L. Boff, ispiratore dell’enciclica ‘laudato sì’

Boff L.
Leonardo Boff a Rainews.it: “L’Enciclica Laudato si’ è una nuova speranza per il Pianeta” L’Enciclica di Papa Francesco dedicata all’ ecologia , ovvero alla “madre terra”, non ha deluso le aspettative. Sta facendo discutere l’opinione pubblica mond Per andare alle “radici” dell’Enciclica abbiamo intervistato il teologo brasiliano Leonardo Boff, uno dei padri della teologia liberazione. Boff è tra gli ispiratori dell’Enciclica 
  di Pierluigi Mele
Leonardo Boff, per prima cosa partiamo dalle reazioni all’Enciclica in America latina: come è stata accolta? Finora è stata accolta molto bene, persino con una certa perplessità perché nessuno sperava un testo cosi positivo e dentro il nuovo paradigma ecologico. Il Papa ha innovato la discussione proponendo l’ecologia integrale che va ben oltre l’ecologia ambientale dominante. Sicuramente, per lei, questa Enciclica segna la piena riabilitazione del suo lavoro teologico. In particolare quello dedicato all’ecologia. Infatti, nel documento, c’è l’espressione “grido della terra, grido dei poveri” che è sua. Qual è la novità teologica dell’Enciclica? A richiesta dello stesso Papa gli ho inviato molto materiale sull’ecologia, visto che è da 30 anni che lavoro su questo tema. Molto mi ha aiutato la partecipazione alla redazione della “Carta della Terra”, sotto l’egida di Michail Gorbaciov. Questo documento molto simile con l’enciclica è per me l’unico grande documento, assunto dall’UNESCO, che sia stato elaborato totalmente dentro il nuovo paradigma, fondato nelle scienze della vita e della Terra. Io ho insistito insieme al Papa attraverso l’ambasciatore argentino nella Santa Sede che l’enciclica avrebbe tutto da guadagnare, mostrandosi contemporanea del migliore pensiero ecologico, se avesse assunto tale paradigma. Secondo questo paradigma tutte le cose stanno interconnesse formando un grande tutto. Tutto sta in relazione e niente esiste fuori dalla relazione. Questa prospettiva aiuta a mostrare che tutti i problemi stanno interconnessi e devono essere affrontati simultaneamente, specie il riscaldamento globale e la povertà delle moltitudini. Sono felice che questa prospettiva sia stata assunta, conferendo grande coerenza e unità al testo. Ciò è una novità nella tradizione del magistero della Chiesa. Il Papa Francesco ha innovato e collocato la Chiesa nel punto più avanzato della discussione ecologica. Le piace il termine “Ecologia integrale”? Il tema “ecologia integrale” è presente in tutti i miei libri e articoli. É la forma di come superiamo il discorso convenzionale che si restringe all’ecologia ambientale, secondo la quale s’immagina che l’essere umano stia al di fuori dell’ambiente e della natura, ma al di sopra dominandola e che non bisogna riconoscere il valore intrinseco di ciascun essere, indipendentemente dall’uso umano. Io ho lavorato di forma coordinata l’ecologia ambientale, politico-sociale, mentale e integrale. Specie ultimamente elaboro un’etica, una spiritualità ecologica e una cultura della cura per la Casa Comune, l’unica che abbiamo per abitare. L’ecologia integrale ha incluso le diverse forme di ecologia, dimostrando però che tutte si articolano tra loro a servizio di una cultura bio-centrata e di una Terra, che molti chiamano “Terra di Buona Speranza”. Quali sono i concetti più belli dell’Enciclica? I concetti centrali, che articolano tutto il testo, sono la concezione che tutto sta in relazione con tutto. Tutto è relazione e niente esiste fuori dalla relazione. Questa è la convinzione della fisica quantistica e della nuova cosmologia. Questa comprensione è teologicamente ben fondata perché si afferma che il Dio cristiano non è la solitudine dell’Uno ma la comunione e la relazione della Santissima Trinità, sempre ed eternamente interconnessi. Se Dio-Trinità sono cosi, relazione, allora tutta la creazione rispecchia la natura relazionale di tutte le cose. Da questo concetto ne deriva un altro, quello dell’interdipendenza tra tutti e della corresponsabilità collettiva per il destino comune, della Terra e dell’umanità. Un altro concetto chiave