papa Francesco eretico, parola di A. Socci

Socci scomunica papa Francesco

papa Francesco è ormai eretico, così sentenzia con depresso e delirante sgomento Antonio Socci:

Socci

«Si fonderà una ‘nuova Chiesa’ basata sul verbo cattoprogressista di Bergoglio e di Walter Kasper, anziché sul Vangelo di Cristo?»

un ‘delirio in progress’:

“Bergoglio non lavora ‘a maggior gloria di Dio’, ma ‘a maggior gloria di io’ “

papa francesco messico trump

«Vogliono vedere sino a che punto può arrivare» viene spiegato nel film ‘Private Parts’ modellato sul conduttore radiofonico statunitense Howard Allan Stern per chiarire il successo della sua assoluta scorrettezza. Il nostro Howard Stern per orgogliosa elezione è in primo luogo Giuseppe Cruciani, che lo rivendica a tal punto da mettere quel passaggio audio come ricorrente apertura della sua quotidiana trasmissione radiofonica ‘La Zanzara’ su ‘Radio24’. Ma a Cruciani che si destreggia tra eccessi sessuali e passioni stercorarie fa da speculare contraltare l’altra faccia della rincorsa all’eccesso, il cattolicissimo per autodefinizione Antonio Socci. Totalmente privo di remore nella sua fissazione antifrancescana, nel senso di Jorge Mario Bergoglio-Papa Francesco, lui pure raggiunge ormai vette di delirio masturbatorio. E si vede che i preti non gli devono avere ben spiegato che se abusare della pratica potrebbe forse essere dannoso per la vista, certamente lo è per il pensiero quando ci si avviluppa unicamente al rapporto con se stessi.Il Papa che vuole mettersi al posto di Dio’ titola il suo consueto intervento domenicale del 20 marzo 2016 sul quotidiano ‘Libero’. «Si fonderà una ‘nuova Chiesa’ basata sul verbo cattoprogressista di Bergoglio e di Walter Kasper, anziché sul Vangelo di Cristo?». Dopo un così delicato esordio si passa alla rilevazione degli intenti del perfido gesuita: «(…) se è evidente il proposito di Bergoglio di ribaltare la Chiesa Cattolica, è anche vero che lui sa di dover agire con astuzia e gradualità, in modo di non cadere nella fattispecie del ‘papa eretico’, che pure è previsto dal diritto canonico, con tutto ciò che ne conseguirebbe». Cioè, evidentemente, quanto già oggi nella teologia socciana è assodato: Papa Francesco è eretico. Prosegue titolando di ‘Apostasia’: «Ovviamente la dottrina della Chiesa dice l’opposto» e «La teoria morale di Bergoglio (…) non ha niente di cattolico ed è esplicitamente condannata dal Concilio di Trento (…)». Alé. Passando poi a trattare della ‘Vittoria di Kasper sulla Chiesa’, preconizza lo scontro finale: «Se uscirà un documento siffatto si aprono dunque scenari drammatici nella Chiesa» riferendosi all’imminente pubblicazione dell’Esortazione papale post Sinodo sulla famiglia.

La conclusione di questo ‘capitolo’ è affidata da Socci all’imperdibile opinione del Venerabile piemontese Pio Brunone Lanteri, vissuto tra diciottesimo e diciannovesimo secolo, che sosteneva «il Santo Padre (…) è vicario di Dio, ma non è Dio, né può distruggere l’opera di Dio» come evidentemente a parer di Socci sta oggi facendo. Lo stigma finale è poi mutuato dal Cardinale svizzero Charles Journet, defunto una quarantina di anni fa e quindi anche lui momentaneamente impossibilitato a dissociarsi: «Quanto all’assioma ‘dove è il papa lì è la Chiesa’, vale quando il papa si comporta come papa e capo della Chiesa; nel caso contrario né la Chiesa è in lui, né lui nella Chiesa». E così Bergoglio è sistemato, con l’annuncio della sua ormai pressoché certa dichiarazione di eresia da parte del Supremo Tribunale dell’Inquisizione composto e presieduto dal Socci medesimo. E queste sono solo alcune delle ricorrenti intemerate espressione della fissazione ossessiva di Socci per la denuncia del ‘traditore’ Bergoglio.

