caro papa ti scrivo … una suora scrive a papa Leone

caro fratello papa Leone

di Marta Zechmeister
in “www.feinschwarz.net” 

Sono felice della tua elezione. Sono incredibilmente felice che sia stato eletto papa tu, uomo della
Chiesa missionaria, uomo di vera interculturalità, “pastore che ha l’odore delle pecore”. E sono
grata che la tua elezione prometta continuità con l’opera di papa Francesco. Ha riportato al centro
della Chiesa ciò che al centro spetta: l’impegno incondizionato verso i vulnerabili, le emarginate, gli
“scartati”. Questa è la pratica di Gesù e per questa val la pena mobilitare tutte le nostre forze. La
scelta della tua persona e il nome Leone che hai scelto mi danno la speranza che continuerai a
guidare la Chiesa su questa strada.
Sono una suora e un’insegnante di teologia. Insieme ai miei studenti, tutti giovani religiosi, giovedì
scorso, l’8 maggio 2025, in una piccola aula universitaria di El Salvador ho guardato incantata, sul
cellulare e sul computer, la fumata bianca che si alzava. Siamo rimaste/i affascinate/i dall’atmosfera
festante della folla in piazza San Pietro. Abbiamo ascoltato il tuo primo “la pace sia con voi” e
siamo state/i felici di questa parola potente, in un mondo tormentato dalla guerra! E quando ti sei
rivolto a noi in spagnolo e hai espresso il tuo rispetto per la fede delle/i latinoamericane/i, non c’era
modo di fermare la gioia.

Mi sento profondamente connessa con te

Fratello Leone, mi sento profondamente connessa con te nel tuo impegno per una Chiesa povera,
per una Chiesa delle/i povere/i. Abbiamo più o meno la stessa età e condividiamo una biografia
simile: la vocazione alla vita religiosa, la formazione teologica sulla scia del Concilio Vaticano II,
l’uscita da ciò che significa la propria identità culturale; via dal Nord del mondo, da una società
privilegiata, per trovare la nostra nuova casa in America Latina; dove ci troviamo di fronte
direttamente a ciò che le politiche imperialiste dei “paesi sviluppati” stanno facendo in altre parti
del mondo.
Condivido con te la gioia di ciò che significa essere accolte/i come una sorella, come un fratello, in
un luogo dove il Vangelo ha rilevanza immediata, in una Chiesa dove non bisogna cercare
artificialmente il senso della fede, ma dove la fede è, per tante/i, il pane quotidiano della
sopravvivenza.
Fratello Papa, 50 anni fa ho iniziato il mio cammino consapevole nella Chiesa con la fiducia certa,
forse ingenua, che sarebbero bastati solo pochi anni prima che trovassimo una fraternità e sororità
completa nella Chiesa; una Chiesa in cui non ci fossero più gerarchie basate sul genere. Ho riposto
la mia fiducia in una Chiesa guidata da Gesù e dalla sua pratica, dal suo modo di incontrare le
donne e gli uomini, una Chiesa che perciò, senza se e senza ma, metta in pratica la semplice verità:
«Uno solo è il Padre vostro, quello nei cieli» (Mt 23,9), e voi siete tutti fratelli e sorelle!

Uomo ragionevole e allo stesso tempo sensibile

Leone, sei un uomo ragionevole e sensibile. Quando ho ascoltato il tuo discorso breve e chiaro, ho
provato profonda gratitudine perché la tua sobrietà e razionalità si distinguono così piacevolmente
dalle assurdità populiste e irrazionali degli uomini “machi” che attualmente dominano il mondo. E
sei un canonista. Tu sai quanto l’intero “apparato” della Chiesa cattolica non sia semplicemente
dovuto alla “legge divina”, ma sia cresciuto storicamente, sia stato plasmato dal contesto e dalla
relativa situazione culturale; e quanto possa quindi essere modificato. L’unica cosa che deve
davvero costituire il “canone”, lo standard incrollabile di come dobbiamo organizzare la Chiesa, è il
modo in cui Gesù ha istituito la comunità e come i suoi discepoli e le sue discepole si sono riunite/i
nelle loro comunità in seguito all’incontro con il Risorto e all’incursione del suo Spirito a
Pentecoste. Tutto il resto è opera umana, è cresciuto nel corso della storia e quindi può essere
cambiato.
Caro fratello Papa, come te, sono plasmata dal carisma del mio ordine. Mi sento in debito con Mary
Ward, che più di 400 anni fa ha ampliato i confini di ciò che era allora possibile secondo il diritto
canonico. È uscita dalle mura del chiostro e così ha contribuito in modo significativo ad aprire la
strada all’attività apostolica delle donne nella Chiesa. Penso che sia giunto il momento di abbattere
nuovamente i muri e di fare spazio allo Spirito vivente di Dio.

