dibattito politico di basso livello

 

circo Italia

sul livello non solo basso ma spaventosamente negativo del dibattito politico nel nostro paese, con abbondanti aspetti di oscenità , sghignazzo e banalità. si può utilmente leggere l’ ‘amaca’ odierna di M. Serra:

 

Lo spaventoso livello del dibattito politico, se possibile peggiorato dall’ingordigia con la quale i media si buttano sui dettagli più volgari, non è solo deprimente. È anche dannoso, perché laddove ci sia una sostanza, resta sepolta sotto una coltre di oscenità e sghignazzi. Si prenda il caso Santanché. Ha rilasciato al Tempo di Roma un’intervista importante. Nella quale spiega che Forza Italia dev’essere «un partito presidenziale, con a capo Berlusconi e senza un segretario, per eliminare lacci e lacciuoli tra la gente e il presidente». È un modello di partito antidemocratico, direi schiettamente fascista (anche se è più di moda dire “populista”). Un Duce e il suo popolo, niente in mezzo che disturbi.
Ora: è più importante sapere che la signora Santanché incarna valorosamente quel non poco di fascismo che nel berlusconismo alligna, o chiamarla Pitonessa e computare fedelmente le sue liti televisive a base di battutine sessuali e allusioni (fasciste anche loro) alla scarsa virilità dei suoi avversari? Quanto spazio è stato dedicato alle significative parole effettivamente da lei affidate al Tempo, e quanto alle fesserie twittate a proposito del gergo da visita militare del quale la signora è al tempo stesso artefice e vittima?

Da La Repubblica del 18/09/2013.

‘normali’ o ‘supervisori’ dell’ordine mondiale?

due

gli Stati Uniti accetteranno mai di essere una nazione ‘normale’ che non viva il suo rapporto col mondo, come una specie di ‘supervisione’ continua che la autorizza ad usare le armi ogniqualvolta ha la sensazione che il proprio ordine sia stato turbato?

su questo, una graffiante puntualizzazione di M. Serra su l’ ‘amaca’ odierna:

 

Molti, nel mondo, avevano sperato che con Obama gli Stati Uniti accettassero di essere una Nazione “normale”, potente ma normale, autorevole ma normale; ovvero una Nazione tra altre Nazioni, in grado di guardare agli altri popoli percependone varietà e complicazione, e persino considerando l’esistenza dell’Onu non come un fastidio burocratico, ma come un’occasione politica, un luogo nel quale confrontarsi e dal quale ricevere (o non ricevere) mandati un poco più collegiali di quanto viene deciso dalla sola Casa Bianca o dal Congresso americano. E lo storico discorso di Obama al Cairo nel 2009 («la democrazia non si può imporre») aveva confermato questa speranza.
Ma evidentemente avevamo capito male. Chiunque governi gli Stati Uniti si sente investito, prima o poi, di una sorta di supervisione planetaria, che lo autorizza a intervenire con le armi (con l’inglesino di turno al seguito) per ristabilire ordine o punire crimini (come in Siria). I risultati sono in genere catastrofici sotto il profilo politico e anche sotto quello umanitario, vedi l’Iraq dopo Saddam, terra di sangue e di caos. Ma deve scattare qualcosa di pavloviano, e di irresistibilmente
megalomane, quando ci si siede su quella poltrona.

Da La Repubblica del 04/09/2013.

la giusta ironia di M. Serra su Berlusconi

shik

Dopo la condanna in primo grado, la condanna in appello, la conferma della Cassazione, verrà presentato un ricorso alla Corte europea. Se il ricorso alla Corte europea non dovesse avere successo, Berlusconi ricorrerà alle Nazioni Unite. Se le Nazioni Unite rimanessero sorde e cieche, è pronto un appello al Tar del Lazio, sotto la cui giurisdizione, come è noto, ricade l’intero pianeta. Ove il Tar del Lazio fosse oberato di pratiche, e lo sportello chiuso sul naso dell’avvocato Ghedini da un impiegato scortese, si presenterà un dettagliato esposto-denuncia al Tribunale di Saturno, nel quale giudici a forma di alga, ferratissimi, propendono in genere per l’assoluzione. Se da Saturno arrivasse una nuova delusione, allora Berlusconi farà appello al Papa, al Dalai Lama, agli imam di Persia, affinché sia il giudizio di Dio, non quello fallace degli uomini, a regolare la questione. Se anche Dio opponesse l’ostinato silenzio che gli è proprio, lo staff degli avvocati stilerà una memoria che potrà essere aperta solamente dopo il 2123, e affiderà ai posteri, e solo a loro, la sentenza.
Dopodiché ci si chiede: ma non era a favore del processo breve?

