una grande domanda: Dio è coinvolto nella nostra storia?

 Copertina del libro di Santi Grasso pubblicato da Città Nuova Editricecopertina del libro di Santi Grasso pubblicato da Città Nuova Editrice 

ma Dio interviene nella storia?

in un libro le risposte ad una domanda quanto mai attuale

 

Come spiegare l’azione di Dio di fronte al male che colpisce l’umanità? Un interrogativo presente da sempre e a cui l’uomo ha cercato di rispondere ricorrendo all’idea del fato o all’immagine di un Dio che punisce il peccato dell’uomo o che regola le vicende del mondo facendo il bello e il cattivo tempo. Il volume di Santi Grasso propone l’autentica visione cristiana che vede l’umanità protagonista della sua storia e in grado di costruire il bene quando si apre allo Spirito
Adriana Masotti – Città del Vaticano

Avvenimenti drammatici o dolorosi come le guerre, le calamità naturali, la sofferenza dei bambini e degli innocenti, fanno riemergere con forza, di volta in volta, un interrogativo che da sempre l’uomo si è posto e cioè se e in quale modo Dio agisce di fronte al male. E’ una domanda che in modo particolare ritorna in questi giorni sconvolti dalla guerra in Ucraina e che implica il tema della relazione tra Dio e il mondo, tra Dio e le sue creature. Per i credenti l’interrogativo è anche come conciliare la fede nell’amore e nella paternità di Dio con quanto si sperimenta nella propria quotidianità. “Quanto avvenuto nella storia del Novecento, si legge nell’Introduzione al volume, ha sicuramente messo in crisi una certa visione tradizionale, suscitando domande del tipo: dov’era Dio ad Auschwitz?”. Quella tragedia ha provocato uno “sconvolgimento” nella teologia cristiana, ma per primo l’ebraismo si è interrogato sul perchè Dio non fosse intervenuto per fermarla.

La presenza di Dio secondo la fede cristiana

Nel libro edito di recente da Città Nuova “Ma Dio interviene nella storia?”, l’autore Santi Grasso offre una risposta efficace alla questione attraverso la lettura di alcune pagine bibliche, spesso interpretate in modo approssimativo e qualche volta anche pericoloso, proponendo un viaggio nell’autenticità della fede cristiana che si presenta lontana da quel certo miracolismo o eccesso di irrazionalità con cui a volte, anche oggi, si esprime. E lontana anche dalla visione di causa-effetto che da sempre ha cercato di spiegare il male interpretandolo come la punizione divina provocata dal peccato dell’uomo. Uno schema messo in crisi da Gesù, in particolar modo con la sua morte, lui innocente, in croce.

L’azione di Dio e la responsabilità dell’uomo

Santi Grasso, è professore di esegesi del Nuovo Testamento presso la Facoltà Teologica del Triveneto, presso lo Studio Teologico Interdiocesano di Gorizia-Trieste-Udine e presso l’Istituto di Scienze Religiose di Udine e Gorizia. Rappresenta la Cei e l’Associazione Biblica Italiana alla Federazione Biblica Cattolica Mondiale. Ai microfoni di Vatican News, ripercorre la sua indagine aiutandoci a comprendere quale ruolo immenso Dio abbia affidato agli uomini e alle donne di tutti i tempi e come continuamente li sostenga con il dono della sua Parola e del suo Spirito.

Professore, cominciamo dal titolo: “Ma Dio interviene nella storia?” L’uscita in libreria del suo testo non poteva prevedere la guerra in Ucraina, ovviamente si fa voce di una domanda che la precede. Quanto è forte nell’uomo, in noi, questo interrogativo?