Si tratta del Vangelo

Leone, sei descritto come un uomo che sa ascoltare. Ed è per questo che ho il coraggio di rivolgermi
a te con parresia biblica, con franchezza, senza paura e senza esitazione: è giunto il momento che le
donne siano incluse senza alcuna restrizione in tutti i ministeri e livelli della Chiesa. Non come un
gesto, non come un’eccezione, non come un segno simbolico. Ma in piena uguaglianza. Non si tratta
di potere. Si tratta di dignità. Si tratta della verità. Si tratta del Vangelo.
Per essere chiara: non voglio affatto questo ministero. Non l’ho mai voluto e, a quasi 70 anni,
sarebbe ridicolo. Ma vorrei contribuire a trasformare radicalmente il ministero, il servizio nella
Chiesa. Così che lo riprogettiamo nuovo dalla radice, più simile a Gesù, più fraterno e sororale. Non
un privilegio esclusivo di un genere, ma un servizio comune di uomini e donne. Questo ministero
dovrà cambiare, nei suoi simboli, nella sua messa in scena, in tutto.
Continuo a sentir dire: “Non è il momento giusto e un passo del genere provocherebbe uno scisma”.
Potrebbe sembrare inappropriato importunarti con una richiesta del genere solo pochi giorni dopo la
tua elezione. Ma probabilmente non esiste mai un momento giusto e l’argomento non può più essere
rimandato. Perché lo scisma è in atto da tempo. È l’esodo lento e inarrestabile delle donne (e degli
uomini) che non si ritrovano più in una Chiesa che rimane simbolicamente e strutturalmente
maschile.
Nella migliore delle ipotesi, questa uscita avviene sotto forma di protesta, ma il più delle volte è
silenziosa, inosservata, frustrata. Lo scandalo non è un po’ di fumo rosa sopra la Basilica di San
Pietro; Il vero scandalo è che la rappresentazione di Gesù sia ancora messa in scena come un
privilegio maschile.

Potere della messa in scena

La Chiesa cattolica è una vera maestra della messa in scena. E questo potere della messa in scena,
usato saggiamente, come atto simbolico profetico, è una grande risorsa: il primo viaggio di papa
Francesco a Lampedusa, il suo bacio sui piedi della richiedente asilo musulmana, ecc. Capisco che
tu abbia voluto inviare un segno ad alcuni dei tuoi fratelli nel Collegio cardinalizio, tendere loro la
mano quando, alla tua prima apparizione, hai indossato di nuovo la mozzetta rossa e la stola
ricamata in oro che papa Francesco aveva abbandonato 13 anni fa, e quando hai permesso loro di
baciarti l’anello.
Ma proprio perché hai sensibilità per questi segnali, spero anche che tu comprenda quale simbolo
fatale sia il fatto che, in ogni celebrazione dell’Eucaristia, espressione centrale e cuore della
comunità cristiana, a noi donne venga concessa ogni sorta di cose: “possiamo” leggere le letture,
“possiamo” cantare nel coro, non siamo più escluse dallo spazio dell’altare come “impure” e
“possiamo” forse anche fare le chierichette. Ma colui che presiede l’Eucaristia, colui che ha il
potere di annunciare il Vangelo e di interpretare la Parola di Dio nell’omelia, colui che invoca la
presenza di Gesù Cristo sul pane e sul vino, è sempre e di nuovo inevitabilmente un uomo. Non si
tratta di un’esteriorità di poco conto che noi donne dobbiamo accettare: no, è una ferita nel cuore
della Chiesa.

