la chiesa italiana con gli occhi aperti su fragilità povertà e debolezza

una chiesa che ha cura dei più fragili  e sofferenti

nel comunicato finale del Consiglio permanente della Cei, la crescita della corresponsabilità frutto del percorso sinodale e la difficile attualità italiana

Il cardinale Zuppi ha aperto il Congresso eucaristico a Materada Avvenire

Lo sguardo sui territori e sulle loro problematiche, in un momento storico difficile, ha accompagnato i lavori del Consiglio episcopale permanente che, sotto la guida del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei si è svolto dal 20 al 22 settembre a Matera. Qui dal pomeriggio di giovedì 22 a domenica 25 settembre è in programma il Congresso eucaristico nazionale sul tema: “Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale”. La riflessione del cardinale presidente sugli “inverni” che l’Italia si trova ad affrontare ha avviato un confronto franco e articolato sulle sfide attuali, che ha portato all’elaborazione dell’Appello alle donne e agli uomini del nostro Paese, dal titolo “Osare la speranza”. Alla vigilia delle elezioni, i vescovi hanno infatti sottolineato l’importanza del voto, un diritto e un dovere da esercitare con consapevolezza, per costruire il bene comune e una società più giusta, solidale e attenta agli ultimi.

Di qui l’invito a un impegno corale, rivolto agli elettori, ai giovani, a chi ha perso fiducia nelle Istituzioni e agli stessi rappresentanti che saranno eletti al Parlamento. Nella certezza che il Cammino sinodale possa rappresentare un’opportunità per far progredire processi di corresponsabilità, i vescovi si sono concentrati sul percorso che le Chiese in Italia hanno compiuto finora e che proseguirà nel secondo anno della “fase narrativa” con la proposta dei “cantieri sinodali”. Proprio in questa prospettiva si svilupperà anche il lavoro delle Commissioni episcopali, che dovrà puntare alla valorizzazione dell’apporto di esperti, del confronto con le realtà extra-ecclesiali e della sinergia con le altre Commissioni. Il Consiglio permanente ha poi rinnovato l’impegno nella tutela dei minori e delle persone vulnerabili, rilanciando le cinque linee di azione assunte dall’Assemblea generale nel maggio scorso attraverso la promozione di iniziative di sensibilizzazione nelle diocesi, tra cui la 2ª Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi (18 novembre) sul tema: “‘Il Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite’ (Sal 147,3). Dal dolore alla consolazione”.

Distinte comunicazioni sono state offerte sui Tribunali ecclesiastici in materia di nullità matrimoniale, sull’avanzamento dei lavori per la stesura della Ratio nationalis per la formazione nei Seminari d’Italia. Il Consiglio permanente ha deliberato la costituzione di un Fondo di solidarietà a favore delle diocesi per contrastare l’aumento dei costi dell’energia e ha approvato la pubblicazione dei Messaggi per la 34ª Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei e per la 45ª Giornata per la vita. Ha provveduto infine ad alcune nomine.

Gli “inverni” dell’Italia
L’attenzione alle sfide che il Paese si trova ad affrontare, in un momento storico delicato e complesso a livello mondiale, ha caratterizzato la sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente, che si è svolta dal 20 al 22 settembre a Matera, sotto la guida del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei. I lavori si sono aperti con il ricordo delle vittime dell’alluvione che ha colpito le Marche, delle loro famiglie e di quanti soffrono a causa di questo evento drammatico. Il pensiero è andato poi a suor Maria De Coppi, missionaria comboniana di 83 anni, uccisa il 7 settembre scorso in Mozambico: «Nella sua umiltà – ha sottolineato il cardinale presidente – è una figlia grande delle nostre Chiese in Italia, che non ha rinunciato a servire l’umanità del mondo e il Vangelo nella vita di un popolo lontano. Piccola sorella universale! È segno della ricchezza dell’esistenza di una donna, di un’anziana e di una missionaria. Un’anziana può dare molto; una donna può dire molto; una missionaria è andata oltre, più avanti, di noi».