E’ molto forte, perchè credo che non sia semplicemente una domanda intellettuale, ma che sia la domanda di ogni essere umano. Nelle società antiche trovava una risposta molto chiara, cioè: Dio, o le divinità, certamente intervengono nella storia. Le rappresentazioni di questi interventi sono varie: la cultura greca pensa alla concezione del fato che diventa un fato implacabile, spesso anche molto duro, ma presenta anche la visione delle divinità arrabbiate, rancorose, vendicative e quindi la tensione che gli uomini, e soprattutto gli uomini famosi, dovevano fare per non creare invidia nelle divinità. Però poi abbiamo anche la visione più comune nella Bibbia, dove il peccato dell’uomo viene punito da Dio in termini storici e quindi la storia di Israele con tutte le sue crisi e le sue negatività spesso viene vista come il risultato di un peccato precedentemente commesso e che Dio, appunto, viene a punire attraverso i vari scacchi storici. Per arrivare ad una concezione che si sviluppa nel mondo latino e poi nel mondo cristiano che è quella della Provvidenza, secondo cui tutto avviene secondo una grande orchestrazione da parte di questa Provvidenza divina che ammanisce a tutti ora cose buone, ora cose cattive. Evidentemente la scienza viene a mettere in crisi tutte queste visioni. E allora il cristiano oggi si deve porre la domanda “Dio interviene o meno nella storia?” e “queste interpretazioni che ormai sono chiaramente ancestrali, possono ancora essere valide e interpretative dell’essere umano di oggi?”. Appare evidente che non lo sono più. Bisogna allora ritornare alla Parola di Dio, non in una lettura strumentalizzata, ma una lettura libera per capire che sì, Dio interviene nella storia, perché altrimenti avremmo l’immagine di un Dio “motore immobile” e questo non è il Dio secondo la tradizione ebraico-cristiana, ma Dio interviene con certi criteri e con certe modalità.

Già nella lettura del libro della Genesi, lei fa emergere una visione diversa di Dio che fa un passo indietro rispetto all’uomo perché affida all’uomo il creato, ad esempio…

Certamente, nel racconto della Genesi si capisce molto bene come alla conclusione della creazione il vero protagonista della scena umana, non sia più Dio ma, appunto, è la coppia con la sua discendenza e Dio entra in una sfera particolare che è quella dello shabbat, che non è il riposo di Dio – questa è un’interpretazione un po’ antropomorfizzata di Dio -, mentre invece il verbo shabbat, vuol dire astenersi, cessare, quindi Dio si pone in un atteggiamento che è quello di colui che si ritira per far spazio all’umanità nella sua espressione e nella sua azione.

Un intero capitolo del suo libro è dedicato al profeta Elia e qui si vede una frattura tra la certezza che al giusto Dio non può che rispondere con i suoi doni, e l’evidenza della realtà in cui il giusto soffre e va incontro anche al fallimento. Su questa linea poi ci sarà Giobbe e la stessa storia di Gesù. Dio è presente ma, lei scrive, non immischiato nelle alterne vicende della vita. Ci dice qualcosa di più? 

La vicenda di Elia comincia con una concezione di Dio che è fortemente interventista nella storia, però poi le vicissitudini che vive, gli fanno capire che Dio non è più quel Dio che con una bacchetta magica interviene a spron battuto a suo favore contro gli altri che lo perseguitano. In questo percorso di evoluzione nel rapporto con Dio, il profeta deve arrivare alla consapevolezza di un Dio che è “voce di silenzio”, cioè che non interviene e non vuole intervenire perché, appunto, la storia ha una sua autonomia e Elia deve incontrare il Dio, non perché gli dà qualche cosa o si manifesta come potente, ma perché Dio è Dio e la relazione con lui prescinde dagli elementi che nella vita di tutti possono essere positivi e negativi.

C’è poi un fatto che cambia tutto nel rapporto tra Dio e l’umanità e cioè l’Incarnazione. Da allora in poi l’intervento di Dio, cito il suo libro, rispetterà sempre la logica dell’incarnazione…

Sì, è il momento, il Nuovo Testamento, in cui c’è una progressione riguardo alla concezione di Dio e quindi di conseguenza anche di quello che Dio fa nella storia. L’Incarnazione diventa il nuovo modello interpretativo della sua azione nella storia. Che cos’è l’Incarnazione? Noi spesso leggiamo la pagina dell’annuncio dell’angelo Gabriele a Maria semplicemente come un testo per glorificare la donna, Maria, che partorisce il Figlio, ma in realtà questo testo ha una profondità molto più grande. E’ un testo che dice come, quando l’azione dello Spirito raggiunge l’essere umano, questo essere umano può “partorire” una storia messianica. Cioè può generare, naturalmente tramite l’accoglienza consapevole dello Spirito, una storia diversa, e questa è una nuova acquisizione. L’incarnazione non riguarda solo la vicenda peculiare, eccezionale di Gesù, ma è anche il modello interpretativo della storia di tutti e cioè: l’accoglienza dello Spirito fa partire una storia diversa quando l’essere umano si compromette in maniera personale con l’azione dello Spirito stesso.