è quello della cura. Significa una relazione amorosa e non dominatrice con la natura e si oppone frontalmente al paradigma della modernità che e la dominazione dell’altro, dei popoli e della natura. Il Papa denuncia l’espressione maggiore di questa dominazione che è la tecnocrazia. La distingue bene dalla tecnica che ci ha portato tanti benefici. La tecnocrazia rappresenta la dittatura della tecnica, come se tutti i problemi ecologici e umani potessero essere risolti solo per la tecnica. Devono essere presenti la politica, l’etica e una scienza fatta con coscienza, non prioritariamente per il mercato, ma per la vita. Altro concetto importante è il termine “casa comune” per designare la Terra. Cosi è più facile ricordare che tutti abitano lo stesso spazio e che tutti sono fratelli e sorelle gli uni degli altri e anche fratelli del fratello Sole, della sorella Luna e figli della Madre Terra. Questa visione che esiste una fratellanza universale è derivata dalla mistica cosmica di San Francesco, una fonte d’ispirazione per tutta l’enciclica. Essa permette espressioni di grande bellezza, sentimenti di rispetto e di venerazione per tutto quello che esiste e vive. Qui il Papa innova di fronte ai suoi predecessori, in quanto nel suo testo coltiva l’eleganza, la lievità e la poesia. Come verrà declinata, dopo questa Enciclica, la parola “Liberazione”? La teologia della liberazione nacque ascoltando il grido degli oppressi, o nella versione argentina, del popolo messo a tacere e della cultura popolare oppressa. Il “marchio registrato” di questo tipo di teologia è l’opzione per i poveri, contro la povertà e in favore della loro liberazione e della giustizia sociale. A partire dagli anni’80 del secolo passato, alcuni teologi percepirono che all’interno di quest’opzione si sarebbe dovuto collocare il Grande Povero che è la Terra crocefissa, devastata e oppressa. Fu in questo senso che io scrissi nel 1995 il libro “Dignitas Terrae”, ecologia: grido della Terra – grido dei poveri”. Questa espressione è stata coerentemente assunta dall’enciclica. Nacque cosi un’eco-teologia della liberazione. Non fu assunta da tutti, perché questa eco-teologia incorpora i dati delle nuove scienze, come la nuova cosmologia, la fisica quantistica, la nuova biologia. La teologia della liberazione classica dialogava con le scienze sociali, con l’antropologia e con la cultura. Tutti fummo formati dentro questo paradigma. Pochi si sono arrischiati a dialogare con le nuove scienze. Ciò rappresentava una vera rivoluzione intellettuale. Io stesso, feci un grande sforzo per incorporare il nuovo paradigma. Non si tratta di parlare su questo, ma da questo. E da lì tutto cambia e mi resi conto che era più facile fare teologia con questo paradigma che con quello classico. Insieme con il cosmologo nord-americano Mark Hathaway elaborammo tutta una visione nuova in un libro dal titolo “Tao da Libertação” che fu tradotto in italiano nel 2014 da Fazi Editore. Negli USA il libro, nel 2010, ha vinto la medaglia d’oro per la “nuova scienza e cosmologia”. Penso che sia il passo più avanzato della teologia della liberazione. Con questo documento pontificio si mette radicalmente in discussione il “pensiero unico” neoliberista. E’ davvero alternativo al neoliberismo. Le chiedo: l’enciclica potrà avere degli effetti politici? Sicuramente l’enciclica avrà effetti politici. Primariamente perché non è diretta ai cristiani, ma a tutti gli abitanti della Casa Comune. Essa fa severe critiche agli incontri dell’ONU sul riscaldamento globale perché non possiede una visione integrale ma atomizzata e focalizzata solo nell’ecologia ambientale che favorisce l’antropocentrismo, dove si vede appena la relazione dell’essere umano con l’ambiente e la natura, dimenticando che questo essere umano è parte della natura e tra entrambi esistono relazioni inclusive e reciproche. Non mi meraviglierei se nell’incontro in dicembre a Parigi – organizzato dall’ONU, quando si tratterà nuovamente dei cambiamenti climatici, queste questioni fondamentali siano sollevate e cambi il corso delle discussioni. La questione non è appena il riscaldamento