Questa ultima, ma certo non ultima, uscita viene infatti dopo averci già offerto sullo stesso quotidiano il 13 marzo precedente un sagace ‘Lutero in affitto’. Gustoso calembour, assai poco gustoso contenuto di cui offriamo qualche assaggio. «A tre anni dall’elezione di papa Bergoglio, sia i suoi sfegatati sostenitori, sia i suoi critici, sono d’accordo su un punto: egli rappresenta una rottura nella millenaria storia della Chiesa. Su questo c’è unanimità.(…) il Papa è servo della verità rivelata, non padrone. Non può mutarla o disporne a suo arbitrio, altrimenti decade dal papato. O sarebbe l’apostasia e la fine stessa della Chiesa Cattolica. È proprio in mezzo a questo vertiginoso guado – fra una rottura radicale, che pare continuamente vagheggiata, e la paura di compiere lo strappo ufficiale – che sembra trovarsi oggi il pontificato di Bergoglio». Tratteggiando anche «La sua ambiguità, da Giano bifronte (…)». E ancora. «Si è scelto di picconare gradualmente e quotidianamente l’edificio sacro, anziché abbatterlo di colpo. Tuttavia i danni sono già enormi. (…) Fra gli applausi dei nemici di Cristo (…). Così ora la situazione sembra precipitare ogni giorno di più». Un ‘delirio in progress’, ma col fascino di farti venire voglia di seguirlo proprio per vedere dove ancora possa arrivare. Giusto per cogliere fior da fiore in una produzione a tal proposito assidua il 27 settembre 2015 aveva già avanzato, sempre su ‘Libero’, il drammatico interrogativo ‘Per chi lavora il vescovo argentino?’. «(…)  papa Bergoglio è instancabile, un vero ciclone. Ma il suo travolgente viaggio americano ha fatto sorgere in alcuni cattolici una domanda: quali obiettivi persegue? Per chi lavora?  È improbabile che lavori per il Dio dei cattolici (…). Del resto chi finora ha cercato nei suoi discorsi americani il nome di Gesù Cristo l’ha trovato raramente e spesso in citazioni formali e marginali. Un ecclesiastico ironico sostiene che Bergoglio non lavora ‘a maggior gloria di Dio’, ma ‘a maggior gloria di io’». 

Così tra fuochi d’artificio vari e ricerca di ‘nuovi livelli’ prosegue l’escalation di Socci. I suoi ‘compari d’avversione’ nei confronti di Francesco seguono a ruota, ma un po’ in affanno a confronto di tale fuoriclasse. Aspettiamo però fiduciosi le prossime mosse dei sempre vivaci Giuliano Ferrara e Sandro Magister, che pure dell’opposizione al sacerdote venuto dai confini del mondo hanno fatto un elemento distintivo. Mentre sullo sfondo, minaccioso ed autorevole, si staglia il silenzio sul tema del più credibile di tutti. Vittorio Messori tace, di fatto, sull’argomento dall’esplosivo articolo ‘I dubbi sulla svolta di Papa Francesco’ nel ‘Corriere della Sera’ del 24 dicembre 2014. Astensione significativamente condita solo da due interventi su testate a diffusione di nicchia: ‘Una mattina nell’eremo del Papa emerito’ su ‘La nuova Bussola Quotidiana’ del 16 settembre 2015 e l’intervista titolata ‘Per Vittorio Messori ‘certe parole del Papa’ possono essere fraintese da persone non vicine alla Chiesa’ su ‘La Fede Quotidiana’ del 27 novembre 2015. Un silenzio che parla.

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l’escatologia negativa di Socci che vede tutto nero

Socci sui primi tre anni di Francesco

“Occhio, che cosa sta per crollare”

Socci sui primi tre anni di Francesco:
A tre anni dall’elezione di papa Bergoglio, sia i suoi sfegatati sostenitori, sia i suoi critici, sono d’accordo su un punto: egli rappresenta una rottura nella millenaria storia della Chiesa. Su questo c’è unanimità.
Molti però ignorano che la Chiesa – per la sua divina costituzione – non può avere rotture nella sua tradizione magisteriale.
Deve restare sempre fedele al «depositum fidei» ricevuto da Gesù Cristo e contenuto nella Sacra Scrittura: il Papa è servo della verità rivelata, non padrone. Non può mutarla o disporne a suo arbitrio, altrimenti decade dal papato. O sarebbe l’apostasia e la fine stessa della Chiesa Cattolica.
È proprio in mezzo a questo vertiginoso guado – fra una rottura radicale, che pare continuamente vagheggiata, e la paura di compiere lo strappo ufficiale – che sembra trovarsi oggi il pontificato di Bergoglio. La sua ambiguità, da Giano bifronte, ha indotto Newsweek a fare la celebre copertina: «Is the Pope Catholic?» (il Papa è cattolico?). Su nessun altro Pontefice si è mai potuta porre una domanda così inquietante. D’altra parte lo stesso Bergoglio nel 2013 dichiarò a Scalfari: «Non esiste un Dio cattolico».

Quell’intervista svelò il personaggio. Ross Douthat, sul New York Times, nei giorni del Sinodo 2015, ha firmato un editoriale («Il complotto per cambiare il cattolicesimo») dove scriveva: «In questo momento il primo cospiratore è il papa stesso. Lo scopo di Francesco è semplice: egli favorisce la proposta dei cardinali liberal» cioè «un cambiamento di dottrina».