In altre parole, ma sempre prese dal suo libro, lei sostiene che Dio non si identifica con la storia, ma neppure però se ne astrae. Agisce tramite lo Spirito accolto dall’uomo, cioè è l’uomo illuminato che agisce?

L’uomo riempito dallo Spirito. Cioè quell’uomo che accoglie lo Spirito e consapevolmente interpreta poi la propria esistenza ed è lui che deve modificarla: noi vediamo che non può che essere così perché se pensiamo alle grandi tragedie del Novecento, queste ci dicono che l’uomo nella storia se vuole può fare tutto, le cose peggiori. Perché Dio non lo ferma? Perché evidentemente c’è una modalità di intervento di Dio nella storia che non è quella che noi pensiamo di solito in maniera superficiale o popolare, perché altrimenti tutta la storia del Novecento, ma potrei dire tutta la storia dell’umanità con tutte le sue distruzioni, non si potrebbe spiegare. La presenza di tutto questo male nel mondo, anche le vicende terribili che stiamo vivendo oggi con la guerra in Ucraina, senza un’interpretazione corretta porta semplicemente a concludere che Dio non esiste: questa è la reazione di chi, pensando classicamente o tradizionalmente a un Dio che interviene nella storia, resta completamente deluso e la conclusione non può che essere l’ateismo.

Noi siamo tutti invitati in questo periodo ad intensificare la preghiera per chiedere a Dio, a Maria, il dono della pace, come dobbiamo vivere, alla luce di quanto abbiamo detto finora, questa invocazione?

Io credo che sicuramente questo tipo di preghiera è un’azione di solidarietà e di condivisione con questo popolo che in questo momento subisce questa invasione così tragica, però dobbiamo anche renderci conto, proprio attraverso la preghiera, che ci sono delle grandi responsabilità umane e che nessuno può più vivere in maniera individualistica la propria esistenza e che dobbiamo cominciare ad acquisire una concezione della politica di natura diversa, con una consapevolezza diversa. La preghiera, quindi, non è semplicemente legata ad un’azione di intervento di Dio, ma sicuramente è più matura e più vera quando ci porta ad interrogarci su quello che noi possiamo fare, sulle responsabilità che noi possiamo esercitare, sui “no” che dobbiamo dire quando una politica è cattiva.

Ma possiamo comunque chiedere a Dio anche di aiutarci a fare qualcosa? Possiamo affidargli i nostri cari, magari ammalati, oppure di fronte alla difficoltà o un ostacolo da superare, possiamo chiedere il suo aiuto?

Certo, certo, ma sempre nella consapevolezza che l’aiuto di Dio è un aiuto che non può essere fattuale, ma è un affidarsi a Dio nell’accoglienza del suo progetto, della sua volontà, perché io penso che noi preghiamo frequentemente per chiedere a Dio di attuare le nostre idee, le nostre visioni, i nostri progetti, ma la preghiera è esattamente il contrario, la preghiera è rivolgersi alla Parola di Dio e capire attraverso questa Parola che cosa Dio ci chiede di fare.

E allora la vera fede è credere all’amore di Dio per noi qualunque cosa accada?

Sì, è così. Non legarsi a Dio per essere tutelati. Il Vangelo sconvolge un po’ questa idea: quando Gesù manda in missione i discepoli dice loro che vivranno momenti difficili e duri. La religione non è una sorta di salvacondotto, ma anzi diventa esporsi al rischio, al pericolo, alle varie situazioni drammatiche della vita. Abbiamo un po’ perso questo senso del Vangelo, prendendo la religione più che altro come una sorta di tutela per la nostra incolumità.

Comunque, vivendo secondo Dio si è anche più felici già su questa terra…

Certo, perché εὐαγγέλιον (evanghélion), la parola greca che noi traduciamo con Vangelo significa l’annuncio di una buona notizia che cambia la vita, è una notizia che fa esplodere la vita nel senso delle sue potenzialità, nel senso della forza della vita stessa.




