cos’è che rende la nostra terra un inferno

comunità o inferno

«La comunità cristiana è sulla strada di Cristo solo quando si prende cura dei poveri, degli affamati, degli afflitti e lotta contro coloro o contro le situazioni che sono all’origine di tali squilibri»

(Ortensio da Spinetoli)

L’opposizione evangelica è tra amare/servire Dio o amare/servire il denaro-potere, e non tra credenti e atei. L’ateismo, tra l’altro, ha aspetti provvidenziali perché purifica il cristianesimo dalle sue ipocrisie, lo aiuta ad essere più autentico, e cioè radicale. Ne evidenzia gli aspetti ridicoli, e ne demolisce le sovrastrutture escogitate dall’uomo ‘religioso’: il fariseo di tutti i tempi che separa la dottrina dalla Persona, le norme dalla coscienza e dal cammino personale, la pedagogia dalla compassione. L’ateismo nasce, anche, per la cattiva testimonianza dei cristiani, per la loro incoerenza ed ottusità ragionieristica, non certo per contrastare direttamente il Vangelo. D’altronde un ateo che persegue, senza saperlo, la giustizia del Regno può essere molto più vicino a Dio di un cattolico (della domenica) che partecipa, sbrigativamente, all’eucaristia, in attesa di raggiungere la vera “celebrazione” festiva: la partita dei suoi eroi milionari. E parafrasando il testo evangelico di Marco (1) si potrebbe immaginare così:

«I parrocchiani dissero a Gesù: “Maestro abbiamo visto uno che dava dei soldi a un senzatetto in nome della Carità e glielo abbiamo sconsigliato, perché non apparteneva ai gruppi parrocchiali e non conosceva le procedure di aiuto decise dal consiglio pastorale”. Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un gesto gratuito e che subito dopo possa disprezzarmi. Chi non è contro l’Amore è per l’Amore».

Ciò che si oppone davvero a Cristo è il non-amore e non certo l’ateismo che è ricerca, critica, possibilità. L’ateismo di per sé non uccide nessuno, non danneggia, non umilia, mentre amare/servire il denaro-potere, (attualmente strutturato nell’organizzazione socio-economica denominata capitalismo (2)), sì. Eccome. L’altro, infatti, viene spersonalizzato, non più riconosciuto.  Esiste la manodopera (braccia meccaniche a forma d’uomo), l’impiegato (digitatore su pc) il manager (referente del Padrone). Mansioni e funzioni prima di storie, aspirazioni, bisogni: quindi la devastazione dell’umanità per garantire il profitto. La maternità di una donna viene insultata considerandola un costo, la giovane età sfruttata e raggirata, l’anzianità umiliata. E poi abbiamo produzioni, esportazioni, vendite, prima dell’ecologia, della bellezza, della giustizia tra generazioni (3): quindi la devastazione della terra per garantire il profitto. L’accesso all’acqua potabile garantito solo ai ricchi, le risorse energetiche sottratte ad altri popoli, il mancato riconoscimento del debito ecologico. In tale quadro, il borghese (colui che rappresenta o appoggia il capitalismo) (4) non potrà mai essere cristiano (colui che ama/serve Cristo), nonostante tutte le tecniche di autoconvincimento e tutte le rassicurazioni di quella parte del clero che si impegna nella sua assistenza spirituale, preferendolo al povero. Convertirsi perché il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino (5) significa in questi tempi: convertirsi dalle logiche del Capitale ed incamminarsi verso la gratuità, la condivisione e la solidarietà. Il tempo è compiuto perché Cristo agisce nella storia. Il Regno di Dio è vicino perché è già operante, potenzialmente realizzabile, anche se qui non completamente. Dipende dalla nostra libertà, dalle nostre scelte: se costruire una comunità (il Regno) o l’inferno (il mercato) e continuare a sprofondarci.

(1) Cfr. Vangelo di Marco 9, 38-40

(2) Cfr. «Imperialismo, colonialismo e capitalismo meritano nel mio ‘credo’ lo stesso anatema» (Pedro Casaldáliga, Credo nella giustizia e nella speranza, Quaderni Asal 27, Associazione per gli Studi e la documentazione dei problemi socio-religiosi dell’America Latina, Roma 1976, p. 193)

(3) Cfr. Papa Francesco, Enciclica Laudato Si’ 137-162

(4) Cfr. «…Voglio assicurarvi almeno la mia preghiera. Perché il vostro cammino di formazione sia improntato alla più trasparente autenticità evangelica, e vi manteniate lontani dal compromesso, e rifuggiate dall’ambiguità, e non scendiate a patti con l’anima borghese accovacciata davanti alla porta». (Don Tonino Bello, Lettera ai seminaristi 21/1/1990, in Tonino Bello, Servi inutili a tempo pieno. Testimoni gioiosi per evangelizzare il mondo, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano)), p. 112

(5) Vangelo di Marco 1,15

il problema di Dio nell’ultimo libro di Veronesi

Umberto Veronesi: “Dopo Auschwitz, il cancro è la prova che Dio non esiste”

Il suo libro: “Il mestiere di uomo”
VERONESI

 nel suo ultimo libro U. Veronesi ha suscitato un vivace dibattito circa il suo ateismo motivato a partire dall’esperienza del dolore e, per lui oncologo di fama, dal cancro vera e propria “prova della non esistenza di Dio”
di seguito alcune sue riflessioni contenute nel suo libro e un tentativo di risposta da parte di don Antonelli e del teologo V. Mancuso:
“Allo stesso modo di Auschwitz, per me il cancro è diventato la prova della non esistenza di Dio”

Umberto Veronesi racconta il suo progressivo allontanamento dalla fede. Quella in Dio, non nella vita. Perché di fronte all’esperienza fisica – e non più metafisica del dolore – ogni fiducia in un essere soprannaturale viene meno, e l’uomo riscopre la sua finitezza da cui nessun ente superiore lo può salvare. Nessun Dio può riscattare l’uomo dalla sua sofferenza, nessuna verità rivelata può lenire il dolore di due genitori che perdono un figlio malato di tumore.

