‘mulino rosa’

aiuto

a proposito dello ‘tzunami mediatico che si è scaraventato addosso alla noto pastificio Barilla immediatamente dopo le dichiarazioni del suo responsabile alla trasmissione radiofonica ‘la zanzara’, una interessante riflessione di M. Gramellini:

Intervistato dalla Zanzara – programma radiofonico specializzato nello scavare trappole ai vip, i quali misteriosamente fanno la coda per cascarvi dentro – Guido Barilla ha affermato che nelle pubblicità dei suoi prodotti non mostrerebbe mai una famiglia gay, perché lui si rivolge a quella tradizionale. Subito è scattato un cortocircuito d’indignazione, con appelli al boicottaggio di fusilli e fette biscottate. La logica sacrosanta del politicamente corretto impone infatti di scagliarsi contro ogni offesa alla sensibilità delle minoranze. È che stavolta non si riesce a scorgere tanto bene l’offesa. Soltanto la scelta di un’azienda di concentrarsi sul «target» – la famiglia tradizionale – a cui immagina di vendere i propri spaghetti. Una decisione ovviamente opinabile, ma ispirata da valutazioni commerciali, non politiche o morali. Così come ispirata da valutazioni commerciali è stata la scelta opposta di Ikea, che ha spalancato le porte dei suoi spot ai gay anche per suscitare scalpore e simpatia, assegnando al proprio marchio una patente d’avanguardia.

L’indignazione è un’energia rara e preziosa che con l’esperienza si impara a sprecare il meno possibile. Non sarà una reclame del Mulino Bianco a discriminare i gay, e nemmeno la cocciutaggine nel chiamare i genitori «mamma» e «papà» anziché «genitore 1» e «genitore 2» come pretenderebbe qualche originalone. Le campagne per cui vale veramente la pena di indignarsi (e di battersi) riguardano i diritti degli omosessuali, la loro possibilità di accudire il compagno malato, ereditare, sposarsi, adottare, vivere liberamente l’amore. Il resto è solo un intermezzo pubblicitario.

Da la Stampa del 27/09/2013.

Minori Rom allontanati dalle loro famiglie‏

 

Ago   popolo rom
ricevo da Agostino questa sconcertante notizia e, condividendo sia le sue preoccupate riflessioni, sia soprattutto la sofferenza dei genitori, dei figli, dei rom oggetto di così crudele progetto di ‘inclusione’ e ‘inserimento’, metto a disposizione di una riflessione pubblica più allargata:
Ieri mattina (25  Settembre) due bambini sono stati allontanati dai loro genitori Rom di Coltano e affidati ad una comunità.

Anche in questo caso gli assistenti sociali di Pisa hanno mostrato la loro perfidia, soprattutto quando si tratta di agire nei confronti dei Rom, ma questa volta non hanno esitato a coinvolgere e sfruttare la scuola. Infatti si sono presentati ieri mattina alla scuola, accompagnati da agenti di P.S. per prelevare i due figli di M. Le insegnanti hanno cercato di far valere le ragioni della madre (assente) ma con la tristezza nel cuore, anche di fronte anche ad un provvedimento del Tribunale Minori di Firenze hanno dovuto rassegnarsi ed assistere allo smarrimento e la paura dei loro due alunni stampata sui loro volti e consegnare a queste impietose assistenti sociali i due minori. Alle insegnanti si sono anche raccomandate di non avvisare la madre, che è stata avvertita  più tardi dagli stessi assistenti sociali, ad intervento ormai ultimato.

Certo, tutto è stato fatto nel rispetto delle norme e delle carte bollate, ovviamente in nome della tutela dei minori..ma quante ingiustizie si possono compiere anche in nome della stessa, quanta approssimazione nel leggere con realismo e obiettività stili di vita e comportamenti dei Rom, perché diversi dai nostri e quindi frettolosamente colpevolizzati.

Evito di raccontarvi lo strazio della mamma, legatissima ai suoi due figli, che per anni ha lottato per difenderli dalle astuzie e dai controlli stressanti degli assistenti sociali, forse la sua colpa principale è la sua povertà e la malattia psichica di suo marito.

