la durezza della crisi a Lucca

a Lucca in 10 anni triplicati i poveri

allarme Caritas

        un forte impoverimento sta colpendo famiglie e giovani a Lucca: è la denuncia contenuta nel dossier della Caritas Diocesana in questi giorni presentato nel rapporto annuale sulle povertà e sulle risorse
        “Dai dati raccolti ed elaborati nei centri di ascolto dislocati su tutto il territorio diocesano affiora una situazione altamente preoccupante: in dieci anni il numero delle persone indigenti che si rivolge alle suddette strutture è lievitato da 382 nel 2003 a 1656 nel 2013 e in tutti i casi si tratta di vere e proprie difficoltà di sussistenza quotidiana. Ancor più allarmante è l’aumento della povertà minorile”:

 

caritas unoReinvestire sulle comunità per far fronte all’impoverimento che sta colpendo duramente famiglie e minori: questo è quanto emerge dal rapporto annuale sulle povertà e sulle risorse, contenuto nel dossier della Caritas diocesana, Grano e Granai, presentato questa mattina (3 luglio) all’Arcidiocesi di Lucca, dalla dirigente della Caritas, Donatella Turri, dall’arcivescovo Italo Castellani e dalla ricercatrice Elisa Mattutini. Dai dati raccolti ed elaborati nei centri di ascolto dislocati su tutto il territorio diocesano affiora una situazione altamente preoccupante: in dieci anni il numero delle persone indigenti che si rivolge alle suddette strutture è lievitato da 382 nel 2003 a 1656 nel 2013 e in tutti i casi si tratta di vere e proprie difficoltà di sussistenza quotidiana. Ancor più allarmante è l’aumento della povertà minorile. Il 58% di questi nuovi poveri, infatti, è legato ad un nucleo familiare e nel 75% dei casi ha un figlio minore che si trova pertanto a vivere una situazione precaria di deprivazione materiale. Non si tratta di una condizione meramente contingente, bensì di una piaga a lungo termine: le difficoltà incontrate da questi bambini nel mondo dell’educazione e negli aspetti sociali si tradurranno in età adulta in una carenza di risorse da spendere nei vari ambiti della vita, ponendo le basi per l’emergere di nuove fasce di povertà.

