la saggezza di Socrate

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Nell’antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse:

– Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?

– Un momento – rispose Socrate. – Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.

– I tre setacci?

– Ma sì, – continuò Socrate. – Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero?

– No… ne ho solo sentito parlare…

– Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?

– Ah no! Al contrario

– Dunque, – continuò Socrate, – vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell’utilità. E’ utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?

– No, davvero.

– Allora, – concluse Socrate, – quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?

Se ciascuno di noi potesse meditare e metter in pratica questo piccolo test… forse il mondo sarebbe migliore.

dice un’ovvietà, imprudentemente: ne approfittano per smantellare sentenze definitive

 

 

 

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il giudice Esposito, il presidente del tribunale  della Cassazione che il 1° di agosto ha emesso la sentenza di condanna definitiva di Berlusconi, pensava di fare un piacere ai vecchio amico giornalista concedendogli un’intervista

 

una buona ricostruzione del fatto nell’articolo di M. Lillo sul fatto quotidiano odierno:

 

NON È CHE NON POTEVA NON SAPERE” È LA FRASE DELLA POLEMICA PRONUNCIATA DAL GIUDICE ANTONIO ESPOSITO AL “MATTINO”.

Pensava di fare un bel dono al vecchio amico giornalista: un’intervista esclusiva che tutti cercavano. Dopo avere detto di no a tv, radio e grandi quotidiani nazionali, il presidente della sezione feriale della Cassazione che ha giudicato Berlusconi colpevole di frode fiscale, Antonio Esposito, 72 anni da Sarno, si è concesso al Mattino, per l’esattezza ad Antonio Manzo, 53 anni da Eboli. Si erano conosciuti trenta anni prima, Esposito pretore a Sapri e Manzo cronista ventenne a caccia di scoop, oggi caporedattore e inviato speciale del Mattino. Esposito si fidava di Manzo e il giorno della sentenza che ha condannato Berlusconi non gli aveva detto un no secco come ai colleghi ma solo: “Tranquillo, te la do l’intervista, quando le acque si calmano”. Ora le acque si sono agitate e parecchio. Il ministro della Giustizia Cancellieri sta valutando l’ipotesi dell’azione disciplinare nei confronti di Esposito e tre membri laici del Pdl che fanno parte del Csm – Filiberto Palumbo, Bartolomeo Romano e Nicolò Zanon – chiedono l’apertura di una pratica sulle sue dichiarazioni.
L’INTERVISTA a pochi giorni dalla sentenza, quando il dispositivo è noto ma la motivazione deve ancora essere stesa, è un’ingenuità che il fronte berlusconiano non si è fatta sfuggire. Il presidente della Cassazione Giorgio Santacroce ha convocato Esposito ieri pomeriggio nel Palazzaccio, alla presenza del segretario generale Franco Ippolito. Esposito si è difeso, ha smentito alcuni passi dell’intervista e ha prodotto un fax inviatogli dal Mattino con il testo concordato dopo una lunga telefonata con Manzo. Il fax non contiene la frase che ha suscitato su di lui le maggiori critiche. Santacroce ha preso atto e poi ha scritto una relazione urgente al ministro con allegato il fax, che pubblichiamo sopra. Nell’intervista pubblicata dal Mattino, Esposito dopo avere parlato del principio del ‘non poteva non sapere’ in generale (“Potrebbe essere una argomentazione logica, ma non può mai diventare principio alla base di una sentenza”) risponde a una domanda precisa del cronista. Manzo chiede “Non è questo il motivo per cui si è giunti alla condanna? E qual è allora?”. Esposito nel testo risponde:“Noi potremmo dire: tu venivi portato a conoscenza di quel che succedeva. Non è che tu non potevi non sapere perché eri il capo. Teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva. Tu non potevi non sapere, perché Tizio, Caio o Sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. È un po’ diverso dal non poteva non sapere”.
La domanda e la risposta non sono contenute nel testo concordato spedito via fax alle 19,30 di lunedì 5 agosto al numero di casa Esposito dalla segreteria di direzione del Mattino. Il presidente Esposito dice il vero quando dichiara all’Ansa: “Il testo dell’intervista da pubblicare, inviatomi dal giornalista del Mattino, dopo il colloquio telefonico, via fax, alle ore 19,30 del 5 agosto 2013 è stato manipolato con l’inserimento, da parte del giornalista, della domanda…”. Ma non è del tutto vero che la risposta sul principio “non poteva non sapere”, non sia mai stata data a Manzo. Semplicemente l’inviato del Mattino ha scelto di fare il suo mestiere fino in fondo infischiandosene del fax inviato, dei decenni di consuetudine con il magistrato e delle conseguenze di questa sua scelta, pienamente legittima, sul giudice. “Quelle parole non erano contenute nel fax ma sono state dette dal giudice Esposito. Per questo abbiamo ritenuto fosse giusto pubblicarle”, spiega Antonio Manzo al Fatto. Il giudice Esposito nel suo comunicato all’Ansa si duole per il comportamento del giornalista: “È sufficiente confrontare il testo dell’articolo pubblicato dal Mattino con il testo inviatomi alle ore 19,30 (data del fax), da pubblicare, per rendersi conto della gravissima manipolazione che ha consentito al giornalista di confezionare il titolo ‘Berlusconi condannato perché sapeva non perché non poteva non sapere’”. Ma lo stesso Esposito nella conversazione registrata dal giornalista del Mattino e pubblicata sul sito internet della testata partenopea in serata, ha effettivamente accennato alla questione della motivazione possibile della condanna di Berlusconi. Nella conversazione registrata non c’è la domanda specifica sulla motivazione della condanna a Berlusconi. Dallo spezzone pubblicato sembra di capire che Esposito voglia spiegare al giornalista un principio giuridico generale (‘è stato detto’) tanto che al-l’amico giornalista fa presente con accento campano: ‘nun me portà ngoppa a stu problem’, cioè non mi fare parlare della motivazione di Berlusconi. Esposito dice effettivamente “potremmo dire eventualmente nella motivazione” ma poi aggiunge che “è sempre una valutazione di fatto”. E, come si sa, la valutazione di fatto non dovrebbe essere permessa alla Cassazione, il che fa pensare che alla fine Esposito torni a parlare in generale. Comunque lo scivolone mediatico di Esposito non dovrebbe avere conseguenze sul piano del processo a Berlusconi, perché il verdetto è già definitivo e neanche sul piano disciplinare. L’articolo 2 della legge 269 del 2006 punisce solo “le pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione” mentre esclude quelli “definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria”, come la sentenza Berlusconi. Nel 2011 dopo la sentenza sul caso Meredith, il presidente della Corte di Appello di Perugia – Claudio PratilloHellmann-ha parlato abbondantemente con la stampa prima del deposito della motivazione. Nessuno ha avuto nulla da ridire. Forse perché è meno rischioso spiegare alla stampa l’assoluzione di Amanda Knox che la condanna di Berlusconi.

