il sesso difficile e sofferto dei nostri ‘giovanissimi’

continua il viaggio (costellato di apprezzamenti e di tante polemiche) di B. Borromeo (su ‘ilfattoquotidiano’) nel mondo dei giovanissimi, in particolare riferimento alla modalità di vivere la propria sessualità e fare sesso
mi piace riportare qui la terza ‘puntata’ che  evidenzia la particolare sofferenza e disagio di un ragazzo che a motivo della propria omosessualità ha conosciuto desiderio di nascondersi, depressione, vergogna anche di fronte alla famiglia, volontà anche di farla finita …

GAY A 14 ANNI: “MI NASCONDO E A VOLTE PENSO DI FARLA FINITA”

SEX AND THE TEENS
LA PAURA E L’OMOSESSUALITÀ 
La depressione dopo il coming out: “Ho cominciato ad avere attacchi di panico. Non riuscivo più a dormire. Ho iniziato anche a fare uso di sonniferi. Vorrei andare da uno psicologo, ma come faccio a chiedere i soldi alla mia famiglia senza rompere il tacito accordo di non dire la verità?”

Continua il viaggio del Fatto nel mondo dei ragazzi che si confrontano col sesso Per Tommaso è la frustrazione più grande: “Non ho mai baciato nessuno. Ho provato a uscire con una, ma non ce l’ho fatta. Vivo come un dodicenne che non sa gestire la propria sessualità. I miei genitori mi facevano giocare con le bambole, ma preferiscono non sapere Io so di essere un peso, non voglio creare problemi. Per fortuna ho qualche amico”
E poi il momento arriva: per non nascondersi più, per ammettere, almeno con se stessi, quel che si sa da anni. Per lasciare che il gesto di qualcun altro cambi anche la propria vita. Ottobre di tre anni fa, liceo classico Berchet, Milano. Come ogni autunno, é tempo di autogestione. C’è chi parla di insegnanti, chi di voti e chi di politica. Il microfono passa di mano in mano e l’aula magna è gremita. Poi prende la parola Alessandro e davanti a tutta la scuola dice, semplicemente, “sono gay”. “H0 realizzato così — racconta Tommaso, 14 anni, che quel pomeriggio era seduto per terra in fondo alla classe — che anche io, prima o poi, avrei potuto fare coming out. Ma ho sentito alcuni ragazzi, in corridoio, prendere in giro Ale. Dargli del frocio, dire che non poteva usare l’assemblea per raccontare certe cose. Ho avuto paura, non ero pronto”. Poi Alessandro diventa rappresentante d’istituto e la sua popolarità cresce di continuo. L’anno dopo, torna sull’argomento. “Quel ragazzo ha parlato della sua omosessualità davanti ai compagni, agli insegnanti, pure ai suoi nonni. E’ stato davvero straordinario”, ricorda il preside, Innocente Pessina, mentre guarda una foto scattata quel giorno. Allora Tommaso si decide: “Ho mandato una email ad Ale dicendogli che sono anche io gay. E’ incredibile: finché non senti la tua voce che lo dice, finché non leggi le tue parole sullo schermo del computer, non lo realizzi davvero. Appena ho cliccato ‘invio’, invece, mi é sembrato surreale il fatto di non averne mai parlato prima. Lui mi ha risposto con uno smiley”.

LA SCOPERTA

Tommaso giura che, senza Alessandro, sarebbe rimasto nell’ombra per anni. Forse per sempre: “Credo che mi sarei sposato, forse avrei avuto dei figli. So di essere omosessuale da quando avevo 12 o 13 anni. Ma la mente di un ragazzino gay fa miracoli: rimuove tutto, ignora i segnali. lo rifiutavo il pensiero, schiacciavo dentro di me ogni impulso, ero terrorizzato che gli altri sapessero. Eppure non bastava: già a 10 anni i bambini mi chiedevano se fossi gay, mi prendevano in giro. ‘Sono normale’, giuravo, ma a quell’età la cattiveria é pazzesca. Le medie sono state difficilissime”. E ancora fino a un anno fa Tommaso “commentava” le compagne di scuola come tutti gli altri: “Per far parte della conversazione, per non essere tagliato fuori. Mi ero anche imposto di uscire con una, ma non ho avuto il coraggio. Non ce la facevo più .