“L’aspetto che salta subito all’occhio leggendo i dati è l’aumento della povertà e contestualmente la crescita delle diseguaglianze socio-economiche, dovuta alla concentrazione della ricchezza nelle mani di una ristretta cerchia di individui – ha spiegato Donatella Turri -. La proposta politica avanzata dalla Caritas è un invito a riflettere sul ruolo delle comunità nel contrastare l’impoverimento: l’azione istituzionale non basta più, è necessario reinvestire sui meccanismi della cittadinanza solidale e responsabile per far fronte a questa grave emergenza”. Anche il profilo dell’indigente è cambiato: il divario fra uomini e donne si è affievolito con l’aumento della componente maschile che oggi raggiunge il 43%, l’età media è compresa fra i 35 e i 54 anni e dunque si tratta di persone in piena capacità lavorativa, sebbene disoccupate nell’ 80% dei casi, inoltre il 16% percepisce un reddito del tutto inadeguato a soddisfare i bisogni primari del nucleo familiare. I meccanismi di fragilità economica si muovono di pari passo con quelli affettivi: il rischio di impoverimento, infatti, è più elevato nella esperienze di rottura come separazioni e divorzi che incidono sulla vulnerabilità di almeno uno dei membri. “La ricchezza del Paese è aumentata negli ultimi anni, il problema sono i meccanismi di ridistribuzione che fanno acqua da tutte le parti – ha aggiunto Elisa Mattutini -, i dati devono servire come un campanello d’allarme per le istituzioni e per i cittadini, che dovranno pensare a strategie di intervento congiunte e tempestive per tentare di porre rimedio a una tale situazione”. Dall’incontro degli esponenti della Caritas con i sacerdoti della diocesi è emerso l’intento di promuovere il ruolo attivo delle comunità, che appaiono inventive, creative e ben disposte a raccogliere questa nuova sfida. “Queste persone non devono essere recuperate, bensì incluse – ha affermato l’arcivescovo Castellani – ed è doveroso come cristiani prendere coscienza della situazione e cercare una risposta che implichi una collaborazione per risolvere le cause strutturali della povertà e promuovere lo sviluppo con gesti di solidarietà”. Gli intenti della Caritas sono chiari: “Non possiamo attendere oltre prima di intervenire sulle questioni di lavoro e casa, che rappresentano i macro aspetti fondamentali dell’impoverimento – ha detto Donatella Turri -, dobbiamo raggiungere i problemi delle persone prima che questi diventino troppo gravi e infine pianificare insieme il cambiamento”. Ad oggi le problematiche della Caritas sono la mancanza di una struttura di prima accoglienza che possa ospitare più di due nuclei familiari per volta e la carenza di centri di accoglienza diurna, per quelle persone che hanno necessità di detergersi, lavare gli indumenti, consultare un pc e mettersi in contatto con i servizi sociali. A tal proposito l’Arcivescovo si è appellato ai cittadini rammentando la possibilità di acquistare un edificio molto capiente in città ad un prezzo ribassato, 600mila euro, che, se donato alla Caritas, potrebbe svolgere un’importante funzione sociale.
Il rapporto nel dettaglio.
Nel 2013 i soggetti ascoltati sono stati 1656 vale a dire 187 in più rispetto al 2012. Nel 2008 il flusso era pari a 635 persone. Una delle maggiori trasformazioni nelle caratteristiche delle persone accolte ai centri di ascolto negli ultimi anni, in particolar modo a partire dal 2009, è rappresentata dalla distribuzione per genere dei richiedenti. La prevalenza femminile si è andata progressivamente riducendo. Ad oggi la componente maschile ha raggiunto il 42,93%. All’interno di quest’ultima l’aumento più consistente si è registrato tra i cittadini italiani.Appare sempre più marcato il fenomeno del ritorno ai centri di ascolto di una parte consistente di persone incontrate negli anni passati. Molti dei soggetti ascoltati sono conosciuti dagli operatori dei Cda da tempo (circa uno su due). Questa informazione è indicativa della difficoltà incontrata dalle persone nello smarcarsi dalla povertà una volta che questa abbia intercettato la loro vita.

