un non credente scrive al papa una lettera di sostegno alla sua attività di pulizia dentro la chiesa

lettera aperta (e dura)

a papa Francesco

Papa Francesco

di PAOLO ERCOLANI

 

San­tità,

chi scrive non pos­siede il dono della fede. In que­sto senso fatico non poco anche a defi­nirmi ateo, per­ché ritengo la posi­zione di chi esclude cate­go­ri­ca­mente l’esistenza di un’entità supe­riore, biso­gnosa di un’altra fede quan­to­meno equi­va­lente alla prima.

In buona sostanza, insomma, la que­stione prin­ci­pale non è tanto l’esistenza o meno di un’eventuale divi­nità, quanto la mia pro­pen­sione ad affi­darmi alla ragione evi­tando atteg­gia­menti fideistici.

Que­sta ragione, e non la fede, mi sug­ge­ri­sce due ele­menti ben precisi.

FEDE E RAGIONE

Il primo riguarda l’impossibilità dell’uomo di con­se­guire una posi­zione certa rispetto all’esistenza o meno di una o più divi­nità (agnosticismo).

Certo, gli atei scien­ti­sti si oppon­gono a que­sta posi­zione, soste­nendo che un atteg­gia­mento scien­ti­fico richiede che si por­tino prove per soste­nere l’esistenza di una pre­sunta verità affer­mata. Men­tre non è richie­sto nulla di simile per negarla, quella pre­sunta verità.

Ma, dall’altra parte, biso­gna pur dire che una ragione «ragio­ne­vole» (o una scienza umana e quindi uma­ni­stica) deve fare i conti con il dato rile­vato dallo stesso Car­te­sio: ossia l’originaria, insop­pri­mi­bile, costante idea che alberga nell’uomo di «per­fe­zione», ovvero di divi­nità, che da qual­che parte deve pur provenire.

E qui arri­viamo al secondo dato sug­ge­ri­tomi dalla ragione. Cioè che l’essere umano, dalla notte dei tempi, è un «homo reli­gio­sus», ossia costi­tu­zio­nal­mente por­tato a cer­care rife­ri­menti ulte­riori, appi­gli meta­fi­sici, con­forti ultramondani.

Certo, in virtù del primo dato egli non potrà mai pos­se­dere la cer­tezza di un’effettiva esi­stenza di tale divi­nità, ma cio­non­di­meno sarà comun­que spinto a cer­care rispo­ste e con­forto rispetto a un’esistenza in cui è stato get­tato dispe­ra­ta­mente privo di quelle mede­sime rispo­ste e di quel conforto.

Il fatto è che quelle rispo­ste e quel vano motivo di con­forto l’uomo con­ti­nua a cer­carli imper­ter­rito. E spesso, spe­cie nei momenti di crisi delle grandi reli­gioni, fini­sce per tro­varli in entità terrene.

Che sia un Par­tito, un Lea­der, il Mer­cato o per­sino la Tec­nica, quando ciò è avve­nuto sono seguiti sem­pre degli eventi dram­ma­tici e sanguinosi.

Por­tare Dio in terra, o illu­dersi di costruire il Para­diso nel nostro mondo, para­fra­sando Pop­per, ha sem­pre avuto come seguito ine­vi­ta­bile la crea­zione di un inferno terreno.

CIELO E TERRA

La dei­fi­ca­zione, con con­se­guente ido­la­tria, di qual­che essere umano o di qual­che entità ter­rena, ha sem­pre finito per con­sen­tire a un grande dit­ta­tore e alla sua ple­tora di cor­ti­giani di assur­gere a un potere tal­mente incon­tra­stato da rive­larsi distrut­tivo per il genere umano.