“la storia ci condannerà!” così p. Zanotelli

padre Zanotelli accusa ancora:

“sui migranti saremo giudicati come i nazisti”

parla il religioso attaccato dai leghisti:

“Il Vangelo parla di perdono, di accoglienza, se siete cristiani non potete scegliere chi si regge sull’odio o sul disprezzo”. Come Salvini

Padre Alex Zanotelli

di Stefano Miliani

“Il Vangelo parla di perdono, di accoglienza dell’altro, se siete cristiani e lo scegliete non potete scegliere Salvini. La Storia ci giudicherà come noi oggi giudichiamo i nazisti”. Padre Alex Zanotelli, missionario, critica con forza e coerenza la politica anti-immigratoria sbandierata dal vicepremier che ama indossare divise militari e la Lega ricambia attaccandolo e screditando la sua figura religiosa. Direttore per anni di “Nigrizia”, l’80enne padre Zanotelli della comunità comboniana è autore del recente pamphlet pubblicato da Chiarelettere Prima che gridino le pietre (leggi qui un estratto).

Volgarità leghiste contro padre Zanotelli: uno pseudo-prete che vuole chiese-moschee

Padre, il leghista Alessandro Pagano si è riferito a lei dicendo che “di questi pseudo preti non abbiamo bisogno” perché, a parere dell’esponente della Lega, “il suo unico chiodo in testa è attaccare #Salvini”.

Prima di tutto non voglio attaccare nessuno, non mi interessa e men che meno mi interessa Salvini. Il problema non sono i leghisti. Ho invece sempre detto con chiarezza che ognuno deve decidersi nella vita e ho parlato ai cristiani.

Decidersi su cosa?

Se siete cristiani potete naturalmente scegliere qualunque politica, ognuno è libero, però dovete fare i calcoli con vostra coscienza. Il Vangelo parla di perdono, di accoglienza dell’altro e se lo scegliete non potete scegliere il Vangelo di Salvini che si regge sull’odio o sul disprezzo dell’altro. Mi meravigliano però tanti cristiani.

Perché?

Non c’è coerenza con quello che credono e dicono. Faccio perciò appello ai cristiani leghisti. A loro dico: provate a chiedervi che cuore avete. Un uomo se è un uomo si commuove davanti a certe realtà. Fin da tempi più antichi far fuori un bambino o trucidare qualcuno faceva scattare qualcosa nel cuore. Come è possibile che noi che ci dichiariamo umani siamo diventanti così insensibili?

Intende i migranti che affogano nel Mediterraneo e che non vediamo?

Certo: se non vediamo non sentiamo. Per questo hanno messo il cordone sanitario intorno alla Libia: se non si vedono la gente non reagisce quando, come ieri, periscono in mare 117 persone e altri 60 sono morti davanti al Marocco. Se sappiamo i dettagli, un bambino che aveva due anni, una donna affogata, allora sentiamo qualcosa. Invece è possibile diventare così bestie da non sentire? Da non avere un sentimento? Non giudico ma chiedo: siete uomini o bestie? Decidetelo. Persino la bestia è più tenera in certe situazioni. Ne sono certo: i nostri nipoti diranno di noi le stesse cose che diciamo noi dei nazisti e di Auschwitz. L’Europa dovrà rispondere davanti alla storia. Un giorno non ci sarà più la tribù bianca che governa il mondo e allora verremo portati davanti alla storia per questi che sono delitti come lo sono stati il colonialismo e il neocolonialismo. La storia ce lo rinfaccerà.

Dalla Lega lei è stato definito “globalista” e il termine vuole essere dispregiativo.

Non parlo in chiave politica. Non sono un globalista se non nel senso che siamo un unico mondo, che siamo tutti su un’unica barca e quindi o ci salviamo insieme o periremo tutti insieme: se il pianeta va incontro al disastro ecologico la pagheremo tutti, se saltiamo in aria per una bomba atomica saltiamo per aria tutti. Pertanto dobbiamo fare i conti a livello globale, non è possibile che gli otto uomini più ricchi della Terra abbiano quanto miliardi di persone e che quattro miliardi di persone vivano con due dollari al giorno. È allora globalismo pensare che tutti hanno diritto a un minimo di vita: queste sono le domande che dobbiamo porci, sono i ragionamenti che dobbiamo fare.