Diventiamo colpevoli

Non sono certamente una femminista della prima ora, né corro il rischio di seguire le mode del
momento o di sottomettermi acriticamente ai criteri di un mondo secolarizzato. Piuttosto, sono stata
cresciuta come una suora conservatrice. Ma noi brave donne nella Chiesa, noi conformiste, noi che
siamo sempre rimaste in silenzio “per il bene comune”, diventiamo colpevoli perché contribuiamo a
sfigurare il volto di Gesù nella Chiesa.
Non dobbiamo più farlo. Il Vangelo ci obbliga a rialzarci dal nostro andare curve. A guardare dritto
negli occhi voi uomini e non tollerare più le vostre cricche maschili. Non perché noi donne
possiamo avere più potere. No, ma piuttosto perché il nostro servizio comune al mondo diventi più
credibile.
Essere donna non è una qualità morale, così come essere uomo non è una qualità morale.
Siamo peccatori e peccatrici, ma come tali, donne e uomini, siamo chiamati a rendere presente Gesù
Cristo in questo mondo che chiede a gran voce salvezza. In quanto donne, non dobbiamo più
lasciarci dividere tra femministe cattive e aggressive e pie donne conformiste che mantengono in
funzione il sistema. E certamente non tra le “donne privilegiate del Nord con i loro problemi di
lusso” e le cattoliche del Sud, la cui lotta per la sopravvivenza insegnerebbe loro cosa conta
davvero. Si tratta di unirci come donne in vera solidarietà sororale, al di là di tutte le differenze
culturali, lottare insieme per un mondo più giusto e umano e aiutare così la Chiesa ad avere un volto
più simile a quello di Gesù.

Molte nel frattempo se ne sono andate

Nel frattempo molte delle mie amiche e compagne di viaggio se ne sono andate da questa Chiesa.
Alcune sono diventate protestanti, perché lì possono esercitare il loro ministero alla pari, altre sono
entrate in politica, perché lì possono fare di più. Capisco le une e le altre. Altre ancora si sono
arenate nella delusione e questo mi rattrista davvero tanto.
Nessuna di queste strade è aperta, per me. Sono appassionatamente, inguaribilmente cattolica fino al
midollo. Non posso fare nient’altro che essere e rimanere in questa Chiesa. Ma proprio per questo
mi aspetto da lei, con ostinata perseveranza, ciò che sembra umanamente impossibile: che si
esponga davvero, sinceramente e profondamente allo Spirito di Dio, Spirito di Pentecoste, Spirito
trasformativo.
A molti chierici verrebbe da gridare: non abbiate così tanta paura! Perché vi aggrappate così
ostinatamente al ministero esclusivamente maschile? Abbiate il coraggio di lasciare andare, non
parlate tanto di evangelizzazione, ma lasciatevi evangelizzare! Non perderete nulla, tranne la vostra
cocciutaggine e le vostre paure; piuttosto, vi ritroverete in un’umanità più ricca e completa, capace
di un servizio disinteressato verso le/gli altre/i, verso questo mondo ferito assetato di guarigione e
redenzione.

Cambiare il mondo fianco a fianco

Caro fratello Papa, dobbiamo prima conoscerti. Ma ti considero un uomo coraggioso, un uomo che
sa togliere la paura ai suoi fratelli e allo stesso tempo ha il coraggio di cambiare ciò che sembra
scolpito nella pietra. Ti sarò infinitamente grata se continuerai con ciò con cui hai iniziato il tuo
papato: la pace. Parla con coraggio e autorità contro i “machi” autoritari di questo mondo e le loro
strategie di morte. Schièrati contro le politiche isolazioniste del Nord contro le/i migranti. Ma abbi
anche il coraggio di abbattere i muri che continuamente escludono e offendono le tue sorelle nella
fede, quelle che sostengono abbondantemente questa Chiesa. Le donne sono capaci di leadership e
responsabilità tanto quanto gli uomini. Forse per certi aspetti sono addirittura più brave, così come
per altri aspetti è certamente vero il contrario.
Non voglio che questa Chiesa resti una reliquia arcaica, lo specchio di un ordine sociale che non è
più sostenibile. Voglio che noi, donne e uomini, lavoriamo fianco a fianco per cambiare questo
mondo. E questo include anche l’inizio della piena integrazione delle donne in tutte le posizioni di
leadership nella Chiesa. Adesso. Non chissà quando.
Con determinazione, amore per la Chiesa e speranza ardente,
la tua sorella Martha

Martha Zechmeister, suora della Congregatio Jesu, è professoressa di Teologia sistematica presso
l’Universidad Centroamericana (UCA) di El Salvador.

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*Martha Zechmeister, suora della Congregatio Jesu, è professoressa di Teologia sistematica presso
l’Universidad Centroamericana (UCA) di El Salvador.
(traduzione di Elza Ferrario

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