mai più la pena di morte

papa Francesco

il Papa partecipa alla Commemorazione dei XXV del Catechismo della Chiesa Cattolica

Venticinque anni da celebrare quelli della stesura del Catechismo della Chiesa cattolica e della firma della Costituzione Apostolica Fidei Depositum da parte di san Giovanni Paolo II.

Il Papa li ha celebrati con un riflessione proposta ai partecipanti ad un convegno promosso dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione

Papa Francesco ha ricordato che

“San Giovanni XXIII aveva desiderato e voluto il Concilio non in prima istanza per condannare gli errori, ma soprattutto per permettere che la Chiesa giungesse finalmente a presentare con un linguaggio rinnovato la bellezza della sua fede in Gesù Cristo”.

Da qui due parole “custodire” e “proseguire” che sono state la base del discorso del Papa.

Il Catechismo del 1992 “intende avvicinare i nostri contemporanei, con le loro nuove e diverse problematiche, alla Chiesa, impegnata a presentare la fede come la risposta significativa per l’esistenza umana in questo particolare momento storico. Non è sufficiente, quindi, trovare un linguaggio nuovo per dire la fede di sempre; è necessario e urgente che, dinanzi alle nuove sfide e prospettive che si aprono per l’umanità, la Chiesa possa esprimere le novità del Vangelo di Cristo che, pur racchiuse nella Parola di Dio, non sono ancora venute alla luce. E’ quel tesoro di “cose antiche e nuove” di cui parlava Gesù, quando invitava i suoi discepoli a insegnare il nuovo da lui portato senza tralasciare l’antico”.

Conoscere Dio non è

“un esercizio teorico della ragione umana, ma un desiderio inestinguibile impresso nel cuore di ogni persona” e quindi il catechismo “si pone alla luce dell’amore come un’esperienza di conoscenza, di fiducia e di abbandono al mistero”.

Il tema che il Papa affronta direttamente è quello della pena di morte, già ampiamente dibattuto all’epoca della pubblicazione del Catechismo.

“Problematica – dice il Papa che- non può essere ridotta a un mero ricordo di insegnamento storico senza far emergere non solo il progresso nella dottrina ad opera degli ultimi Pontefici, ma anche la mutata consapevolezza del popolo cristiano, che rifiuta un atteggiamento consenziente nei confronti di una pena che lede pesantemente la dignità umana. Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. E’ in sé stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore e di cui Dio solo in ultima analisi è vero giudice e garante”.

Il Papa afferma:

“Assumiamo le responsabilità del passato, e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più legalistica che cristiana. La preoccupazione di conservare integri i poteri e le ricchezze materiali aveva portato a sovrastimare il valore della legge, impedendo di andare in profondità nella comprensione del Vangelo. Tuttavia, rimanere oggi neutrali dinanzi alle nuove esigenze per la riaffermazione della dignità personale, ci renderebbe più colpevoli”.

E aggiunge con forza:

“E’ necessario ribadire pertanto che, per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona”.

Per il Papa la

“Tradizione è una realtà viva e solo una visione parziale può pensare al “deposito della fede” come qualcosa di statico. La Parola di Dio non può essere conservata in naftalina come se si trattasse di una vecchia coperta da proteggere contro i parassiti! No. La Parola di Dio è una realtà dinamica, sempre viva, che progredisce e cresce perché è tesa verso un compimento che gli uomini non possono fermare”. 

Non si tratta di un cambiamento di dottrina quindi, ma

“non si può conservare la dottrina senza farla progredire né la si può legare a una lettura rigida e immutabile, senza umiliare l’azione dello Spirito Santo”.

Il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che ha la competenza del Catechismo della Chiesa Cattolica, ha organizzato  un incontro con la partecipazione di Cardinali, Vescovi, ambasciatori, teologi, rettori e professori, esperti di catechesi, catechisti e catechiste, parroci, sacerdoti, religiosi e seminaristi, così da garantire una rappresentanza eterogenea del panorama verso cui il CCC si rivolge e dal quale allo stesso tempo trae la sua linfa vitale.  Nell’atrio dell’Aula Paolo VI, è stata allestita una mostra dei volumi del Catechismo e del suo compendio nelle diverse lingue in cui sono stati tradotti e diffusi nel mondo




modificare il catechismo?

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Settimanale cattolico francese al papa: cancelli l'articolo del Catechismo che condanna l'omosessualità

settimanale cattolico francese al papa:

cancelli l’articolo del Catechismo che condanna l’omosessualità

 
da: Adista Segni Nuovi n° 27 del 23/07/2016

Il 1° luglio scorso il settimanale cattolico francese “Témoignage chrétien” ha lanciato un appello al papa affinché abroghi l’articolo del Catechismo che condanna l’omosessualità e faccia valere la sua autorevolezza presso l’Onu al fine di depenalizzare l’omosessualità ovunque nel mondo. La petizione, che in pochi giorni ha superato le mille firme, sarà rimessa a tempo debito al nunzio apostolico a Parigi e a papa Francesco. Di seguito il testo integrale dell’appello in una nostra traduzione dal francese


Non c’è dubbio che l’abominevole strage di Orlando sia un crimine d’odio contro gli omosessuali. Di fronte all’orrore non è sufficiente deplorare né compatire: bisogna lottare e combattere ciò che conduce all’odio e al crimine. In questo senso, ogni connivenza con parole o comportamenti che possono condurre all’odio nei confronti delle persone omosessuali costituisce una colpa.

Il crimine di omofobia di massa di Orlando non deve farci dimenticare la moltitudine di violenze, morali o fisiche, subite dalle persone gay e lesbiche in tutto il mondo in ragione del loro orientamento sessuale.

È la violenza dell’esclusione a essere contraria alla legge naturale, nient’altro. Questa colpa, papa Francesco, hai cominciato a riconoscerla quando hai dichiarato che i cristiani, e specificamente i cattolici, devono chiedere perdono alle persone omosessuali e che queste ultime non devono essere discriminate.

Sono parole sacrosante, un pensiero alto che ti è familiare, ma bisogna fare di più.

Papa Francesco tu puoi combattere l’odio. Abroga immediatamente l’articolo 2357 del Catechismo che stigmatizza questo orientamento sessuale (l’articolo in questione recita: «Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni,  la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati», ndt). La repressione penale dell’omosessualità costituisce, è noto, un terreno fertile per il passaggio all’atto omicida, ed è per questo che ci appelliamo a te affinché tu faccia valere la tua autorevolezza e quella del Vaticano presso l’Onu, che stranamente finora si è rifugiato nell’astensione, al fine di ottenere la depenalizzazione universale dell’omosessualità.

Non siamo una “lobby”, ma uomini e donne, di ogni orientamento sessuale, che riconoscono le persone omosessuali come loro fratelli e sorelle, un gruppo umano che quando è sotto minaccia ha diritto a una protezione attiva. Papa Francesco, l’odio non deve trovare forza in testi o posizioni che si conservano per fedeltà ad usi passati. Ricordati dell’impegno eclatante e senza ambiguità di papa Giovanni XXIII contro il millenario insegnamento di disprezzo verso il popolo ebraico.

Papa Francesco, il tempo che viviamo ha bisogno di grandi voci per lottare contro la violenza e l’odio. È per questo che, cristiani e no, al di là delle nostre appartenenze spirituali o delle nostre credenze, riuniti nella nostra comune umanità, ti lanciamo questo appello aperto alla sottoscrizione di tutti, perché tutti sono coinvolti. Sei una di queste voci, non tacere.