Il presidente della Cei ha quindi offerto una riflessione sui tanti “inverni” che si affacciano sull’Italia: quello “ambientale”, con “l’incertezza sulla disponibilità di gas ed energia, lo spettro del razionamento energetico, il ritorno ad una austerity di cui solo alcuni di noi hanno un lontano ricordo”; quello “sociale”, con “alti livelli di povertà assoluta che persistono nel tempo” e con “il rischio di esclusione sociale superiore alla media europea”; quello “dei divari territoriali”, come quello “ormai atavico tra Nord e Sud” e come quello “delle aree interne, sparse in tutto il Paese, il cui spopolamento e la cui progressiva emarginazione non accennano ad arrestarsi, frammentando il Paese e rendendo ancora più disuguali i cittadini e le opportunità di cui possono fruire”. Il cardinale Zuppi si è soffermato sul “pesante inverno della denatalità” e su quello “educativo” che concerne “non solo gli scarsi investimenti sull’edilizia scolastica, ma soprattutto la serpeggiante sfiducia nei confronti della ricerca e in generale della cultura, di quella competenza per interpretare i segni della storia e preparare quel nuovo umanesimo di cui non solo l’Italia ha bisogno”. Infine, ha citato “l’inverno delle comunità ecclesiali”, che “pur con belle eccezioni” sono “affaticate dalla pandemia e faticano a recuperare vitalità e vivacità”.
Secondo il cardinale presidente, è importante scorgere le fragilità, le sofferenze e le aspettative della gente che ha bisogno di essere abbracciata e sostenuta, nella prospettiva del Congresso eucaristico nazionale (Matera, 22-25 settembre) che ha per titolo: “Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale”. Del resto, ha osservato il cardinale Zuppi, «una Chiesa sinodale è una Chiesa che condivide il cammino degli uomini e delle donne di oggi e di questi si prende cura, sapendo fare proprie le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce, soprattutto quelle dei poveri e di tutti coloro che soffrono». Nella certezza che «nei momenti dolorosi e difficili, emerge una decisiva volontà di bene, che supera l’egoismo e la paura»: proprio «tale volontà – ha affermato – va accompagnata, confermata e rafforzata. Ci dice che l’inverno non è definitivo». Alla dimensione ecclesiale si affianca anche quella politica in quanto le sfide e le questioni emerse zriguardano la polis, le città che ci ospitano». Di qui l’auspicio di un impegno concreto da parte di tutti per il bene comune, a partire dall’esercizio consapevole del diritto e dovere di voto.

Nelle parole del cardinale che hanno avviato il confronto assembleare, non è mancato infine un riferimento all’Ucraina e alla necessità di «non abituarci alla guerra»: «C’è il rischio – ha ammonito – di un’assuefazione alle notizie, che continuamente ci arrivano dai media e che ci inducono a considerarla ineluttabile. La guerra non porta alla pace. Abbiamo bisogno di tenere alto l’interesse e la speranza per la pace».

Osare la speranza
Le preoccupazioni espresse dal Cardinale sono risuonate negli interventi dei vescovi che hanno messo in luce l’urgenza di una partecipazione attiva alla vita democratica del Paese e di un impegno, a vari livelli e da parte dei diversi soggetti sociali, per uscire dalle crisi e avviare un rinnovamento profondo. Le istanze emerse sono confluite nell’Appello alle donne e agli uomini del Paese, dal titolo “Osare la speranza”, approvato e diffuso il 21 settembre. «Impegniamoci, tutti insieme, per non cedere al pessimismo e alla rabbia», è l’invito rivolto agli elettori, ai giovani, a chi ha perso fiducia nelle Istituzioni e a quanti saranno eletti al Parlamento. «Il Cammino sinodale che le Chiese in Italia stanno vivendo – si legge ancora nel testo – può costituire davvero un’opportunità per far progredire processi di corresponsabilità. È nei luoghi di vita che abbiamo appreso l’arte del dialogo e dell’ascolto, ingredienti indispensabili per ricostruire le condizioni della partecipazione e del confronto. Riscopriamo e riproponiamo i principi della dottrina sociale della Chiesa: dignità delle persone, bene comune, solidarietà e sussidiarietà. Amiamo il nostro Paese. La Chiesa ricorderà sempre questo a tutti e continuerà a indicare, con severità se occorre, il bene comune e non l’interesse personale, la difesa dei diritti inviolabili della persona e della comunità».

