo di giorno in giorno la solitudine di un Papa.

Quella che Ratzinger tentava in tutti i modi di esorcizzare con le sue dichiarazioni (“non mi sento solo”), smentite dall’infedeltà del suo più stretto collaboratore laico, il maggiordomo Paolo Gabriele, che agiva indisturbato proprio nell’inaccessibile appartamento pontificio, lì dove Bergoglio ha scelto di non andare ad abitare. Una solitudine, quella del Papa, esorcizzata diversamente da Giovanni Paolo II che aveva inondato la Curia romana di polacchi. Il Pontefice argentino sa che nominando suoi confratelli gesuiti nei posti chiave della macchina vaticana correrebbe il rischio di dare alla sigla del suo ordine religioso SJ (Societas Jesu) un nuovo significato: “siamo di Jorge”. Così come è avvenuto sotto il regno di Benedetto XVI con il Segretario di Stato di Sua Santità, il salesiano Tarcisio Bertone, che aumentando notevolmente il potere curiale dei suoi confratelli ha tramutato di fatto il significato della sigla del suo ordine religioso SDB (Società Salesiana di San Giovanni Bosco) in “siamo di Bertone”.

Dopo gli appelli “rivoluzionari” dei primi cento giorni di pontificato, accompagnati anche da gesti austeri e perciò significativi, in ultimo la rinuncia a partecipare al concerto di musica classica sabato scorso in Vaticano lasciando la poltrona papale vuota nell’aula Paolo VI, Francesco sa che adesso è arrivato il tempo delle decisioni fondamentali. La sua sarà un’estate di lavoro. Dopo il viaggio a Rio de Jainero, dal 22 al 29 luglio, per la Giornata Mondiale della Gioventù, Bergoglio preparerà a Santa Marta l’introduzione all’enciclica sulla fede (“Fidem servavi“) elaborata da Benedetto XVI che promulgherà in autunno, ma sopratutto le linee guida che dovrà poi elaborare la commissione cardinalizia composta da otto porporati e coordinata dall’arcivescovo honduregno Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga. All’ordine del giorno la riforma della Curia romana con un prevedibile accorpamento di diversi dicasteri, ma anche lo Ior, la banca vaticana.

Francesco sa che una Chiesa per diventare povera e per i poveri, come prevede il suo programma di pontificato, non può non affrontare una seria e radicale opera di purificazione per annullare le lobby, gay e non, che si annidano nei sacri palazzi e che hanno governato durante il regno di Benedetto XVI. Una “Chiesa non ideologizzata” che si apra alle “periferie esistenziali” andando “controcorrente”. Parole che suonano come un avviso di sfratto a tutti coloro che nella Curia romana sono attaccati alle poltrone del potere più che a quello spirito di servizio su cui Francesco insiste continuamente. I testimoni della Chiesa del Papa argentino sono figure come Giovanni Paolo II, a cui Bergoglio è devotissimo e che spera presto di proclamare santo, e il cardinale vietnamita François Xavier Nguyên Van Thuân, che sotto il regime comunista trascorse tredici anni in carcere, senza giudizio né sentenza, di cui nove in isolamento.

La sua causa di beatificazione procede spedita e il prossimo 5 luglio, nel Vicariato di Roma, sarà chiusa la fase diocesana del processo. Del resto il Papa argentino è stato molto chiaro nell’indicare il criterio con il quale designerà vescovi e collaboratori: “Volentes nolumus“. I carrieristi saranno esclusi, ma anche gli studiosi. “E’ un gran teologo, una grande testa: che vada all’università, dove farà tanto bene! Pastori! Ne abbiamo bisogno! Che siano, padri e fratelli, siano miti, pazienti e misericordiosi; che amino la povertà, interiore come libertà per il Signore e anche esteriore come semplicità e austerità di vita, che non abbiano una psicologia da ‘Principi’. Che non siano ambiziosi, che non ricerchino l’episcopato”. Parola di Francesco, in attesa delle sue nomine.

Nella Chiesa – ha affermato il Papa nell’omelia della Messa di stamane nella quale ha imposto il pallio a 34 arcivescovi metropoliti – la varietà, che è una grande ricchezza, si fonde sempre nell’armonia dell’unità, come un grande mosaico in cui tutte le tessere concorrono a formare l’unico grande disegno di Dio. E questo deve spingere a superare sempre ogni conflitto che ferisce il corpo della Chiesa. Uniti nelle differenze: questa – ha concluso Francesco – è la strada di Gesù!”. Accanto al Papa, nella celebrazione della Messa nella Basilica Vaticana, come cardinale diacono c’era Domenico Calcagno, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa). Un segno eloquente dopo che ieri è stato arrestato monsignor Nunzio Scarano, fino a un mese fa responsabile del servizio di contabilità analitica dell’Apsa.

