l’incontro di papa Francesco con i frati cappuccini

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 il papa ha ricevuto i partecipanti all’85.mo Capitolo generale dei Frati Minori Cappuccini. Nel discorso a braccio li ha esortati a continuare ad essere uomini di riconciliazione e di preghiera

Debora Donnini, Benedetta Capelli – Città del Vaticano

“Siete i frati del popolo”, uomini di riconciliazione e di preghiera: conservate questa vicinanza e l’apostolato del perdono. E’ l’esortazione che il Papa ha rivolto, nel discorso a braccio, ai partecipanti al Capitolo generale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, ricevuti stamani in udienza in Vaticano. Il Capitolo Generale, riunito dal 27 agosto al 16 settembre a Roma, ha tra l’altro eletto il nuovo Ministro generale, cinquasettenne italiano fra Roberto Genuin da Falcade. Il discorso preparato è stato invece consegnato ai partecipanti. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Vicinanza al popolo

Caratteristica dei Cappuccini – ricorda il Papa –  è proprio la vicinanza alla gente; una vicinanza che è una sorta di abbraccio ai più indifesi.

La vicinanza alla gente. Essere vicini al popolo di Dio, vicini. Vicinanza a tutti, ma soprattutto ai più piccoli, ai più scartati, ai più disperati. E anche a quelli che si sono più allontanati.

Francesco cita in proposito la figura di fra Cristoforo nei Promessi Sposi di Manzoni, emblema di vicinanza: “una parola – afferma – che vorrei rimanesse in voi come un programma”. Poi ricorda il rispetto che si porta sempre all’abito francescano e quanto diceva l’allora cardinale di Buenos Aires, Antonio Quarracino. “A volte – sottolineava – qualche mangiaprete dice una parolaccia a un prete ma mai un abito francescano è stato insultato”.

“Sei figlio di Dio”

Il Pontefice ricorda, poi, di essersi commosso quando, nel recente viaggio apostolico in Irlanda, ha toccato con mano il lavoro dei Cappuccini. Sottolinea di essere rimasto colpito dalle parole del Superiore di quella Casa: “Noi, qui, non domandiamo da dove vieni, chi sei: sei figlio di Dio”.

Capire bene, a “fiuto”, le persone, senza condizioni. Tu entra, poi vediamo. E’ un vostro carisma, la vicinanza, conservatelo.

Uomini di riconciliazione

Essere “uomini di riconciliazione”, capaci di risolvere i conflitti, di fare la pace nelle coscienze, è un atteggiamento testimoniato anche da quel “qui non si domanda, qui si ascolta”, detto sempre dal quel cappuccino irlandese. Francesco ricorda infatti che a Buenos Aires nella chiesa dei Cappuccini andava tanta gente a confessarsi perché “ti ascoltano, ti sorridono, non ti domandano cose e ti perdonano”.

E questo non è “manica larga”, no, no: questa è saggezza di riconciliazione. Conservate l’apostolato delle confessioni, del perdono: questa è una delle cose più belle che voi avete, riconciliare la gente. Sia nel sacramento, sia nelle famiglie: riconciliare, riconciliare. E ci vuole pazienza per questo, perché non parole, poche parole, ma vicinanza e pazienza.

Semplicità nella preghiera

Infine il Papa chiede loro di conservare la semplicità della preghiera. La Chiesa – conclude – vuole che conserviate questo essere uomini di pace, di riconciliazione, con quella libertà e semplicità propria del “vostro carisma” e quindi di continuare così, “alla cappuccina”.




dove puoi davvero incontrare Cristo

incontrare Cristo

«Incontrerai Cristo, che siede in trono, in cielo.
Aspettalo quando egli è sotto i ponti, aspettalo quando ha fame e trema dal freddo, aspettalo come forestiero»

Sant’Agostino

 

Gesù incarnandosi scende nell’abisso, la Chiesa-istituzione tende a chiudersi nell’Iperuranio.

Noi, invece, vogliamo incontrare Cristo, siamo stanchi di ascoltare parole vuote, di maniera, patinate.

Allora usciamo e percorriamo strade a caso ma rigorosamente senza negozi, bancomat, dove non si svolgono passeggiate ostentate e non si scambiano sguardi di tipo economico.

Incontriamo Cristo che ci chiede una coperta per ripararsi dal freddo. Ha gli occhi bassi, persi nel vuoto, mentre ci racconta la sua disperazione di escluso, senza possibilità. Allontanato, identificato, colpevole di non essere annegato e di chiamare Dio con un altro nome.

Incontriamo Cristo all’alba, a nord della città, in fila per la distribuzione degli indumenti; lo incontriamo a pranzo, a sud della città, per la distribuzione del pasto; lo incontriamo, nel pomeriggio, ad est della città, per le pratiche dei documenti; lo incontriamo, la sera, ad ovest della città, nel dormitorio.

Incontriamo Cristo con due enormi buste di plastica piene di oggetti illegali. Nel Paese dell’impunità per mafiosi e corrotti, viene fermato alla quattordicesima ora di itineranza commerciale. Reati contestati: pellegrinaggio non autorizzato e concorrenza sleale alle multinazionali.

Poi incontriamo un uomo. È disteso in terra, sanguina. Qualcuno, coperto dalla bandiera della nostra civiltà, gli ha sparato. Un ragazzo, tra le persone sopraggiunte, chiede: “Conoscete il suo nome?”. Noi, con gli occhi bassi, raccontando la sua disperazione di escluso, senza possibilità, rispondiamo: “Si chiama Cristo”.

Sfiniti, entriamo in Chiesa per riprendere fiato, per trovare un po’ di pace e un po’ di senso. Vogliamo ascoltare la Parola di Dio, quella cioè rivolta agli orfani e alle vedove ed unirci a Colui che ha dato la vita perché agli ultimi fosse restituita.