la nostra identità di fondo è ‘relazione’

la completezza

«Dite all’uomo che è fine a se stesso e la sua risposta sarà la disperazione»

(AJ Heschel)

 

Siamo tutti alla ricerca di un incontro che ci salva: che sia un uomo, una donna o Dio. Avvertiamo una mancanza o più precisamente un’assenza. Comprendiamo che alcuni nodi della nostra esistenza possono essere sciolti solo con l’aiuto di un’altra mano, che i sotterranei della nostra anima sono così bui che non ce la facciamo a percorrerli da soli e che di frustrazione affettiva alla lunga si muore. La vita, in definitiva, è attesa di un incontro che restituisca senso all’attesa stessa. Un incontro capace di spiegare la sofferenza precedente e che promette di alleviare, condividendola, quella futura.

Vediamo nella nostra vita spuntare dei germogli che vorremmo far crescere e che invece a volte calpestiamo.

È necessario che Qualcuno li metta al riparo dalla nostra imperizia o meschinità e sappia curarli dopo essere stati danneggiati. Non siamo autarchici anche se spesso, ingannandoci, ci convinciamo del contrario. La relazione è iscritta nel nostro DNA. Siamo incompleti ed abbiamo una spinta, anche inconsapevole, alla pienezza. All’origine di tutti gli isolamenti c’è una ferita nelle relazioni. Nell’isolamento pensiamo di curarla meglio mentre la aggraviamo. Riconoscendo le nostre ferite riusciremo a perdonarci e la smetteremo di giocare all’uomo o donna invincibile. Accogliendo le nostre ferite vedremo con sguardo diverso anche quelle degli altri e potremo costruire relazioni autentiche. Siamo come malati in cerca di un incontro che ci guarisca. E tutto si compie in questo paradosso: entrare in se stessi per poterne uscire. Con l’aiuto di un Altro. Potremo impegnarci in tutti i lavori che troviamo, potremo distrarci con tutti gli hobby che esistono rimarrà sempre il problema della nostra anima in cerca di Qualcuno che le dica: “Sono io la tua salvezza”*.

*Salmo 35,3

da ‘altranarrazione’




relazione del teologo Hans Geybels al c.c.i.t. 2018 in Belgio

CCIT – Banneux 2018

La fede ordinaria : sorprendentemente attuale !

Hans Geybels

Terminologia

Un paradosso

1

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Considerando con attenzione i diversi aspetti della fede ordinaria, si arriva rapidamente a comprendere perché essa sopravviva attraverso i tempi, compresi quelli postmoderni.

1. I gesti e i rituali

vissuto. Le autorità religiose ne segnalano il pericolo a partire dalla prescrizione:

. (n° 15 del Direttorio sulla religiosità popolare ecc http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccdds/documents/rc_con_ccdds_doc_20020513_vers-direttorio_it.html2001).

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452. I testi e le formule

ordo fissato da un messale o da un breviario.

3. Il canto e la musica

4. Le immagini

Direttorio (errore nel francese, non è decreto!) – citando il diritto canonico – dà a questo riguardo istruzioni precise a causa delle esagerazioni del passato:

Poiché l’iconografia per gli edifici sacri non è lasciata all’iniziativa privata, i responsabili di chiese e oratori tutelino la dignità, la bellezza e la qualità delle immagini esposte alla pubblica venerazione, impedendo che quadri o statue ispirati da devozioni private di singoli siano imposte di fatto alla venerazione comune.(n° 18).

Di fatto, il controllo dipende sovente unicamente dal prete che ne ha la responsabilità. Di più: chi controlla i numerosi piccoli luoghi di culto popolare che sono interamente riempiti di questi oggetti di devozione?

5. I luoghi

6. I momenti

6. Fede e superstizione

1 Tervoort, O.c., pag. 25-26. Riguardo al fenomeno dei ‘huisaltaren’, si veda Margry, P.J. ‘Persoonlijke altaren en private heiligdommen. De creatie van sacrale materiële cultuur als resultante van geïndividualiseerde religiositeit,’ A.L. Molendijk (ed.) Materieel Christendom. Religie en materiële cultuur in West-Europa (Hilversum: Verloren, 2003) 51-78 in Idem, ‘Sakrale materielle Kultur in den Niederlanden der Gegenwart: Persönliche Altäre und private Heiligtümer,’ Rheinisches Jahrbuch für Volkskunde 35 (2004) 247-263.

2 Tervoort, O.c., pag.94

3 De Standaard van donderdag 26 oktober 2006. Sommige mensen specialiseren zich zelf in het uitvinden van nieuwe rituelen of in het stimuleren van mensen om rituelen te ontdekken die het best bij hen aansluiten: Carla Rosseels, Rituelen vandaag (Antwerpen-Baarn: Hadewijch, 1995) en Idem, Natuurrituelen: een innerlijke reis (Antwerpen: Houtekiet, 2004). Het gaat in die boeken eerder om rituelen bij ‘rites-de-passages’ en andere gebeurtenissen, dan wel om rituelen die typisch thuishoren in de context van het alledaags geloof. Wat dat laatste betreft, gaat er bij onderzoekers tegenwoordig meer aandacht naar het fenomeen van ‘nieuwe rituelen’ bij bijvoorbeeld rampen of ongelukken (cf. het plaatsen van zogenaamde bermmonumentjes). P. Post, A. Nugteren & H. Zondag, Rituelen na rampen. Verkenning van een opkomend repertoire, Meander 3 (Kampen: Gooi en Sticht, 2002 en hoofdstuk V, 6 (Formes semi-profanes et profanes) van Jean Chélini & Henry Branthomme, Les pèlerinages dans le monde à travers le temps et l’espace (Parijs: Hachette Littératures, 2004), 305-315.

4 W. Van Beek, Spiegel van de mens. Religie en antropologie (Assen: Van Gorcum, 1982) 37-42

5 Ibidem, 37-39