Da Il Fatto Quotidiano del 07/08/2013.

i tradizionalisti cattolici contro papa Francesco

 

 

 

 

il papa

 

ne ha molti contro!

ha contro almeno tutto il mondo web dei supertradizionalisti cattolici seguaci di Lefebvre, negazionisti nei confronti dell’olocausto, amanti di un ritualismo statico, astorico, arcaico, sacralizzato come la messa in latino ecc.

non sopportano affatto il sottovalutare gesti, segni, paramenti tipici di una gestualità sacrale legata al comportamento del papa consacrato dalla tradizione

soprattutto li scandalizza il guardare in modo umano-evangelico anche i gay

qui sotto l’articolo odierno di P. Rodari  su ‘La Repubblica’ che delinea  una sorta di mappa di opposizione critica nei confronti di papa Francesco: 

 

 

“Basta con samba e gay” l’anatema dei tradizionalisti contro le svolte di Francesco

di Paolo Rodari

  Un sottobosco cresce nel regno di Jorge Mario Bergoglio. Gruppi di tradizionalisti, ultra- conservatori, perfino sedevacantisti, che sul web — non così sui media tradizionali — trovano l’humus in cui proliferare e di qui lanciare i propri strali contro Francesco, il papa del ritorno all’essenziale, al Vangelo che come sognava Simone Weil elimina le parole di principale ostacolo all’incarnazione di Cristo: anathema sit. Non ci sono più scomuniche con Bergoglio, «il papa che era già un Francesco a Buenos Aires», come ha detto all’Osservatore Romano il suo amico cardinale brasiliano Claudio Hummes. A conti fatti, un problema serio per il mondo tradizionalista che sulle condanne ha costruito parte della propria fortuna. Uno dei post più decisi è del blogmessainlatino.it che si dichiara «per il rinnovamento della Chiesa nel solco della tradizione». Parla apertis verbis della «crisi d’identità del vescovo di Roma Francesco». E picchia duro sulla domanda che il papa si è posto sull’aereo lunedì 29 luglio di ritorno dal Brasile: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?». Parole che sono «una vera e propria crisi di identità» e che, dice convinto il blog,«valgono molto di più dei pur miserevoli episodi del pastorale di Lampedusa, della samba episcopale di Rio, del rifiuto delle insegne pontificie…». Perché sono «il segno tangibile di uno smarrimento esistenziale che fa letteralmente tremare i polsi e il cuore ai fedeli». Ma Santità, chiede ancora messainlatino.it, «perdonate l’ardire, voi non siete forse il “papa”? Non avete forse le chiavi per aprire e chiudere il Regno dei Cieli?». Il sottobosco è esteso e travalica i confini nazionali. Traditioninaction. org— «La più bella avventura del mondo è la nostra», dichiarano i moderatori — è un gruppo tradizionalista con base a Los Angeles. Per loro Francesco è un «burlone» che anziché togliersi lo zucchetto davanti a Dio, preferisce «metterlo in testa a una ragazzina — così fa spesso il papa quando incontra i fedeli, facendo propria una consuetudine che era anche dei suoi predecessori, ndr —, per scherzare con lei e far ridere la gente. In questo modo egli cerca di apparire come un vecchio nonno che intrattiene sua nipote e allo stesso tempo dimostra che i simboli del papato sono inutili». E ancora: «Si tratta dell’ennesimo passo volto a desacralizzare i simboli del papato al fine di svilirli e poi di abolirli». Insomma, per i tradizionalisti americani quei giri in piazza San Pietro tra la folla che per Francesco non sono tempo perso ma missione, sono «tour democratico/demagogico», segno di uno stile «miserabilista». Il recente commissariamento dei “Francescani dell’immacolata” da parte della Congregazione dei religiosi, un ordine tradizionalista che celebra messa col rito antico, ha provocato il diniego del sito conservatore corrispondenzaromana. it. Dicono: «In una sola mossa, non vengono esautorati solo il fondatore di un ordine fiorente e i vertici che lo assistono, ma anche il motu proprio di Benedetto XVI che liberalizza la celebrazione della messa in rito gregoriano, il pontefice che lo ha emanato e, in definitiva, la messa stessa». E ancora: «Accade che, in nome del papa», il governo dell’istituto viene trasmesso «a una minoranza di frati ribelli, di orientamento progressista, ai quali il neo- commissario si appoggerà» per «condurlo al disastro a cui fino a ora era sfuggito grazie alla sua fedeltà alle leggi ecclesiastiche e al magistero». La galassia tradizionalista che sul web contesta il papa non è tutta in comunione con Roma, ma ne è anche fuori, uscita in parte in scia allo scisma lefebvriano, in parte alla spaccatura interna ai Legionari di Cristo dopo la cacciata di padre Marcial Maciel Degollado. Due mondi che soffiano contro il pontificato, e che già dai tempi di Ratzinger boicottano ogni slancio ecumenico. L’avversione ha radici lontane. E nasce da quando all’interno del Celam — il Consiglio episcopale
latinoamericano — il futuro papa aveva spinto per un risanamento della galassia Legionari-Regnum Christi che nelle due Americhe ha seguaci e simpatizzanti. Non a caso, è stato il conservatore National Catholic Register ad avere per Francesco parole dure. A suo dire l’elezione al soglio di Pietro è stata l’«ennesima aggiunta al mucchio delle recenti novità e mediocrità cattoliche». Fra queste mediocrità, per il sito una Fides, ci sono le messe celebrate in Brasile dove i sacerdoti hanno distribuito l’eucaristia con dei bicchieri di carta: «Il Signore un giorno chiederà conto degli innumerevoli sacrilegi compiuti da milioni di fedeli, migliaia di sacerdoti, centinaia di vescovi, decine di cardinali e forse anche da qualche papa».

