il card. Ravasi sul digiuno indetto dal papa

 

giglio rosso

le riflessioni del card. Ravasi a proposito del digiuno indetto da papa Francesco sabato prossimo per scongiurare la guerra in Siria:

«Guardi, c’è un’immagine suggestiva anche nella Grecia classica. Socrate frequentava l’agorà di Atene, passeggiava per il mercato, ascoltava le chiacchiere in piazza e osservava le merci, i beni materiali. Ai discepoli che gli chiedevano perché lo facesse rispose: “Perché così scopro tutte le cose di cui non ho bisogno”».
Il cardinale Gianfranco Ravasi sorride, «non che c’entri direttamente col digiuno, però…», però il senso alla fine è lo stesso, almeno a un primo livello. Non è strano che papa Francesco abbia indetto per sabato una giornata «di digiuno e preghiera» per la pace, invitando ad «unirsi, nel modo che riterranno più opportuno» anche i cristiani non cattolici, i fedeli di altre religioni e pure «quei fratelli e sorelle» che non credono. «Il digiuno, anzitutto, è uno dei grandi archetipi universali. Non si tratta solo di astenersi dal cibo, non è una dieta. Il digiunare esprime un elemento simbolico attraverso la componente fondamentale con la quale comunichiamo, il corpo. Il nostro corpo è il grande segnale attraverso il quale mandiamo messaggi, esprimiamo sentimenti, mostriamo anche capacità di trascendenza e mistero…».
Lo stesso Gesù, nel Discorso della montagna, parla con sarcasmo degli «ipocriti» che assumono «un’aria malinconica» e «si sfigurano la faccia» per mostrare che digiunano. «Il digiuno significa entrare nell’essenzialità, spogliandoci di tutte le sovrastrutture. Per questo nella tradizione è spesso accompagnato dal silenzio, da pratiche simboliche esteriori come ritirarsi nel deserto che a sua volta è una metafora del digiuno: le necessità ridotte all’essenziale, alla sopravvivenza». In questo senso ha un valore «squisitamente antropologico e come tale universale».
Un primo segno di distacco dalle cose concrete, quindi anche dalla violenza del mondo. «Far cadere le spoglie inutili», soprattutto oggi: «L’ingordigia consumistica che sa di morte, come ne “La grande abbuffata” di Marco Ferreri», considera il «ministro» della Cultura vaticano. Ma questo è solo l’inizio. Il digiuno «apre a dimensioni di tipo religioso o più generalmente spirituale». La prima, «che troviamo anche nel Ramadan islamico», collega il digiuno a una dimensione sociale, alla generosità e alla carità: «Nel libro di Isaia, al capitolo 58, il profeta elenca ciò che il Signore vuole, il digiuno a lui gradito: “Sciogliere le catene inique, togliere i legami dal giogo, rimandare liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, i senza tetto, vestire uno che vedi nudo, non distogliere gli occhi da quelli della tua carne”». Un elemento «che diventerà fondamentale nel cristianesimo, anche se poi la pratica si perderà un po’, fino ad essere considerata autoafflittiva ».
La seconda dimensione «diverrà fondamentale nell’ascetica cristiana ma già la vediamo nell’immagine di Gesù nel deserto: il digiuno della mente, l’astensione da ogni forma di superficialità, dai rumori, dalle distrazioni. Una catarsi interiore, spirituale, culturale». Di qui si arriva al terzo elemento del digiuno: «È la trascendenza. Dopo aver operato la carità e cancellato le cose inutili e la chiacchiera, sei solo con la tua coscienza. Attraverso l’essenzialità del digiuno si cerca tutto ciò che è divino, mistero, trascendenza. È ciò che dice Gesù: “Non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete…”. Il digiuno dell’anima crea il vuoto: per fare entrare il divino». E per i non credenti? «Si fa spazio alle grandi domande: come essere uomini di pace, di giustizia».
Ma il digiuno è rivolto agli uomini o a Dio? «Certo il punto di partenza è antropologico, ha a che fare con la libertà e la coscienza dell’uomo. Ma l’ultima dimensione che dicevo è quella in cui uno incontra Dio e la Sua volontà. Fai il vuoto per lasciare entrare Dio. Qui il digiuno si connette alla preghiera. Nella tradizione biblica c’è un altro elemento importante, che vediamo nel Kippur ebraico ma non solo: l’espiazione del peccato. Il digiuno come modo di implorare la liberazione dal male. Ed è qui che deve intervenire Dio: tu prepari il terreno all’irruzione del divino. Nel non credente, alla tensione verso l’oltre».
C’è chi dice: non fermerà la guerra, non è utile. Il grande biblista scuote il capo: «Il digiuno corale di milioni di persone ha un significato anche politico, nel senso alto del termine. Magari i politici decideranno altrimenti, ma non potranno ignorare il desiderio corale di pace che si esprime nel mondo. Per un cristiano, in particolare, si tratta anche di vivere la storia in maniera più autentica, di incidere nella tua coscienza e nell’azione del mondo». In che senso, eminenza? «Nel Vangelo Gesù dice quello è un momento di gioia, ma “verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno”. Il lungo peregrinare nella storia esige questa sobrietà, questa vigilanza. Essere attenti ai segni dei tempi, specie in momenti come questi, nei quali sembra che Dio sia assente e che gli uomini impazziscano. Non una dieta, ma come un colpo di staffile. È il tempo della storia. Il momento della prova».




a proposito del digiuno contro la guerra

Don-Farinella

ha molte ragioni don Paolo Farinella nell’esprimere le sue riserve ad una adesione entusiasta e convinta ad una iniziativa, il digiuno organizzato dal papa per sabato prossimo contro la guerra, iniziativa in sé molto opportuna e significativa ma di fatto inquinata dalla presenza di personaggi non proprio amanti della pace …

DIGIUNO PER LA PACE!
di Paolo Farinella, prete

 

 

NEL RISPETTO ASSOLUTO PER PAPA FRANCESCO,

 DICO NO!

