La pedofilia “non è una malattia, ma un crimine”. Lo chiarisce don Fortunato Di Noto, fondatore e presidente di Meter, in una riflessione inviata al Sir. “È importante – sottolinea – non confondere la pedofilia (come malattia psichiatrica) e la capacità di intendere e volere: nel 99,9% dei casi, infatti, le condotte pedofile sono condotte lucide e quindi perseguibili penalmente”

Si tratta, perciò, di “una semplice devianza sessuale, senza influenza alcuna sulle capacità intellettive e volitive della persona, che non implica una deresponsabilizzazione penale”, nonché costituisce “una nuova forma di schiavitù che ha legami con il traffico di esseri umani, la sottrazione, la schiavitù e l’orrore dello sfruttamento sessuale del minore”. Il sacerdote rimarca il dilagare “senza sosta” di questa “realtà attuale e tragica”, “favorita dall’indifferenza di molti e da quella cultura economica che quantifica in denaro tutto ciò che è mercificabile”, “amplificata globalmente dalla pedopornografia online e sostenuta dai vari e molteplici movimenti pro-pedofili, che giustificano tale devianza sessuale ritenendola come un orientamento sessuale che la società deve accettare socialmente, politicamente, culturalmente e religiosamente”. “La rete dei trafficanti e dei pedofili – prosegue – si è ben inserita all’interno delle nostre stesse libertà”.

Don Di Noto ricorda quindi come vi sia “un binomio inscindibile” tra “pedofilia e responsabilità”, che esclude la giustificazione della malattia. “Infatti se diciamo che un pedofilo è un malato come può essere malato uno con la febbre a 38, lo rendiamo non imputabile. E se non è imputabile davanti ai tribunali – s’interroga – come possiamo fare prevenzione e poi come possiamo portare un prete pedofilo o un pedofilo davanti ad un giudice?”.