globale. Ma il tipo di produzione, distribuzione e consumo che la nostra società ha elaborato negli ultimi secoli, il quale ha richiesto alti costi alla natura e hanno prodotto un’iniqua disuguaglianza sociale, altro nome, dell’ingiustizia sociale mondiale. I cambiamenti climatici sono la conseguenza di questo modo di abitare la Terra, devastandola in vista di un’accumulazione illimitata. Dobbiamo cambiare, altrimenti conosceremo catastrofi ecologico-sociali mai viste prima. Papa Francesco, con l’Enciclica, porta nettamente la Chiesa cattolica sulla frontiera profetica della lotta per la “liberazione dei poveri”. Riuscirà l’intera comunità ecclesiale a reggere il passo di Papa Francesco? Vi saranno conflitti all’interno dell’episcopato? Il problema del Papa non si concentra nella Chiesa, ma nell’umanità. La sua questione non è domandare: che futuro avrà il cristianesimo? Ma la sua preoccupazione risiede in questo: in quale misura il cristianesimo, le altre chiese e cammini spirituali, possono e devono contribuire a salvare la vita sulla Terra e garantire un futuro per la nostra civiltà? Lui ha percepito nubi nere che si annunciano all’orizzonte, anticipando grandi catastrofi, nel caso non facessimo nulla. Ma sempre da’ l’ultima parola alla speranza e alla creatività umana, capace di dare un salto quantistico e conferire un altro corso alla nostra forma di abitare la Casa Comune. Esistono molti cristiani e vescovi che ancora non si sono svegliati di fronte alla gravità dell’attuale situazione che richiede un “cambio di direzione” e, citando la Carta della Terra “cercare un nuovo inizio”. Forse con l’aggravarsi della situazione mondiale, tutti si sveglieranno, poiché – nel caso contrario – potremmo conoscere il cammino già percorso dai dinosauri. Ultima domanda: con Papa Francesco i martiri dell’America Latina tornano a parlare alla Chiesa Universale. Qual è il “seme” di futuro che questi martiri portano all’intera comunità ecclesiale? Il Papa Francesco ha accolto la riflessione che si è fatta in America Latina secondo cui il martire non è appena quello che sacrifica la vita per fedeltà alla fede cristiana. Questo è un martire della Chiesa. Ma esiste anche un altro tipo di martire che sacrifica la vita nella difesa della dignità delle persone e dei loro diritti contro la violenza dei regimi dittatoriali. Questi sono i martiri, come diciamo noi, del Regno di Dio. Il Regno di Dio, il messaggio centrale di Gesù, è fatto di giustizia, d’amore incondizionato, di consegna della propria vita per difendere i violentati, specie i poveri. Questo è un atto d’amore e costituisce il contenuto concreto del grande sogno di Gesù: un Regno di giustizia, di compassione, d’amore, di pace e di totale apertura a Dio. Tutti questi martiri possiedono una connotazione politica. Proprio i Papi hanno definito la politica come una forma mai alta di amore verso il prossimo e di servizio alla giustizia del Regno. In questo senso abbiamo molti martiri nella Chiesa dell’America Latina, poiché molti cristiani, laici e laiche, preti, religiosi e religiose e per lo meno due vescovi, Oscar Romero in San Salvador ed Enrique Angelelli in Argentina furono assassinati per difendere questi valori del Regno di Dio. E anche molti colleghi teologi e teologhe furono sequestrati, barbaramente torturati e assassinati per difendere i poveri e per essersi impegnati nell’osservanza, da parte dello Stato, dei diritti umani universali. Tutti questi sono martiri del Regno di Dio, del quale la Chiesa è segno e sacramento.
(Traduzione dal portoghese di Gianni Alioti) – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/L-Enciclica-Laudato-si-e-una-nuova-speranza-per-il-Pianeta-Intervista-esclusiva-di-rainews.it-a-Leonardo-Boff-42122a64-ae5c-41ba-acd0-b6074abe5610.html

il commento di R. La Valle all’enciclica ‘laudato sì’

 La Valle

“que­sta enci­clica rap­pre­senta un salto di qua­lità nella rifles­sione sull’ambiente, si potrebbe dire che apre una seconda fase nella ela­bo­ra­zione del discorso eco­lo­gico, così come accadde nel costi­tu­zio­na­li­smo quando dalla prima gene­ra­zione dei diritti, quelli rela­tivi alle libertà civili e poli­ti­che, si passò alla con­si­de­ra­zione dei diritti di seconda e terza gene­ra­zione, sociali, eco­no­mici, ambien­tali, e cam­biò il con­cetto stesso di democrazia”