Jorge Mario Bergoglio, il Papa che ha scelto la solitudine per cambiare la Chiesa – Il Fatto Quotidiano.

disastro politico

il pollaio

in che razza di disastro siamo andati a ficcarci: la Santanchè che copre un’alta carica istituzionale coi voti del pd?

così Serra oggi nella sua Amaca:

No che non è adatta a una qualunque carica istituzionale, la signora Santanché: ha i modi politici di una campionessa di wrestling, e ogni due parole che dice una ha il dono di fare uscire dai gangheri non solo gli avversari, ma anche la metà dei suoi. Detto questo, il Pdl ha tutto il diritto di nominarla, e il Pd, per non votarla, è costretto ad arrampicarsi sugli specchi. Un governo con il Pdl è un governo con il Pdl. Punto. Con quel leader (pregiudicato), quelle idee, quei toni, quell’aggressività, quegli esponenti.

Non è la prima volta che il Pd è costretto a contorsioni dolorosissime per tenere insieme ciò che insieme non può stare: la fedeltà a un’alleanza politica che gli assegna — oltre tutto — la carica di primo ministro, e l’esigenza di non disgustare troppo i propri elettori. Se questo può rassicurare il Pd, sappia che il culmine del disgusto è stato già raggiunto e superato prima nei giorni orribili del voto per il Quirinale, poi incassando la patologica alleanza con Berlusconi. Che cosa di peggio può aggiungere, a questo quadro, la nomina di Santanché? Che la votassero. Almeno, ogni volta che la sentiamo parlare in quella veste, ci ricordiamo in che razza di disastro siamo andati a ficcarci.

“i poverelli di Francesco”

 

 

la preoccupazione del papa

lunedì prossimo papa Francesco andrà a Lampedusa: in questo modo la scelta del papa argentino ha rovesciato la tradizione e ne ha aperta una del tutto nuova

Francesco ha scelto un luogo periferico, una piccola isola, un luogo di vicende estreme della povertà e dell’abbandono

a proposito, una appropriata riflessione di Prosperi su La Repubblica odierna:

Lunedì prossimo papa Francesco compirà il suo primo viaggio da quando è pontefice. Papa Bergoglio andrà a Lampedusa. Dire che la notizia è importante è banale: da sempre, o almeno da quando i papi hanno cominciato a muoversi nel mondo, il viaggio papale è un evento significativo. Lo fu quando Pio VI meritò la definizione di “pellegrino apostolico” compiendo un lungo e faticoso percorso da Roma a Vienna nel 1782 per arginare le riforme dell’imperatore Giuseppe II. E tristemente importante per il papato fu il viaggio del suo successore Pio VII quando andò in esilio a Fontainebleau prigioniero di Napoleone. Viaggi faticosi, amari, decisi da altri. Solo nel secondo Novecento è cominciata la serie di viaggi liberamente e attentamente programmati. Fu Paolo VI che dette al titolo di “pellegrino apostolico” un contenuto nuovo recandosi con una scelta strategica a Gerusalemme nel gennaio del 1964. Da allora in poi c’è stata una vera inflazione di viaggi papali: il solo Wojtyla ne ha fatti più di cento. La luce della ribalta e l’investimento di tutta la potenza dei media hanno moltiplicato l’efficacia della presenza fisica del pontefice, diventato una vera superstar del mondo globalizzato. È sembrato allora che la strada fosse segnata per tutti i suoi successori, anche se era evidente la difficoltà di gareggiare su quel terreno. Non per niente Ratzinger ha prediletto luoghi familiari a un uomo di studio, come la sua Ratisbona. Ma oggi la scelta del papa argentino ha rovesciato la tradizione e ne ha aperta una del tutto nuova. Francesco I ha scelto un luogo periferico, una piccola isola, un luogo di vicende estreme della povertà e dell’abbandono. E così ha fatto come chi abbassa la voce per farsi ascoltare meglio. La campagna di criminalizzazione dell’immigrazione irregolare in Italia, su cui Luigi Manconi ha presentato pochi giorni fa in Senato un rapporto esauriente e agghiacciante, viene messa improvvisamente a tacere dalla destinazione scelta da papa Bergoglio. Lampedusa: qui da più di vent’anni si toccano gli estremi della sempre meno ricca Europa e del sempre più diseredato popolo dei dannati della terra. Solo nel 2011 vi sono sbarcate più di 50mila persone. Qui, nella disattenzione generale, arrivano i barconi e si registrano tragedie di naufragi e di assassinii. Quel braccio di mare che si apre dal porto di Lampedusa è un cimitero di profughi, soprattutto vecchi, donne e bambini. Di fatto, questa volta non è la notizia del viaggio papale ma è il nome del luogo che parla. Così come parlava quella sedia vuota al concerto della sala Paolo VI del 23 giugno. Voltando le spalle ai riti della mondanità vaticana, lasciando imbarazzati e silenziosi i monsignori, papa Bergoglio andrà a Lampedusa e salirà in barca per raggiungere il tratto di mare prossimo a Cala Pisana: lancerà in mare una corona in ricordo dei tanti morti che sono caduti in vista dell’isola, quelli per i quali non c’è stato bisogno di fare posto nel sempre più affollato cimitero di Lampedusa. Questi sono fatti che parlano e dicono alcune cose elementari. Dicono che la Chiesa di papa Francesco ha intenzione di ricordare a chi si crede cristiano chi siano i “prossimi” nel senso evangelico della parola. E chi pensa che l’Unione europea sia figlia dell’ideale rivoluzionario settecentesco della fraternità e dei diritti ha l’obbligo di constatare che l’immiserirsi del progetto europeo trova nel dramma di cui Lampedusa è il teatro la sua più evidente e grave manifestazione. La scelta papale è un sommesso ma fermo richiamo al dovere della solidarietà fra tutti gli esseri umani: esso riguarda l’Europa dei banchieri, ma riguarda in primo luogo noi italiani. E c’è da augurarsi che il gesto papale aiuti un paese che fu di emigranti a recuperare la sua memoria e a negare finalmente ogni credito al razzismo diffuso, al leghismo come ideologia e come pratica che ha pervaso tanti ambienti e tante formazioni politiche. Qui in Italia con leggi come la Bossi-Fini e con la successiva selva di decreti, regolamenti e atti amministrativi si è disseminato il paese di miserabili campi di concentramento dove i sopravvissuti alla traversata del Mediterraneo vengono condannati a scontare con lunghissime reclusioni nei Cie, il crimine imperdonabile della povertà: un paese dove è bastato il timido invito della ministra Kyenge a modificare una legge razzista sul
diritto di cittadinanza risalente al 1912 per farci ascoltare oscenità intollerabili. Sarebbe bello se questo viaggio a Lampedusa di un vescovo venuto dalla fine del mondo riuscisse a far capire al mondo sordo e afono della politica italiana che è finito il tempo in cui il consenso popolare si conquistava lanciando messaggi di paura e di rifiuto. Riscoprire il filo che lega la speranza dei disperati di Lampedusa alla nostra speranza di un’Italia migliore è oggi un compito della massima

 

 

 

una presenza significativa: Francesco a Lampedusa

 

 

 

2 luglio 2013 – Tonio Dell’Olio

La visita annunciata del Papa a Lampedusa non può e non deve essere considerata una delle consuete visite pastorali che il Vescovo di Roma riserva a una chiesa locale. Tutt’altro che una solenne cerimonia paludata. Questa volta non ci sono nuovi beati da annunciare o eventi storici da ricordare. C’è carne e sangue, volti e storie. Un dramma che altri tentano di rimuovere e che Francesco vuole mettere al centro di tutti, credenti e laici, soprattutto della politica. Un Papa come Francesco che rifugge i formalismi e intende piuttosto porre dei segnali forti, ci indica una direzione, un valore, un impegno: accogliere. Chiede alla comunità cristiana di coltivare la pedagogia dei fatti e di seminare segni. Ad altri di costruire politiche che invertano il crinale su cui siamo scivolati inesorabilmente e che prevede centri di detenzione finalizzati all’espulsione e un codice penale che trasforma le vittime in criminali. La miseria è criminalizzata e le mafie ringraziano perché proprio quelle leggi permettono loro di realizzare maggiori profitti. Un mondo in cui tutto favorisce la libera circolazione delle merci e ostacola il cammino delle persone, somiglia tanto a quell’antico commento ebraico (midrash) al racconto della Torre di Babele che lo stesso Papa Francesco ha ricordato recentemente. Si dice che la torre era ormai diventata così alta che per raggiungere la sommità si impiegava un anno. Avveniva così che se un operaio che trasportava un mattone verso la cima, per la stanchezza o lo sfinimento, cadesse, tutti piangevano perché… si perdeva un mattone. Grazie a Francesco che ci ricorda quanto le persone valgano incommensurabilmente di più dei mattoni.

la pace con gli f35?