evitiamo la condanna della storia – Zanotelli ha ragione

migranti

 

la storia ci giudicherà perché di fronte al massacro

siamo restati fermi e zitti

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Migranti, la storia ci giudicherà perché di fronte al massacro siamo restati fermi e zitti
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autore, attore e scrittore
Ha ragione Alex Zanotelli. Quelli che abbiamo di fronte sono crimini nazisti
Sentiamo gente vantarsi del fatto che Berlusconi e la Lega strinsero un accordo con il dittatore e torturatore Gheddafi e decisero di finanziare la costruzione e la gestione di campi di concentramento gestiti dal dittatore libico, nei quali internare chi cercava di raggiungere l’Europa. Così diminuirono gli immigrati sui gommoni. Possiamo facilmente immaginare che razza di campi di concentramento misero insieme i killer di Gheddafi.
La storia giudicherà questa gente.C’è da vergognarsi a sentire della gente che si fregia dell’essere umanista e progressista, attaccare le Ong perché salvano i rifugiati in mare. Secondo questi spostati morali le Ong possono intervenire solo se il profugo sta annegando. Riuscire a sapere prima dove sono e andarli a prendere prima che la barca affondi non va bene perché è chiaro che l’informazione te la danno i criminali scafisti e quindi sei complice. Ed è colpa tua se poi arrivano più immigrati.

 

Io rovescerei la questione: perché non andiamo direttamente con l’esercito sulle spiagge libiche a liberare questa gente in ostaggio di criminali?
C’è un moltitudine di persone che soffrono, esseri umani stuprati, torturati, senza cure mediche, senza un tetto sulla testa, in balìa della follia sadica totale e tu mi scassi il cazzo perché io devo chiedere al profugo se sta veramente annegando o fa solo prove di immersione?
È come dire che ci sono gli ebrei nei campi di sterminio, ma non vado a liberarli perché sennò ci troviamo 6 milioni di semiti in casa… Maccheccazzo dici!?
Bisogna andarli a prendere sulle spiagge, altro che telefonare agli scafisti.
Qualcuno dice: “Ma come facciamo? Ne abbiamo già troppi. Se non rischiano più la vita per arrivare qui allora poi partono a milioni!”
Chi ragiona così in realtà ammette che sta usando come difesa una recinzione fatta dalla malavita che rende talmente terribile e pericoloso arrivare in Europa che alla fine è un deterrente che ci fa comodo! Ecco che si scopre la verità: vogliamo che venire in Europa sia pericoloso. Vogliamo che muoia gente nel Mediterraneo perché ogni morto ne dissuade mille dal venire qua a romperci il cazzo!
Come è buono lei!
E poi dimmi ancora che sei un progressista dal volto umano.
Tu non li ammazzi direttamente… Ma se per accidente succede…
Ok. Io sto con le Ong cattive.

Chiarito questo, fa vergogna al senso di umanità sentir parlare gente che prima ha fatto finta di non vedere che gli Usa finanziavano gli stragisti Saddam, poi Bin Laden e i Talebani, poi l’Isis…. Gente che ha votato a favore dell’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq e oggi se ne dimenticano.
Le potenze occidentali hanno finanziato e messo in atto una serie di intrighi orrendi e finanziato ogni sorta di criminali quando facevano comodo contro la Russia o l’Iran o contro il dittatore siriano. Il blocco occidentale ha raso al suolo città, torturato, ammazzato migliaia di civili per sbaglio, rapinato ogni sorta di ricchezza. La guerra al terrorismo di Bush, che Obama non ha saputo fermare ha fatto milioni di morti con i proiettili e la fame che la liberazione ha portato con sé.

 

In Libia i francesi hanno armato e finanziato bande di criminali comuni, in buona parte fuggiti dalle carceri, che si sono dati a razziare i villaggi peggio dei turchi medioevali e questo crimine ha determinato l’appoggio di alcune tribù al califfato nero. E la Francia continua a tramare in Libia ancora adesso foraggiando conflitti dai quali spera di ricavare vantaggi.
Questa aggressività miope è la prima causa della migrazione di gente in fuga dalla guerra.

E gli Stati europei, Germania esclusa, stanno comportandosi da vigliacchi pur essendo stati in maggioranza complici della guerra al terrore di Bush.
L’Ue ha pagato miliardi al dittatore turco Erdogan per tenere in Turchia tre milioni di profughi. Ovviamente i soldi se li sono intascati in gran parte gli alti papaveri e questi tre milioni di esseri umani vivono in condizioni da reietti, in accampamenti fatiscenti, ostaggi della criminalità. Gironi dell’inferno al confronto dei quali le favelas brasiliane sono Disneyland.