A TUTTI

Francesco d'Assisi

 C’è un debito estero dei Paesi poveri che non viene con­do­nato, e anzi si è tra­sfor­mato in uno stru­mento di con­trollo mediante cui i Paesi ric­chi con­ti­nuano a depre­dare e a tenere sotto scacco i Paesi impo­ve­riti, dice il papa (e la Gre­cia è lì a testi­mo­niare per lui). Ma il “debito eco­lo­gico” che il Nord ricco e dis­si­pa­tore ha con­tratto nel tempo e soprat­tutto negli ultimi due secoli nei con­fronti del Sud che è stato spo­gliato, nei con­fronti dei poveri cui è negata per­fino l’acqua per bere e nei con­fronti dell’intero pia­neta avviato sem­pre più rapi­da­mente al disa­stro eco­lo­gico, all’inabissamento delle città costiere, alla deva­sta­zione delle bio­di­ver­sità, non viene pagato, dice il papa ( e non c’è Troika o Euro­zona o Banca Mon­diale che muova un dito per esigerlo). La denun­cia del papa («il mio appello», dice Fran­ce­sco) non è gene­rica e rituale, come quella di una certa eco­lo­gia “super­fi­ciale ed appa­rente” che si limita a dram­ma­tiz­zare alcuni segni visi­bili di inqui­na­mento e di degrado e magari si lan­cia nei nuovi affari dell’economia “verde”, ma è estre­ma­mente cir­co­stan­ziata e pre­cisa: essa arriva a lamen­tare che la deser­ti­fi­ca­zione delle terre del Sud cau­sata dal vec­chio colo­nia­li­smo e dalle nuove mul­ti­na­zio­nali, pro­vo­cando migra­zioni di ani­mali e vege­tali neces­sari al nutri­mento, costringe all’esodo anche le popo­la­zioni ivi resi­denti; e que­sti migranti, in quanto vit­time non di per­se­cu­zioni e guerre ma di una mise­ria aggra­vata dal degrado ambien­tale, non sono rico­no­sciuti e accolti come rifu­giati, ma sbat­tuti sugli sco­gli di Ven­ti­mi­glia o al di là di muri che il mondo anche da poco appro­dato al pri­vi­le­gio si affretta ad alzare, come sta facendo l’Ungheria. L’«appello» del papa giunge poi fino ad accu­sare che lo sfrut­ta­mento delle risorse dei Paesi colo­niz­zati o abu­sati è stato tale che dalle loro miniere d’oro e di rame sono state pre­le­vate le ric­chezze e in cam­bio si è lasciato loro l’inquinamento da mer­cu­rio e da dios­sido di zolfo ser­viti per l’estrazione. Que­sta enci­clica rap­pre­senta un salto di qua­lità nella rifles­sione sull’ambiente, si potrebbe dire che apre una seconda fase nella ela­bo­ra­zione del discorso eco­lo­gico, così come accadde nel costi­tu­zio­na­li­smo quando dalla prima gene­ra­zione dei diritti, quelli rela­tivi alle libertà civili e poli­ti­che, si passò alla con­si­de­ra­zione dei diritti di seconda e terza gene­ra­zione, sociali, eco­no­mici, ambien­tali, e cam­biò il con­cetto stesso di democrazia. Ora il discorso della giu­sti­zia sociale e della con­di­zione dei poveri, a cui nei Paesi del Sud «l’accesso alla pro­prietà dei beni e delle risorse per sod­di­sfare le pro­prie neces­sità vitali è vie­tato da un sistema di rap­porti com­mer­ciali e di pro­prietà strut­tu­ral­mente per­versi», viene intro­dotto orga­ni­ca­mente da papa Fran­ce­sco nella que­stione eco­lo­gica, sic­ché essa non riguarda più sem­pli­ce­mente l’ambiente fisico, il suolo, l’aria, l’acqua, le fore­ste, le altre spe­cie viventi, ma assume la vita e il destino di tutti gli esseri umani sulla terra, diventa un’«ecologia inte­grale», a cui è dedi­cato l’intero capi­tolo quarto dell’enciclica: «Non ci sono due crisi sepa­rate, una ambien­tale e un’altra sociale, bensì una sola e com­plessa crisi socio-ambientale», dice il papa; e la prima cosa da sapere, come dicono i vescovi boli­viani ma anche molte altre Chiese, è che i primi a essere col­piti da «quello che sta suc­ce­dendo alla nostra casa comune» sono i poveri. E il salto di qua­lità è anche nel rigore dell’analisi, nella cura con cui ven­gono ricer­cate tutte le con­nes­sioni tra i diversi feno­meni ed eco­si­stemi, e anche nell’onestà con cui si dice che non tutto pos­siamo sapere, che la scienza deve fare ancora un grande cam­mino, e che non