Ieri tutto il campo di Coltano era furibondo e si è stretto attorno alla mamma nel tentare di consolarla e consigliarla. Furibondo verso gli assistenti sociali per il loro comportamento ambiguo, ingannatore e che non esita a servirsi anche della scuola.

“Ci obbligano a mandare i nostri figli a scuola per poi portarceli via quando a loro piace.” Vi lascio immaginare lo tsunami che questo fatto può creare nelle vite dei Rom e che rischia di minare il lavoro di anni: la scuola è via di integrazione o via comoda degli orchi che vengono a portarci via i “nostri figli”?

Diverse volte è successo qui a Pisa in questi anni, (soprattutto da quando esercitano le assistenti sociali: Zeni, Renata Paoli e Agata Amato) che i figli minori sono stati separati dalle loro famiglie, siamo sicuri che in tutti i casi si è veramente intervenuti per la tutela dei minori?

Forse è quanto mai urgente porci delle domande, anche solo dell’uso assai disinvolto delle minacce verso i Rom di allontanare i loro figli, quando il Rom in questione non si mostra abbastanza “condiscendente”.
 
Ciao Ago
 

twitter, il linguaggio di Gesù

 

 

 

croce

 

come parlerebbe oggi Gesù? quali mezzi userebbe? non ha già usato a suo tempo, tramite le parabole, una modalità linguistica assimilabile , oggi, a twiter che con pochissimi caratteri (140) delinea immagini, progettualità, stili di vita?

si legge con interesse a questo proposito, l’articolo di C. Marroni:

@Gesù usava bene Twitter

di Carlo Marroni
in “www.ilsole24ore.com” del 26 settembre 2013

La ricerca della verità. È su questo punto di fuga del rapporto tra fede e ragione che si gioca il dialogo tra credenti e non credenti, che possono «fare un tratto di strada insieme» come ha scritto Papa Francesco nella sua storica lettera al grande laico Eugenio Scalfari. Proprio il fondatore di Repubblica ha dialogato sui temi della fede e della laicità, ma anche del perdono e della misericordia, con il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio del la Cultura, che da pochi anni ha creato il Cortile dei Gentili, foro di incontro e dialogo tra credenti e non credenti. Un confronto a tutto campo incentrato sui temi della comunicazione e l’informazione, tanto che ieri è stato è ribattezzato per l’occasione “Il cortile dei giornalisti”, che ha coinvolto i direttori dei maggiori quotidiani nazionali, moderati da Emilio Carelli. Ma è stato Ravasi a sorprendere la platea del Tempio di Adriano. «Gesù usava il linguaggio di twitter e della tv. È stato il primo twittatore della storia», ha detto il porporato, anche lui presente sul social network con quasi 60mila follower. «Si esprimeva con frasi che spesso non arrivavano a 100 caratteri, spazi compresi. Prendiamo la prima predica, quando disse “Il regno di Dio è vicino, convertitevi” era ancora più breve. O “Ama il prossimo tuo come te stesso”». In Gesù Cristo «è sistematico l’uso della frase essenziale, tipica dei tweet, mentre il pensiero viene spesso articolato con parabole costruite in modo televisivo o cinematografico, basti pensare ai racconti sul buon samaritano o sul figliol prodigo». Eppoi la “corporeità”, la vicinanza alle persone, il contatto, un elemento questo distintivo dell’azione di Papa Francesco, che ha fatto della “prossimità” , soprattutto agli ultimi, la sua bandiera pastorale. «Non siamo qui per convertirci a vicenda, ma abbiamo in comune la convinzione che le nostre posizioni diverse debbano essere lievito per una terra che ha bisogno di essere fertilizzata», ha detto Scalfari, che ha rivelato di aver praticato quando era ventenne forzatamente gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, nella Casa del Sacro Cuore a Roma, dove trovò rifugio come renitente alla leva fascista. Da allora è «innamorato di Gesù», proprio da quando, in gioventù – dopo aver frequentato per anni la Chiesa – scelse di abbandonare la fede. Ma è la ricerca della verità, attraverso il prisma della laicità, il terreno di confronto, specie per chi è giornalista, e ancora più per chi i giornali ha la responsabilità di dirigerli. «La laicità è un faro nel nostro modo di fare informazione, ispirato a rigore e metodo. Mettendo la notizia davanti a tutto, pur nel rispetto della dignità delle persone», ha osservato Roberto Napoletano, direttore del Sole 24 Ore. «Noi operiamo con il linguaggio e l’etica dei numeri, che parlano al cuore e all’anima. E spesso raccontano più di tante parole», ha aggiunto Napoletano, secondo cui «il Vangelo, a suo modo, è un grande esempio di laicità nella forza delle parabole, la loro straordinaria e immediata concretezza». E allo stesso tempo «la ragione allarga il suo orizzonte con la fede, perché la fede ti sorprende, ha lo sguardo sull’abisso. Ma la fede ha bisogno della ragione, e in questo dialogo anche l’ateo deve riconoscere una cosa importante: che la fede è un dono». Per Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera «se c’è una colpa di cui ci si sono resi responsabili i giornalisti è quella di non aver rispettato la centralità della persona, aumentando il rischio di distruggere vite umane». De Bortoli ha ricordato che i giornali non sono i depositari della verità e nel lavoro di giornalista è sempre importante farsi accompagnare dal «beneficio laico del dubbio». E ha anche espresso perplessità sulla presenza del Papa su twitter (iniziata da Benedetto XVI e proseguita con Francesco): «Mistero e distanza vanno mantenuti». Approva invece Ezio Mauro: «Lo si usa per esprimere un’opinione, non credo sia un male», ha osservato il direttore di Repubblica, che oltre a quella di Francesco ha ospitato la lettera di Benedetto XVI a Piergiorgio Odifreddi. E ha battuto il tasto, per il lavoro di giornalista, sull’onestà
nei confronti dei lettori e sulla “separatezza” rispetto al potere: «Per fare questo mestiere non dobbiamo essere complici del potere, dobbiamo stare nel cortile, tra le gente». Grande apprezzamento verso la “rivoluzione” di contenuti e linguaggi impressa nella Chiesa dal pontificato di Francesco: un esempio del fatto che «la realtà va sempre oltre ogni stereotipo». Per Mario Calabresi, direttore della Stampa, dall’intervista di Bergoglio a Civiltà Cattolica emerge l’immagine di «una Chiesa che non può più stare nel vestito che gli è stato cucito addosso», e da questo punto di vista sono «tempi grami per i pigri e affascinanti per chi vuole seguirne l’evoluzione». La Chiesa sta cambiando, ha osservato il direttore del Messaggero, Virman Cusenza, «la sua fisionomia di potere nel rapporto con la stampa. La forza dirompente del messaggio di Francesco è legata a un’evoluzione di potere che la Chiesa stessa aveva». Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ha aggiunto: «Quello che è accaduto con l’elezione di Bergoglio è qualcosa di storico C’è stato un rivoluzionamento degli sguardi sui gesti della Chiesa. Questo è dovuto al carisma di Francesco ma anche al gesto di Benedetto XVI». La rivoluzione di Bergoglio, per il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, è nel solco storico del «desiderio della Chiesa di farsi capire da più persone possibile e non è una novità», ha detto ricordando l’intervista concessa da Leone XIII a una giornalista socialista su Le Figaro nel 1892, le aperture di Pio XI, e il dialogo tra Montini e Jean Guitton nel 1950. Con un’aggiunta: «Il giornale è la Bibbia laica, ma molto più interessante è la Scrittura Sacra vera».

l’ambizioso programma di papa Francesco

 fino a dove andrà Francesco? Potrà realizzare il suo programma? Ne avrà la possibilità e il tempo?  Saprà aggirare gli ostacoli e le pesantezze che esprime con tanta lucidità? I prossimi mesi ci daranno delle risposte.

questo in una riflessione  di Philippe Clanché:

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Il programma ambizioso del papa

di Philippe Clanché
in “www.temoignagechretien.fr” del 25 settembre 2013

Decisamente, papa Francesco non cessa di stupirci. Nella lunga intervista che ha da poco concesso a sedici riviste gesuite, presenta la sua ambizione per una Chiesa umile e in contatto diretto col suo tempo. Ecco alcuni elementi salienti del documento. In seguito ad un severo esame di coscienza del proprio modo di governare quando era giovane provinciale dei gesuiti, papa Francesco espone il suo auspicio per il governo della Chiesa: “Credo invece che la consultazione sia molto importante. I Concistori, i Sinodi sono, ad esempio, luoghi importanti per rendere vera e attiva questa consultazione. Bisogna renderli però meno rigidi nella forma. Voglio consultazioni reali, non formali” Per parlare della Chiesa, il papa fa riferimento a Lumen Gentium (Vaticano II): “L’immagine della Chiesa che mi piace è quella del santo popolo fedele di Dio”. E aggiunge: “ Nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae considerando la complessa trama di relazioni interpersonali che si realizzano nella comunità umana. Dio entra in questa dinamica popolare… L’insieme dei fedeli è infallibile nel credere”. pastori Usa immagini particolarmente espressive quando dichiara “La cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo… I ministri della Chiesa devono essere misericordiosi… Le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo. La prima riforma deve essere quella dell’atteggiamento…  Il popolo di Dio vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato”. E precisa senza equivoci: “Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile… non è necessario parlarne in continuazione. Gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto morali, non sono tutti equivalenti. Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza”. Parlando dei rapporti ecumenici, invita a “non solo conoscersi meglio, ma anche riconoscere ciò che lo Spirito ha seminato negli altri come un dono anche per noi”. Secondo Bergoglio, “È necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa… Bisogna lavorare di più per fare una profonda teologia della donna”. Allora “si potrà riflettere meglio sulla funzione della donna all’interno della Chiesa”. E giunge a precisare la necessità di “riflettere sul posto specifico della donna anche proprio lì dove si esercita l’autorità nei vari ambiti della Chiesa”. Quindi non solo di spazzare le navate o ornare di fiori gli altari. Dio oggi A proposito del rito antico, senza contestare le decisioni del predecessore, Francesco ritiene “preoccupante il rischio di ideologizzazione del Vetus Ordo, la sua strumentalizzazione”. Non è persona da crogiolarsi nel passato: “il Dio ‘concreto’ è oggi. Per questo le lamentele mai mai ci aiutano a trovare Dio. Le lamentele di oggi su come va il mondo ‘barbaro’ finiscono a volte per far nascere dentro la Chiesa desideri di ordine inteso come pura conservazione, difesa”. Per coloro che vedono solo il catechismo come risposta a tutto, prosegue: “Se uno ha le risposte a tutte le domande, ecco che questa è la prova che Dio non è con lui. Vuol dire che è un falso profeta, che usa la religione per se stesso… Se il cristiano è restaurazionista, legalista, se vuole tutto chiaro e sicuro, allora non trova niente”. E insiste: “Ci sono norme e precetti ecclesiali secondari che una volta erano efficaci, ma che adesso hanno perso di valore o significato. La visione della dottrina della Chiesa come un monolite da difendere senza sfumature è errata”. Il testo è insieme denso e semplice. Vi si sente una determinazione tranquilla, perfino gioiosa. Fino a dove andrà Francesco? Potrà realizzare il suo programma? Ne avrà la possibilità e il tempo?  Saprà aggirare gli ostacoli e le pesantezze che esprime con tanta lucidità? I prossimi mesi ci daranno delle risposte.

Barilla omofoba, niente gay nelle sue pubblicità

Sembra proprio che Guido Barilla stavolta abbia fatto un clamoroso autogol: alla Zanzara  su radio 24 ha affermato:

“Non faremo pubblicità con omosessuali, perché a noi piace la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri”.

(vedi link qui sotto)

Barilla omofoba, niente gay nelle sue pubblicità.

benedizione papale di papa Francesco a Belen

 

 

benedizione papale

 

“Grazie per la sua benedizione. #sonotroppoemozionata #troppo #troppoperme”.