L’altra causa primaria di questa ondata migratoria è economica.
Quando si parla di “aiutarli a casa loro” mi vengono i brividi per il livello di cecità ideologica. I paesi più ricchi stanno tutt’ora depredando l’economia africana con una guerra feroce anche se non si spara. Semplicemente stiamo inondando i loro mercati di prodotti alimentari venduti al di sotto dei prezzi dei prodotti locali. Una guerra di strangolamento economico che getta nella miseria migliaia di contadini ogni giorno. A questo aggiungiamo la pesca predatoria delle nostre imbarcazioni lungo le coste africane che sta rovinando i pescatori locali, lo sfruttamento sottocosto di grandi risorse agricole e minerarie, le trappole dei finanziamenti della Banca mondiale, i soldi degli aiuti delle Nazioni unite e gli aiuti internazionali spesso sprecati da una burocrazia troppe volte inetta e ingorda. Questa guerra economica sta costringendo enormi masse di persone a emigrare in altri Stati africani e in parte a cercare un futuro in Europa. E cosa dovrebbero fare?

Se vogliamo veramente affrontare la questione serve un grande piano. E servirebbero anche politici che invece di piagnucolare e far teatrino giorno per giorno sapessero approntare un vero intervento umanitario. Io comincerei dal cambiare leggi e regolamenti. Chi arriva in Italia deve iniziare subito a seguire corsi di formazione e imparare la lingua e intanto lavorare. Non formarli, non farli lavorare, non farli sentire persone, ma solo numeri è una grande bestialità che oltretutto alimenta la rabbia di molti e foraggia i disonesti che ci sono tra gli immigrati come in qualunque gruppo umano. La prima prevenzione, il primo passo verso l’integrazione è la creazione di esperienze positive. In Italia c’è gente che ogni giorno fa miracoli con i 35 euro di sussidio che lo Stato paga per ogni immigrato. Altri si limitano a posteggiare in luoghi fatiscenti mille immigrati e incassare 35mila euro al giorno!
E poi vediamo come è possibile utilizzare degnamente questa forza lavoro. Abbiamo chilometri di sponde di fiumi e boschi da ripulire, abbiamo villaggi abbandonati sugli Appennini e sulle Alpi, un’economia sparita, i campi abbandonati che franano.

E qui c’è un problema strategico dell’Italia. Ogni anno terremoti, siccità, inondazioni ci costano un botto. E altro fiume di denaro costa avere più di 10 milioni di case che andrebbero isolate e rese energeticamente efficienti. Ogni anno questi disastri ambientali e sprechi energetici ci costano ben più di quanto ci costerebbe rateizzare l’investimento per mettere in sicurezza il nostro Bel Paese. Sarebbe un’azione colossale, capace di azzerare la disoccupazione e che richiederebbe braccia straniere per essere portata a termine in una decina di anni.
Ospitare un milione di nuovi immigrati non sarebbe un problema se venisse portato avanti un progetto sensato e gestito in modo efficiente.
Questo dovremmo fare a casa nostra.

Poi interrompiamo la guerra commerciale di aggiottaggio contro i piccoli produttori africani, poi creiamo una corsia protetta per l’esportazione da Africa e Medio Oriente di cibi e manufatti. Poi diamo una sveglia agli aiuti internazionali con Gentiloni che va a battere la scarpa sul tavolo delle Nazioni unite e pretende che ci sia un controllo su costi e risultati dei piani di sviluppo finanziati dagli organismi internazionali. Un fiume di soldi che fa troppo poco. Poi andiamo a chiedere ai governi africani di affidarci lo sviluppo di aree depresse. Mussolini che era un coglione è comunque riuscito a fare la bonifica dell’Agro Pontino e a dare appezzamenti di terreno e mezzi minimi per coltivarlo a migliaia di veneti… Abbiamo un genio militare con mezzi straordinari. Formiamo in Italia gli immigrati e li facciamo tornare al loro paese a costruire le città verdi autosufficienti. Sappiamo farlo, dobbiamo farlo. Non sarà facile.