 

  Volevo anche io aderire all’invito di Francesco papa per un giorno di digiuno per la Pace in Siria, sabato 7 settembre 2013, mentre i G20 a San Pietroburgo, mangiano caviale e salmone e decidono la guerra o meglio la vendita di armi, sempre redditizia. Poi leggo che vi aderiscono: Mario Mauro, ministro italiano della guerra, sempre in quota CL, già Pdl ora montiano e favorevole alla grazia per Berlusconi; Formigoni Roberto, CL celestiale, non nuovo ai rapporti con i Dittatori e indagato anche lui e strenuo difensore di Berlusconi.

 Potrei continuare nella litania dei colpevoli che non dovrebbero nemmeno farsi vedere, se avessero un minimo di coscienza e di dignità. Invece …

A questo punto più che un digiuno per la pace mi pare un coffe break dalle larghe intese con delinquenti e guerrafondai e immorali in passerella da primo piano. No, il casino non fa per me! A tutti un abbraccio affettuoso.

 

L’intenzione di papa Francesco è evangelica perché certi demoni si scacciano solo con la penitenza, il digiuno e la preghiera. La guerra è sempre un demone che nasce dalla pazzia e sfocia nella pazzia senza ritorno. Avrei preferito che avesse posto qualche condizione, del tipo: chi partecipa al digiuno non può fare scelte di guerra; i politici che vi partecipano devo impegnarsi a non vendere armi per fare cassa o semplicemente per mercato d’interesse; chi fa digiuno deve fare pubblicamente dichiarazione di rispetto della legalità sempre, senza eccezioni; chi digiuna deve sempre dire e servire la verità, ecc. ecc.
Capisco che il papa non può controllare tutto e quindi il valore del digiuno è simbolico, cioè un richiamo a tutti a «pensare» sulle scelte e forse anche un invito a fare pressione presso i propri governi.
Nel momento in cui il papa o un altro invita a digiuno «pubblico», questo e la preghiera che lo circonda non sono più «privati», gesti di una coscienza individuale, ma sono atti pubblici che si svolgono in pubblico, con la partecipazione di pubblico. A Genova il cardinale Bagnasco ha convocato la diocesi in cattedrale per le ore 19,00 e fino alle ore 23,00. Se fosse un atto privato, bastava che ognuno entrasse nella propria stanza, dove nessuno lo vede, tranne il Padre, e lì pregasse per conto proprio, anche idealmente unito a milioni forse miliardi di persone.
Quello che si celebra sabato è un «atto pubblico» a tutti gli effetti che ha incidenze pubbliche e anche personali. Io penso che sia un atto spirituale di pressione politica, senza nulla togliere al valore e all’importanza del gesto in sé. Dico che è legittimo.
La preghiera non è mai privata, perché sarebbe intimismo, ma la preghiera è sempre un atto «ecclesiale», cioè comunitario, anche quando si fa da soli. Pregare non è dire formule, ma illimpidirsi lo sguardo per essere capaci di vedere la realtà con gli occhi di Dio, aiutarsi a rispondere alla domanda: se Gesù fosse al mio posto, che cosa farebbe? Se pregare è dire un rosario, cioè meditare alcuni misteri e appagarsi, allora è vuota. Pregare è amare e lasciarsi amare e in questo contesto perdere tempo per chi si ama. A volte ho la sensazione che preghiamo come ultima spiaggia perché «non c’è altro da fare», squalificando così la preghiera come fallimento e impotenza. Pregare è impegnarsi a «cambiare testa/pensiero/modo di vedere e di scegliere».
In questo senso sono d’accordo con chi dice che la presenza strumentale di certi figuri, denigra loro stessi, anche se questi hanno la faccia di bronzo e non si denigrano affatto, ma ne sfruttano l’occasione proprio perché senza coscienza. Nello stesso tempo, voglio dirlo chiaro: chi è fuori posto sono loro che sono la negazione del digiuno in sé e specialmente del digiuno che abbia come obiettivo la Pace.
Proprio in questi giorni è «scaduto» come ordinario militare, il generale di corpo di armata, mons. Pelvi, capo dei cappellani militari che parteciperanno in massa al digiuno e alle celebrazioni con papa. Sono quelli che chiamano la guerra «missione di pace» e parlano di «carità profetica» degli eserciti, dei soldati che fanno della vita e che il servizio militare non è compreso «da coloro che esaltano la pace ad oltranza». Costoro insieme a molti partecipanti al digiuno hanno sempre fatto scelte «politiche» di guerre. Sempre. Volevo solo dire che come la Costituzione m’impone e il Vangelo mi obbliga «ripudio la guerra», ma ripudio anche loro, in quanto rappresentanti di una politica e di una religione che non mi appartengono.
Certo, pregare è un valore, un altissimo valore, ma come nei primi secoli, si allontanavano i catecumeni dalla Eucaristia perché non ancora battezzati, sarebbe stato bello e sarebbe bello se, come ha fatto a Lampedusa (dove non ha voluto Al Fano che scalpitava per essere accanto al papa e servirsene come propaganda), il papa avesse detto: Indico una giornata di digiuno riservata ai cattolici, ai cristiani, ai laici. Non sono invitati i politici, che in quanto tali, hanno le mani in pasta e nemmeno i cappellani militari, i vescovi militari in corso, in congedo o defunti perché chiunque indossa una mimetica non può pregare per la Pace, né digiunare contro la Guerra.
Tutto qui. Non una virgola di meno né di più. E’ così fuori dalla logica?