Da La Repubblica del 31/08/2013.

tempi cambiati, in peggio!

il male profondo che sta vivendo la politica italiana: il trionfo dell’irrazionalità, della prepotenza, dell’irresponsabilità, ben espressi da M. Serra nell’ ‘amaca’ odierna:

 

atene
L’AMACA del 28/08/2013

(Michele Serra).

 

Vent’anni fa si spariva dalla vita politica per un avviso di garanzia. Oggi nemmeno una condanna in Cassazione viene considerata quanto basta (e avanza) per levarsi di torno. È questo vero e proprio precipizio a descrivere meglio di ogni altra cosa il male profondo che Berlusconi e la sua sconcia claque hanno fatto all’Italia e agli italiani.
Così, mentre Luciano Violante – per fortuna a nome personale – e Mario Monti, con accenti non dissimili, giustificano eventuali cavilli per non trarre le ovvie conseguenze dalla condanna di Berlusconi, si ripensa alla vicenda di Josefa Idem, della quale nessuno parla più perché a nessuno conviene parlarne. Si è dimessa per una multa da tremila euro, come era doveroso fare e come ha fatto. Ha pagato un prezzo pieno per un errore che, al cospetto della fedina penale di Berlusconi, è meno di zero. Le hanno dato addosso, anche insultandola, molti dei farisei che oggi considerano del tutto normale che Berlusconi continui a fare politica e non decada da senatore. Siamo, e da un bel pezzo, dentro l’apologo del lupo e dell’agnello. Con il lupo che fa la vittima, e l’agnello già mangiato e digerito da un paese smemorato, ipnotizzato, incapace di ritrovare il bandolo della propria dignità.

Da La Repubblica del 28/08/2013.

a proposito degli insulti al ministro Kyenge

 

 

 

altro gatto fiorito

si ripetono quasi quotidianamente minacce, insulti, gesti razzistici, espressioni di volontà di stupro nei confronti della ministra Kyenge

a questo proposito un bell’articolo di M. Serra su ‘La Repubblica’ di oggi:
I politicamente scorretti che insultano la Kyenge

(Michele Serra).

 

Insultare Cecile Kyenge è diventato una forma di neoconformismo. Bastano una buona dose di razzismo volontario o involontario; una notevole mancanza di fantasia; e una pagina Facebook. Di suo il vicesindaco di Diano Marina, signor Cristiano Za Garibaldi (Pdl) ci ha messo un sovrappiù così surreale da risultare quasi divertente: scusandosi, ha spiegato di averlo fatto perché era stressato dalle tasse.
A ben vedere, nella sua caotica autodifesa il vicesindaco dice anche qualcosa di più: è irritato perché il ministro Kyenge ha accennato (solo accennato) alla possibilità di usare qualche alloggio vuoto e inutilizzato per i senza tetto e per i nomadi. Si capisce che in una terra come la Liguria, scempiata dalle seconde case, buona parte delle quali sfitte e in vendita, l’argomento non sia molto popolare. Anche perché costringe gli amministratori liguri, compreso il vicesindaco Za Garibaldi, a riflettere sulla pluridecennale svendita del loro territorio, massacrato dal cemento.