la situazione politica italiana bloccata da Berlusconi

il corazziere

il pdl agita la bandiera della ‘agibilità politica’ di Berlusconi dopo la sua condanna, come se nel nostro paese non ci fosse democrazia e non fosse permesso a tutti di svolgere la propria attività politica

ci muoviamo chiaramente su un terreno scivoloso, su cui riflette opportunamente C. Tito su ‘La Repubblica’ di oggi:

 

L’agibilità ad personam
(Claudio Tito).

IL PDL agita la bandiera della “agibilità politica” del suo leader. Ma è un terreno scivoloso. Contestarne l’assenza comporta dei rischi. Quando un’importante forza politica mette in campo questo concetto, dovrebbe essere consapevole del fatto che muove un’accusa precisa e grave.

È come se dicesse: nel nostro Paese non c’è democrazia, non è permesso a tutti e a tutti i partiti di svolgere la propria attività. È come se rimproverasse la classe dirigente attuale, il governo, le massime istituzioni di muoversi lungo un percorso antidemocratico. È questa la situazione che si vive in Italia?
No, non è e non può essere questa. A parte una evidente contraddizione, visto che l’attuale esecutivo è sostenuto da una maggioranza di cui fa parte anche il Popolo delle libertà, la condanna di Silvio Berlusconi non ha nulla a che vedere con la tenuta del nostro sistema né con l’agibilità politica di un leader che ha personalmente guidato il Paese per una decina degli ultimi 19 anni e che nello stesso periodo ha influenzato la vita complessiva del paese, sul piano politico e culturale, in maniera determinante.
La pena a quattro anni di reclusione (solo un anno da scontare perché gli altri tre sono stati cancellati da un indulto) è il frutto di un processo penale svoltosi regolarmente nei tre gradi di giudizio. Lo ha confermato la Corte di Cassazione che lo stesso ex presidente del Consiglio aveva definito il «mio giudice a Berlino ». Un processo provocato da un reato e non da un’opinione. Da un illecito e non da una posizione politica. Il Cavaliere non è stato condannato per la sua attività in Forza Italia prima e nel Pdl poi. Non è stato giudicato in quanto leader di partito. Il concetto dell’agibilità politica, sollevato in questo modo, è dunque a dir poco inappropriato. I suoi sostenitori adesso lamentano il fatto che senza Berlusconi viene a mancare la competizione politica, viene eliminato il futuro avversario del centrosinistra. In un sistema democratico, la leale e corretta sfida elettorale deve essere ovviamente garantita. Ma il caso non è questo. I magistrati non dovrebbero applicare la legge? O il Parlamento dovrebbe immaginare una corsia preferenziale?
Una risposta affermativa comporterebbe l’accettazione di analisi, queste sì azzardate, secondo cui il leader del centrodestra può fregiarsi di un
status giuridico eccezionale. E questo solo in quanto leader del centrodestra. Come direbbe il filosofo Carl Schmitt si dovrebbe dar vita ad uno “Stato d’eccezione” in cui legalità e legittimità sono separate, in cui lo Stato di diritto per come lo abbiamo conosciuto dal 1948 ad oggi viene sospeso. La deriva suggerita dagli esponenti berlusconiani, infatti, è proprio questa. Prevedere una soluzione eccezionale, solo per Berlusconi. Inserire la condanna in una sorta di “sospensione politica” che gli consenta, in un modo o nell’altro, di continuare ad essere senatore, proseguire nella sua leadership partitica e ritentare — quando si ripresenterà l’occasione — la candidatura alla guida del governo e a un seggio in Parlamento. C’è una implicita pretesa di non essere equiparati a tutti gli altri cittadini, c’è la volontà di non accettare l’esito di un processo. Fino a venti anni fa esisteva un istituto, quello della immunità parlamentare, che metteva al riparo deputati e senatori dalle inchieste. Ma tutti erano al riparo e non solo uno. E poi dalle inchieste e non dalle condanne in via definitiva.
Rivolgersi allora al presidente della Repubblica per reclamare una specie di salvacondotto significa trascinare Napolitano in una impropria trattativa. Non a caso il capo dello Stato ha usato una massiccia dose di prudenza nel colloquio con i capigruppo del Pdl. Sa che farsi incastrare in un negoziato di questa natura comporta rischi che non si possono correre. Il Quirinale non può essere impegnato in questo patteggiamento. Può forse comprendere la condizione di umana difficoltà vissuta, ma non può certo scendere a patti sui principi costituzionali. Per questo è immotivata la delusione che ieri ha avvinghiato lo stato maggiore del centrodestra dopo l’incontro sul Colle.
Irragionevole anche nelle conseguenze. Gli ambasciatori dell’ex premier sembrano infatti voler scaricare sul governo e sul Quirinale il peso della loro richiesta. La vita dell’esecutivo non è più valutata per i provvedimenti che approva o per le leggi che vara, ma solo per la capacità di assegnare al Cavaliere uno status giuridico ad personam.
In questo contesto, dunque, viene meno anche il motivo per cui è stato condannato. Non si discute più dei reati commessi. La frode fiscale viene infilata in una sorta di tritatutto che sbriciola la sentenza. E poi la avvolge nel mantello della sovranità popolare. Ossia nel consenso che Berlusconi ha ricevuto in questi anni e che ha conservato in parte anche alle ultime elezioni. Come se gli otto milioni di voti ricevuti a febbraio fossero un grande lavacro, una amnistia di fatto. Ma la sovranità popolare impone responsabilità e non concede wild card
per l’irresponsabilità.

Da La Repubblica del 06/08/2013.

sconcerto dopo la sentenza

 

 

 

gatti rosaI

 

la reazione di Berlusconi e di tanti, troppi, italiani (quasi la metà del  Paese!) alla sentenza della Cassazione lascia semplicemente sconcertati

siamo al cospetto del mondo intero che ride di noi e non ci capisce affatto

questo sconcerto è ben raccontato in questo articolo di B. Severgnini uscito nel ‘Corriere della Sera’ del 4.8. 2013:

ll mondo ci guarda (e non capisce) 