In un modo molto simile, la Chiesa, lad­dove ha ope­rato un pro­gres­sivo e ine­so­ra­bile allon­ta­na­mento dal rife­ri­mento divino (e da que­gli stessi Coman­da­menti e dogmi di cui essa stessa è stata l’indiscussa testi­mone in terra), si è costi­tuita sem­pre più alla stre­gua di una potenza ter­rena volta alla gestione del potere e del denaro, non­ché allo sfrut­ta­mento dei poveri e degli oppressi (e della loro difesa a parole) per otte­nere finan­zia­menti pub­blici e pri­vati di dimen­sioni esor­bi­tanti e oscene.

Quando il cielo è «vuoto», la terra si popola e riem­pie delle bestie peg­giori. Anche porporate.

Fondi, è appena il caso di dirlo, che anche in que­sti giorni sco­priamo essere stati uti­liz­zati all’interno della Chiesa per fini per­so­nali di qual­che alto pre­lato, per inve­sti­menti finan­ziari di enorme por­tata, per la costi­tu­zione di un patri­mo­nio immo­bi­liare di dimen­sioni inimmaginabili.

Sì, ha letto bene San­tità, ho scritto «anche in que­sti giorni», gra­zie alla docu­men­ta­zione pre­cisa e inquie­tante for­nita dai libri in uscita di Emi­liano Fit­ti­paldi («Ava­ri­zia», Fel­tri­nelli) e Gian­luigi Nuzzi («Via cru­cis», Chiarelettere).

Da cui emerge un uti­lizzo dell’enorme denaro pub­blico ita­liano (Otto per mille, in par­ti­co­lare) per fina­lità e in quan­tità tali da ren­dere risi­bile l’accusa di pecu­lato rivolta nei con­fronti dell’ex Sin­daco Marino.

Curioso il fatto che il «pecu­lato» (cioè il reato di appro­pria­zione inde­bita di denaro pub­blico), nel diritto romano come nel Dige­sto di Giu­sti­niano, fosse acco­stato al «sacri­le­gio», il reato di appro­pria­zione inde­bita di cose sacre. Per entrambi era pre­vi­sta la pena capitale.

LA STORIA CHE SI RIPETE

Ver­rebbe anche da chie­dersi som­mes­sa­mente, ma temo che nes­suno lo farà, se lo Stato ita­liano (nelle cui vicende la Chiesa entra con legit­tima ma discu­ti­bile auto­rità), non pos­segga gli stru­menti per rivol­gersi alle vie legali, visto che le abbon­danti elar­gi­zioni che esso fa alla Chiesa sono pre­vi­ste dal Con­cor­dato, ma per fina­lità che non sono pro­pria­mente quelle mala­vi­tose emerse in que­sti giorni.

Già, in que­sti giorni. Ma è una sto­ria che si ripete.

Lei ricor­derà cer­ta­mente, infatti, l’articolo del quo­ti­diano inglese «Guar­dian» (How the Vati­can Built a Secret Pro­perty Empire Using Mussolini’s Mil­lions, 21 gen­naio 2013), in cui si par­lava di un capi­tale immo­bi­liare di dimen­sioni ecce­zio­nali tra Fran­cia e Inghil­terra (in aggiunta a quello, ster­mi­nato, in Ita­lia), uffi­cial­mente inte­stato a una società off-shore (con tutti i bene­fici fiscali del caso, quindi).

L’ingente somma di denaro con cui il Vati­cano aveva potuto costi­tuire que­sto capi­tale immo­bi­liare immenso (circa 650 milioni di euro, per l’epoca), era stato il frutto di soldi ancora una volta ver­sati dallo Stato ita­liano, nella per­sona di Benito Mus­so­lini, nel 1929 (per inciso, anno della fune­sta crisi eco­no­mica che ridusse sul lastrico milioni di fami­glie), con lo scopo di «risar­cire la Chiesa della per­dita del potere temporale».

Ovvero, fuori dal buro­cra­ti­chese: lo Stato ita­liano pagava per la sua nascita (avve­nuta nel 1861), che era costata alla Chiesa la per­dita dello Stato Pon­ti­fi­cio e del potere tem­po­rale su buona parte del ter­ri­to­rio italiano.

