linea dura sulla prostituzione?

lacrima

Sulla prostituzione non serve la linea dura

 faccio mia questa riflessione di Michela Marzano perché lo condivido quasi tutto, meno cioè quando afferma: “considero altrettanto assurdo partire dal presupposto che la scelta di prostituirsi non possa mai essere considerata come una scelta. In nome di quale principio si può dire a una donna, che afferma di prostituirsi volontariamente, che la sua non è affatto una scelta? Chi ha il diritto di sapere meglio di chi è direttamente implicato in un’azione o in una condotta quale sia o meno il suo bene?” 
è chiaro che si tratta di una scelta, e di scelta volontaria, ma è scelta per il vero proprio bene? ed è scelta operata nelle migliori condizioni oggettive per il proprio bene?

La settimana scorsa l’Assemblea nazionale francese ha approvato una nuova legge sulla prostituzione. Seguendo l’esempio svedese, d’ora in poi anche in Francia i clienti saranno passibili di una multa di 1500 euro. Vince così, nonostante le polemiche, la linea dura di Madame Vallaud-Belkacem, il ministro francese delle Pari Opportunità, e di alcune associazioni femministe che si battono per mettere definitivamente fine alla prostituzione. Ma siamo certi che la prostituzione sarà così debellata? E la tratta degli esseri umani organizzata e alimentata dalla criminalità organizzata? E la differenza tra chi si prostituisce “per scelta” e chi invece è costretto a farlo subendo violenze e minacce?

Intendiamoci bene. Trovo assurda la posizione di chi, per giustificare la prostituzione, afferma che prostituirsi è “il mestiere più antico del mondo” o di chi, come i “343 bastardi”, osano affermare che il corpo delle donne appartiene a chi paga. Sono la prima ad insistere sulla necessità di combattere a oltranza lo sfruttamento della prostituzione cercando i mezzi giuridici più adeguati per punire chi costringe le donne (ma talvolta anche gli uomini) a vendersi, utilizzando ricatti, violenza o sotterfugi. Non ho mai pensato di banalizzare la prostituzione, come fanno i “libertari”, facendo l’elogio dell’autonomia individuale e dell’autodeterminazione, anche semplicemente perché mettere tra parentesi le condizioni reali all’interno delle quali si da il proprio consenso non può che aggravare l’oppressione dei più deboli e aumentare il potere dei più forti. 
Come spiegano alcune ex-prostitute, che pure ammettono di non essere mai state costrette a prostituirsi, sarebbe un errore considerare la prostituzione come un’attività anodina: molte di loro hanno dovuto inventarsi strategie di difesa per preservare una parte della propria vita affettiva e per concludere, ogni volta, il più rapidamente possibile con il cliente. Ecco perché fare del consenso il solo criterio capace di separare il legittimo e l’illegittimo può talvolta portare a giustificare atteggiamenti di dominazione, che approfittano delle fragilità degli esseri umani più esposti.

Ciò detto, considero altrettanto assurdo partire dal presupposto che la scelta di prostituirsi non possa mai essere considerata come una scelta. In nome di quale principio si può dire a una donna, che afferma di prostituirsi volontariamente, che la sua non è affatto una scelta? Chi ha il diritto di sapere meglio di chi è direttamente implicato in un’azione o in una condotta quale sia o meno il suo bene? Certo, si invoca sempre il principio di dignità per giustificare questo tipo di posizioni. Ma quando si giudica una persona in nome della dignità umana, non si rischia poi di violare proprio quella famosa dignità che si pretende di difendere?
Anche io sogno un mondo in cui nessuno, per guadagnarsi da vivere, sia portato a prostituirsi, ossia a vendersi al miglior offerente, indipendentemente dal fatto che ciò che si vende sia il corpo, il sesso, l’intelligenza o l’anima. Ma come sempre accade, un mondo di questo genere non lo si impone a colpi di leggi punitive; lo si costruisce pian piano creando delle condizioni effettive di non-sfuttamento dei più bisognosi. Tanto più che le multe ai clienti, per tornare alla legge francese appena approvata, rischiano solo di peggiorare le condizioni di esercizio della prostituzione da parte di chi si prostituisce. Come sempre, saranno le prostitute a pagare il prezzo di una decisione che soddisfa la buona coscienza di chi sembra sempre pronto a sapere che cosa sia il bene e che cosa sia il male. Indipendentemente dal punto di vista di chi è direttamente implicato.

terribile dialogo tra madre e figlia

 

“STUDI DUE ORE E TI PROSTITUISCI DOPO, ALTRIMENTI VIA DA SCUOLA”

Prostituzione

SCANDALO BABY PROSTITUTE A ROMA

INTERCETTAZIONI TRA MADRE E FIGLIA.