Giovedì sera, pochi minuti dopo la pronuncia della Corte di cassazione, sulle frequenze di Bbc World Service è andata in onda una curiosa conversazione. Lucio Malan, senatore del Pdl, spiegava con convinzione che la condanna era ingiusta e Silvio Berlusconi era innocente. Il conduttore, serafico, ha ribattuto: «Mi scusi, ma come può dir questo? Tre gradi di giudizio hanno stabilito il contrario». Nella sua semplicità, lo scambio illustra il nostro vero, grande rischio nazionale: all’estero non capiscono. Non capisce l’opinione pubblica internazionale. Non capiscono i giornali, le televisioni, le radio e i siti web. Non capiscono i conservatori, i liberali e i socialisti. Nessuno capisce come, in una democrazia, una parte del potere politico possa rivoltarsi contro il potere giudiziario, pur di difendere il proprio capo. È un coro unanime. The Independent (inglese): «Berlusconi come Al Capone». Süddeutsche Zeitung (tedesco): «Machiavelli di celluloide». Libération (francese): «Berlusconi, naufragio all’italiana». Washington Post (americano) si chiede quale villa Berlusconi sceglierà per la reclusione. The Guardian, da Londra: «Silvio Berlusconi ai domiciliari, forse nella villa del bunga- bunga». El País, da Madrid: «È così la vecchia volpe (el viejo zorro), grande conoscitore dell’idiosincrasia italiana, ha ottenuto quello che sarebbe difficilmente immaginabile in ogni altro Paese del mondo: convertire i panni sporchi giudiziari in combustibile per l’ultima tappa della carriera politica. La cosa più allucinante, e anche la più triste per l’Italia, è che il trucco funziona». Vignette, grafici, cronologie giudiziarie, commenti. Nel duello, riassunto da Luigi Ferrarella, «tra la volontà della magistratura di applicare a Berlusconi le regole valide per tutti e la sua pretesa di esserne esonerato a causa del consenso», i media del mondo non sembrano aver dubbi: stavolta, e non per la prima volta, stanno con la magistratura. Il potere giudiziario — da Washington a Londra, da Berlino a Tokyo — è considerato l’arbitro della vita civile. Un arbitro discusso e discutibile: ma comunque l’arbitro. E se tre arbitri, uno dopo l’altro, decidono che una persona è colpevole, significa colpevolezza: il giudizio umano, oltre, non può andare. Le nostre diatribe italiane sull’accanimento giudiziario risultano incomprensibili. «Berlusconi è stato indagato e processato come nessun altro!», protestano i sostenitori in Italia. La reazione, fuori d’Italia, si può riassumere così: «Bene. Ora processate anche gli altri». Opinioni brutali? Considerazioni sempliciste? Ma l’opinione pubblica internazionale è, spesso, brutale e semplicista. Pensate a quanto sappiamo noi sul funzionamento della democrazia americana o tedesca (l’equilibrio tra i poteri, i controlli incrociati). I cittadini tedeschi e americani sanno altrettanto (poco) della democrazia italiana. Sanno però che il legislatore legifera, il governo governa e il potere giudiziario giudica. Ogni interferenza appare sospetta. Le norme spinte in Parlamento per alleggerire la propria posizione processuale, durante gli anni di governo: questo sì, di Silvio Berlusconi, viene spesso ricordato. All’agenzia Nuova Cina o al quotidiano giapponese Asahi Shimbun non interessa se la magistratura italiana ha un’agenda politica. Quest’ultimo si limita a scrivere che «un ex premier è stato condannato per frode fiscale» (è l’unico che non mette il nome di