Il primo passo è che un po’ di progressisti inizino a raccontare come stanno le cose.
Bisogna battere su concetti semplici: le guerre che hanno causato milioni di profughi le hanno organizzate gli Usa con la complicità europea.
Stiamo continuando a strangolare la loro economia.
Stiamo facendo troppo poco per aiutarli a casa loro.
Dobbiamo portare via i profughi prigionieri delle mani della criminalità libica.
Dobbiamo portarli in Italia e far sì che questo salvataggio diventi economicamente sostenibile grazie a un grande piano di messa in sicurezza e miglioramento dell’efficienza energetica del nostro paese.
E i progressisti umanitari che in tv parlano d’altro sono dei blabla.

E magari potremmo anche ricordarci che nel dopoguerra fummo noi italiani a scappare dalle rovine e dalla fame. Si parla di sei milioni di emigrati. E oggi gli oriundi italiani nel mondo, secondo le stime del ministero degli Esteri sono tra i 60 e i 70 milioni!
Allora, quando abbiamo avuto bisogno noi ci hanno bene o male accettati, perché qualcuno oggi vuole ributtarli a mare?

NB: La battuta sulle favelas che in confronto sono Disneyland è copiata dalla Gialappa’s Band. Non ho resistito.




un’altra narrazione di Francesco d’Assisi

“Francesco d’Assisi la storia negata”

recensione di Aldo Pintor

Ringraziamo la Casa Editrice Laterza perchè in questi giorni ha fatto uscire il prezioso lavoro della storica
che con una ricostruzione storica accurata ricostruisce le testimonianze dei primi compagni di Francesco d’Assisi circa questo Santo. Testimonianze che furono trascurate se non nascoste per secoli da cui esce un ritratto potente del Santo che contiene tutta l’originalità di questo grande uomo nel praticare il Vangelo. 
E dopo aver letto il libro l’immagine che avremo di Francesco sarà molto diversa da quella agiografica e sdolcinata che troppo spesso ci è stata proposta. E’ noto il legame che i primi compagni che lo seguirono ebbero con l’Assisiate. Essi stessi si definivano in latino Nos qui con ei fumus (noi che siamo stati con lui). Eppure la vicenda di San Francesco così come quella degli ordini religiosi da lui scaturiti ha subito nel tempo una mole notevolissima di interpretazioni e ricostruzioni completamente differenti tra loro. Il paziente lavoro di Chiara Mercuri ricostruisce il ritratto di questo Santo che ha fatto sognare anche persone molto distanti dalla Chiesa. Da buona storica l’autrice ci racconta anche la città che lo ha visto nascere crescere e ardere di inconsapevolezza. Dopo la morte di Francesco Bonaventura da Bagnoregio ha ordinato la distruzione di documenti dei suoi primi compagni e Chiara Mercuri in questo libro ce li mette a disposizione. I giovani che udirono il suo richiamo e lo raggiunsero alla Porziuncola e a Rivotorto, la gente di Assisi la mole del Subasio che sovrasta Assisi, i fiori della splendida primavera umbra compaiono nelle pagine della nostra storica per resituirci un’immagine di un uomo di carne e di sangue e il contesto in cui Francesco ha vissuto e operato. Certo che tanta risolutezza nel seguire il Vangelo alla lettera è sempre stata scomoda per farisei e sommi sacerdoti di tutti i tempi. La radicalità di Francesco venne combattuta nei secoli successivi creandone un’immagine che falsava la realtà. Bellissimo il ritratto di Chiara d’Assisi che troviamo in queste pagine che fu talmente risoluta nella sua scelta evangelica di seguire Francesco che pur di “condividere il privilegio della povertà” si oppose perfino al papa che le aveva imposto la clausura. E leggendo il libro apprendiamo come negli ordini religiosi medioevali, nonostante quanto si creda si differente le donne erano molto più rispettate che non nella società civile. Infatti il numero di sante appartenenti a questo periodo è piuttosto elevato. Questo libro scritto con il rigore dello storico ma con la passione per quanto ci narra ci fa quasi rivivere nelle strade e nelle piazze di Assisi per incrociare Francesco coi suoi compagni che amando e amandosi con gaiezza ci fanno battere forte il cuore in petto come accadde ai discepoli di Emmaus quando incontrarono Gesù. Da questa lettura riusciamo a scorgere una società più equa tra noi e maggiormente in armonia col Creato. E questo incontro ci apre al richiamo per l’Infinito