IL PANICO E I SONNIFERI

Tommaso beve un caffé in un bar buio a pochi passi dalla scuola, Intorno non c’e nessuno, eppure parla a voce cosi bassa che è quasi impossibile sentirlo. E’ un ragazzo alto e magro, seduto con la schiena curva. Giocherella con le dita lunghe come candele con le bustine dello zucchero, e si sfoga senza pause: “Ho letto le storie di Chiara e Mattia che avete pubblicato la scorsa settimana. Sapere che a qualcuno importa quello che pensiamo, e che viviamo, mi ha fatto stare bene. Io ho nascosto tutto fino a che il mio malessere é diventato così forte da non poterlo più ignorare. Poi sono esploso”. E proprio quando ha ammesso di essere gay, racconta Tommaso, le cose sono, inaspettatamente, peggiorate: “Si pensa che il coming out basti per stare meglio, per liberarsi. Invece io ho cominciato ad avere attacchi di panico. La mia inclinazione alla tristezza — mi sento inadeguato, brutto, sfigato, escluso dai gruppi piu popolari, più in vista — si é trasformata in depressione. Spesso sono completamente incapace di reagire”. Tommaso ripercorre l’apatia che lo accompagna di giorno e le crisi d’ansia che lo assalgono di notte, quando pensa alla sua vita, alla morte, al futuro che non riesce a immaginare: “Ho cominciato a fare use di sonniferi un paio di  mesi fa. Non ho preso davvero in considerazione il suicidio, ma non e escluso che possa succedere. Credo di no, perché ho tanti amici. Spero di no, ma non so”.

I GENITORI

Tommaso parla dei genitori come se toccasse a lui proteggerli, difenderli dalla sua omesessualità. Li racconta come persone aperte, semplici, che sanno di avere un figlio gay, ma scelgono di non confrontarsi. “Vedere il proprio bambino e sapere che é gay é un peso. E io non voglio pesare su nessuno. La mia omosessualità crea problemi e io non voglio essere un problema. I miei non hanno mai cercato di cambiarmi, volevo giocare con le bambole e me l’hanno permesso. Non ho ancora detto niente perché non so come gestire questa situazione, non voglio che mi vedano così disperato”. E parlare con uno psicologo, per Tommaso, spezzerebbe quel tacito accordo che c’è con la sua famiglia: “Dovrei chiedere loro i soldi e non saprei come giustificarlo. Per fortuna ho i miei amici, che sono gli unici a placare la mia angoscia”.

I TALK SHOW

Tommaso parla già da un’oretta e la luce che filtra nel bar pian piano sparisce. Per lui non é più un’intervista. Pare più un’autoanalisi, dove tutti i suoi dubbi emergono insieme. Ripercorre il primo dei suoi attacchi di panico, avvenuto mentre, in classe, si discuteva di bioetica e fecondazione assistita: “Di colpo ho pensato: ‘Avrò mai una famiglia? Come farò a sposarmi? Potrò adottare un bambino, o ricorrere all’utero in affitto? E soprattutto, è giusto che io abbia un figlio?’. Non so se posso essere genitore. Credo che sarei un bravo papà, non certo peggiore di un papà etero. Poi guardo la tv e vedo queste persone che descrivono quelli come me come esseri abominevoli, che rovinerebbero la vita dei propri figli. So che c’è gente per strada che mi picchierebbe. Se non mi insultano, in giro, é solo perché io non mostro la mia omosessualità. Mi vesto normalmente, mi comporto normalmente”.