Berlusconi nel titolo). Solo il quotidiano russo Kommersant si schiera dalla parte del condannato. Titola: «Berlusconi non è stato scomunicato dalla politica» e definisce la sentenza «scandalosa» perché mira a terminarne la carriera politica. La vulgata berlusconiana, raffinata negli anni dai media di proprietà, è che esista una cricca di italiani — giornalisti, accademici, qualche politico — in grado di influenzare le opinioni nei luoghi che contano, Londra e New York in particolare. Considerato l’accesso alle informazioni nel XXI secolo, questa spiegazione appare surreale, astuta o infantile (fate voi). È più logico e più semplice accettare l’evidenza. Sono ormai molti, all’estero, a condividere l’opinione sintetizzata in un titolo
dell’Economist nel 2001: Berlusconi è inadatto a guidare l’Italia. Certo, i media più influenti — quelli che i mercati consultano e gli investitori ascoltano — non hanno mai mostrato indulgenza per il personaggio. Dopo otto di governo inefficace, quattro anni di scandali sessuali, una dozzina di processi, sette prescrizioni e una condanna, sembrano aver perso la pazienza. «Cala il sipario sul buffone di Roma», è il titolo spietato del Financial Times. Il New York Times, secondo cui la vicenda «mette il fragile governo italiano sulla strada della crisi», scrive: «È opinione diffusa che Mr. Berlusconi voglia conservare un ruolo pubblico nella speranza di esercitare l’influenza politica di cui ha bisogno per proteggere i propri interessi economici». Certo dev’essere sgradevole, per un elettore di centrodestra, leggere opinioni tanto sfavorevoli; ed è doloroso, per ogni italiano, sapere che l’opinione negativa su un leader ricade anche, inevitabilmente, sul Paese che rappresenta. Ma bisogna prenderne atto, e mantenere la calma. Se un uomo mite come Sandro Bondi evoca «il rischio di guerra civile» non dobbiamo stupirci se i media internazionali ci trattano talvolta con fastidio. Una dichiarazione irresponsabile, dal satellite e sulla banda larga, viaggia più veloce del magnifico lavoro di tanti connazionali, in ogni campo. Pdl significa Popolo della Libertà, non Perdere di Lucidità. Qualcuno, nel partito, trovi il coraggio di spiegare al padre-padrone che non può trascinare con sé tutta l’Italia. I nostri amici nel mondo non capirebbero; e i nostri avversari non aspettano altro.

confessione difficile

 

 

 

 

 

 

don Camillo

confessione difficile, anzi impossibile per Berlusconi

solo una fortuna lo salva:

“Berlusconi: ‘Signor parroco, mi vorrei confessare
Parroco: ‘Certo figliolo, qual è il tuo nome?’

Berlusconi: ‘Silvio Berlusconi, padre.’

Parroco: ‘Ah! Ah! l’ex presidente del Consiglio!?’

Parroco: ‘Ascolta, figliolo, credo che il tuo caso richieda una
…competenza superiore. E’ meglio che tu ti rechi dal Vescovo.’

Così Berlusconi si presenta dal Vescovo, chiedendogli se può
confessarlo.

Vescovo: ‘Certo, come ti chiami?’

Berlusconi: ‘Silvio Berlusconi’

Vescovo: ‘l’ex presidente del Consiglio? No, caro mio, non ti posso
confessare: il tuo è un caso difficile. E’ meglio che tu vada in
Vaticano.’

Berlusconi va’ dal Papa.

Berlusconi: ‘Sua Santità, voglio confessarmi.’

Papa: ‘Caro figlio mio, come ti chiami?’

Berlusconi: ‘Silvio Berlusconi’

Papa: ‘Ahi! Ahi! Ahi! Figliolo! Il tuo caso è molto difficile per me.
Guarda qui, sul lato del Vaticano c’è una cappella. Al suo interno
troverai una croce. Il Signore ti potrà ascoltare.’