In ascolto del popolo di Dio
Il Consiglio permanente si è ampiamente confrontato sul Cammino sinodale delle Chiese in Italia all’inizio del secondo anno della fase “narrativa”, ancora di ascolto dell’intero popolo di Dio. È stata confermata la piena validità dei gruppi sinodali, come era emerso nelle relazioni diocesane redatte al termine del primo anno. Ci si è poi soffermati sulla proposta dei tre “cantieri sinodali” (della strada e del villaggio; dell’ospitalità e della casa; delle diaconie e della formazione spirituale) comuni a tutte le diocesi italiane, secondo il documento “I cantieri di Betania” e il successivo Vademecum metodologico “Continuiamo a camminare”. Il dibattito si è poi concentrato sull’organigramma che, come già stabilito nel Consiglio permanente del 24-26 gennaio 2022, prevede ora la costituzione di un Comitato nazionale del Cammino sinodale. Tale Comitato avrà il compito di studiare e promuovere iniziative volte ad animare e accompagnare il percorso, in stretta connessione con gli organi e gli organismi della Cei. Esprimendo grande riconoscenza verso il Gruppo di coordinamento che fino ad oggi ha coordinato il Cammino, i Vescovi hanno poi designato il presidente del Comitato stesso. La nomina degli altri membri, che avrà una rappresentatività ampia, verrà affidata a una sessione straordinaria del Consiglio permanente in programma il prossimo 16 novembre, alle Conferenze episcopali regionali, alle Istituzioni e agli organismi ecclesiali rappresentativi di presbiteri, consacrate/i e laici, con una presenza numerosa di componenti laici.

A sostegno delle diocesi
In questo particolare frangente storico e sempre nella prospettiva sinodale, è stata approvata la creazione di un Fondo di solidarietà a sostegno delle diocesi per contrastare l’aumento dei costi dell’energia. La somma – 10 milioni di euro – sarà assegnata alle singole diocesi secondo il metodo di ripartizione dell’8×1000 e, dunque, attraverso una quota fissa per ciascuna diocesi e una variabile in base alla popolazione. Il contributo sarà finalizzato a mettere in atto una riduzione dei consumi e a realizzare progetti di efficientamento energetico.

Per un servizio più efficace
Durante i lavori, i vescovi hanno ripreso la riflessione volta a rendere più efficaci le strutture e gli organi della Conferenza episcopale, a partire da una revisione della disciplina attuale sulle Commissioni episcopali nella prospettiva tracciata dalla Costituzione apostolica “Praedicate Evangelium” e dal Cammino sinodale. I presuli hanno convenuto sull’importanza di ripensare il ruolo delle Commissioni e di avviare la predisposizione di tutti i passaggi utili per un rinnovamento che sia funzionale alle esigenze del nostro tempo. In prima battuta, si provvederà ad una programmazione del lavoro nell’ambito dei “cantieri di Betania”, ovvero di tutte quelle proposte di ascolto e iniziative per il secondo anno del Cammino sinodale, che valorizzi l’apporto di esperti, il confronto con i mondi esterni e la sinergia con altre Commissioni.

Un impegno che continua
Resta alta l’attenzione dei Vescovi sul tema della tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Nel corso dei lavori è stato offerto un aggiornamento sull’impegno delle Chiese in Italia, riassunto nelle cinque linee di azione assunte dall’Assemblea gGenerale nel maggio scorso, circa la formazione di tutto il popolo di Dio e la prevenzione per evitare che il peccato e reato gravissimo degli abusi