Ma sono, questi, solo dettagli, minime variazioni di un ritornello davvero monotono, quello che ha fatto del primo ministro afroitaliano il bersaglio di ogni sconcezza e di ogni sberleffo.
È già stato detto e scritto molte volte, in circostanze identiche a questa, che il bersaglio finale di queste esternazioni è il politicamente corretto, cioè quell’insieme di consuetudini e di inibizioni linguistiche utili a non offendere le minoranze razziali e non solo. Nato non per caso negli Stati Uniti, Paese che prima e più di ogni altro ha dovuto fare i conti con una composizione sociale multietnica e multireligiosa, una colossale immigrazione, le difficili convivenze che ne conseguono, le incomprensioni, gli scontri di sensibilità. Per quanto ipocrita, e spesso foriero di neologismi davvero goffi, il politicamente corretto discende da un’intenzione virtuosa, che è quella di far convivere le diversità, di renderle governabili. È esattamente per questo — non certo per scrupoli lessicali ai quali in genere non sono aduse — che le destre populiste di mezzo mondo, quella italiana in primo luogo, lo odiano. Perché lo vedono come il sintomo più evidente di una volontà di convivenza che non condividono e non vogliono. E così come per Bossi chiamare gli africani “bingo bongo” non era solamente una manifestazione del suo razzismo privato, ma anche un modo per far sapere ai suoi elettori terrorizzati dall’immigrazione e dal “mondialismo” che finalmente in Italia si poteva dare libero sfogo a qualunque fobia sociale, e anzi farne uno strumento di consenso e di governo; allo stesso modo l’avvento sulla scena politica di Kyenge è stata un’occasione imperdibile per chiarire una volta per sempre che no, un ministro nero non fa parte delle cose tollerabili.
Più in generale, insieme al fragile tappo del politicamente corretto made in Italy, saltato ormai da tempo, sono le buone maniere nel loro insieme a risultare di impiccio alla destra populista. Come molte delle regole in vigore, sono imputate di imbrigliare i cosiddetti “umori popolari”. Rifarsi alla orgogliosa maleducazione fascista, turpiloquente e manganellatrice, è probabilmente congruo ma rimanda troppo indietro nel tempo. Bastino, come esempio corrente, le interruzioni e le urla nei talk-show, il sorriso di scherno e lo scuotimento della testa mentre parla l’avversario, la totale mancanza di contraddittorio politico nel ventennale (e rudimentale) soliloquio berlusconiano, la titolazione incredibilmente becera e aggressiva dei due principali quotidiani di destra, l’odio di classe per “gli intellettuali” che parlano difficile, per la cultura “che non dà da mangiare”, nonché (cito dalla pagina Facebook del vicesindaco di Diano Marina) per “i benpensanti”.
Parola che, usata in quel contesto, e da una persona che ha appena insultato Cecile Kyenge, colpisce molto. Il termine “benpensanti” tanti anni fa serviva per indicare i borghesucci timorati e baciapile, quelli che votavano per la Dc e per i suoi alleati, e che oggi probabilmente votano per il vicesindaco di Diano Marina, il Pdl e la Lega. Oggi la parola viene torta al punto da indicare quelli che non ritengono normale né giusto insultare “i negri”, e ancora si sforzano di chiamarli “neri” o “africani” o “afroitaliani” (è il caso della signora Kyenge). Vedi come mutano i tempi: l’antirazzismo è nato rivoluzionario e per tanti versi lo è ancora, dovendo risalire una potente corrente contraria. Ma oggi i suoi nemici di destra, per deriderlo, per liberarsene, per non farci i conti, lo liquidano come “benpensante”.

Da La Repubblica del 26/08/2013.

lo ‘stile informale’ di papa Francesco

 

il papa bacia il bambino

sicuramente non si era mai visto un papa così: non perché faccia delle cose straordinarie ma perché fa cose ordinarissime con assoluta normalità

questo la dice lunga sulle nostre tradizionali rappresentazioni della figura del papa più costruzione di culto della personalità che espressione di spirito evangelico

ciò è importante per un ripensamento globale non solo del modo di essere chiesa nel mondo e del potere spirituale delle gerarchie religiose, ma anche dell’uso del potere politico nella nostra società

una bella riflessione in merito da parte di A. Serra nella sua ‘amaca’ odierna:

 