Siamo agli scoccioli, agli ultimi particolari sul matrimonio Belen Rodríguez 

La showgirl, connazionale di Papa Bergoglio, ha postato emozionata su Instagram la benedizione che ha ricevuto da papa Francesco per il giorno delle nozze. La bella argentina alcuni mesi fa aveva espresso la volontà di far benedire il piccolo Santiago proprio dal Santo Padre, per adesso si deve accontentare di questa pergamena. Un attestato che in realtà chiunque può richiedere pagando all’Elemosineria in Vaticano 35 euro tramite bollettino postale. Per lei comunque un bel ricordo, per noi l’ennesima tappa di un matrimonio infinito.

 

 

Iforza-nuova

segni di deriva mentale dei nostri tempi

una amara riflessione su l’ ‘amaca’ odierna di M. Serra:

l militante di Forza Nuova che in mezzo alla strada strilla nel suo megafono slogan “contro la sodomia” più che alla violenza fascista fa pensare alla deriva mentale dei nostri anni, dal picchiatello che annuncia l’Apocalisse al ragioniere satanista che in birreria leva il calice ad Astarotte. Già la parola “sodomia” non aiuta, nella sua incomparabile ridicolaggine, a essere udita senza ridere. Poi c’è il contesto, in questo caso la periferia lombarda, con le rotonde e le villette a schiera, poco di biblico, molto di anonimo, improbabile che nel discount lì accanto qualcuno, cliente o commessa, sappia che cosa significa sodomia, compreso chi eventualmente l’abbia praticata. Chissà chi glielo ha detto, al ragazzotto con il megafono, che il mondo è messo a repentaglio, oltre che dai “giudei”, pure dai sodomiti. Chissà quali letture e catechismi nazi, quali pagine Facebook, e in quali camerette di oneste case operaie o piccolo borghesi dove si cresce soli e sprovveduti, come nell’America di quei tremendi romanzi dove è il nulla che genera i mostri. Chissà quella parola, “sodomia”, che effettone esotico deve fare, e che sensazione eccitante poterla scandire in mezzo alla gente che ti guarda neanche più disgustata o spaventata; più che altro smarrita.

iman da papa Francesco

 

Lettera a Papa Francesco
Papa Francesco 
Il filosofo e scrittore MAREK HALTER accompagnerà da Bergoglio una delegazione di imam francesi. Da lui parte un appello al dialogo interreligioso