si può pre­su­mere di pre­ve­dere gli svi­luppi futuri, sic­ché il prin­ci­pio di pre­cau­zione diventa un obbligo di sag­gezza e di rispetto per l’umanità di domani, con­tro l’ideologia della ricerca imme­diata del pro­fitto e dell’egoismo realizzato. Si può capire allora come con que­sta enci­clica che comin­cia con un can­tico di san Fran­ce­sco e fini­sce con una pre­ghiera in forma di poe­sia, l’idillio del mondo ricco con papa Fran­ce­sco sia finito. «Tocca i cuori di quanti cer­cano solo van­taggi a spese dei poveri e della terra», dice il papa nella sua pre­ghiera. «Non occu­parti di poli­tica, per­ché l’ambiente è poli­tica», gli dicono i ric­chi. E men­tre da un lato quello che negli Stati Uniti non si fa chia­mare Bush per ripren­dersi in fami­glia il governo dell’America dice che non si farà det­tare la sua agenda dal papa, dall’altro quello che da noi pub­blica sulle sue felpe mes­saggi di raz­zi­smo e di guerra dice che non c’è pro­prio di che essere per­do­nati per le porte chiuse in fac­cia ai pro­fu­ghi e tutti i «clan­de­stini» vor­rebbe met­terli a Santa Marta. «Que­sto papa piace troppo» diceva la destra più zelante, allar­mata al vedere masse intere di per­sone in tutto il mondo affa­sci­nate da un pen­siero diverso dal pen­siero unico. Però si faceva finta di niente, spe­rando che la gente non capisse. Il papa diceva che l’attuale sistema non ha volto e fini vera­mente umani, e sta­vano zitti. Diceva che que­sta eco­no­mia uccide, e sta­vano zitti. Diceva che l’attuale società, in cui il denaro governa (Marx diceva «il capi­tale») è fon­data sull’esclusione e lo scarto di milioni di per­sone, e sta­vano zitti. Diceva ai poli­tici che erano cor­rotti, e sta­vano zitti. Diceva ai disoc­cu­pati di lot­tare per il lavoro e ai poveri di lot­tare con­tro l’ingiustizia, e face­vano il Jobs Act. Ma con que­sta enci­clica il gioco di far finta di non capire non sarà più pos­si­bile. Biso­gnerà stare o dalla parte di Fran­ce­sco o con­tro di lui, per­ché non sta facendo una pre­dica, sta chie­dendo una scelta. E que­sto vale non solo per i poli­tici, per gli opi­nio­ni­sti, per i gior­nali, vale anche per i vescovi, per i car­di­nali. E vale anche per i sem­plici fedeli per­ché, scrive Fran­ce­sco «dob­biamo rico­no­scere che alcuni cri­stiani impe­gnati e dediti alla pre­ghiera, con il pre­te­sto del rea­li­smo e della prag­ma­ti­cità, spesso si fanno beffe delle pre­oc­cu­pa­zioni per l’ambiente». Quello che infatti da Fran­ce­sco è posto davanti al mondo è il pro­blema vero: «il grido della terra» è anche il «grido dei poveri», ma nel monito che si leva dai poveri per­ché la loro vita non vada per­duta, c’è un monito che riguarda tutti, per­ché senza un rime­dio, senza un cam­bia­mento, senza un’assunzione di respon­sa­bi­lità uni­ver­sale la vita di tutti sarà perduta. Ed è per que­sto che l’enciclica di papa Fran­ce­sco è rivolta a «ogni per­sona che abita que­sto pia­neta»: non ai cat­to­lici, e nem­meno agli «uomini di buona volontà», come faceva la «Pacem in ter­ris» di Gio­vanni XXIII, in cui si poteva sospet­tare ancora un resi­duo di esclu­sione, nei con­fronti di qual­cuno che even­tual­mente fosse di volontà non buona. Qui papa Fran­ce­sco abbrac­cia vera­mente tutti (come ne sono figura essen­zia­lis­sima per il cri­stiano le brac­cia di Cri­sto aperte sulla croce) e si pone non come capo di una Chiesa, e nem­meno come pro­feta dei cre­denti, ma come padre della intera uma­nità. Per­ché il mes­sag­gio è il seguente: non que­sta o quella Potenza o Isti­tu­zione, non que­sto o quello Stato, non quel par­tito o movi­mento, ma solo l’unità umana, solo la intera fami­glia umana giu­ri­di­ca­mente costi­tuita e agente come sog­getto poli­tico può pren­dere in mano la terra e assi­cu­rarne la vita per l’attuale e le pros­sime generazioni.

Raniero La Valle   Il manifesto, 19 giugno 2015

il commento di Boff (e altri) all’enciclica ‘laudato sì’

Francesco d'Assisi

  • Lettera enciclica Laudato si’
    • dalla madre Terra all’ecologia integrale i tributi di Francesco alla teologia della liberazione

    • di Leonardo Boff
    • Boff L.