MAI UN BACIO

Tommaso svela la sua frustrazione più profonda: “Non sono mai stato con un ragazzo. Nemmeno con una ragazza, a dire il vero. Non ho mai neanche baciato nessuno, a meno che non valgano quei baci a stampo durante il gioco della bottiglia, in seconda media. Ho 17 anni e sono come un preadolescente. Devo ricominciare tutto da capo: é come se avessi 12 anni, non so fare niente, mi sento completamente inadeguato”. E alle amiche, che insistono per accompagnarlo in un locale gay, risponde: “Perché devo andare in un posto pieno di sconosciuti, spesso molto più grandi di me? Per gli eterosessuali sperimentare é molto più semplice, e possono farlo con i coetanei. Io non me la sento di andare in quei locali. Soprattutto per via della mia più grande paura: che non succeda proprio niente. Che la vita passi senza che io la viva” .

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UNA MADRE RACCONTA
“Mia figlia lesbica? Egoista, non doveva dirmelo”

La telefonata dura circa un quarto d‘ora. Poi la madre di Vera, avvocato sulla cinquantina, butta giù il telefono. Spiega come può la frustrazione che l’accompagna da quando sua figlia le ha raccontato di essere lesbica: “Vera mi ha detto che le piacciono le ragazze l’estate scorsa, il giorno del suo compleanno, L’ho trovata una delle cose più egoiste che potesse fare. Io lo sapevo già, i genitori queste cose le sanno sempre. E per anni le ho fatto capire che non me lo doveva dire, che doveva far finta di niente, almeno con me, Che bisogno c’era di rovinarmi la vita?”. Parole che, proprio perché vengono da una donna in carriera, ancora giovane, e con una figlia in gamba (ottimi voti a scuola e già due stage nel curriculum), stupiscono ancora di più. E svelano il punto di vista di una madre che non riesce ad accettare sua figlia, né a dirle pm che le vuole bene (“é ovvio che la amo, ma perché dovrei dirglielo? Potrebbe pensare che sono d’accordo con le sue scelte), né a capire che di scelte non si tratta. Claudia e Vera vivono a Vicenza e a pesare é anche il giudizio dei vicini di casa: “Parliamo sempre dei nostri figli e ora che lei mi ha detto che é lesbica non so più cosa fare. Devo mentire ai miei amici? O continuare a pretendere che non sia vero?”. E poi, più in profondità, la paura che la sua omosessualità possa pesare sul futuro: “Ma si rende conto che non potrà avere figli? E io non sarò mai nonna”. Claudia sa che questo comportamento ferisce la figlia, eppure insiste: “Capisco che per lei é difficile, ma a me chi ci pensa?”.

 

 

ancora sul ‘sesso dei giovanissimi’

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ha fatto discutere l’articolo (ne seguiranno altri) di B. Borromeo sul sesso dei nostri ‘giovanissimi’, con linguaggio indubbiamente forte, esplicito, molto esplicito, ma lontano dalla compiacenza pornolalica, limitandosi di fatto (pur con una certa comprensibile meraviglia! ) a riportare le espressioni che alcuni ragazzi con grande naturalezza e spontaneità formulano, vivendo di fatto tale realtà

ma ha fatto discutere, tale articolo, soprattutto dalla parte di un certo mondo femminista che in modo molto duro si scaglia contro la Borromeo ritenendo il suo articolo ‘moralista’, ‘generalizzante’ , superficiale, banale, inetta, stupida, incapace e quant’altro

rimando all’articolo della  Borromeo con questo link ma mi piace inserire per intero (per comodità del lettore) due di queste analisi critiche (vedi qui sotto) apparsi sul sito ‘aldilàdelbuco’ e ‘ilricciocornoschiattoso’: mi sembrano francamente ingenerose queste critiche nei confronti di un articolo-ricerca che si limita a riportare e fotografare, senza nessun intento generalizzante né giudizi o valutazioni moralistiche:

Per le ragazze sporche (#LessonOne: masturbati con sentimento!)