“Purtroppo, noi europei, abbiamo imparato a conoscere l’Islam con gli islamisti, ma la stragrande maggioranza dei musulmani detesta il terrorismo”, sostiene Marek Halter. Per dar forza a questa idea, e per promuovere il dialogo tra le religioni, il filosofo francese accompagnerà una delegazione di venti imam da Papa Francesco a San Pietro. Nella lettera che indirizza al Santo Padre alla vigilia della sua visita, e che pubblichiamo assieme al New York Times, El Pais, le Figaro, Clarin e Die Welt, Halter spiega come da ebreo fu salvato da due vescovi cattolici polacchi durante i primi giorni del ghetto di Varsavia.   Santo Padre,   ci incontreremo domani a Roma. Ha avuto la gentilezza di concedermi  un’udienza, a cui verrò accompagnato da una delegazione di imam  francesi.
Ci siamo già incrociati, Santo Padre, molto tempo fa. All’epoca lei era  Jorge Mario Bergoglio, rettore dell’università di teologia di San  Miguel. Ci presentò il primo presidente argentino democraticamente  eletto, Raúl Alfonsín. Io mancavo dall’Argentina da anni, tenuto lontano  dalla giunta militare che torturò e assassinò la mia cuginetta,  Anna-Maria de Kumiec. A quel tempo avevo organizzato un vasto movimento  di solidarietà internazionale insieme alle madri di Plaza de Mayo.
Santo Padre, oggi mi rivolgo a lei, convinto che l’azione più urgente  deve concentrarsi sul dialogo interreligioso. La violenza comincia dove  finisce la parola. Sfortunatamente conosco bene l’orrore della guerra. E  la guerra di religione è la peggiore di tutte.   Nel nostro mondo in crisi, l’uomo ha più che mai bisogno di speranza. I  nostri padri, i nostri nonni, hanno avuto grandi speranze laiche. Sono  tutte fallite e perciò sempre più uomini e donne si rivolgono alla  religione. Alle religioni.
Nel momento in cui i fanatici prendono di mira i cristiani, a Nairobi e a  Peshawar, il suo incontro, Santo Padre, con la delegazione degli imam  francesi riveste un’importanza molto particolare. Ad accompagnare questa  delegazione sarò io, scrittore francese, ebreo, salvato durante i primi  giorni del ghetto di Varsavia da due cattolici polacchi. Che simbolo!   L’islam gode di pessima stampa in Occidente. Anche prima degli  ultimissimi avvenimenti, ogni attentato, a Tolosa o a Boston, ogni  autobomba che esplodeva in Iraq o in Siria faceva risuonare in noi  l’appello del muezzin. Ma centinaia di milioni di musulmani, in ogni  parte del mondo, sono esattamente come noi: vogliono vivere nel rispetto  delle regole democratiche, pensano al futuro dei loro figli e sperano  in un mondo più giusto e più solidale.   Gli imam che voglio presentarle domani rispecchiano questa schiacciante  maggioranza: rigettano la violenza, la condannano pubblicamente.  Dobbiamo loro considerazione e riconoscenza.
Il male è rumoroso e il bene modesto, diceva Pascal. Troppo modesto. Lo  scoppio di una bomba non ha bisogno di amplificatore. Una parola di  saggezza, sì. Il nostro incontro di domani, Santo Padre, sarà, spero,  quell’amplificatore di cui abbiamo tanto bisogno.
Come sapete, io e il suo predecessore, papa Giovanni Paolo II, eravamo  molto legati. Questo mi ha dato modo, e ne vado orgoglioso, di suggerire  a papa Wojtyla di introdurre in una delle fessure del Muro Occidentale   –  il Muro del Pianto  –  un foglietto di carta contenente un voto per  il futuro dell’umanità. È il gesto che hanno ripetuto quasi cento  generazioni di ebrei dal momento della distruzione del Tempio.  Quell’immagine ha segnato la storia.
Ho appreso, Santo Padre, che ha in programma di recarsi prossimamente a  Gerusalemme. Pensa di andare al Muro del Pianto? Perché non compiere un  atto tanto forte in compagnia di una cinquantina di cardinali in  rappresentanza soprattutto delle Chiese d’Oriente, di una cinquantina di  rabbini venuti dal mondo intero e di una cinquantina di imam in  rappresentanza della terza religione monoteista? Insieme, di fronte a  quelle pietre millenarie, pronuncereste una preghiera per la pace.
Sono convinto che quella preghiera sarà ascoltata. Almeno sarà ascoltata

 

  dai milioni di uomini e donne che in tutto il mondo attendono da  moltissimo tempo una luce di speranza da Gerusalemme.
Nel mio libro Faites-le! (Fatelo), che domani le consegnerò, Santo  Padre, racconto di aver chiesto udienza a papa Francesco per conto di  una delegazione di imam di Francia. Domani, dopo il nostro incontro,  potrò dire, non senza fierezza: “Grazie a Dio, l’ho fatto!”.
(Traduzione di Fabio Galimberti)

siamo alla frutta!

Se vieni a messa, ti regalo un buono colazione: la proposta di un parroco

 

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Le chiese si svuotano e un prete di Sant’Elpidio a Mare, in provincia di Fermo, lancia una proposta per far tornare i fedeli o attrarne di nuovi: un buono colazione per chi va a messa. L’idea è di don Ginesio Cardelli che, sul bollettino mensile della parrocchia dei Santissimi Angeli Custodi di Cascinare, Bivio e Castellano, nella periferia del paese, ha pubblicato un avviso affisso anche nella bacheca in chiesa. “La parrocchia offre un buono colazione, o 5 euro, a giovani ed adulti che dopo diverso tempo ritorneranno a messa la domenica”. L’idea è stata accolta dal Consiglio parrocchiale e al Corriere Adriatico il parroco ha spiegato: “Si tratta di una provocazione ma l’intento è quello di provare a richiamare alla frequentazione della messa domenicale. Per ora nessuno ha reclamato nulla, ma siamo disposti a mettere a disposizione le risorse per i parrocchiani che si faranno rivedere nelle tre chiese della parrocchia: io li conosco tutti, e quindi se tornano me ne accorgerò”.

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