Però, al Sinodo, Bergoglio è finito in minoranza, com’era accaduto già a quello del 2014 e al Concistoro. Dunque ora la patata bollente è tutta nelle sue mani perché se nell’Esortazione post-sinodale sulla famiglia, che firmerà il 19 marzo, per tirare le conclusioni, volesse davvero sancire l’ufficiale cambiamento di dottrina – ovvero il tradimento del Vangelo – non potrebbe nascondersi dietro al mandato del Sinodo (che non c’è stato), ma dovrebbe metterci la sua sola firma e assumersi – davanti a Dio e agli uomini – la responsabilità personale di una rottura che può diventare un tragico scisma. Se non lo farà potrebbe esplodere la delusione dei suoi sostenitori modernisti. Che già sobbollono.

Per esempio, Vito Mancuso sulla Repubblica dice: «Il problema di questo pontificato è che alla radicalità dei gesti non corrisponde quella del governo (…). La fortissima popolarità di Francesco, in particolare nel primo periodo, poteva consentirgli scelte di maggiore coraggio (…). Io temo l’effetto boomerang. Ci è apparso come un papa che avrebbe cambiato tutto, e invece è quasi tutto fermo».

Mancuso rimprovera a Bergoglio di non aver fatto subito un blitz rivoluzionario, cosa che ha permesso ai cattolici di capirne i pericoli e organizzare la resistenza.

Nel corso dei mesi, in effetti, di fronte al Bergoglio che civetta con i nemici della Chiesa, fino a esaltare la Bonino e Napolitano, il Bergoglio che accantona l’insegnamento della Chiesa fissandosi solo sugli immigrati (fino a esaltare i «benefici» di un’«invasione araba dell’Europa»), il Bergoglio che arringa il Centro sociale Leoncavallo e disprezza il Family day – il popolo cristiano si è raffreddato con lui.

Mancuso riconosce che «c’è stato un netto calo di fedeli alle udienze del 2015 rispetto al 2014. E anche il Giubileo non sta andando come previsto. Nella Chiesa Cattolica stanno aumentando di intensità due forze diametralmente opposte: gli innovatori come me, e chi invece chiede di tornare alla “sana tradizione”. Una caratteristica diffusa soprattutto tra i giovani sacerdoti. Il Papa sta al centro».

Mancuso gli chiede di decidere da che parte buttarsi. In effetti con Bergoglio il vecchio modernismo cerca l’assalto finale alla Chiesa: l’ideologia postconciliare del ’68 si sta giocando tutto per appropriarsi della Chiesa e ridurla a cimitero «politically correct».

E la resistenza più forte, a difesa della Chiesa di Cristo, viene proprio dai giovani cresciuti con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Se papa Bergoglio non ha fatto il «colpo» nei primi mesi, come auspicava Mancuso, probabilmente è proprio per la presenza silenziosa e carismatica del «papa emerito», la cui autorevolezza ha frenato e intimidito lo spirito rivoluzionario.

Bergoglio ha scelto un’altra via. In una memorabile copertina dello Spectator, col titolo: «Pope vs Church» (il Papa contro la Chiesa), Bergoglio era disegnato su una macchina demolitrice che, un colpo dopo l’altro, abbatteva una chiesa. Si è scelto di picconare gradualmente e quotidianamente l’edificio sacro, anziché abbatterlo di colpo.

Tuttavia i danni sono già enormi. Bergoglio, per esempio, ha sottratto alla Chiesa la sua missione di Kathécon, cioè di presenza che si oppone al dilagare del «mysteryum iniquitatis». Cioè all’Impero, all’ideologia anticristiana che ha deciso la cancellazione della legge naturale, della famiglia e della sacralità della vita (oltreché delle radici cristiane).

Fra gli applausi dei nemici di Cristo, Bergoglio ha accantonato la grandiosa opposizione di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II alla «dittatura del relativismo». Così ora la situazione sembra precipitare ogni giorno di più. C’è un impazzimento sempre più veloce delle società e degli individui.

Lo mostrano le vicende internazionali, ma anche le cronache di questi giorni, con tanti efferati delitti. E a quest’umanità precipitata in un abisso di follie, guerre, persecuzioni e atti di barbarie, la «nuova Chiesa» di Bergoglio si presenta con queste testuali parole affidate dal papa a Eugenio Scalfari: «Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e anche del Male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene».

Se così fosse anche i più sanguinari tiranni sarebbero legittimati perché non fanno che perseguire la «propria idea» di bene. Nessuno potrebbe condannarli.

Se il Bene e il Male non sono oggettivi, tutto è lecito. È la notte del relativismo dove il Bene è quello che piace a me o ciò che uno Stato o un tiranno impongono. È solo la forza a decidere.

E non si può nemmeno più ricordare che incombe su tutti noi il giudizio divino. Infatti la «nuova Chiesa» di Bergoglio – come si è sentito nei giorni scorsi – si scaglia addirittura sulla Chiesa di sempre perché avrebbe «per lungo tempo trasmesso una fede impastata di paura. Che ruotava attorno al paradigma colpa/castigo». Così ora nessuno più griderà, come Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, rivolto ai mafiosi: «Verrà un giorno in cui risponderete davanti al Giudice supremo» (anche Gesù aveva gridato: «Se non vi convertirete perirete tutti allo stesso modo». E ancora: «Guai a te Korazym! Guai a te, Cafarnao!»).

