il teologo J.Sobrino e il ‘ritorno a Gesù di Nazareth’

Sobrino

J. Sobrino, da par suo, ci richiama all’estrema opportunità di un movimento biblico-teologico volto a recuperare il più possibile la vera persona, pensiero e atteggiamenti di Gesù di Nazareth: quello di ignorare di fatto la figura reale di Gesù è un pericolo e una tentazione che produce solo ‘spiritualismo’ e ‘devozionismo’: “C’è molto spiritualismo senza Gesù e molta devozione a Cristo senza il Gesù reale”:

 

Il ritorno a Gesù di Nazareth

di Jon Sobrino

La tentazione di ignorare Gesù di Nazareth è stata e continua a essere grande. C’è molto spiritualismo senza Gesù e molta devozione a Cristo senza il Gesù reale, quello del Vangelo di Marco e quello della lettera agli Ebrei, il Gesù storico, quello dei poveri, quello che ha illuminato molte menti, che ha spinto a lottare per la giustizia, a volte fino al sacrificio della propria vita.

In El Salvador c’è stato un ritorno a Gesù che è coinciso con l’epoca di monsignor Romero e dei martiri. Non suona bene dire che bisogna “tornare indietro”, ma se non lo facciamo difficilmente ci sarà quella riforma della Chiesa a cui lavora Francesco. E per quanto non sia necessario dirlo, a questo Gesù bisogna tornare, senza trascurare tutto il buono che abbiamo appreso dopo Monsignore.  Solo “tornare indietro” sarebbe insensato. Ma “non tornare” significherebbe distanziarci ancora di più da Gesù di Nazareth. Vediamo due denunce classiche di questo allontanamento.

Nella “Leggenda del grande inquisitore” de I Fratelli Karamazov di Dostoevskij, al Cristo che non dice una parola (il riferimento è a un Gesù reale con un messaggio reale) l’inquisitore rinfaccia l’errore di aver voluto portare la libertà, quando ciò che gli esseri umani realmente desiderano è la sicurezza. Quella che offre loro la Chiesa. In un primo momento gli annuncia che finirà sul rogo, ma alla fine lo lascia andar via: «Tante grazie per essere venuto 1.500 anni fa, ma ora di te non abbiamo più bisogno». E conclude con queste parole diventate celebri, che illustrano in maniera terribile il nostro tema. «In realtà ci sei di intralcio. Vattene e non tornare più». Gesù di Nazareth è espulso dalla Chiesa perché è di intralcio. Con lui non possiamo vivere in pace. Possiamo, sì, vivere in pace con un Cristo che si conforma ai nostri gusti e ai nostri interessi.

In parole non molto magniloquenti, ma non per questo meno serie, il Garaudy dell’epoca marxista chiedeva ai cristiani: «Uomini di Chiesa, restituiteci Gesù». La denuncia riguarda il fatto che i cristiani lo hanno trasformato in un proprio monopolio, per di più imprigionandolo. Senza Gesù potremo continuare a parlare di Cristo, ma senza introdurre nel mondo il potenziale umanizzatore di Gesù di Nazareth.

Senza Gesù di Nazareth non sappiamo chi è Cristo. Al Cristo non si può andare incontro senza camminare insieme a Gesù di Nazareth, riproducendo ciò che ha fatto lui: annunciare una buona notizia, denunciare l’oppressione, trasmettere l’esigenza di conversione, prendersi carico della croce. Tutto ciò riponendo la propria fiducia in un Dio che è Padre e offrendo la disponibilità a un Padre che è Dio.

Gesù di Nazareth è un eu-aggelion, una buona notizia. Quello che di Gesù doveva colpire la gente che si rivolgeva a lui da ogni dove erano le sue attività liberatrici, le guarigioni, le espulsioni di demoni; la sua accoglienza nei confronti dei peccatori e degli emarginati, delle donne e dei bambini; la sua prassi di denuncia e di smascheramento; le sue benedizioni ai poveri e le sue maledizioni ai potenti; la celebrazione della vita nella mensa condivisa con amici e gente di malaffare. In sintesi, quello che colpiva era il suo messaggio di speranza: «Il Regno di Dio si avvicina». Ma doveva colpire anche il suo specifico modo d’essere.

Gesù parlava con autorità, non come i politici che parlano a vuoto, né come i fanatici, né come funzionari al soldo. Attraeva i bisognosi con la sua compassione ed è per questo che essi, nelle loro tribolazioni, si rivolgevano a lui con un’argomentazione decisiva: «Signore, abbi compassione di me». I bambini non avevano paura di lui, e le donne trovavano in lui rispetto, comprensione, difesa, accoglienza, trattamento degno e affettuoso. In Gesù i poveri incontravano qualcuno che li amava e li difendeva, senza altra ragione che quella della loro necessità e delle loro sofferenze, dell’oppressione e del disprezzo che subivano. Alla fine della sua vita trovò in questa gente la sua migliore protezione, e per questo dovettero arrestarlo a tradimento, di notte e di nascosto.

E di Gesù colpivano l’integrità e la fedeltà. Insomma, la sua immensa coerenza. Compiva egli stesso, in maniera eccellente, quello che chiedeva agli altri: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso».

E ancor più doveva colpire e forse meravigliare il fatto di vedere unite in una persona realtà che difficilmente vanno insieme. Gesù fu un uomo di misericordia – «provo compassione per questa gente» – e di denuncia profetica dura: «Guai a voi, ricchi!». Uomo di grande forza – «chi mi vuole seguire prenda la sua croce» – e di delicatezza: «La tua fede ti ha salvato». Uomo che esige l’amore: «Non c’è comandamento più grande», e che si inginocchia per lavare i piedi agli altri. Uomo che ha fiducia, che riposa in un Dio che è Padre, “abba”, e che è solo dinanzi a un Padre che continua a essere Dio e che non lo lascia riposare: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

Gesù di Nazareth ha colpito Ignacio Ellacuría come una buona notizia. Alcuni teologi della Liberazione, e tra i più prestigiosi, che usino o meno il termine, hanno visto Gesù, e lo hanno confessato, come eu-aggelion. E lasciamo al lettore decidere se in questo Gesù di Nazareth hanno sperimentato una buona notizia e più Vangelo che in dogmi e documenti ecclesiastici.

Questo è ciò che ha scritto Leonardo Boff. «Nel contatto con Gesù, ognuno incontra se stesso e ciò che vi è di meglio dentro di sé: chiunque è condotto a ciò che vi è di più essenziale. Per me la cosa più importante che si è detta di Gesù nel Nuovo Testamento non è tanto che egli è Dio, Figlio di Dio, Messia, ma che è passato per il mondo facendo il bene, curando gli uni e consolando gli altri. Come mi piacerebbe che si dicesse questo di tutti e anche di me».

Su Ignacio Ellacuría ha scritto uno dei suoi studenti: «In un corso di teologia, p. Ellacuría stava analizzando la vita di Gesù quando all’improvviso la razionalità se ne andò e straripò il cuore. E disse: “Il fatto è che Gesù ha dato prova di giustizia per andare fino in fondo e allo stesso tempo ha avuto occhi e viscere di misericordia per comprendere gli esseri umani”. Ellacu rimase zitto e concluse con queste parole: “È stato un grande uomo”».

Quanti vogliano riformare la Chiesa dovranno fare molte cose. Ma la più importante, a mio giudizio, è “tornare a Gesù di Nazareth”.