papa Francesco chiama ‘famiglia’ una coppia gay

papa Francesco a coppia gay con i tre figli adottivi

«Benedizione apostolica alla vostra famiglia»

di Eletta Cucuzza
in “Adista.it” del 9 agosto 2017

 

“Io non ho paura” potrebbe essere il motto di papa Francesco per molte sue affermazioni che vanno ben al di là di catechismi, diritti canonici, tradizione, consuetudini e riflessioni teologiche. Non ha paura delle reazioni che di volta in volta esse suscitano. Rientra fra i suoi “passi più lunghi della gamba” ecclesial-moderata (e ecclesial-reazionaria) aver chiamato «famiglia» una coppia gay, e con tanto di benedizione apostolica. Toni Reis e David Harrad, sposatisi a Curitiba (Brasile) nel 2011 dopo una convivenza di 27 anni, hanno adottato tre ragazzi: Allyson (16 anni) e i fratelli Jessica (14) e Filipe (11). Ad aprile di quest’anno li hanno fatti battezzare, e hanno voluto raccontare la loro storia e la loro felicità per la grazia e il battesimo dei loro tre ragazzi in una lettera a papa Francesco, accompagnandola con foto della cerimonia, copia dei certificati e un particolare ringraziamento al capo della Chiesa cattolica.

Toni e David mai si sarebbero aspettati una risposta. Che invece è giunta, il 10 luglio, firmata da mons. Paolo Borgia degli Affari Generali della Segreteria di Stato vaticana, e le cui parole non potranno non rendere felici persone lgbt di tutto il mondo, i cui matrimoni non sono ammessi dalla Chiesa cattolica, secondo la quale – e viene ripetuto ad ogni pie’ sospinto – i contraenti per originare una famiglia devono essere esclusivamente un maschio e una femmina.

Nella risposta a firma Paolo Borgia si legge: «papa Francesco», che «ha apprezzato la lettera», «porge a voi anche le sue congratulazioni, invocando per la vostra famiglia l’abbondanza delle grazie divine, affinché viviate costantemente e felicemente la condizione di cristiani, come buoni figli di Dio e della Chiesa, e inviandovi una augurale Benedizione Apostolica, con la richiesta di non dimenticarvi di pregare per lui». La lettera, la cui foto è visibile all’indirizzo http://g1.globo.com/pr/parana/noticia/casal-gay-agradece-papa-francisco-por-batismo-de-filhos-evaticano-responde.ghtml, è corredata da una foto di Francesco autografata.

il delegato del vescovo invoca le scuse della chiesa ai gay

“Addio Franco, paladino gay

la Chiesa si scusi con te”

di Fabrizio Assandri
in “La Stampa” del 29 gennaio 2017

«Per la freddezza, per le dimenticanze, le rigidità, per tante cose la Chiesa dovrebbe chiedervi scusa. Dovrebbe farlo qualcuno più importante di me. Io, invece, vi dico grazie. Perché voi, Franco e Gianni, con la vostra tenacia, col vostro esempio, ci avete permesso di pensare una Chiesa più bella, più grande, più accogliente. Una Chiesa che non lascia indietro nessuno»

Don Gianluca Carrega, durante l’omelia del funerale di Franco, 83 anni, gli tributa una sorta di risarcimento postumo. E non usa giri di parole. «Anche in Chiesa siete stati discriminati. C’è persino chi si è indignato perché avete scelto come viaggio di nozze un pellegrinaggio a Lourdes». Don Carrega non è un prete ribelle. È il delegato dell’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia per la pastorale degli omosessuali: la diocesi da anni porta avanti un percorso di accompagnamento. «È grave che la Chiesa spesso non faccia che posticipare queste questioni, un’altra cosa di cui chiedere scusa». Il “marito” di Franco, Gianni, 79 anni, indossa gilet, cravatta grigia, camicia bianca. Il vestito che entrambi avevano scelto per il giorno per loro più importante, lo scorso 6 agosto quando, dopo 52 anni assieme, un’attesa quasi eroica, hanno finalmente detto il loro “sì”. Franco è stato sepolto con lo stesso abito. «Ho voluto che i vestiti di quel giorno li indossassi anche tu», ha spiegato Gianni, parlando nella chiesa di Santa Rita. «Perché quel momento, dopo 52 anni di vita insieme, tra normali alti e bassi, è stato il coronamento del nostro amore, del nostro essere famiglia».