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Il pezzo della Borromeo sulle adolescenti mi procura un gran fastidio a pelle. Lo devo dire: è moralista. Ed è anche strapieno di stereotipi o comunque ne rafforza un bel po’. Passa l’idea di sedicenni che fanno a gara per trovare un pene e conseguire lo sverginamento come status sociale. Ci piazza dentro anche il pregiudizio secondo cui queste ragazze userebbero la pillola del giorno dopo come soluzione per riparare alle loro leggerezze, aggiunge un po’ di parole sporche che fanno inorridire, se accostate all’adolescente che ha da apparire linda e pudica, e il gioco è fatto. Quello che ne viene fuori, per dirla come direbbe mia figlia, è il tratteggio di una identità mediaticamente spendibile per farci megapuntatone a Porta a Porta. E ha ragione, perché stuzzica pruriti, è anche morboso, e non capisco come e perché un servizio del genere possa essere considerato un buon mezzo per indagare la vita delle adolescenti.

Ci sono alcuni punti che io vorrei rilevare: il diritto alla sessualità consapevole delle ragazze che non viene mai citato, il diritto ad ottenere informazioni certe sulla contraccezione che manca e parlo dell’assenza, spesso, di strutture di riferimento per accedere alla contraccezione. Il racconto che viene fuori dall’articolo non so perciò a quale realtà davvero si riferisce. Cioè: dove stanno tutti questi fantomatici luoghi in cui non esisterebbe ombra di obiezione di coscienza e che mollano un contraccettivo d’emergenza a una ragazza senza, come minimo, imputarle un po’ di decadimento di valori morali?

La ragazza spregiudicata che fa pompini, seghe, ovvero partecipa attivamente ad una vita sessuale tra adolescenti, non mi sconvolge neanche un po’. E’ la maniera di raccontare queste cose che mi sembra giudicante e allora mi viene in mente la sollecitazione, sempre più frequente, che arriva anche da certe donne moraliste, di portare a scuola non l’educazione sessuale ma quella sentimentale, perché è tutto un rieducare soprattutto le fanciulle a coprirsi per salvaguardare la loro dignità e a dare valore al sentimento invece che all’acquisizione di consapevolezza che serve per vivere meglio la sessualità. Nel senso che certe adulte hanno difficoltà a parlarti di sesso e se proprio devono farlo ti diranno di masturbarti con sentimento.

Mi viene in mente anche che entrare nell’intimità di una ragazza basandosi sulla testimonianza di una o due fanciulle, un po’ come farebbe Lucignolo su Mediaset o qualunque altro programma in cerca di sensazionalismo sui disagi dei gggiovani, non è neppure un’inchiesta. E non è per mettere in dubbio quello che dicono ma semplicemente perché la generalizzazione certamente non aiuta. Cosa vogliamo dire? Che queste ragazzine sono un po’ tanto zoccole e che quello che fanno rappresenta appieno il degrado dei valori? La mossa successiva quale sarà? Dire che non hanno una figura autoritaria che le rimette a posto? Che hanno bisogno del papà machista? Che gli serve fare educazione domestica e pensare che domani dovranno essere madri?

E tutto questo ruotare attorno alla faccenda della verginità? Che ce ne frega quando le ragazze perdono la verginità? E’ quello il punto? Che la perdono per gioco, per scommessa, non per amore, o chi lo sa? E abbiamo noi da suggerire quale dovrebbe essere il modo giusto? Quello di conservarsi pure fino al grande amore? Ma poi, anche sull’uso di certi termini, sulle ragazze “indemoniate”, ovvero quelle che la danno facile e che inibirebbero i ragazzini, ma vi sembrano concetti universalizzabili? Io non lo so quant* tra voi ricordano i 16 anni ma di sicuro se a quell’età vuoi scopare non ti metti con un fanciullino che ha meno consapevolezza di te. Li cerchi un po’ più grandi, comunque un minimo consapevoli, e anche questo potrebbe essere uno stereotipo perché comunque non si sa. Di sicuro non ti metti a stuprare la psiche dei ragazzetti che vengono descritti come se fossero Woody Allen con il terrore in corpo all’avvicinamento di una tetta.