Più della metà delle persone accolte ha un’età compresa tra i 35 e i 54 anni. Il 58,33% vive all’interno di un nucleo familiare e in quasi due casi su tre si è in presenza di persone con figli minori. Sempre più marcata appare la sofferenza dei nuclei familiari con figli e in particolar modo dei contesti familiari numerosi. Questo dato rappresenta un indicatore importante circa il fenomeno della povertà infantile, con le devastanti conseguenze che da esso possono derivare in termini di definizione dei percorsi di vita degli adulti di domani, nati da persone che oggi sperimentano la povertà.
Solitamente, continua il rapporto, le donne che si presentano ai centri d’ascolto in cerca di aiuto hanno un’età inferiore a quella degli uomini. Più del 50% dei maschi invece si concentra nella fascia d’età che va dai 45 ai 54 anni. In generale l’età media degli italiani è molto più elevata rispetto a quella degli stranieri.
Dalla lettura dei dati emergono anche crescenti forme di vulnerabilità legata al progressivo sgretolamento delle reti di relazioni informali, come ad esempio nel caso di fratture familiari legate a separazioni, divorzi e lutti. Il contesto familiare più allargato sembra inoltre non riuscire a svolgere le funzioni di protezione tipiche del passato. In molti casi infatti anche questo risulta sfibrato dalla persistenza delle richieste di aiuto provenienti dai suoi membri.
A soffrire di più per questo tipo di dinamiche, come noto, sono le donne, soprattutto se con figli. Esse, infatti, presentano maggiori fragilità in una pluralità di ambiti, primo tra tutti quello lavorativo e in particolar modo con riferimento alla possibilità di riuscire a trovare una collocazione all’interno del mercato del lavoro tale da permettere una conciliazione dei tempi di vita con quelli richiesti in ambito professionale. Ciò nonostante, come nel 2012, anche tra i maschi la separazione costituisce un crescente elemento di criticità economica che, in molti casi può esporre ad una condizione di forte isolamento.
Nonostante l’incremento delle persone di cittadinanza italiana, la popolazione straniera continua a rappresentare una fascia molto importante di persone che si rivolgono ai centri d’ascolto della Diocesi. Nel 2013 i cittadini di nazionalità straniera accolti sono stati 1013, registrando un ulteriore incremento rispetto al 2012.
Il 53,98% delle persone incontrate proviene da un paese appartenente alla Comunità Europea. La distribuzione delle persone accolte in base all’area geografica di provenienza mostra una situazione nel complesso stabile rispetto agli anni passati.
La cittadinanza maggiormente rappresentata è quella marocchina (23,61%) seguita da quella Romena (13,04%).
Anche per il 2013 appare elevata la presenza di persone che si trovano in Italia da ormai molti anni. Quasi il 60% degli stranieri vive nel nostro Paese da più di dieci anni. Tali dati sono ancora una volta indicativi del protrarsi di elevati livelli di sofferenza  che queste persone incontrano in un momento successivo a quello di arrivo in Italia e appaiono legati in particolar modo alla impossibilità di trovare un’occupazione adeguata alle esigenze proprie e della famiglia. L’assenza del lavoro costituisce una delle principali emergenze delle persone accolte. Proprio la perdita del lavoro spesso è alla base della riemersione di forme di deprivazione sperimentate e superate nel passato.
Le persone accolte durante il 2013 mediamente hanno un titolo di studio basso. Il 73,44% degli uomini e il 65,09% delle donne sono in possesso della licenza media inferiore o di un titolo più basso. Ad essere maggiormente istruite sono le donne rispetto agli uomini. Tra queste ultime le qualifiche più elevate sono detenute dalle straniere. Tale dato sottolinea nuovamente come la crisi economica che perdura ormai da tempo nel territorio abbia colpito con grande intensità le occupazioni associate a profili professionali meno qualificati.
Dai dati raccolti ai centri d’ascolto appare consistente anche la sofferenza avvertita da persone che pur avendo una qualche forma di occupazione non riescono a reperire le risorse necessarie al sostentamento proprio e della famiglia (15,82%).
I costi per l’abitazione continuano a costituire una fonte di spesa in grado di incidere in maniera significativa nel bilancio familiare dei soggetti. Il ricorso all’abitazione in affitto interessa il 48,67% delle persone accolte, mentre le persone che possono fare affidamento su una abitazione di proprietà sono una minoranza (9,12%). Il ricorso all’alloggio di edilizia popolare pubblica interessa il 12,92% delle persone accolte, nel 78,5% dei casi si tratta di cittadini italiani.
Nel 2013 è rimasto rilevante anche il numero di soggetto che dispongono solo di situazioni abitative altamente precarie e provvisorie (5,98%).Con riferimento alle principali problematiche manifestate dalle persone accolte e le richieste di aiuto formulate ai centri d’ascolto sembra emergere anche che la povertà economica viene avvertita come la principale causa della situazione di bisogno da circa una persona su due di sesso maschile e da circa il 40% delle donne. Mercato del lavoro e sostenimento dei costi legati all’abitazione sono gli ambiti nei quali si concentrano maggiormente le problematiche presentate dai cittadini ascoltati.
Come ogni anno, anche nel 2013 si riscontra la presenza di persone che si rivolge ai centri d’ascolto in cerca di ascolto del proprio vissuto di povertà e disagio sociale.
Le richieste di aiuto più frequenti riguardano la possibilità di risorse finalizzate alla sussistenza e sono rappresentate dalla fornitura di beni e servizi materiali come viveri (21,94%), vestiario (9,30%), mensa e buoni pasto (8,31%) e prodotti per l’infanzia. Anche per il 2013, come negli anni passati, la richiesta di sussidi economici, nonostante la condizione di grave deprivazione nella quale vertono buona parte delle persone incontrate, rimane piuttosto contenuta: 7,62% e interessa in misura maggiore i cittadini italiani rispetto agli stranieri.  

Jasmine Cinquini

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