Al contrario la Chiesa di Bergoglio vuole eliminare la paura (cioè il timor di Dio) e tace al mondo la luce della Verità. Così l’umanità finisce nel baratro e «il papa non s’immischia». Del resto le quotidiane picconate di Bergoglio hanno preso di mira soprattutto la dottrina cattolica fondamentale: quella dei sacramenti che sono i pilastri della Chiesa. Quasi non c’è sacramento che non sia stato terremotato dai tanti «sperimentalismi dottrinali» vagheggiati da Bergoglio o dai suoi supporter che – se fossero formalizzati in affermazioni magisteriali – sarebbero per la Chiesa più devastanti di Lutero. Abbiamo per ora Lutero in affitto.

Il momento della verità sarà dunque l’ormai prossima Esortazione post-sinodale dove Bergoglio dovrà uscire dal guado. Se vuol essere Papa non può rinnegare la verità cattolica. Vale infatti ciò che Ratzinger scriveva anni fa sottolineando che il papa non può «imporre una propria opinione», deve «richiamare proprio il fatto che la Chiesa non può fare ciò che vuole e che anch’egli, anzi proprio lui, non ha facoltà di farlo: in materia di fede e di sacramenti, come circa i problemi fondamentali della morale», la Chiesa può solo «acconsentire alla volontà di Cristo». Se no si autodemolisce.

di Antonio Socci




ora Socci sarà contento!

papa Francesco scrive ad Antonio Socci

“Anche le critiche ci aiutano”

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Francesco si conferma il Papa delle sorprese rispondendo con una lettera scritta di proprio pugno ad Antonio Socci.

Il noto giornalista cattolico ha infatti di recente dato alle stampe una lunga lettera aperta in forma di libro dal titolo “La profezia finale. Lettera a Papa Francesco sulla chiesa in tempo di guerra” (Rizzoli), in cui gli chiede di badare meno a Twitter, al numero di follower, ai lustrascarpe, gli adulatori mediatici e di ricordarsi quel che hanno profetizzato la Madonna, don Giussani, don Tantardini, la beata Emmerich e pure don Bosco. E cioè che le squille dell’Apocalisse stanno suonando come mai avevano fatto finora, che la fine del mondo è imminente.

Va sottolineato che, dopo tre anni di infinite disquisizioni a partire dal volume “Non è Francesco”, Socci arriva a riconoscere che Bergoglio è il Papa legittimo e dunque regolarmente eletto. E questo nonostante nelle pagine del libro non lesini amare critiche al suo pontificato, e lo esorti a più riprese a farsi baluardo a difesa delle Chiesa e della fede cattolica, e a non umiliarle.

Il volume si chiude poi con una nota soffertamente personale in cui lo esorta a combattere virilmente con tutti i cattolici “la santa battaglia” contro la notte:

“Io vivo anche una mia guerra persona, durissima, che combatto con la mia famiglia contro il male e che da anni ci fa stare sul Calvario (…). Le assicuro che nell’offerta di questo martirio – insieme a tutta la Chiesa e all’umanità – c’è anche lei, con papa Benedetto XVI. La nostra preghiera è a Dio, perché restituisca e conservi sempre alla Chiesa e al mondo la luce del Vicario di Cristo, specialmente nelle tenebre dell’ora presente. Caro papa Francesco, sia uno dei nostri veri pastori sulla via di Cristo, con papa Benedetto che la sostiene con la preghiera e il consiglio: aiuti anche lei la Chiesa, oggi smarrita e confusa, a ritrovare la via del suo Salvatore e così riaccenderà quella luce che permetterà all’umanità di non perdersi in un abisso di violenza. Tutti i santi del Cielo pregano per questo”.

Ecco la lettera autografa scritta da papa Francesco:

 

Vaticano 7 febbraio 2016

Sig. Antonio Socci

Caro fratello:

Ho ricevuto il suo libro e la lettera che lo accompagnava. Grazie tante per questo gesto.
Il Signore la ricompensi.

Ho cominciato a leggerlo e sono sicuro che tante delle cose riportate mi faranno molto bene. In realtà, anche le critiche ci aiutano a camminare sulla retta via del Signore.

La ringrazio davvero tanto per le sue preghiere e quelle della sua famiglia.

Le prometto che pregherò per tutti voi chiedendo al Signore di benedirvi e alla Madonna di custodirvi.