Sono stati tra i primi a unirsi civilmente, lo scorso 6 agosto, la loro è stata una corsa contro il tempo prima che la malattia avesse la meglio. E sono diventati un simbolo, fuori dagli stereotipi. La coppia, molto credente, andata a Lourdes in viaggio di nozze, ha scritto una lettera a Papa Francesco, con una domanda molto chiara: «Dopo esserci scambiati amore e sostegno, dopo aver condotto una vita a due, siamo una famiglia?». Franco, con un passato da seminarista, scriveva: «Non ce la facciamo più a sentirci fuori dalla Chiesa, io faccio la comunione da sempre, perché mi sento di farla». Per don Carrega, «la Chiesa deve farsi un serio esame di coscienza. A partire da alcune voci autorevoli che sembrano più preoccupate dei valori che delle persone. Anche nell’ultimo sinodo dei vescovi ci sono cardinali che hanno detto che da un’unione gay non può nascere nulla di buono. Frasi gratuite, non comprovate da nessun fatto oggettivo, categorie trite e ritrite». Don Carrega al contrario ha paragonato la coppia ai due discepoli di Emmaus, passo del Vangelo che ha scelto per la Messa. «I due discepoli discutevano tra loro, come in vita hanno fatto loro come coppia, con Gesù accanto come compagno di viaggio». E anche sul sesso in teoria vietato alle coppie gay credenti, chiamate alla castità, don Carrega ha qualcosa da dire. «Parlando dei divorziati risposati a proposito della castità, Papa Francesco ha detto che bisogna valutare caso per caso. Così anche per i gay bisognerebbe evitare giudizi universali e irrevocabili». Non si spinge, don Carrega, oltre: «Questo non significa automaticamente benedire le coppie gay, ma bisogna mettersi in un ascolto». Ma il tema è ormai non più demandabile: «Fortunatamente le coppie unite civilmente aumenteranno: le parrocchie devono relazionarsi a loro, non possono ignorarle». A salutare Franco amici, parenti, istituzioni. Marco Giusta, assessore del Comune, ha detto: «Gianni potrà dire che Franco era suo marito».

finalmente felice il ‘bimbo brutto e nero’

bimbo rifiutato da tre coppie etero perché “brutto e nero”

ora è felicemente adottato da una coppia gay

è una storia a lieto fine e per capirlo basta guardare il sorriso di questo bambino brasiliano, (vedi foto qui sotto), orfano e rifiutato ben tre volte da altrettante coppie eterosessuali che dopo averlo visto hanno preferito non adottarlo perché “brutto e nero”

Alla fine José – nome di fantasia – è stato accolto da una coppia gay di Rio de Janeiro composta dal giornalista Gilberto Scofield Jr e dal suo compagno Rodrigo Barbosa. Una vicenda che intreccia e combatte due tipologie di discriminazione: quella contro gli omosessuali, ritenuti spesso indegni di crescere dei figli, e quella contro i neri. Gilberto e Rodrigo, i due papà del piccolo José, sono bianchi.

Abbandonato da padre e madre alcolizzati all’età di due anni, il piccolo abitava da oltre due anni in un orfanotrofio nella città di Capelinha, nello Stato di Minas Gerais. È lì che ha incontrato per la prima volta i suoi attuali, nuovi genitori. 

  • Rodrigo Barbosa/Facebook
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neanche uno straccio di benedizione!

 

 

la coppia gay più longeva d’Italia prova a farsi benedire

dal Santuario dicono: no!

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Orlando Dello Russo e Bruno Di Febbo: da 50 anni insieme
sono stati respinti in malo modo dai sacerdoti del santuario di San Gabriele. Da cui fanno sapere: “Da noi si benedicono solo le fedi di una coppia formata da un uomo e una donna”   