In Sicilia, giusto per fare un esempio, non molto tempo fa tre ragazzini di 14 anni, all’incirca, hanno stuprato, picchiato e ucciso una bambina di 13 anni. Ci sono quelli che ti pigliano per il culo, usano una fotografia fatta nell’intimità e poi ti ricattano per ottenere sesso non consensuale le volte dopo. Ci sono quelli che partecipano ad un rapporto consensuale e poi però è lei che deve cambiare scuola invece a loro nulla o quasi viene detto. Chissà come e perché alla fine, insomma, la morale non libera la sessualità, la ricerca del piacere, il gioco erotico, ma ti pone due sole alternative per cui l’adolescente se non è vittima è sempre colpevole. Allora raccontare la sessualità delle ragazze come se fosse, nel 2014, ancora roba del demonio non aiuta. Non aiuta affatto nella individuazione delle complessità.

Il mondo perso delle adolescenti bacate e dalle cosce aperte comunque in questi ultimi tempi ce lo stanno descrivendo in tutte le salse. Le babyzoccole, le babysverginate, che poi a 16 anni non so quanto sei baby, e lo sguardo è paternalista, con un moralismo atroce calato dall’alto che implica e spinge verso soluzioni autoritarie.

Queste ragazze, insomma, sono sbagliate e andrebbero aggiustate. Next Stop sarà la spiegazione su come farlo.

Che dite: gliela raccontiamo noi la sessualità delle adolescenti? Ditemi, se volete: abbattoimuri@grrlz.net .

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Le ragazze di oggi

Mi ricordo perfettamente di quando avevo 15 anni, volevo andare in discoteca la domenica pomeriggio e mio papà non era d’accordo.

La cosa che mi dava più fastidio era la tiritera che iniziava con “Voi ragazzi di oggi…” e proseguiva con una accurata spiegazione sul perché i “ragazzi di ieri” erano molto, ma molto meglio.

Pensavo allora – e a dire il vero lo penso anche oggi – che tutto quel biasimare i giovani nascondesse un po’ di rancorosa nostalgia per la gioventù perduta.

Ho giurato a me stessa che, una volta cresciuta abbastanza da poterlo fare, non avrei mai detto a nessun adolescente “Voi ragazzi di oggi”.

Adesso sono dall’altra parte della barricata, giovane non lo sono più e ho abbastanza anni da potermi permettere di sospirare scuotendo la testa “Ah, i ragazzi di oggi!”, eppure vi garantisco che non provo alcun impulso di questo genere.

Piuttosto mi sgomenta il modo in cui gli adulti di oggi raccontano i ragazzi e vorrei scrivere una bella predica il cui incipit sarebbe: “Voi adulti di oggi…” ma non posso, perché dovrei dire in realtà “Noi adulti di oggi”…

Il Fatto Quotidiano pubblica in data 6 marzo 2014 un’inchiesta dal titolo “Sex and teens”, la cui prima puntata è incentrata sulle ragazze: “Sesso a 14 anni, le adolescenti raccontano: “Se non ti fai sverginare sei una sfigata”.

A corredare l’articolo una bella immagine di culi inquadrati dal basso.

Cosa c’è di meglio di un culo femminile per corredare una qualsiasi notizia? Figuriamoci un’inchiesta! Si parla di ragazzine, si parla di sesso, il culo è quasi obbligatorio.