Suo fratello e servito nel Signore,

Francesco

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In un articolo pubblicato su Libero del 19 febbraio, ha così scritto:  “Sono parole che non lasciano indifferenti. Ci sono cose di questo Papa che mi commuovono profondamente. Mi entusiasma la sua libertà evangelica, la sua semplicità, il suo essere fuori dagli schemi clericali. E’ emozionante quando parla dello sguardo di Gesù o, come nei giorni scorsi a Guadalupe, degli occhi materni di Maria. E quando ricorda che il nostro Salvatore non vuole perdere nessuno e si prende ciascuno di noi sulle spalle. Ma infine un pontificato è anzitutto il suo magistero e il suo governo della Chiesa e di fronte allo smarrimento e alla confusione che in questi tre anni hanno investito il popolo cristiano ho dovuto e voluto dire la verità, a costo del suicidio professionale e morale”.



la follia di Socci

Antonio Socci feroce contro il Papa:

“Ora basta, stai umiliando la Chiesa”

Antonio Socci feroce contro il Papa:

solo un Socci in forte depressione, anzi in stato confusionale può scrivere le cose che seguono su papa Francesco

Socci

Pur prossimo agli ottant’anni, papa Bergoglio è instancabile, un vero ciclone. Ma il suo travolgente viaggio americano ha fatto sorgere in alcuni cattolici una domanda: quali obiettivi persegue? Per chi lavora?  È improbabile che lavori per il Dio dei cattolici, dal momento che lui stesso ha dichiarato a Scalfari: “Non esiste un Dio cattolico”. Rimanda a un’idea generica di Dio che può trovar posto solo in una vaga religione universale postcristiana.

Il fatto che venga acclamato ed esaltato da tutto l’establishment politico e mediatico che ha sempre avversato la Chiesa Cattolica inquieta molti credenti. Del resto chi finora ha cercato nei suoi discorsi americani il nome di Gesù Cristo l’ha trovato raramente e spesso in citazioni formali e marginali. Un ecclesiastico ironico sostiene che Bergoglio non lavora «a maggior gloria di Dio», ma «a maggior gloria di io». In effetti per ora il risultato del viaggio a Cuba e negli Stati Uniti è la sua personale glorificazione mondana nei salotti radical-chic.

Mentre la Chiesa ne esce malridotta, umiliata e delegittimata. Sia la Chiesa dei perseguitati (a Cuba o nelle terre sottoposte all’islamismo), sia la battagliera Chiesa degli Stati Uniti. A Cuba Bergoglio ha preso in giro i dissidenti, ha ignorato il dramma dei diritti umani e ha ridicolizzato e screditato come settari i cattolici che resistono al regime. Addirittura omaggiando e legittimando i tiranni sanguinari.

Poi è arrivata l’apoteosi obamiana. Lì ha bastonato i vescovi che – sulla linea di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – hanno fatto rinascere la Chiesa americana dopo il naufragio progressista. Bergoglio è arrivato a dire loro che non si deve fare «della Croce un vessillo», quando tutta la tradizione cattolica proclama l’esatto contrario («Vexilla regis prodeunt/ fulget Crucis mysterium»).
Scrive Riccardo Cascioli sulla «Bussola quotidiana», un sito cattolico: «Da tempo c’è un duro scontro tra Casa Bianca e Chiesa cattolica americana sul tema della libertà religiosa, a causa del tentativo di Obama di imporre aborto e contraccezione senza rispettare l’obiezione di coscienza (vedi la riforma sanitaria). È uno scontro già arrivato nelle aule di tribunale ed è attualissimo».
In sostanza Bergoglio ha intimato ai vescovi e ai cattolici americani di non rompere più le scatole a Obama e ai Democratici (che erano in rotta con la Chiesa pure per i matrimoni gay).

Ha motivato così la resa: il compito del pastore non è la «predicazione di complesse dottrine, ma l’annuncio gioioso di Cristo, morto e risorto per noi».  Un argomento che fa sorridere se usato da chi, come Bergoglio, ha sostituito l’annuncio di Cristo con la continua invettiva sulla spazzatura differenziata e sul riscaldamento globale: nel discorso pronunciato all’arrivo negli Usa, dove ha ringraziato il laicista Obama per la sua «iniziativa per la riduzione dell’inquinamento dell’aria», il papa ha dedicato ben 12 righe del suo discorso, su 34 complessive, ai temi ecologici. Mentre Gesù Cristo non è stato nemmeno nominato.

Oltretutto la tesi del riscaldamento per cause umane è stata smontata da tanti scienziati di valore: come può Bergoglio trasformarla in dogma di fede? All’inizio del suo pontificato egli definì «una pastorale ossessionata» quella dei suoi predecessori sulla difesa della vita (si ricordi che l’aborto, nel mondo, fa 50 milioni di vittime ogni anno, quanto tutta la II guerra mondiale che durò cinque anni).  Bergoglio ha messo in ombra la pastorale su questa tragedia che il magistero della Chiesa ha sempre ritenuto un suo dovere assoluto davanti a Dio.

Egli ha portato la Chiesa in un pantano ideologico eco-catastrofista (e noglobal) che è molto vicino a una sorta di religione della madre terra, di sapore new age, quella «religione universale della gnosi», contrapposta alla tradizione giudaico-cristiana, di cui ha scritto Ettore Gotti Tedeschi.

