Papa Bergoglio inventa un nuovogenere d’invocazione: la preghiera di lotta

Bergoglio preghiera

un nuovo genere di preghiera, inventato da papa Francesco: la preghiera di lotta per il lavoro
“Signore insegnaci a lottare per il lavoro”

Il “fonte battesimale” della città del Papa, sull’estuario del “fiume d’argento”, fu scolpito nella testardaggine granitica dei marinai di Sardegna, che si imposero sui comandanti e imposero all’insediamento un nome di donna, e di Madonna, insieme a quelli maschili e trini del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo: le pari opportunità e la teologia femminile con cinque secoli di anticipo, a furor di ciurma e minaccia di ammutinamento.

E’ stato Francesco stesso a raccontarlo il 15 maggio in Piazza San Pietro, annunciando la sua visita settembrina: “Proprio nel momento della fondazione della città di Buenos Aires, il suo fondatore voleva nominarla Città della Santissima Trinità, ma i marinai che lo avevano portato laggiù erano sardi e loro volevano che si chiamasse Città della Madonna di Bonaria”.

Un omaggio che la Vergine ha ricambiato con divina fecondità, portando a sua volta l’arcivescovo di quella metropoli sul soglio di Pietro, dai confini del mondo, e conducendolo a Cagliari come il richiamo di un antico amore, davanti alla donna che scruta il mare dalla collina dell’“aria buona”.

Nell’immaginario di Francesco l’Italia comincia dalle isole: più che un punto di vista una “visione”. Anche Assisi, terza imminente tappa delle sue trasferte, si rappresenta e viene percepita come un’isola, di serenità e pace però, al contrario delle prime due, Lampedusa e Sardegna, segnate francescanamente dalle stigmate del nostro tempo: la fuga dalla patria e la perdita del lavoro.

“Questa è la seconda città che visito in Italia. E’ curioso: tutte e due sono isole. Nella prima ho visto la sofferenza di tanta gente che cerca, rischiando la vita, dignità, pane, salute: il mondo dei rifugiati. E ho visto la risposta di quella città, che essendo isola non ha voluto isolarsi…”.

Se da una parte le isole allargano gli orizzonti, predisponendo all’apertura mentale, dall’altra circoscrivono gli argomenti, realizzando la condizione congeniale al discernimento, che Francesco descrive nella intervista alla Civiltà Cattolica: “…non essere ristretti nello spazio più grande, ma essere in grado di stare nello spazio più ristretto. Questa virtù del grande e del piccolo è la magnanimità, che dalla posizione in cui siamo ci fa guardare sempre all’orizzonte …i grandi principi devono essere incarnati nelle circostanze di tempo e di luogo, di tempo e di persone”.

Nella sua domenica insulare Francesco ha pertanto “isolato” temi e problemi in altrettanti momenti e “memento” vis à vis: lavoratori, poveri e detenuti, intellettuali e giovani. “Io riesco a guardare le singole persone una alla volta, a entrare in contatto in maniera personale con chi ho davanti. Non sono abituato alle masse”, ammette del resto nel colloquio con Padre Spadaro. “Io avevo scritto alcune cose per voi”, ha ugualmente esordito all’arrivo a Cagliari, “ma guardandovi ho preferito dirvi quello che mi viene dal cuore in questo momento”.

Di fronte a genitori disoccupati, precari e cassaintegrati Bergoglio è tornato figlio e il Papa si è sentito “papà”, il suo papà, che partì per l’Argentina “pieno di illusioni a farsi l’America. E ha sofferto la terribile crisi degli anni trenta. Hanno perso tutto! Non c’era lavoro!”.

Un discorso proseguito senza distogliere gli occhi dall’uditorio se non al termine, quando li ha levati al cielo, interpellando Dio. Mentre a Lampedusa si era rivolto ai poteri forti con il linguaggio forte della Bibbia, inventando la “liturgia della liberazione”, in terra di Sardegna il Pontefice ha consegnato alla memoria della Chiesa un nuovo genere di invocazione: la “preghiera di lotta”. “Signore, ci manca il lavoro. Gli idoli vogliono rubarci la dignità. I sistemi ingiusti vogliono rubarci la speranza. Signore Gesù, a Te non mancò il lavoro, dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro…”. La sera del 13 marzo, a ridosso della fumata bianca, scrivemmo d’istinto tema e  titolo del primo articolo su Bergoglio: “Il vento buono di Buenos Aires”. Sei mesi dopo il “vento buono” ha per un giorno accarezzato il colle cagliaritano dei suoi natali etimologici, soffiando alte parole ardite, per poi riprendere la lotta e il largo, rinfrancato e fiero, incontro alla “tempesta perfetta” che investe il mondo.

 

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