Berlusconi, giunto nella cappella, si rivolge alla Croce: ‘Signore,
voglio confessarmi.’

Gesù: ‘Certo, figlio mio, come ti chiami?’

Berlusconi: ‘Silvio Berlusconi.’

Gesù: ‘Ma chi? l’ex Presidente del Consiglio?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘L’ex amico di Craxi?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘L’inventore dello scudo fiscale per far rientrare dalle isole
Cayman e da Montecarlo tutti i soldi che i tuoi amici hanno sottratto al fisco ?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘L’amico dei Neo-Fascisti e Neo-Nazisti, particolare che si è
dimenticato di riferire al Congresso americano?’

Berlusconi: ‘Ehm… si, Signore.’

Gesù: ‘Quello che ha abbassato dell’1% le tasse dirette e costretto
comuni/province/regioni ad aumentare le tasse locali del 45% per
tenere aperti asili, trasporti, servizi sociali essenziali ?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘Quello che ha ricandidato 13 persone già condannate con
sentenza passata in giudicato?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘Quello che ha modificato la legge elettorale in modo da portarsi le sue “amichette” in parlamento?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘Quello che ha omesso qualsiasi controllo sull’entrata in
vigore dell’Euro permettendo a negozianti e professionisti di
raddoppiare i prezzi in barba a pensionati e lavoratori a reddito
fisso ?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘Quello che ha abolito la tassa di successione per i patrimoni
miliardari e subito dopo ha cointestato le sue aziende ai figli?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘Quello che ha quadruplicato il suo patrimonio personale e
salvato le sue aziende dalla bancarotta da quando è al governo e che dice che è entrato in politica gratis per il bene degli italiani?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘Quello che ha epurato dalla RAI I personaggi che non gradiva?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù:‘Quello che ha fatto la Ex-Cirielli, la Cirami e la salva-Previti ?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘Quello che ha fatto una voragine nei conti dello stato e ha
cambiato 3 volte ministro del tesoro ?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘Quello che ha dato, a spese degli italiani, il contributo per
il decoder digitale per permettere al fratello di fare soldi con una
società che li produceva?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘Quello che depenalizzato il falso in bilancio ed ha introdotto
la galera per chi masterizza I DVD ?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘Quello che ha permesso alla Francia di saccheggiare la BNL e si è fatto prendere a pesci in faccia quando ENEL ha tentato di
acquisire una società francese ?’

Berlusconi: ‘Ehm… sono sempre io, Signore.’

Gesù: ‘Quello che continua a raccontare che ridurrà le tasse e rimborserà l’IMU agli italiani prendendoli in giro?’

Berlusconi: ‘Si, signore.’

Gesù: ‘Figlio mio, non hai bisogno di confessarti.
Tu devi solamente ringraziare.’

Berlusconi: ‘Ringraziare???? E chi, Signore?’

Gesù: ‘Gli antichi Romani, per avermi inchiodato qui. Altrimenti
sarei sceso e t’avrei fatto un CULO COSI’!!!

il card. Berone sulla riforma dello IOR

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Quella dello Ior è una riforma necessaria, per assicurare ad una “grande risorsa della Chiesa” criteri “di onestà e trasparenza”. Il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, rompe il silenzio sul delicato tema dell’Istituto per le Opere di Religione travolto dagli ultimi scandali prima di immergersi tra le montagne della Valle d’Aosta per un breve periodo di riposo. Lo fa per ribadire la propria adesione alla linea di Papa Francesco, ricordando, però, che il processo di rinnovamento della ‘banca’ vaticana era già partito prima del pontificato di Bergoglio.

“Io sono presidente della Commissione cardinalizia di vigilanza e questo processo l’abbiamo iniziato già prima dell’arrivo di Papa Francesco”, dice ad un cronista dell’Ansa il porporato, giunto questa mattina a Les Combes di Introd per una vacanza nella ‘casa dei Papi’. Dieci giorni all’insegna della massima riservatezza, tra momenti di preghiera e di studio alternati a lunghe passeggiate sui sentieri in passato percorsi da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. Ed è proprio nell’ultima parte del pontificato di Ratzinger che, ricorda Bertone, è stata avviata la riforma dello Ior poi proseguita da Bergoglio. “Papa Francesco ha preso delle decisioni ben precise – sottolinea il segretario di Stato Vaticano – confermando così la propria concretezza”. E, aggiunge il cardinale piemontese, anche “conoscenza, capacità di approfondire i problemi e di prendere da tutto il mondo”, attingendo alle “competenze e professionalità maggiori proprio per il bene della Chiesa e per il bene della società”.

Di questo, del resto, ha bisogno quella che Bertone ribadisce essere “una grande risorsa”, in grado di “aiutare il Papa in progetti di promozione umana, di sviluppo, di educazione, di assistenza sociale che fanno apprezzare l’azione umanitaria della chiesa in tutti i Paesi, specialmente in quelli del cosiddetto terzo e quarto mondo”. Al centro di varie inchieste giudiziarie, tra cui quella che ha coinvolto l’ex capo-contabile dell’Apsa monsignor Nunzio Scarano, e di costanti polemiche, nelle quali alcuni si sono spinti sino ad auspicarne l’abolizione, lo Ior non poteva sperare in migliore ‘spot’. Che, al tempo stesso, è anche un richiamo ai criteri di onestà e trasparenza, sottolinea il porporato, che devono guidare “qualsiasi istituzione finanziaria”. A maggior ragione quella della Chiesa, che questi principi – conclude – deve “rafforzare”.

p. Maggi commenta il vangelo di domani: lc.12,13-21

bel crocifisso

domenica 17° del tempo ordinario

commento al vangelo della liturgia di domani: il ricco stolto – Lc. 12,13-21: “quello che hai preparato di chi sarà?”