Dall’infanzia da “inappuntabile chierichetto” e “paggetto”, all’amicizia con padre Giovanni che gli fece capire che esiste anche una carità laica, il famoso oncologo ripercorre le tappe della sua meditazione sulla vita e sul dolore.
Umberto Veronesi, oggi direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia, nel suo libro “Il mestiere di uomo” (Einaudi, in uscita domani) racconta come nel corso degli anni sia maturato il suo agnosticismo che non perde la fede nella vita. Repubblica ne pubblica alcuni estratti.

“Non saprei dire qual è stato il mio primo giorno senza Dio. Sicuramente dopo l’esperienza della guerra non misi mai più piede in una chiesa, ma il tramonto della fede era iniziato molto prima. Durante il liceo fui bocciato due volte, ero un discolo in senso letterale: non andavo bene a scuola. Di fatto sono sempre stato anticonformista, ribelle ai luoghi comuni e alle convenzioni accettate acriticamente, e questa mia natura mal si conciliava con l’integralismo della dottrina cattolica che era stata il fondamento della mia educazione di bambino”.

A incrinare ulteriormente il rapporto di Veronesi con la fede fu la guerra:

A diciotto anni non volevo andare a combattere, ma finii in una retata e mi ritrovai con indosso un’uniforme che non aveva per me alcun valore e fui ben armato per uccidere altri ragazzi, in tutto e per tutto uguali a me salvo per il fatto che indossavano una divisa diversa.
Oltre alle stragi dei combattimenti, ho toccato con mano anche la follia del nazismo e non ho potuto non chiedermi, come fece Hannah Arendt prima e Benedetto XVI molti anni dopo: “Dov’era Dio ad Auschwitz?”.
La scelta di fare il medico è profondamente legata in me alla ricerca dell’origine di quel male che il concetto di Dio non poteva spiegare. Da principio volevo fare lo psichiatra per capire in quale punto della mente nascesse la follia gratuita che poteva causare gli orrori di cui ero stato testimone. Avvicinandomi alla medicina, però, incappai in un male ancora più inspiegabile della guerra, il cancro”.

 
Per Veronesi, così come per tutti i medici impegnati nella cura dei tumori, il dolore smette di essere qualcosa di intangibile e assume una forma, un contorno, un’identità. È a quel punto che

“diventa molto difficile identificarlo come una manifestazione del volere di Dio. Ho pensato spesso che il chirurgo, e soprattutto il chirurgo oncologo, abbia in effetti un rapporto speciale con il male. Il bisturi che affonda nel corpo di un uomo o di una donna lo ritiene lontano dalla metafisica del dolore. In sala operatoria, quando il paziente si addormenta, è a te che affida la sua vita. L’ultimo sguardo di paura o di fiducia è per te. E tu, chirurgo, non puoi pensare che un angelo custode guidi la tua mano quando incidi e inizi l’operazione, quando in pochi istanti devo decidere cosa fare, quando asportare, come fermare un’emorragia.”    

Ed è allora che l’uomo scopre di essere uomo, si rende conto che non c’è nessuna entità sovrannaturale a benedire il suo operato, che

“ci sei solo tu in quei momenti, solo con la tua capacità, la tua concentrazione, la tua lucidità, la tua esperienza, i tuoi studi, il tuo amore (o anche la tua carità come la chiamava don Giovanni) per la persona malata. Allo stesso modo di Auschwitz, per me il cancro è diventato la prova della non esistenza di Dio. Come puoi credere nella Provvidenza o nell’amore divino quando vedi un bambino invaso da cellule maligne che lo consumano giorno dopo giorno davanti ai tuoi occhi? Ci sono parole in qualche libro sacro del mondo, ci sono verità rivelate, che possano lenire il dolore dei suoi genitori? Io credo di no, e preferisco il silenzio, o il sussurro del “non so”.

la risposta di d, parroco ad Antrosano, alle considerazioni di U. Veronesi nel suo libro: ‘il mestiere di uomo’
Don Aldo Antonelli Headshot

i nuovi filosofi atei non arrabbiati con Dio

4.5.2013

hibiscus

Atei rispettosi del sacro e della religione. Dopo l’antipolitica si fa strada un pensiero laico aperto al dialogo. Dopo il successo editoriale dei ‘fanatici’ e ‘missionari’ dell’ateismo come Onfray, Dowkins, Dennett … inizia una riflessione più pacata, da parte di altri atei, più rispettosa e positiva.

Sembra ormai superatala fase aggressiva portata avanti nel decennio scorso e farsi strada una riflessione capace di riconoscere aspetti positivi alle religioni tradizionali come risorse di senso utili alla società di oggi.

Il punto della situazione fatto, in modo sintetico e accurato, da G. Bosetti (link qui sotto)

atei rispettosi

 

la vera negazione di Dio

gattini con farfalle

esiste una negazione di Dio che è la vera professione di fede nel Dio della vita: è quella che rifiuta immagini idolatriche di Dio, immagini che legittimano pratiche di morte. Negare l’immagine di Dio, quando questo dio legittima poteri autoritari e violenti, non è ateismo, è fede nel Dio della vita. Ogni volta che la bibbia viene usata per schiacciare il debole, per sancire inferiorità, discriminare, negare, escludere … essa viene negata come Parola di Dio

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