“Allora rifletti bene su questo aspetto della scuola per cortesia… perché se no è inutile che… io ti ritiro”. La risposta: “Non mi puoi ritirare mamma non c’ho (ancora, ndr) 16 anni, non lo puoi fare”. Fanno venire i brividi quelle conversazioni tra madre e figlia finite agli atti dell’inchiesta sulle due minorenni che in una stanza dei Parioli incontravano i loro clienti. Chi parla al telefono è Emanuela (nome di fantasia), di appena 15 anni. Dall’altra parte della cornetta, la madre arrestata perché, secondo l’accusa, avrebbe indotto la figlia a prostituirsi.

I magistrati romani che indagano sul caso infatti sono convinti che la donna non poteva non sapere, anche se la figlia – sentita dai pm lo scorso 28 ottobre – l’ha sempre difesa: “Mamma non chiedeva, ma io cercavo di aiutarla. Quando le davo i soldi li prendeva anche se pensava non fosse giusto”. Ma è dalle intercettazioni che si capisce il ruolo della madre. La conversazione è dell’11 ottobre.

Madre: Allora… mi ha chiamato la tua professoressa di latino (…) voleva sapere perché non stai andando… Gli ho detto: guardi che non si sente bene. (…) Ha detto no, a noi interessa che la ragazza venga a scuola perché con il programma andiamo avanti, vorrei parlare con lei… e risiamo alle solite… Mi ha detto: pensa che domani verrà a scuola? Allora tu che cosa hai intenzione di fare? Dimmelo perché se no andiamo lì… ci prendiamo in giro … andiamo dagli insegnanti e glielo diciamo. Figlia: Ma io voglio andarci a scuola… è solo che non c’ho tempo per fare i compiti. M: Vabbè, il tempo si trova per fare i compiti. F: Ma quando si trova mamma? M: Quando esci da scuola torni a casa… due ore studi… tre ore… F: Non ce la faccio se studio prima. M: Allora non sai studià (…) Io studiavo la sera, qual è il problema? Devi trovare un modo per organizzarti. F: Non ce la faccio perché dopo che ho studiato sono stanca. M: Allora devi fare una scelta… puoi alternare i giorni… Qui una soluzione bisogna trovarla perché non è che… allora rifletti bene su questo aspetto della scuola per cortesia. Perché se no è inutile che… io ti ritiro e… F: Non mi puoi ritirare mamma non c’ho 16 anni, non lo puoi fare. M: Apposto, allora ce devi andà fino a che non… F: Mamma ci voglio andare, però non voglio andarci senza aver fatto i compiti. Poi la madre si sarebbe proposta di aiutare la figlia a studiare per due ore al giorno, per poi andare al “lavoro”. Altra conversazione finita agli atti, risale al 7 ottobre scorso. Madre: Senti un po’… ma tu che fai? Non te movi oggi? Figlia: No ma’ perché sto male. M: E come facciamo? Perché io… F: Certificato medico. M: Eh, lo so me… l’ho chiamata. F: I compiti… eh, appunto. M: E come facciamo perché io sto a corto? Dobbiamo recuperà. F: Eh, domani vedo che posso fà… comunque pure se… comincio tardi, cioè oggi ma’, veramente sto male. M: no no, bè che c’entra.. certo, ma che sta a scherzà? Assolutamente… F: Domani dopo scuola si vede. M: Ma ce la facciamo a recuperarla sta settimana? F: Ma come no, avoja.

V. Pacelli, da Il Fatto Quotidiano del 08/11/2013.

image_pdfimage_print