Anzi, adesso che ci penso, metto il culo pure io, per darmi un tono:

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Questa inchiesta comincia con l’intervista ad una studentessa di un liceo milanese, tale Chiara, che vive il dramma (?) di essere casta in un contesto in cui le sue compagne “indemoniate” (usa proprio l’aggettivo indemoniate) non pensano altro che al sesso (è il sesso l’unico argomento che tiene banco, l’unica carta d’accesso per restare nel gruppo).

Oltre ad essere in preda di questa compulsione a fare sesso ovunque e con chiunque, le compagne di Chiara sono anche “cattive” (si, c’è scritto proprio cattive):

“I ragazzi non ci pressano mai per andare a letto. Anzi, sono terrorizzati dal fare figuracce, perché non sanno bene cosa devono fare. Anche perché noi siamo cattive, se uno se la cava male poi rischia che lo roviniamo. Sono le femmine – spiega Chiara – a sentirsi in dovere di sverginarsi in fretta. E poi gli uomini non hanno bisogno di insistere, perché le ragazze sono indemoniate.“

I maschi del liceo di Chiara, invece, sono tutti ingenui ed imbranati (“i maschi non sanno nemmeno da che parte cominciare“), oltre che terrorizzati dalle possibili conseguenze di una prestazione non all’altezza di queste Mata Hari in erba.

Vi ricordo il caso di Carolina Picchio, suicida a soli 14 anni:

Il 12 novembre la ragazza è a una festa. L’ex fidanzato non c’è, ma ci sono i suoi cinque amici. Carolina beve sino a ubriacarsi. I cinque la mettono in mezzo, la raggiungono in bagno dove lei sta vomitando. Le fanno proposte oscene, approfittano del suo stordimento. E filmano tutto con il cellulare. Il video è su Facebook poche ore dopo. E per Carolina è l’inizio del calvario.

Per la morte di Carolina Picchio sono stati indagati 8 ragazzi, colpevoli di aver condiviso le immagini “hot” della ragazza, dando il via al massacro su facebook che l’avrebbe portata a lanciarsi dal balcone di casa sua, nella notte tra il 4 e il 5 gennaio del 2013.

Oppure, nel febbraio di quest’anno, la ragazzina stuprata a Finale Ligure:

I fatti risalgono al 31 gennaio, quando la ragazza ha dato la sua versione agli inquirenti in seguito alla denuncia presentata dalla famiglia. Secondo le testimonianze della vittima e di alcuni suoi compagni, uno dei ragazzi l’avrebbe presa sottobraccio e portata nei bagni dove sarebbe stata costretta a un rapporto orale con lui. Sembra che gli altri tre abbiano assistito alla scena, forse aspettando il loro turno. La ragazzina è stata salvata dall’intervento di un insegnante che passava vicino alle toilette e ha sentito rumori strani. I compagni di scuola dei quattro sostengono che la vittima “ha mentito. Nessuno di loro avrebbe mai fatto una cosa del genere”… La ragazza che ha denunciato la violenza ha abbandonato la scuola. Lo ha detto il suo avvocato, rivelando che i suoi ormai ex compagni la stanno bersagliando di sms minatori.

Parlo di questi casi, perché trovo piuttosto inquietante che questa inchiesta ci proponga un mondo popolato di ragazzine cattive e indemoniate e poveri maschietti in pericolo.

Se è vero che non tutte le femmine sono fragili e indifese (e lo hanno dimostrato i video delle bulle in azione), mi sembra altrettanto poco credibile un quadro della situazione in cui le vittime fragili e indifese sarebbero tutti i maschietti.

La femme fatale dominatrice, crudele e lussuriosa che irretisce l’ometto timido e spaventato che si lascia trascinare dagli eventi; oppure la ragazzina vergine, sensibile e sofferente (“Chiara, capelli biondi alle spalle, occhi castani col mascara nero sulle ciglia, stelline disegnate a penna sul polso, è una delle pochissime ragazze della sua classe a essere ancora vergine… Se sei una persona sensibile, vivi molto male il fatto di non averla ancora data…”) da contrapporre eventualmente al macho forte ed aggressivo; il sesso è una cosa brutta (La prima volta fa stra-male, e anche le volte dopo, comunque, tutto è tranne che piacevole), mentre la castità è la virtù dei buoni e dei sensibili… questi non sono “i ragazzi di oggi”, sono gli stereotipi di sempre!