 

 

convivialità delle differenze

Pax Christi Italia Comunicato stampa

 

 

#F35. Ministro Mauro: “Per amare la pace, armare la pace”. Una falsità storica, un’offesa all’intelligenza, dimenticate le radici cristiane.

                                                                            

 

Dopo la discussione in Parlamento sul progetto F35 (aerei da guerra dal costo di circa 130 milioni l’uno), il presidente di Pax Christi è intervenuto con questo breve messaggio via Twitter.

Pax Christi chiede di diffondere, sostenere e aderire a questo messaggio, in vista anche dei prossimi dibattiti parlamentari, per continuare il cammino di costruzione della pace, per il disarmo, contro il proliferare di armamenti e di spese militari.

 

Per ulteriori informazioni su F35 e spese militari: www.paxchristi.it/  e www.disarmo.org/

 

Firenze, 30 giugno 2013                                                                            Pax Christi Italia           

 

 

 

disoccupazione: massimo storico

buona

disoccupazione: siamo al massimo storico

a maggio ha raggiunto il 12,2%

gattino

 

La disoccupazione a maggio e’ al 12,2%. Il dato dell’Istat segna il nuovo massimo storico. Il numero dei senza lavoro e’ di 3 milioni 140 mila, in aumento di 56 mila unita’ su aprile e di 480 mila su base annua. La crescita riguarda sia gli uomini che le donne. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24anni) a maggio e’ al 38,5%: in calo di 1,3 punti percentuali su aprile, ma in rialzo di 2,9 punti su base annua. Risultano in cerca di lavoro 647 mila ragazzi. Il tasso di disoccupazione ai livelli peggiori dal 1977 ”purtroppo e’ un dato che non potevamo fare altro che aspettarci”. Ne e’ convinto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che, a margine dell’assemblea annuale di Anie, ha sottolineato che ”riflette l’andamento dell’economia reale, questa e’ la sensazione che abbiamo in Confindustria”.

il papa a Lampedusa

visita del papa a Lampedusa: lunedì prossimo, nella sua prima uscita italiana, “perché profondamente toccato dal recente naufragio di un’imbarcazione che trasportava migranti provenienti dall’Africa, ultimo di una serie di tragedie

Papa: lunedi’ a Lampedusa, appello per immigrati e corona fiori in mare

 – L’appello per gli immigrati rivolto ”alla responsabilita’ di tutti, affinche’ ci si prenda cura di questi fratelli e sorelle in estremo bisogno” sara’ al centro della visita che Papa Francesco compira’ lunedi’ prossimo nell’isola di Lampedusa, meta scelta anche perche’, come riferisce la sala stampa vaticana, ”profondamente toccato dal recente naufragio di un’imbarcazione che trasportava migranti provenienti dall’Africa, ultimo di una serie di analoghe tragedie”.

Francesco partira’ in aereo alle 8 dall’aeroporto militare romano di Ciampino e alle 9.15 e’ previsto l’atterraggio all’aeroporto di Lampedusa dove sara’ accolto da monsignor Francesco Montenegro arcivescovo di Agrigento e da Giuseppina Nicolini sindaco di Lampedusa. Il Papa raggiungera’ in auto Cala Pisana, dove si imbarchera’ per raggiungere via mare il porto di Lampedusa: ad accompagnarlo con le loro barche saranno i pescatori siciliani e al largo Francesco lancera’ in mare una corona di fiori in ricordo delle vittime. Quindi, giungera’ nel porto di Punta Favarolo, sul cui molo trovera’ in attesa gruppi di immigrati, che salutera’ prima di raggiungere il auto il campo sportivo ‘Arena’ in localita’ Salina.

Qui, Jorge Mario Bergoglio celebrera’ la messa, con l’arcivescovo di Agrigento monsignor Francesco Montenegro e, al termine della cerimonia eucaristica, andra’ nella parrocchia di San Gerlando. Alle 12.30, il Papa ripartira’ alla volta dell’aeroporto di Lampedusa e dopo l’atterraggio allo scalo romano di Ciampino si trasferira’ immediatamente in Vaticano.

 

 

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