vecovi e cattoliconi i nemici di papa Francesco

un papa che mette la freccia

immagine: Unimondo.org

papa Francesco continua imperterrito la sua missione. Il mondo reagisce in modo quasi ovunque positivo, ma… c’è un ma: una parte della solita Italia e una parte della solita Chiesa criticano e nemmeno si sforzano di capire 

Doveva succedere. Sic transit gloria mundi. E come nelle moderne ma migliori tradizioni di un mondo in rete sta succedendo tutto troppo in fretta. Bergoglio lo sa, lo sapeva dall’istante in cui ha deciso di chiamarsi Francesco. Ma continua, anzi, accelera. In molti fanno fatica, alcuni proprio arrancano. E allora, via: dal “Buonasera” al “chi sono io per giudicare persone dello stesso sesso che si amano”, al “la corruzione spuzza”, ostentando lo sguardo sui lussi e la servitù dei propri cardinali, e ancora a un silenzio che vale più di mille parole quando decide di fare davvero pulizia e allontanare definitivamente quei religiosi colpevoli di violenze fisiche e psicologiche su bambini e innocenti.

E ora la frecciata finale: il 13 marzo 2015 (anniversario dell’inizio del suo papato e alcuni, tra cui proprio dei religiosi, già lo accusano di personalizzazione dell’evento) si aprirà un Giubileo straordinario, in tutti i sensi. Sarà un Giubileo nel quale verranno perdonati, al solito, peccati e mancanze, ma con un’attenzione speciale alle donne e al tema, -pelosissimo per ogni Istituzione, figuriamoci per la Chiesa Cattolica -dell’aborto, per il quale Francesco ha stabilito che ogni sacerdote potrà concedere il perdono. Evento speciale dato che, generalmente, tali e gravi peccati possono essere misericordiosamente perdonati solo da mani Vescovili.

Si spiega Francesco, e chiaramente: quello del 2016 sarà un Giubileo speciale, sarà un anno Santo della Misericordia, e deve esserlo per tutti. Per questo il Giubileo verrà anticipato e introdotto da un Sinodo nel quale si discuterà della necessità di cambiare l’assetto della Santa Sede sui temi della sessualità, della famiglia e dell’aiuto al prossimo, che deve essere meno annunciato e più palpabile.

Alcuni Vescovi e Cardinali, i quali tanto avevano gioito del ritorno, con Papa Benedetto XVI, ad un modo aulico di presentare la Chiesa e il Suo potere al mondo – tutti ricordiamo camauri di zibellino, scarpe di vitellino rosso fuoco, paramenti degni del peggior Richelieu – storcono il naso e, in alcuni casi, sbottano, come recentemente ha fatto il cardinale del Wisconsin Raymond Burke che, parlando con i giornalisti, ha sottolineato come “i poteri del Papa non siano assoluti” e come “un Papa che parla di certi temi – leggi omosessualità e concessione della comunione ai divorziati – rischi di essere un Papa che fa del male alla Chiesa”. Questo messaggio, tradotto dalla lingua degli ecclesiastici al volgare idioma con cui noi comuni mortali ci esprimiamo, suona come una vera e propria dichiarazione di guerra ad un Papa troppo liberale e poco ortodosso.

Ma Francesco va avanti e, elemento che spaventa e sconvolge una Curia abituata a comandare, condizionare e spesso nascondere e decidere – IOR e Marcinkus richiamano un universo parallelo dove alcuni religiosi di alto livello ancora credono di poter tornare – decide in prima persona senza consultare nessuno, non aspetta, scrive, parla e comunica con i moderni mezzi meglio di chiunque altro. Per molti Cardinali “vecchio stampo” o forse vecchi e basta, è l’incarnazione del peggiore degli incubi: il Papa nero Gesuita vestito di bianco, il cocciuto argentino che gira senza scorta e guida la macchina, l’uomo che si fa risuolare le scarpe e cambiare le lenti su una montatura vecchia per non gettare via soldi.

E’ troppo umano, troppo senza filtri, troppo amato, troppo semplice. E allora via con la diffamazione, il discredito, i sorrisini ironici che tanto colpirono, forse fino a farlo morire (ma l’ipotesi di un avvelenamento è tutt’altro che remota) un altro Papa, quel Giovanni Paolo I che parlava di Gesù come una dolce Madre e di se stesso come un parroco.

Accanto al mondo curiale si scatenano anche una parte della stampa e della politica. Il giornalista Antonio Socci si è schierato fin dall’inizio contro Bergoglio (suo il libro dal titolo “Non è Francesco”) colpevole a suo dire di scagliarsi contro i difetti dei cattolici invece che consolarli e ha recentemente analizzato a suo modo l’avvento del Giubileo criticando il protagonismo papale e affermando che il Papa è un confusionario che si appresta a concedere l’indulgenza dai  peccati senza mai nominarla e descriverla e risultando a conti fatti meno propenso a perdonare, e quindi meno moderno, addirittura di Pio IX (un Pontefice che nel 1875  ancora asserragliato in Vaticano in seguito alla presa di Roma da parte del Regno d’Italia era stato sorpreso dagli eventi e si trovava in difficoltà nel rapportarsi alla storia che al di fuori delle sacre mura seguiva il suo corso).

Sul fronte politico, protagonista indiscusso dei proclami contro il buonismo dei benpensanti e della misericordia papale, è da ormai un annetto Matteo Salvini, il quale, nel tentativo di divenire il nuovo leader della parcellizzata e frantumata destra italiana si rifà ai Le Pen – e più che altro fa pena – e invita tutti, vomitando odio e razzismo sui social, a “portare i profughi, in maggioranza delinquenti e terroristi, a casa loro”. E cosa ti combina Francesco? Lo prende in parola e, spiazzandolo, invita parrocchie e ordini religiosi ad aprire le braccia e a raccogliere, come Cristo insegna, gli ultimi e i bisognosi, rinfocolando pareri discordanti e accendendo nuove critiche ma anche tentando di riattualizzare il sistema Chiesa e il suo stare e muoversi nella realtà quotidiana.

E’ difficile, la strada scelta da Francesco, perché usa linguaggi nuovi in relazione ad un mondo curiale, politico e laico ancora troppo ancorato al Novecento e incapace di declinarsi, nonostante un massiccio uso di Facebook e Twitter, ai veri cambiamenti che la società sta affrontando. Lui lo ha capito e si adegua: leggendo la proclamazione dell’ Anno Santo alcuni vaticanisti hanno sottolineato come il Papa usi la parola indulgenza come sinonimo di grazia del Giubileo. Socci non l’ha capito, Salvini e i fascisti nemmeno. Ma gran parte del mondo, fortunatamente, sì. 

Fabio Pizzi