Non credo che “i ragazzi di oggi” siano degli animaletti in calore privi di spessore che pensano solo a fare sesso: né i maschi, né le femmine. Credo invece che quello che interessa ai “giornalisti di oggi” sia pubblicare storie di ragazzini in calore che fanno sesso come animaletti. Non è possibile che i ragazzi si sentano in dovere di assecondare questo genere di aspettative?

Mi vengono questi dubbi perché una recente indagine di Save the children ci racconta che per un italiano (adulto) su tre è “accettabile” avere rapporti sessuali con un adolescente:

“Nella nostra esperienza di lavoro sul campo coi ragazzi, veniamo spesso a conoscenza di tentativi di interazione da parte di un adulto con un minore, uno dei motivi che ci ha spinto ad indagare in profondità un fenomeno come quello di un’interazione a sfondo sessuale tra giovani e adulti, anche attraverso le nuove tecnologie. Ma non ci aspettavamo un grado di tolleranza così alto dei rapporti da parte l’opinione pubblica che, a nostro avviso, prelude ad un’accettazione di una deresponsabilizzazione e di un disimpegno degli adulti rispetto al loro ruolo nei confronti degli adolescenti” commenta Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children. “Ci rivolgiamo dunque alla società civile, così come a tutti gli attori coinvolti: gli adulti tutti, gli adolescenti, i media, le istituzioni e gli organi di controllo al fine di innescare un dibattito continuativo sul ruolo educativo e sulle responsabilità degli adulti in genere, che siano o meno genitori, nei confronti degli adolescenti”.

Ecco, io direi che gli adulti responsabili di questa inchiesta dovrebbero riflettere su quanto queste storie di ninfette “indemoniate” (alle prese con coetanei incapaci di soddisfarle) sembrino costruite allo scopo di titillare le fantasie di quegli adulti che vanno alla ricerca di incontri sessuali con adolescenti… argomento che consiglierei loro di approfondire.

Il paragrafo meno credibile dell’inchiesta, tuttavia, è questo:

“Non sai quanti lunedì mattina vedo le mie amiche completamente in paranoia. Il sabato erano strafatte e non riescono a ricordarsi se hanno usato il preservativo o no. In più, non sanno chi è il ragazzo con cui hanno scopato, oppure si vergognano a chiamarlo per chiedere. Quindi le più furbe vanno in consultorio e prendono la pillola del giorno dopo – succede ogni due o tre mesi – e le altre aspettano e pregano che il ciclo arrivi”.

Davvero furbe le amiche di Chiara!

Perché, nel caso non ve ne fosti accorti, è in corso una mobilitazione nazionale per contrastare il problema degli obiettori di coscienza, che in Italia rende l’ottenere la pillola del giorno una vera e propria impresa epica, nonostante non si tratti di un farmaco abortivo.

Questa inchiesta ci vuole dare ad intendere che, mentre una marea di donne adulte lamenta enormi difficoltà a reperirla, la pillola del giorno dopo – tanto che l’Aifa (l’Agenzia Italiana del Farmaco) ha dovuto pubblicare nel febbraio di quest’anno un comunicato sulla Gazzetta Ufficiale per definirne le modalità di azione e far cadere “definitivamente l’appiglio che consentiva ai medici di negare la somministrazione della contraccezione di emergenza“, come ha sottolineato il Dott. Emilio Arrisi, Presidente della Smic (Società Medica Italiana per la Contraccezione) – delle liceali ce l’hanno a disposizione come se fosse aspirina.

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