accada. Nello specifico, si era deciso di potenziare la rete dei referenti diocesani e dei relativi Servizi per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, di implementare la costituzione dei Centri di ascolto, di realizzare un primo Report nazionale sulle attività di prevenzione e formazione e sui casi di abuso segnalati o denunciati alla rete dei Servizi diocesani e interdiocesani negli ultimi due anni (2020-2021), di condurre un’indagine a partire dai dati, custoditi dalla Congregazione per la Dottrina della fede, che fanno riferimento a presunti o accertati delitti perpetrati da chierici in Italia nel periodo 2000-2021, e infine di collaborare con l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, istituito con legge 269/1998.
Per favorire la sensibilizzazione a livello locale, anche quest’anno sarà celebrata – il 18 novembre – la 2ª Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi con lo slogan: “‘Il Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite’ (Sal 147,3). Dal dolore alla consolazione”. In vista di questo importante appuntamento, sono già in preparazione diverse iniziative, tra cui incontri rivolti agli operatori giuridici presso i Servizi regionali/diocesani/interdiocesani per la tutela dei minori, le Curie diocesane, gli Istituti religiosi e i Tribunali ecclesiastici; giornate di formazione dedicate ai superiori, ai rettori e ai formatori nei seminari e nelle case di formazione degli Istituti di vita consacrata maschili e femminili.
Inoltre, il Consiglio nazionale della scuola cattolica della Cei pubblicherà a breve il testo “Linee guida per la tutela dei minori nelle scuole cattoliche”, uno strumento a servizio dei docenti e del personale che opera nelle scuole cattoliche e nella formazione professionale d’ispirazione cristiana, oltre che delle famiglie e di tutto il mondo scolastico.

papa Francesco comincia a smuovere qualcosa anche tra i vescovi italiani …

Il contagio del papa. E il primo effetto sui vescovi

di Luigi Accattoli
in “www.ilblogdelregno.it” del 23 maggio 2016

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“C’è un influenza del papa argentino sui nostri vescovi? E in quale direzione?”: apre su questa pista, attraverso la sollecitazione provocata da queste due domande, l’ indagine di Luigi Accattoli sul positivo “contagio” che viene ai nostri vescovi dalle parole e dai gesti di papa Francesco. L’esempio da seguire è certamente “alto”, ma gli entusiasmi e le buone pratiche non mancano.

Se il «male è contagioso, lo è anche il bene»: è un motto di papa Bergoglio (Angelus del 15 febbraio 2015) che pongo a logo della mia seconda indagine sul contagio esercitato da Francesco. Ho riferito qui il novembre scorso delle domande che ho posto ai vicini e ai commercianti del rione Monti di Roma dove abito, e di quelle – forse più stringenti – che ho fatto a me stesso e ai visitatori del mio blog e ne è venuto un quadro sbilanciato: entusiasmo verbale ma pochi fatti (cf. «Bergoglio nel blog e nel quartiere. Qualcosa si muove ma è troppo poco», Regno-att. 10,2015,711s). Ora apro l’indagine su vescovi e preti. Parto dai vescovi: qui l’entusiasmo delle parole è minore, molto minore e spero che per compenso siano di più i fatti. Ma lo devo verificare. Questa puntata è un lancio di sasso: tornerò sull’argomento e sfrutterò l’eco che mi verrà dalla caduta del sasso.Sigalini

Resto una settimana in ogni parrocchia Nei giri per conferenze mi è capitato di ascoltare i cristiani comuni grati e lodanti per papa Francesco, con i soli preti – a volte – pieni di riserve. I vescovi che «si interrogano» mi paiono proporzionalmente più frequenti dei preti. Ma non mancano gli entusiasmi e le buone pratiche. Mi appunto a queste, più che alle parole. C’è un’influenza fattuale del papa argentino sui nostri vescovi? E in quale direzione? Il caso che m’attrae è quello di Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, e riguarda l’abitazione: «Da un paio d’anni non abito più nel palazzo vescovile ma in case varie che mi vengono messe a disposizione dai parroci o dai parrocchiani. Per 19 mesi ho così girato i 18 comuni e le due frazioni della diocesi, restando un mese in ciascuno. Volevo conoscere la geografia e la popolazione, toccare le situazioni. Ora sto facendo la stessa cosa per la visita pastorale: resto una settimana ad abitare in ognuna delle 40 parrocchie. Sempre celebro o concelebro e tengo una breve omelia ogni mattina. Posso così conoscere le persone, ascoltarle, parlare a loro con il cuore in mano. Ho trovato un mio modo per essere tra le pecore a distanza ravvicinata. Per vivere basta una stanza, dico a chi mi commisera. Tutti sono generosi nell’ospitarmi e mi trattano benissimo». Uno potrà dire: Sigalini ha buon gioco, perché Palestrina è una piccola diocesi. È verissimo: sede suburbicaria, cioè sotto l’Urbe, con appena 114.000 abitanti.