Che Bergoglio abbia abbandonato i «principi non negoziabili» lo ha capito bene il Senato americano che si è spellato le mani per applaudirlo e l’indomani ha «affossato un disegno di legge che tendeva a impedire gli aborti dopo le 20 settimane di vita, una legge che secondo LifeNews avrebbe contribuito a salvare diciottomila bambini ogni anno» (Marco Tosatti).  Anche nel discorso all’Onu, Bergoglio ha pontificato soprattutto sull’ecologia e si è tenuto alla larga dai temi cari alla Chiesa: «non ha neanche pronunciato la parola gender, né fatto alcun riferimento al fatto che proprio all’Onu e alla Casa Bianca dominano le forze che stanno imponendo una rivoluzione antropologica a tutto il mondo» (Cascioli).

Bergoglio ha un’idea banale, marxisteggiante, del primato dell’economia. Ritiene che siano sempre gli interessi economici la causa di guerre e genocidi (oltreché dell’inquinamento). Dimentica che invece le più grandi guerre e i peggiori genocidi sono stati perpetrati per motivi ideologici (tuttora l’islamismo insanguina il mondo per la sua religione). Così parlando all’Onu Bergoglio ha lanciato i soliti anatemi contro l’egoismo e mai contro le ideologie di morte. Inoltre non ha mai denunciato la perdurante indifferenza e la colpevole inazione dell’Onu su tutte le stragi in corso di cristiani (e non solo).

Del resto proprio in questi giorni il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha nominato Faisal bin Hassan Trad, l’ambasciatore saudita all’Onu, presidente del comitato di diplomatici incaricato a scegliere coloro che dovrebbero controllare il rispetto dei diritti umani.

Le organizzazioni umanitarie, scandalizzate, hanno protestato perché proprio l’Arabia Saudita è uno dei regimi peggiori, un regime dove vieni arrestato se porti un segno cristiano al collo, un regime dove nei giorni scorsi è stato condannato alla crocifissione un ragazzo sciita di 17 anni, Ali Mohammed Al-Nimr, per aver partecipato a una manifestazione di protesta. Questa è l’Onu che Bergoglio ha omaggiato.

Dal suo viaggio escono malconci la Chiesa, i cristiani perseguitati e i diritti umani, ma il personaggio Bergoglio è diventato una star hollywoodiana, all’apice della «mondanità spirituale». Con alcuni episodi grotteschi. Per esempio la plateale ostentazione di umiltà e indigenza fatta da Bergoglio recandosi alla Casa Bianca con una Fiat 500 che – secondo un estasiato commentatore del Corriere della sera – «ha sedotto gli americani».

Sicuramente estasiato era Marchionne (amicone di Obama) per la colossale pubblicità gratuita che Bergoglio gli ha fatto.
Un altro episodio grottesco è il regalo fatto al papa da Raul Castro, l’opera dell’artista Alexis Leyva Machado: un grande crocifisso realizzato con i remi delle imbarcazioni dei migranti del Mediterraneo.

A parte il fatto che sulle nostre coste gli emigranti non arrivano con barche a remi. Ma la paraculata di Castro è clamorosa in quanto ammicca a Bergoglio per le sue invettive «di sinistra» sull’immigrazione, mentre il tiranno cubano finge di dimenticare (e con lui il suo ospite) che «la stessa Cuba» come scrive Andrea Zambrano «ha prodotto un numero esorbitante di esuli, dalla rivoluzione ad oggi, sbarcati a Miami proprio dal mare. Esuli che, come dimostra l’allontanamento della dissidente Berta Soler dalla Nunziatura dove il Papa soggiornava in questi giorni a La Avana, sono ancora senza giustizia».

Non solo. Tutti dimenticano che la tirannia dei fratelli Castro – come tutti i regimi comunisti – non voleva che la gente scappasse dal loro lager, sputtanando il loro crudele regime. Per questo, come scrive il «Libro nero del comunismo», i dittatori cubani inviavano «degli elicotteri a bombardare con sacchi di sabbia le zattere: sempre nell’estate del 1994 circa 7000 persone morirono in mare e si calcola che, in totale, un terzo dei balseros abbia perso la vita durante la fuga. In trent’anni sarebbero stati quasi 100.000 i cubani che hanno tentato la via del mare». E Bergoglio ha omaggiato i fratelli Castro.

 Antonio Socci




un Socci così demoralizzato da papa Francesco da far pena

rana bollita

Socci applica amaramente il ‘principio della rana bollita’ per esprimere tutto il suo scoramento nei confronti di papa Francesco e di ciò che sta facendo per la chiesa e per il mondo
fa proprio pena, non papa Francesco, ma Socci!

 

 

APPLICATE QUESTA INTUIZIONE A CIO’ CHE BERGOGLIO STA FACENDO NELLA CHIESA O ALLE IDEOLOGIE CHE STANNO IMPONENDO NELLA SOCIETA’ ………

Socci

IL PRINCIPIO DELLA RANA BOLLITA
(di Noam Chomsky)
Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana.

Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare.
La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa.
L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita.
Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.