    • Prima di qualsiasi altro commento è il caso di sottolineare alcune singolarità dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco. È la prima volta che un papa affronta il tema dell’ecologia nel senso di un’ecologia integrale (quindi al di là del tema ambientale) in una forma così completa. Grande sorpresa: egli elabora il tema alla luce del nuovo paradigma ecologico, cosa che nessun documento ufficiale delle Nazioni Unite ha mai fatto. È fondamentale che il suo discorso si appoggi sui dati più certi delle scienze della vita e della Terra. Legge i dati affettivamente (con intelligenza sensibile o cordiale), poiché discerne che dietro di essi si celano drammi umani e grande sofferenza, anche da parte di madre Terra. La situazione attuale è grave, ma papa Francesco trova sempre ragioni per la speranza e per la fiducia che l’essere umano trovi soluzioni viabili. Papa Francesco non scrive in qualità di Maestro e Dottore della fede, ma come Pastore zelante che si prende cura della casa comune e di tutti gli esseri, non solo umani, che in essa abitano. Merita evidenziare un elemento che rivela la forma mentis di papa Francesco: il suo essere tributario dell’esperienza pastorale e teologica delle Chiese latinoamericane, che, alla luce dei documenti dell’episcopato latinoamericano (Celam) di Medellín (1968), di Puebla (1979) e di Aparecida (2007), fecero un’opzione per i poveri, contro la povertà e a favore della liberazione. Il testo e il tono dell’enciclica sono tipici di papa Francesco e della cultura ecologica che egli ha maturato. Mi accorgo anche, però, di come tante espressioni e modi di dire rimandino a quanto si pensa e si scrive da tempo in America Latina. Quelli della «casa comune», della «madre Terra», del «grido della Terra e grido dei poveri», della «cura», dell’interdipendenza fra tutti gli esseri, dell’«essere umano come Terra» che sente, pensa, ama e venera, dell’«ecologia integrale», e altri, sono tutti temi ricorrenti tra noi. La struttura dell’enciclica ubbidisce al rituale metodologico in uso nelle nostre Chiese e nella riflessione teologica legata alla pratica della liberazione, ora adottata e consacrata dal papa: vedere, giudicare, agire e celebrare. Fin dalle prime righe si rivela la sua fonte d’ispirazione: san Francesco d’Assisi, che l’enciclica definisce «esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale » e che «manifestò un’attenzione particolare verso i più poveri e abbandonati». Quindi si incomincia con il vedere «quello che sta accadendo alla nostra casa». Il papa afferma: «Basta però guardare la realtà con sincerità per vedere che c’è un grande deterioramento della nostra casa comune ». In questa sezione egli incorpora i dati più consistenti sul cambiamento climatico, la questione dell’acqua, l’erosione della biodiversità, il deterioramento della qualità della vita umana e il degrado della vita sociale, e denuncia l’alto tasso di «inequità» planetaria, che colpisce tutti gli ambiti della vita e che vede come vittime principali i poveri. In questa stessa parte inserisce una frase che rinvia alla riflessione fatta in America Latina: «Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri». Più avanti, aggiunge: «I gemiti di sorella terra si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo». È assolutamente coerente con quanto viene detto subito all’inizio, che «noi stessi siamo terra», nella linea del grande cantore e poeta indigeno argentino Atahualpa Yupanqui: «L’essere umano è la Terra che cammina, che sente, che pensa e che ama». Condanna poi le proposte di internazionalizzazione dell’Amazzonia, «che servono solo agli interessi economici delle multinazionali ». E troviamo un’affermazione di grande vigore etico: è «gravissima inequità quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado ambientale». Riconosce con tristezza: «Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli». Di fronte all’offensiva umana in atto contro madre Terra, che molti scienziati hanno   denunciato come l’inaugurazione di una nuova era geologica — l’Antropocene – , lamenta l’inadeguatezza dei poteri di questo mondo che, illusi, pensano che «il pianeta potrebbe rimanere per molto tempo nelle condizioni attuali», ma è un alibi che ci serve «per alimentare tutti i vizi autodistruttivi» con un «comportamento che a volte sembra suicida». Prudente, il