Orlando Dello Russo e Bruno Di Febbo, 69enne il primo, 74 anni il secondo, sono la coppia gay più duratura d’Italia, e una stella polare per la comunità Lgbt. Stanno insieme da ben cinquant’anni, da quando si conobbero in Germania, a Francoforte, il 28 gennaio del 1965. Fiorai in pensione, profondamente credenti, un anno fa Orlando e Bruno hanno parzialmente coronato il loro sogno: si sono sposati, sì, ma dinanzi alla chiesa ecumenica, denominazione separata di quella cattolica che accetta i matrimoni tra omosessuali e il sacerdozio femminile. Qualche giorno fa hanno festeggiato mezzo secolo di vita insieme con una grande festa. Nel corso della serata avevano annunciato: “Domenica andremo al santuario di San Gabriele (il santo patrono dell’Abruzzo e della gioventù cattolica, ndr) per farci benedire come coppia, mentre ci scambiamo gli anelli”. “Ci siamo andati, sì, al Santuario di San Gabriele di Isola del Gran Sasso – racconta a ilfattoquotidiano.it Orlando dello Russo – Prima abbiamo sentito la messa, poi ci siamo recati nella sala dove si benedicono gli oggetti. C’erano alcuni preti. A quel punto il mio compagno Bruno si è avvicinato, con le fedi in mano, e ha chiesto loro: “Sentite, ci benedite le fedi?”. Ma la reazione non è stata quella auspicata. “Ci hanno risposto: ‘No, non le benediciamo, benediciamo solo… la signora dov’è?’. Io sono girato. Mi sono vergognato. C’era tanta gente. Bruno allora ha detto: ‘La signora non c’è. È rimasta a letto’”. Orlando non se ne capacita ancora. Questa volta ci sperava davvero. “Erano cinquant’anni che aspettavamo – dice ancora – ma ci hanno trattato male, malissimo. È stato umiliante”.   “Le cose sono andate diversamente. È vero che i signori Orlando e Bruno si sono presentati in Chiesa, chiedendo che venissero benedette le loro fedi. Ma nessuno li ha irrisi o apostrofati in alcun modo”: è la versione fornita a ilfattoquotidiano.it dal Santuario di San Gabriele. E cosa è successo, allora? “Il sacerdote responsabile della sacrestia ha semplicemente chiesto a uno dei due ‘dove fosse la signora’ – aggiungono – Perché è chiaro che in una chiesa cattolica normalmente si benedicono le fedi di una coppia formata da un uomo e una donna. Consigliamo loro di recarsi di nuovo nella chiesa ecumenica dove si sono sposati, e farle benedire lì le loro fedi”.

Orlando e Bruno, però, non demordono. Sperano sempre di potersi unire in matrimonio con rito cattolico. Per fede, “e per una questione di diritti. Siamo persone serie e dopo quarant’anni di lavoro non ne possediamo nessuno. Ma ormai è un disastro – lamenta Orlando – Comunque ti muovi, ti colpiscono. Le cose sono molto peggiorate rispetto agli anni Sessanta-Settanta”. La Chiesa non intende consacrare la loro unione. “Se è per questo si rifiuta anche di consacrare la nostra abitazione. Sono trent’anni che viviamo in questa villetta a Pineto (Teramo) e siamo andati ripetute volte in chiesa a pregarli di benedirci la casa. Ma niente da fare. Non è mai venuta nessuna tonaca. Nemmeno a Pasqua o a Natale”.

Nel corso del tempo non sono mancate schermaglie col vescovo di Teramo-Atri, monsignor Michele Seccia. “Seccia ci conosce benissimo – aggiunge Orlando Dello Russo – Lui ce l’ha a morte con i gay”. Raggiunto telefonicamente, monsignor Seccia ha replicato: “Io non so che cosa dire a proposito, non so che cosa dire… Perché tutto questo deve avvenire attraverso la stampa, poi, non lo so… Io non ho avuto né contatti né altro, come li avete voi giornalisti in genere. A me non consta niente di tutto questo, quindi… Va bene? Arrivederci”. E ha attaccato il telefono.

 Maurizio Di Fazio 

4 febbraio 2015

 

 

il primo battesimo di una coppia gay argentina

Udienza Generale del mercoledì di Papa Francesco

Argentina, ecco il primo battesimo per la figlia di una coppia gay

un collaboratore di Bergoglio a Buenos Aires spiega le motivazioni secondo le quali il Papa lotta per non escludere nessun bambino dal
Sacramento, prescindendo dalla situazione dei genitori

 «Se la persona viene a chiedere il battesimo, non c’è una mozione dello Spirito? E’ quello che in teologia chiamiamo grazia attuale ad aver mosso il cuore. Come l’etiope, negli Atti degli Apostoli, quando camminava e diceva: “Qua c’è dell’acqua. Perché non mi battezzi?”», ha spiegato. «Se un genitore chiede il battesimo per suo figlio, noi come facciamo? Non glielo diamo? Francesco dice che noi siamo ministri, non amministratori nel senso burocratico del termine. Nella mia parrocchia, qualsiasi giorno ci si può battezare, in qualsiasi messa. Sarebbe da matti non farlo. Poi nessuno può venire a criticare e dire che la gente non si battezza, perché anche questa è una contraddizione», ha detto. Ha raccontato che l’arcivescovo Bergoglio «si arrabbiava» quando veniva a sapere che in certe parrocchie, per qualche ragione, non si battezzava un bambino. Nel caso delle mamme single, soleva dire: «Se ha lottato per avere il figlio, per
non abortire, e poi noi non glielo battezziamo… Questa è una cultura che promuove immediatamente l’aborto: una mamma dice no all’aborto e quando vuole battezzarlo non ci riesce».

(Vatican Insider)

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