QUALI VALORI?

Da que­sto punto di vista susci­tano ila­rità que­gli ana­li­sti (spesso legit­ti­ma­mente e ben com­pren­si­bil­mente appog­giati dalla Chiesa stessa), che sosten­gono di voler difen­dere l’identità nazio­nale, non­ché di voler com­bat­tere (a chiac­chiere) un capi­ta­li­smo che si è dato l’obiettivo di uni­for­mare il genere umano ope­rando la distru­zione dei valori, dei dogmi e delle isti­tu­zioni cri­stiane (a comin­ciare dalla famiglia).

Per­ché que­sti ana­li­sti nulla dicono di un’istituzione, la Chiesa appunto, che in buona parte non solo si fa beffe dello Stato ita­liano uti­liz­zando per fini per­so­nali, mala­vi­tosi e impro­pri i tanti soldi che esso gli elar­gi­sce ogni anno; ma che anche dimo­stra di essere ben inse­rita in quelle logi­che per­verse e anti­so­ciali (per non dire anti­u­mane) del capi­ta­li­smo finan­zia­rio più spinto. Igno­rando (o comun­que depo­ten­ziando for­te­mente), per fare ciò, la piena assi­stenza ai poveri, agli emar­gi­nati non­ché a quelle fami­glie sul cui valore la Chiesa insi­ste tanto e giustamente?!

Abbiamo apprez­zato in molti, San­tità, e io fra quelli, la Sua corag­gio­sis­sima enci­clica (la «Lau­dato si’»), in cui fra molte cri­ti­che al capi­ta­li­smo finan­zia­rio emerge una pro­po­sta forte affin­ché la poli­tica (e quindi l’etica, il bene comune) torni a eser­ci­tare un «governo» sull’economia e sugli inte­ressi egoistici.

Ma que­sto apprez­za­mento sem­bra stri­dere con la Sua rea­zione di que­sti giorni, appa­ren­te­mente volta a con­dan­nare non tanto il dato ogget­tivo (di una Chiesa gra­ve­mente preda della cor­ru­zione) quanto la fuga di noti­zie (si parla per­sino di una pos­si­bile richie­sta di ritiro dal com­mer­cio dei due libri summenzionati).

Con­cludo là dove ho ini­ziato. L’uomo è sostan­zial­mente «homo reli­gio­sus», biso­gnoso di tro­vare un legame con la dimen­sione trascendente.

La cura di que­ste anime dal desi­de­rio più che legit­timo (e sono la stra­grande mag­gio­ranza), spet­tano a una Chiesa che sap­pia essere dav­vero «povera», «umile», dalla parte degli ultimi e degli emarginati.

Che essa rie­sca in tale obiet­tivo (se non vogliamo che venga sosti­tuita da divi­nità ter­rene assai più fune­ste), è inte­resse di tutti noi. Cre­denti e non credenti.

Per que­sto mi sento di appog­giare la dif­fi­cile bat­ta­glia che Lei, San­tità, sostiene di com­bat­tere con ama­rezza e vigore per espel­lere ser­penti e fari­sei dal con­sesso ecclesiastico.

Credo che siamo in tanti a farlo, cre­denti e non, pra­ti­canti e non.

Sol­tanto, San­tità, abbiamo biso­gno di mag­giore tra­spa­renza e coe­renza, di una Chiesa che non tenta di oscu­rare le pro­prie debo­lezze ma che piut­to­sto le affronta con forza e aper­ta­mente, per­ché come inse­gnava San Tom­maso, l’anima dell’uomo richiede un nutri­mento che dia forza alla sua fede ma anche alla sua ragione.

E quest’ultima, se sa di non poter cono­scere con cer­tezza le cose divine, è tut­ta­via molto abile a com­pren­dere le mise­rie terrene.