 

 

Lc 12,13-21
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.
Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Mentre Gesù sta parlando di fiducia nel Padre viene interrotto da chi invece la fiducia la pone nel denaro. Gesù parla di sicurezza in Dio e c’è chi invece la sicurezza la pone nei suoi beni. Sentiamo il Vangelo di Luca.
“Uno della folla gli disse: «Maestro»” e il verbo è all’imperativo, “«dì a mio fratello che divida con me l’eredità»”. Quindi il problema è la solita antica questione della spartizione dell’eredità. Ma Gesù rifiuta. Per Gesù ogni eredità è frutto dell’avarizia e della cupidigia, atteggiamenti che chiudono irrimediabilmente l’uomo a Dio. Allora Gesù gli risponde “« O uomo, chi mi ha costituito giudice o divisore…»” – è la stessa risposta a quel verbo che è stato richiesto “divida con me l’eredità” – “«… sopra di voi?»”.
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Poi si rivolge ai discepoli, e quindi Gesù rifiuta di porsi come mediatore in questioni di eredità e di interesse, poi mette in guardia i discepoli con queste parole molto severe. “E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontano da ogni cupidigia»”.
Gesù pone con molta severità questo richiamo, l’ingordigia, l’accumulo dei beni. Perché? Dice Gesù: “«Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni»”. E qui l’evangelista mette tre volte questo termine sintomo dell’avere, la cupidigia, l’abbondanza, i beni.
La vita di un uomo non dipende da quello che ha, ma da quello che da. “Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé.»“ – attenzione su questo verbo ‘ragionare’ che Gesù poi ridicolizzerà. Lui pensa di ragionare tra sé. Come pensa il ricco? Il ricco pensa sempre per sé, pensa che tutto gli sia dovuto. Non pensa minimamente che possa regalare, o almeno condividere o far servire questa abbondanza per aiutare gli altri.
“«Che farò poiché non ho dove mettere i miei raccolti?»” Allora lo sappiamo qual è il suo ragionamento, “«demolisco i miei magazzini e ne costruisco di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni»”.
Ecco di nuovo questa ossessione dei beni, della roba che uno ha. “’Poi dirò’”, letteralmente ‘”Anima mia…’”. – anima significa la persona stessa – “…hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti!’”
Quindi pensa esclusivamente a sé, al suo tornaconto, al suo interesse. Ecco la sorpresa, tanto più sorprendente in un ambiente culturale dove si pensava che la ricchezza fosse una benedizione divina. Il ricco era colui che era benedetto da Dio, e il povero maledetto. Ed ecco il Dio di Gesù completamente diverso.
“Ma Dio gli disse: «Scemo»”. So che i traduttori traducono con ‘stolto’, ma stolto è troppo leggero; il termine adoperato dall’evangelista è molto forte. Noi non diciamo a una persona ‘stolto’, ma scemo. E dice scemo a quello che pensava di ragionare.
Quindi i ragionamenti del ricco sono ragionamenti di uno scemo. “«Scemo! Questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato per chi sarà?»”’
Quindi tutta questa tua fatica, tutto questo tuo avere, tutta questa tua bramosia, e poi? Questo termine scemo Gesù l’ha adoperato già per i farisei che ha rimproverato perché fanno tutto per il proprio interesse, e anche se dall’aspetto sembrano puri, dice “il loro interno è pieno di rapina e di iniquità”.
Quindi il richiamo è a questa categoria di persone religiose che sanno però al contempo essere anche tanto attaccate ai soldi, tra un salmo e l’altro controllare la cassa era un esercizio che le persone religiose, le persone pie , sanno fare.
Ed ecco allora il monito finale di Gesù, “«Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio»”. Il tesoro è quello che da la fiducia: o uno mette la fiducia nel Padre e quindi liberamente mette la propria vita – con quello che è e quello che ha – a servizio degli altri o lo mette nei suoi beni. La conclusione l’abbiamo vista.
 

chiesa italiana e Berlusconi

 

il delinquente

è arrivata la sentenza che non si voleva che arrivasse e ha confermato senza esitazioni quello che solo i ciechi o chi non voleva vedere non vedeva …

e siccome non si tratta solo di evasione fiscale ma di tutto un quadro di tristezza morale e politica fino ad un utilizzo sfacciato della religione e della chiesa per i propri scopi politici, si impongono necessariamente delle domande anche alla nostra chiesa che o era fuori del mondo o sembra che si sia lasciata strumentalizzare facilmente per assecondare  a sua volta i propri fini non propriamente evangelici

su questo, sorprendentemente un giovane reporter, A. M. Valli (che molti danno per legato all’Opus Dei) da qualche tempo va criticamente riflettendo andando alla radice vera dei problemi, come nell’articolo che qui immediatamente riporto:

Chiesa cattolica italiana e Berlusconi: a quando un esame di coscienza?
di Aldo Maria Valli
La condanna è arrivata, e irresponsabili non sono i giudici, ma coloro che la mettono in discussione. Non accettarla, o dipingerla come sintomo di un disegno politico, vuol dire minare lo stato di diritto alle fondamenta. Il guitto Berlusconi, ormai vecchio e gonfio, con la sua faccia da bambolotto di plastica, continua la recita, stancamente, come per inerzia, ma la cosa più triste è che un paese intero questa recita la segue e la subisce da un ventennio. E senza neppure la consolazione di poter dire di aver vissuto una pagina drammatica. Perché qui prevale la farsa, come nella peggior tradizione italica. Ora però una domanda che riguarda i cattolici e le gerarchie. Come è stato possibile che per tanti, troppi anni la Chiesa istituzionale e un largo numero di sedicenti cattolici abbiano appoggiato quest’uomo? Com’è stato possibile che tanti cattolici, a tutti i livelli, abbiano votato e chiesto di votare per lui, che gli abbiano concesso credito, che lo abbiano visto come l’uomo della provvidenza? Com’è stato possibile che una parte, una larga parte del mondo cattolico non abbia provato un moto di spontanea ripulsa verso il guitto impegnato a usare la politica e gli italiani per il proprio tornaconto? E’ una vecchia domanda che tuttavia non ha mai trovato risposta. Forse perché rispondere, per i cattolici italiani, vorrebbe dire fare un profondissimo e doloroso esame di coscienza, non solo e non tanto in termini politici, ma sotto il profilo culturale. Equivarrebbe a mostrare il vuoto culturale di un soggetto, il cattolico medio italiano, che sia sotto la Dc sia, e a maggior ragione, sotto l’ombrello berlusconiano non è mai stato abituato a pensare con la propria testa, a usare lo spirito critico, a distinguere tra senso dello Stato e opportunismo, ma si è lasciato guidare da una categoria tanto generica quanto comoda, l’anticomunismo, accontentandosi di parole d’ordine vuote. Fare questo esame di coscienza equivarrebbe inoltre a togliere il velo steso sopra una classe dirigente ecclesiale in gran parte modesta e tremebonda, incline a non disturbare il manovratore e anzi a ingraziarselo, per ottenere vantaggi immediati. Fare questo esame di coscienza equivarrebbe a mostrare come la religione, separata dalla fede, diventi facilmente alibi per giustificare il non giustificabile, per chiudere gli occhi davanti all’arroganza del potere, per trasformare la stessa appartenenza di fede in strumento di potere e di sottopotere. Procedere con questo esame di coscienza equivarrebbe alla fin fine a mostrare il tradimento del Vangelo operato da tanti, sia chierici sia laici cattolici, che il berlusconismo o l’hanno sposato in pieno o l’hanno tollerato in silenzio o hanno cercato di utilizzarlo. Fare questo esame di coscienza vorrebbe dire scrivere una pagina triste del cattolicesimo italiano, quasi del tutto incapace di sottrarsi alle lusinghe del guitto e pronto anzi a sponsorizzarlo in maniera più o meno aperta. Fare un simile esame di coscienza vorrebbe dire mostrare come i cattolici italiani, a tutti i livelli, si siano lasciati incantare dalla sottocultura televisiva dispensata a piene mani dal guitto e non abbiano opposto resistenza alcuna, preferendo anzi crogiolarsi in essa come sotto l’effetto di un narcotico. Fare questo esame di coscienza equivarrebbe a chiedersi come e perché politici molto solerti nello sbandierare la loro cattolicità abbiano deciso di militare sotto le insegne truffaldine del guitto. Fare questo esame di coscienza equivarrebbe a constatare che perfino gli oppositori ormai hanno nel proprio dna dosi massicce di berlusconismo. Fare un tale esame di coscienza equivarrebbe a dimostrare che gran parte dei cattolici non sanno nemmeno che cosa sia la parresia, la libertà e la capacità di dire tutto, senza reticenze e senza sotterfugi interessati. Dov’erano i cattolici quando il guitto destabilizzava lo Stato con le sue battaglie ad personam? Dov’erano quando inebetiva gli italiani con i suoi circenses televisivi? Dov’erano quando separava la morale privata da quella pubblica infrangendo così uno dei pilastri della dottrina sociale della Chiesa? Dov’erano quando, palesemente e senza vergogna, divulgava con il proprio comportamento l’idea che con la ricchezza sia possibile guadagnarsi l’impunità?
La verità è che la Chiesa italiana e gran parte dei cattolici, se si studia il loro rapporto con il guitto di Arcore, hanno sulla coscienza gravi peccati, sia di connivenza sia di omissione. Quando ne hanno preso le distanze lo hanno fatto timidamente e in ritardo, a scempio ormai compiuto, e comunque è difficile dimenticare certe immagini, come la folla del meeting di Rimini osannante nei confronti del guitto, accolto come un salvatore e riverito, incredibile dictu, come un vero statista. Per tutte queste ragioni l’esame di coscienza non ci sarà e chi proverà a farlo, dentro il mondo cattolico, sarà guardato per lo più con fastidio e messo ai margini, come del resto è già avvenuto durante il regno del guitto.

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