BrambillaMa ho trovato un’analoga uscita verso le pecore nel vescovo di una grande diocesi: Franco Giulio Brambilla, di Novara: 564.000 abitanti in un territorio vastissimo. Brambilla, avendo appena concluso il Sinodo diocesano, ha avviato una visita pastorale «residenziale» che prevede una sua permanenza di due mesi – 60 giorni distribuiti in tre periodi – in ciascuno degli otto vicariati, in modo da incontrare gli operatori pastorali, tutti i preti e i laici che lo chiedono, i responsabili e gli animatori delle unità pastorali. «Una scelta – mi dice Franco Giulio – mirata alla conoscenza diretta, in loco, delle singole realtà e delle singole persone». Conosco da tanto tempo sia Sigalini sia Brambilla e ne tiro la conclusione che un vescovo secondo il cuore di papa Francesco cerca di fiutare le pecore, sia che ne abbia poche sia che ne abbia tante. Analoga a quella di Sigalini, per quanto riguarda l’abitazione e la celebrazione del mattino, è la scelta del nuovo arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi: alloggia in una casa del clero in via Barberia – dove ha un piccolo appartamento nello stesso piano già abitato da tre vescovi ausiliari emeriti – e celebra tutte le mattine, con omelia, all’altare del Sacramento in Cattedrale.

Zuppi
L’abitazione e la messa con omelia Al posto di Zuppi, nel settore Centro di Roma, è stato chiamato don Gianrico Ruzza, già parroco di San Roberto Bellarmino, la chiesa romana di cui il cardinale Bergoglio era titolare: egli si propone di cercare un alloggio che lo tenga a contatto con la popolazione e va studiando come poter guardare da vescovo ausiliare al mondo dei giovani. Vedremo che cosa inventerà. Il settore Centro è anche il mio e io ero buon amico di Zuppi e già lo sono di Ruzza, che una volta mi chiamò a San Roberto a parlare proprio di papa Francesco e già mi ha interpellato sull’avvicinamento dei giovani. Sulla falsariga delle iniziative papali, don Ruzza aveva avviato nella sua grande parrocchia un servizio docce e una mensa per i senzatetto. Per casa e messa feriale, molto simile alla scelta di Zuppi è quella del nuovo arcivescovo di Trento Lauro Tisi, già vicario generale della stessa arcidiocesi: «Resterò ad abitare dove sono ora», ha detto il giorno della pubblicazione della nomina, cioè in una casa del clero. Don Tisi ha deciso anche di tenersi la sua utilitaria, senza cercare un’auto di rappresentanza; e di celebrare ogni mattina – con omelia – per gli universitari, nella cappella dell’arcivescovado. Per la sola casa va anche nominato il vescovo di Cesena-Sarsina, Douglas Regattieri, che sta realizzando una trasformazione della sua residenza per aprirla a una «casa famiglia» della Comunità papa Giovanni XXIII e lo sta facendo con esplicito riferimento agli inviti di Francesco alla condivisione con i poveri e all’accessibilità, cioè all’opportunità che il vescovo sia sempre accostabile da parte di chi lo cerchi. Il modo e il luogo dell’abitare e l’omelia mattutina mi paiono gli elementi sensibili di questa miniindagine. Se li annoti chi volesse aiutarmi con segnalazioni. Chiedo infatti a chi mi legge di darmi una mano per allargare il campo di osservazione, indicandomi vescovi nostri che si sono posti fattivamente sulle orme del primate d’Italia.
Non vorrei il titolo di eccellenza Mi interessano ovviamente anche altri aspetti del contagio. Fino a qui ho nominato vescovi con i quali ho parlato e dunque sono sicuro di quello che ho scritto. Ma ho letto tanti altri segni del contagio bergogliano tra i nostri vescovi, che riferisco sommariamente dalla lettura dei giornali, o di siti Internet, o da sentito dire, che sono tutte fonti fallaci. Il cardinale Francesco Montenegro di Agrigento gira in vespa e parla dei migranti con lo stesso linguaggio evangelico del papa. Lo faceva già prima che arrivasse papa Francesco, ed è forse per quella vicinanza di linguaggio e gesti che è stato fatto cardinale. E lui ha voluto un gruppo di poveri alle «visite di calore» il giorno dell’investitura. Analoga la parabola del cardinale Edoardo Menichelli, che conosco dal vivo e che sempre è andato in giro con un’utilitaria che guida da solo. Da sempre don Edoardo parla delle famiglie ferite con lo stesso scrupolo dell’accompagnamento che oggi viene comandato dal papa venuto dalla fine del mondo.