Questa esperienza mostra che – quando un cambiamento si effettua in maniera sufficientemente lenta – sfugge alla coscienza e non suscita – per la maggior parte del tempo – nessuna reazione, nessuna opposizione, nessuna rivolta.
Se guardiamo ciò che succede nella nostra società da alcuni decenni, ci accorgiamo che stiamo subendo una lenta deriva alla quale ci abituiamo. Un sacco di cose, che ci avrebbero fatto orrore 20, 30 o 40 anni fa, a poco a poco sono diventate banali, edulcorate e – oggi – ci disturbano solo leggermente o lasciano decisamente indifferenti la gran parte delle persone. In nome del progresso e della scienza, i peggiori attentati alle libertà individuali, alla dignità della persona, all’integrità della natura, alla bellezza ed alla felicità di vivere, si effettuano lentamente ed inesorabilmente con la complicità costante delle vittime, ignoranti o sprovvedute.
I foschi presagi annunciati per il futuro, anziché suscitare delle reazioni e delle misure preventive, non fanno altro che preparare psicologicamente il popolo ad accettare le condizioni di vita decadenti, perfino drammatiche.
Il permanente ingozzamento di informazioni da parte dei media satura i cervelli che non riescono più a discernere, a pensare con la loro testa.
Allora se non siete come la rana, già mezzo bolliti, date il colpo di zampa salutare, prima che sia troppo tardi!

Altro…

foto di Antonio Socci pagina ufficiale.


 



se il mondo è agitato e la chiesa ne risente la colpa è, per Socci, del … latino!

Socci: “mezzo secolo senza latino e la chiesa è da rottamare”

Socci: "Mezzo secolo senza latino e la Chiesa è da rottamare"

una lettura apocalittica e disperata, letteralmente senza fede e senza speranza, del presente ecclesiale di A. Socci, un intellettuale che sogna una chiesa fuori dalla storia:

Che l’Irlanda, antica roccaforte del cattolicesimo, vari a furor di popolo le nozze gay (“e chi sono io per giudicare”, dirà il vescovo di Roma…), è un evento storico. Si avverte un cupo rumore di frana, come se una montagna – effetto Bergoglio? – stesse venendo giù.
Del resto in Sudamerica già da anni la Chiesa sta crollando (i dati sono terribili): ora l’Europa, il cuore della cristianità.
Ciò che rende dominante il laicismo – diceva il cardinal De Lubac – è che si imbatte e strumentalizza «un cristianesimo sempre più minorato, ridotto ad un teismo vago e impotente».
Oggi solo questo teismo è permesso. Invece della Chiesa cattolica conosciuta finora è minacciata perfino la sopravvivenza. C’è posto solo per una sua ridicola parodia laicizzata, da «cortigiana» umanitaria (per dirla con Andrea Emo), per una «agenzia religiosa» che sui grandi temi della vita si sottomette al diktat ideologico obamiano, che rinuncia al proselitismo e al «Dio cattolico» («non esiste un Dio cattolico», dice Bergoglio), che si scioglie nell’ecumenismo massonizzato delle tante religioni, che si occupa del clima e della spazzatura differenziata, insegnando le buone maniere (buongiorno, buonasera, grazie e scusa) e facendo pipponi assistenziali sui poveri.
Ma per la vera Chiesa Cattolica non c’è più posto, come mostra il dramma dell’ultimo grande papa, Benedetto XVI, «dimissionato», autorecluso e silenziato.
La Chiesa che ha illuminato e vinto il tenebroso mondo degli dèi e ha ribaltato la storia pagana e antiumana, la Chiesa del Verbo di Dio fatto carne che ha la pretesa di annunciare la Verità, la Chiesa dei grandi santi, dei martiri, dei missionari, la Chiesa della liturgia divina e della grande arte, la Chiesa di Madre Teresa e del pensiero forte, dei grandi papi e di padre Pio, con l’irrompere del soprannaturale, la Chiesa che ha tenuto testa per secoli alla ferocia musulmana e ai grandi totalitarismi genocidi del XX secolo, questa Chiesa oggi non ha più diritto di cittadinanza.
Ieri, monsignor Galantino – secondo un tweet di Alberto Mingardi – pare abbia detto in un convegno: «Quando la Chiesa era cattolica e la messa era in latino…».
Un lapsus freudiano rivelatore ed esplosivo. Infatti ora siamo all’ultimo atto della «liquidazione della Chiesa Cattolica», come preconizzò Giuseppe Prezzolini, laico ma preoccupato per il baratro verso cui stava correndo il mondo cattolico, ansioso di «modernizzarsi» e arrendersi a tutte le mode ideologiche del momento.
Però a liquidare la Chiesa non sono le persecuzioni, né l’odio laicista, ma – come disse Paolo VI – è «l’autodemolizione» dall’interno. La via del baratro fu imboccata non con il Concilio – come credono certi lefebvriani – ma alla sua fine, esattamente 50 anni fa, con il «post-Concilio».
Nei giorni scorsi sui giornali, si è ricordato che sono cinquant’anni anche dalla prima messa in lingua italiana e un altro intellettuale laico come Elémire Zolla, in quei giorni, arrivò a sottolineare l’avvenimento con toni apocalittici: «7 marzo: muore la Messa, muore il Gregoriano. Ascoltato per l’ultima volta. Oramai, come un ramo secco, la Chiesa verrà bruciata».
In realtà il problema non fu tanto l’uso della lingua volgare nella liturgia (cosa, secondo me, positiva), ma la successiva «riforma liturgica» del 1969 e soprattutto la sostanziale (non legale) messa al bando della precedente, millenaria liturgia cattolica.
Joseph Ratzinger ha fatto capire bene, molti anni dopo, l’enorme errore, anche teologico, che fu commesso allora. Che ebbe conseguenze colossali, anche nel tragico smarrimento della fede.
Ma curiosamente a quel tempo a lanciare l’allarme in modo drammatico per una Chiesa che di colpo rifiutava il suo rito bimillenario (quello attorno al quale erano state costruite le nostre cattedrali), furono soprattutto gli intellettuali laici.
Che protestarono con la stessa costernazione con cui oggi consideriamo le tragiche devastazioni compiute dall’Isis nell’antico Medio oriente.
Il 5 settembre 1966 uscì un primo appello a Paolo VI per la salvaguardia della liturgia latino-gregoriana (pochi mesi prima che l’alluvione devastasse l’antica bellezza cattolica di Firenze).
Quel manifesto-appello fu firmato da una quarantina di grandi intellettuali e impressiona rileggere oggi alcuni di quei nomi: Jorge Luis Borges, Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale, Giorgio De Chirico, Robert Bresson, Jacques Maritain, François Mauriac, Gabriel Marcel, Maria Zambrano, Cristina Campo, Elena Croce, Wystan Hugh Auden, Jorge Guillen, Elémire Zolla, Philip Toynbee, Evelyn Waugh, Salvador De Madariaga, Carl Theodor Dreyer, Julien Green, Elsa Respighi, Francesco Gabrieli, José Bergamin, Fedele D’Amico, Luigi Dallapiccola, Victoria Ocampo, Wally Toscanini, Gertrud von Le Fort, Augusto Del Noce, Lanza Del Vasto.
L’appello fece molta impressione, anche in Vaticano, ma non riuscì a fermare la frana. Così nel 1971 ne uscì un altro e stavolta furono ancora di più gli intellettuali che si aggiunsero. Ricordo qualche nome: Agatha Christie, Graham Greene, Harold Acton, Mario Luzi, Andrés Segovia, William Rees-Mogg (il direttore del Times), Joan Sutherland, Guido Piovene, Giorgio Bassani, Adolfo Bioy Casares, Ettore Paratore, Gianfranco Contini, Giacomo Devoto, Giovanni Macchia, Massimo Pallottino, Rivers Scott, Wladimir Ashkenazy, Colin Davis, Robert Graves, Yehudi Menuhin, Kenneth Clark, Malcolm Muggeridge.
Fu pressoché inutile, ma di lì a poco lo stesso Paolo VI si rese conto della tragedia in corso: il crollo della frequenza religiosa, migliaia di preti e religiosi che lasciavano l’abito, intellettuali cattolici subalterni all’ideologia marxista, gran parte dei giovani sedotti dai miti della rivoluzione (da Fidel Castro a Mao, dai Vietcong a Che Guevara, fino a Stalin), il dilagare della Teologia della liberazione e di teologie moderniste che demolivano la dottrina cattolica.
Paolo VI negli ultimi anni pronunciò parole sempre più drammatiche: «Credevamo che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. E venuta invece una giornata di nuvole e tempeste, e di buio», «da qualche parte il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio», «l’apertura al mondo fu una vera invasione del pensiero mondano nella Chiesa… Noi siamo stati forse troppo deboli e imprudenti».
Paolo VI denunciò «coloro che tentano di abbattere la Chiesa dal di dentro» e prese a citare i libri di Louis Bouyer, «La décomposition du catholicisme» e «Religieux et Clercs contre Dieu».
All’amico Jean Guitton confidò: «C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: “Quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora la fede sopra la terra?”. Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico», proseguiva il papa, «è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non-cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa».
Poi, grazie a Dio, arrivarono Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger. La barca di Pietro venne faticosamente riparata, la bussola della fede ritrovò la via e una generazione di giovani sperimentò di nuovo la bellezza del cristianesimo.
Ma questa primavera è stata gelata da qualcosa di potente e di oscuro che, per la prima volta nella storia della Chiesa, ci pone davanti al dramma di un «papa emerito» autorecluso in Vaticano e di «un vescovo vestito di bianco» che viene acclamato da tutti i nemici di sempre della fede cattolica e che ha riportato la Chiesa alla subalternità alle ideologie mondane degli anni Settanta (è stata riesumata perfino la Teologia della liberazione e il suo fondatore Gutierrez ora pontifica dal Vaticano).
Sembra il baratro finale. A meno che Dio….

di Antonio Socci
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