Se fa tanta impressione lo “stile informale” di Bergoglio, che sale sull’aereo con la sua valigetta in mano, è perché fin qui il Papa è stato assai più un re che un prete. Lo sfarzo e la pompa controriformista hanno tracciato un segno ininterrotto, e dagli abiti paludatissimi al protocollo sempre solenne ogni Papa è apparso al popolo come un’altissima autorità secolare anche quando tentava di esercitare la sua funzione spirituale. Anche a queste ragioni è dovuta la simpatia quasi “a prescindere” che il Dalai Lama e altri esponenti delle religioni e delle filosofie orientali riscuotono in Occidente da molti anni: un capo spirituale che mostra semplicità di modi e di abbigliamento è meno confondibile con i potenti e con i ricchi (l’abito fa il monaco…).
Anche per i non credenti diventa piuttosto appassionante capire se e quanto questa rivoluzione formale potrà incidere sulla Chiesa di Roma, smantellarne almeno in parte la greve presenza secolare e gli enormi interessi economici. È comunque una lezione per la politica, che deve molta della sua impopolarità all’incauto uso del potere e alla distanza dagli umili.

Da La Repubblica del 23/07/2013.

a proposito di ‘senso di responsabilità’

 

 

 

orchidee

il ‘senso di responsabilità’ cui ogni giorno Napolitano richiama le varie forze politiche è senz’altro di primaria importanza nella vita politica, ma quando rischia di coincidere col suo opposto perché inteso in modo tale che in suo nome si debba chiudere tutti e due gli occhi su situazioni di grande scandalo interno e internazionale allora …

in questo senso la bella ‘amaca’ odierna di M. Serra:
L’AMACA del 19/07/2013 (Michele Serra).

 

Il “senso di responsabilità” del quale il presidente Napolitano è il più autorevole e tenace depositario è un sentimento importante e rispettabile. Ha però un limite: non riconosce doveri fuori da se stesso. Non tollera smentite, non conosce eccezioni. Se — per esempio — la solidità di un governo viene considerata coincidente con il “senso di responsabilità”, allontanare un ministro che si è reso colpevole di una paurosa lesione del diritto democratico diventa, automaticamente, cosa contraria al “senso di responsabilità”. La vecchia destra comunista — fucina di notevoli personalità politiche, da Amendola a Chiaromonte allo stesso Napolitano — è stata, del “senso di responsabilità”, formidabile latrice. Ma ogni impennata etica, ogni accelerazione sociale, ogni eccessiva movimentazione del paesaggio politico veniva (e viene ancora) vista come una pericolosa, incontrollabile incrinatura del “senso di responsabilità”. Il caso Alfano non è il primo né l’ultimo nel quale viene da domandarsi quante giuste cause, quanti sacrosanti obiettivi, quanti atti di coraggio, quanti germi di novità sono stati scannati come agnelli sacrificali sull’ara del “senso di responsabilità”.

 

disastro politico

il pollaio

in che razza di disastro siamo andati a ficcarci: la Santanchè che copre un’alta carica istituzionale coi voti del pd?

così Serra oggi nella sua Amaca:

No che non è adatta a una qualunque carica istituzionale, la signora Santanché: ha i modi politici di una campionessa di wrestling, e ogni due parole che dice una ha il dono di fare uscire dai gangheri non solo gli avversari, ma anche la metà dei suoi. Detto questo, il Pdl ha tutto il diritto di nominarla, e il Pd, per non votarla, è costretto ad arrampicarsi sugli specchi. Un governo con il Pdl è un governo con il Pdl. Punto. Con quel leader (pregiudicato), quelle idee, quei toni, quell’aggressività, quegli esponenti.

Non è la prima volta che il Pd è costretto a contorsioni dolorosissime per tenere insieme ciò che insieme non può stare: la fedeltà a un’alleanza politica che gli assegna — oltre tutto — la carica di primo ministro, e l’esigenza di non disgustare troppo i propri elettori. Se questo può rassicurare il Pd, sappia che il culmine del disgusto è stato già raggiunto e superato prima nei giorni orribili del voto per il Quirinale, poi incassando la patologica alleanza con Berlusconi. Che cosa di peggio può aggiungere, a questo quadro, la nomina di Santanché? Che la votassero. Almeno, ogni volta che la sentiamo parlare in quella veste, ci ricordiamo in che razza di disastro siamo andati a ficcarci.

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