Cipolla Il nuovo vescovo di Padova Claudio Cipolla da solo, con la sua piccola automobile, percorre la vastissima diocesi per incontrare a uno a uno tutti i 774 preti, nonché i religiosi e i laici che vogliono parlargli.
Vende Opel Astra e realizza un dormitorio CastellucciIl recente arcivescovo di Modena, Erio Castellucci, ha con sé in arcivescovado una famiglia di immigrati albanesi e rifiuta ogni cerimonia. «Non vorrei per me, se possibile, la qualifica di eccellenza e preferirei essere chiamato per nome», ha detto nell’omelia di ingresso. Sarei curioso di sapere come funziona questa spoliazione dai titoli, già tentata da tanti a partire dal cardinale Pellegrino all’indomani del Concilio, ma che attacca più in America Latina che da noi. Il cardinale Bergoglio a Buenos Aires era per tutti «padre Jorge», mentre qui da noi sono solo gli amici di prima che continuano a chiamare per nome chi diventa vescovo, anche se l’eletto preferirebbe che lo facessero tutti. Mi piacerebbe anche sapere come va, nella vita ordinaria, ai nuovi vescovi degli ultimi mesi che hanno voluto un pastorale di legno (Roberto Carboni, francescano conventuale già missionario a  Cuba e ora vescovo di Ales-Terralba); o hanno annunciato che volevano continuare a vivere in una comunità di preti e non isolati in episcopio (Renato Marangoni, prete padovano divenuto vescovo di Belluno); o hanno venduto l’automobile Opel Astra che gli era stata regalata al momento dell’ingresso in diocesi, destinando il ricavato alla realizzazione di un dormitorio per senzatetto (Luigi Renna vescovo di Cerignola – Ascoli Satriano). Il dono aveva acceso polemiche e altrettante ne ha scatenate la vendita. Morale: un vescovo non deve badare alle polemiche. Che ne è stato della «condivisione degli stipendi» proposta due anni addietro dal cardinale Gualtiero Bassetti ai dipendenti della curia di Perugia, «affinché chi prende di più si adatti per un motivo etico e di carità a ricevere meno in questo momento di difficoltà economiche»?

BregantiniCom’è finita l’autotassazione del clero di tutta Italia per costituire un fondo a sostegno dell’occupazione giovanile di cui parlò una volta l’arcivescovo Giancarlo Bregantini?
Appena ti muovi ti tirano le pietre Non sono pessimista sul contagio che viene ai nostri vescovi dalle parole e dall’esempio del papa. Tengo in conto le difficoltà a seguirlo, che forse sono maggiori in un piccolo ambiente, o comunque non minori. Appena ti muovi ti tirano le pietre: vuoi metterti in mostra, getti cattiva luce sul predecessore, cerchi un cardinalato fuori dalle regole. Sulla difficoltà di seguire il papa nella sua vicinanza alle pecore valga questa riflessione del cardinale Betori quando l’ebbe ospite in Firenze il novembre scorso:

Betori «Gli sono stato dietro tutto il giorno e ho ammirato la sua dedizione verso tutti, dai bambini agli anziani, ai poveri, ai malati, ai detenuti. La gente non fa fatica a voler bene a un uomo così, ma certo il problema è per noi pastori che abbiamo questo alto esempio da seguire».
www.luigiaccattoli.it

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