Papa riconosce la diversità di opinioni e che «non c’è un’unica via di soluzione». È comunque «certo che l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista, perché abbiamo smesso di pensare ai fini dell’agire umano» e ci perdiamo dietro la realizzazione di mezzi destinati a un accumulo illimitato a spese della giustizia ecologica (degrado degli ecosistemi) e della giustizia sociale (impoverimento delle popolazioni). L’umanità semplicemente «ha deluso l’attesa divina». La sfida urgente consiste allora nel «proteggere la nostra casa comune»; per farlo necessitiamo, citando Giovanni Paolo II, di una «conversione ecologica globale» e di una «cultura della cura che impregni tutta la società». Esaurita la dimensione del vedere, s’impone adesso la dimensione del giudicare. Il giudicare è realizzato su due fronti, uno scientifico e l’altro teologico. Partiamo dalla dimensione scientifica. L’enciclica dedica tutto il terzo capitolo all’analisi della «radice umana della crisi ecologica». Il Papa si propone qui di analizzare la tecnoscienza, senza preconcetti, accogliendo quanto essa apporta, «cose realmente preziose per migliorare la qualità della vita dell’essere umano». Non sta qui il problema. È che essa si è resa indipendente, ha sottomesso l’economia, la politica e la natura in vista dell’accumulo di beni materiali. Essa parte dal presupposto errato della «disponibilità infinita dei beni del pianeta », quando sappiamo di avere già intaccato i limiti fisici della Terra e che gran parte dei beni e servizi non sono rinnovabili. La tecnoscienza è divenuta tecnocrazia, una vera dittatura con la sua ferrea logica di dominio su tutto e tutti. La grande illusione oggi imperante è la credenza che con la tecnoscienza si possano risolvere tutti i problemi ecologici. È una via ingannevole, poiché «significa isolare cose che nella realtà sono connesse». Davvero «tutto è connesso», «tutto è in relazione»: affermazione, questa, che attraversa tutto il testo dell’enciclica come un leitmotiv: è infatti un concetto chiave del nuovo paradigma contemporaneo. Il grande limite della tecnocrazia sta nella «frammentazione del sapere» fino a «perdere il senso della totalità ». Il peggio è che in questo modo essa «non riconosce agli altri esseri un valore proprio, fino alla reazione di negare ogni peculiare valore all’essere umano». Il valore intrinseco di ogni essere, per minuscolo che sia, è costantemente esaltato dall’enciclica, così come fa la Carta della Terra.
    • traduzione dal portoghese di Pier Maria Mazzola. ll testo di Leonardo Boff riprende stralci del suo intervento in Curare madre terra. Commento all’enciclica Laudato si’ di papa Francesco (Editrice Missionaria Italiana, pp. 64 euro 3,90), in libreria dal 26 giugno.
  • di seguito altri commenti comparsi sulla stampa italiana: 

    • “«Il papa non si limita… alle esortazioni morali… ma documenta, fornisce indicazioni… un’ampiezza di visione che… a volte manca nell’ecologismo militante… corregge il rischio di un eccessivo antropocentrismo… e tutto questo nel segno della gioia… getta le fondamenta di un nuovo umanesimo, che faccia tesoro delle esperienze spirituali anche dei popoli più lontani e… permetta un dialogo sereno e paritario tra i saperi tradizionali e la moderna ricerca scientifica”
      La giornata era iniziata con Leonardo Boff, ex padre francescano cultore della madre terra, che dal suo buen retiro brasiliano faceva sapere al mondo quanto longa fosse stata la sua manus nella stesura del documento papale sulla cura della casa comune…
    • “La visione di papa Francesco viene da una lunga e appassionata frequentazione dell’argomento… i problemi comunemente rubricati sotto il segno dell’ecologia sono sintomi, prima ancora che cause, di un dissesto etico-antropologico del pensiero e dell’azione creativa dell’uomo… La terra «ci precede», dice Francesco. E noi «non siamo Dio»… pressante invito dell’enciclica a un bagno di umiltà, per l’Occidente”
      “l’uomo e del suo ruolo nel mondo e nella storia. Da una parte… il superuomo inebriato dalle conquiste… per sfruttare e dominare ciò che lo circonda. Dall’altra la persona che si rende conto di vivere in un ‘ambiente’ fatto di interdipendenze e reti di relazioni… un sistema economico di pochi sfruttatori e tanti sfruttati… [oppure] inclusivo e solidale e… orientato al bene comune.”
