Morto, ammazzato di botte. Un nigeriano di 36 anni, Emmanuel Chidi Namdi, richiedente asilo, è stato aggredito nel pomeriggio di ieri, martedì 5 luglio, da un fermano di 38 anni, ultrà della squadra di calcio locale. Camminava in via XX Settembre insieme alla compagna Chinyery, 24 anni, non lontano dal seminario arcivescovile di Fermo dove la coppia era ospite.

La dinamica di quanto accaduto non è ancora stata accertata. Stando a una prima ricostruzione della polizia, Namdi stava camminando con la ragazza quando due residenti del posto hanno iniziato a insultarla chiamandola “scimmia”. Emmanuel ha reagito, mossa che ha scatenato la violenza. Non è chiaro chi tra Namdi e l’ultrà 38enne abbia sradicato un palo della segnaletica usandolo come arma. L’unica cosa certa è che alla fine della rissa, il richiedente asilo è caduto a terra, poi è stato finito a calci e pugni. Uno dei colpi ha causato un’emorragia cerebrale che l’ha portato in coma irreversibile. Anche lei è stata picchiata, ha riportato escoriazioni alle braccia e a una gamba guaribili in sette giorni. 
 
Nel pomeriggio i medici hanno decretato la morte cerebrale di Namdi. Chinyery ha chiesto la donazione degli organi, ma il suo desiderio non è stato esaudito per la mancanza dei documenti necessari.

L’autore del pestaggio era già noto alle forze dell’ordine per altri episodi di violenza che gli sono costati un Daspo di quattro anni. 

La difesa dell’ultrà e del suo amico – secondo il racconto della donna – è stata in un primo momento dire che avevano visto la coppia guardare in modo sospetto dentro le macchine parcheggiate sulla via. Ma ci sono molti testimoni, e saranno ascolati dalla procura. L’ultrà diffidato è stato denunciato a piede libero per lesioni gravissime. Ma dopo la morte di Emmanuel probabilmente la procura formulerà un nuovo capo d’imputazione.

Emmanuel Chidi Namdi e la compagna Chinyery erano arrivati al seminario vescovile di Fermo lo scorso settembre, fuggiti dalla Nigeria dopo l’assalto di Boko Haram a una chiesa. Nell’esplosione erano morti i genitori della coppia e una figlioletta. Prima di sbarcare a Palermo, avevano attraversato la Libia, dove erano stati aggrediti e picchiati da malviventi del posto. Durante la traversata, Chinyery aveva abortito. 

E adesso don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, accusa: “E’ stata una provocazione gratuita e a freddo, ritengo che si tratti dello stesso giro delle bombe davanti alle chiese“. Riferimento ai quattro ordigni piazzati nei mesi scorsi di fronte a edifici di culto di Fermo. Don Albanesi, anche presidente della fondazione Caritas in Veritate che assiste migranti e profughi, si costituirà parte civile.

Il premier Matteo Renzi ha telefonato a don Albanesi per esprimere la sua solidarietà e vicinanza per la morte del cittadino nigeriano. Renzi, come lui stesso ha ricordato al telefono, aveva conosciuto don Albanesi quando faceva parte dei giovani scout. Il premier ha anticipato la presenza a Fermo domani del ministro dell’Interno Angelino Alfano.

Parla di “sgomento e indignazione” la presidente della Camera Laura Boldrini, appresa la notizia che “un uomo che era venuto via dal suo Paese per scampare alla ferocia dei terroristi di Boko Haram ha perso la vita qui da noi, in Italia, sotto i colpi dell’odio razzista e xenofobo”. “Mi addolora ancor di più – scrive Boldrini in una nota – che questo fatto orribile sia avvenuto nella mia regione, che è sempre stata terra di solidarietà e di accoglienza. Abbraccio nel modo più affettuoso la giovane compagna dell’uomo ucciso e mi auguro che dal territorio, già investito nei mesi scorsi da episodi inquietanti come gli attentati alle chiese della zona, arrivi la risposta più netta, capace di isolare ed espellere i violenti”.

Monsignor Albanesi aveva unito secondo un rituale risalente al medioevo Emmanuel e Chinyery poiché senza documenti non era possibile celebrare il matrimonio: “La ragazza era sua convivente stabile, ma non si erano ancora sposati. Se la legge lo permetterà, lei potrebbe donare gli organi”.

Fermo, difende la compagna da insulti razzisti. Nigeriano picchiato a morte da ultrà locale

Nelle stesse ore, quando la sorte del nigeriano era parsa segnata, il sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, in una nota, aveva espresso il suo dolore e condannato non solo il brutale episodio ma anche lo “strisciante razzismo che non può e non deve trovare spazio nel modo più assoluto nella nostra città”. “La comunità di Fermo – ribadisce Calcinato – è conosciuta come esempio virtuoso di integrazione e accoglienza anche rispetto a chi rifugge da drammi inenarrabili. Non merita di essere bollata per quanto emergerà da questo episodio, ma deve invece rivendicare con forza lo spirito che ha sempre contraddistinto la sua realtà, le etnie straniere, i nuovi cittadini italiani e i figli di tutti loro, che stanno crescendo insieme, senza discriminazione”.

Era intervenuta anche l’Anpi provinciale di Fermo, per ricordare come Emmanuel e Chinyery, “nostri fratelli e compagni, vittime delle persecuzioni e delle guerre civili nel loro Paese” sono anche “vittime della violenza fascista e razzista in Italia”. Perché, sottolinea l’Anpi, i “due cosiddetti cittadini italiani” coinvolti nella brutta vicenda sono “noti da tempo alle forze dell’ordine come ultras ed elementi della destra fascista”, “stupidi pericolosi sicari generati da un clima di intolleranza, di paura e d’odio innescato volutamente da quanti pensano di far leva sulle angosce e i timori della gente in difficoltà per avvantaggiarsene politicamente ed economicamente”.