      “Laudato si’ è un profondo inno alla vita… È un appello realista per l’urgente salvaguardia della «nostra casa comune»… dichiara la necessità di un’alleanza tra scienze e religioni per la cura dell’ambiente… e rigetta il malthusianesimo… È una critica al modello di gestione del mondo imposto dalla globalizzazione neo-mercatista… che non rispetta l’uomo… è un programma educativo rivolto a ogni persona”
      “La ‘sua’ ecologia integrale non solo ricomprende salvaguardia del creato ed ecologia umana, ma va oltre, mettendo in luce le diverse interazioni tra scienze esatte, politica, economia, cultura, organizzazione sociale… L’esempio più lampante è dato dal rapporto tra i cambiamenti climatici e l’aumento della povertà. Un rapporto che in molti casi è di causa effetto”
      “Enciclica innovativa innanzitutto per lo stile colloquiale: è lunga, ma chiunque può leggerla e comprenderla. Molto importanti i capitoli 1 (riconoscimento del contributo degli scienziati) e 5 (critica netta all’economia di mercato)… Francesco non è contro l’economia di mercato, ma contro il mercato quando… genera disuguaglianze… soggioga le democrazie e detta i fini dell’azione politica… «decrescita» intesa come «redistribuzione»”
    • Cosa manca in Laudato Si’ di Peter Ciaccio in www.riforma.it del 19 giugno 2015
    “in questo testo, che mette finalmente il magistero cattolico in linea con quanto già dibattuto a livello ecumenico, manca la speranza. Manca la speranza che, nonostante il peccato degli uomini e delle donne, contro Dio, contro il prossimo e contro il Creato, il Padre amorevole non ci abbandonerà. ” (ndr.:mi sembra una lettura più “deformata” che “riformata”. Così si legge nel testo dell’enciclica ai n. 244-245: “Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza… Egli (Dio) non ci abbandona, non ci lascia soli, perché si è unito definitivamente con la nostra terra, e il suo amore ci conduce sempre a trovare nuove strade. A Lui sia la lode!”. Forse più che la speranza è mancata una lettura più attenta)
    Come facciamo abitualmente diamo spazio al punto di vista delle chiese evangeliche. All’interno di una valutazione sostanzialmente positiva viene rilevata l’insufficiente attenzione alle tante riflessioni svolte sul tema dal Consiglio Ecumenico delle Chiese in questi ultimi trentanni. “Già si vede, però, che questa enciclica potrà avere un forte peso sulla cultura del nostro tempo e, speriamo, sulle scelte economiche e industriali che gli Stati si trovano a dover fronteggiare di fronte alla crisi climatica e ambientale del pianeta.”
    La posta in gioco è il futuro di tutti, anche se lo sguardo di Francesco è rivolto in modo prioritario a coloro che più di altri pagano il prezzo della crisi ecologica: i poveri. È anche in loro nome, oltre che a loro favore, che intende parlare. “Un aspetto particolarmente rilevante dell’Enciclica è l’aver valorizzato la riflessione collegiale nella Chiesa: numerosi documenti di episcopati nazionali” ” Come il Santo di cui porta il nome, Papa Francesco ha saputo dar voce in queste pagine all’intera famiglia umana”
  • “La politica ormai si è arresa al potere dei mercati Questa è la vera degenerazione del presente” intervista a Stefano Zamagni a cura di Giacomo Galeazzi in La Stampa del 19 giugno 2015
“«I salvataggi di banche con fondi pubblici sono avvenuti in Germania, Inghilterra, Irlanda, Stati Uniti, dove quei soldi sono stati tolti alla spesa sociale… Quindi lì ad essere stati danneggiati sono stati gli indigenti… Ora che fanno di nuovo profitti… è vergognoso che… non restituiscano almeno una quarta parte dei soldi pubblici sborsati per salvarle»”
“Francesco mette bene in chiaro le contraddizioni di quanti combattono la manipolazione genetica delle sementi… ma al tempo stesso giustificano… la manipolazione sugli embrioni umani vivi, interessandosi molto delle balenottere e per nulla dei migranti che affogano… descrive i legami tra le crisi finanziarie, le migrazioni dei popoli, le guerre per il controllo delle fonti di energia e dell’acqua”
“«le nostre Chiese si sono rese conto che… “servire e preservare” la creazione di Dio è parte integrante della nostra vocazione… Preoccuparsi per l’ambiente significa preoccuparsi anche di problemi umani come la povertà, la sete e la fame. Questo legame è descritto nel dettaglio e in maniera completa nella parabola in cui il Signore dice: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere”»”
“la Chiesa mostra al mondo in maniera limpida che predicare il Vangelo di Cristo vuol dire anche avere a cuore il bene di tutti, e essere al servizio di tutti. Perché, come insegnava anche Sant’Agostino, a quelli che appartengono alla Città di Dio sta a cuore anche il bene proprio della Città dell’uomo”
image_pdfimage_print