l’ ’11 settembre’ di Parigi?

 

  • Parigi: uno chok senza fine

  • Parigi brucia
un’ampia rassegna stampa, coll’aiuto del prezioso sito ‘fine settimana’, sulla violenza gihadista per vendicare Maometto a motivo delle caricature e delle vignette satiriche nelle quali era stato raffigurato e deriso

un aiuto alla riflessione:

In un manifesto comune, i rappresentanti delle tre grandi religioni in Germania invitano a pregare in moschee, chiese e sinagoghe per le vittime dell’attentato di Parigi: “Non è lecito uccidere in nome di Dio”, scrivono alti rappresentanti di cattolici, protestanti, ebrei e musulmani. “La Bibbia, la Torah e il Corano sono libri dell’amore, non dell’odio”
“L’attentato contro il gruppo di Charlie Hebdo ha profondamente scosso i musulmani francesi. Ma per loro non c’è solo lo spavento. Ad esso si accompagna spesso un sentimento di preoccupazione per se stessi: questa aggressione non aggraverà le difficoltà che incontrano quotidianamente? Non attizzerà un’islamofobia di cui denunciano la diffusione crescente?”
L’ironia e la satira non sono nemiche dei credenti. Anzi, possono aiutarli a liberarsi dalla presunzione di “possedere” l’Altissimo, giocando così una funzione anti-idolatrica. Saper ridere di se stessi e rispettare la propria coscienza di credenti è dunque un modo per sconfiggere la follia assolutista di chi vorrebbe imporre con la forza della paura una caricatura impazzita e mortifera del Divino. Forse una risata non salverà il mondo. Ma almeno ci impedirà di trasformare Dio in un simbolo dell’odio.
Pax Christi Italia fa propria la dichiarazione di Pax Christi Francia: Di fronte a coloro che hanno scelto la violenza per far trionfare le propria ideologia distruttrice, noi scegliamo di rifiutare tutto ciò che divide ed esclude.
  • Religione come arma di Markus Dobstadt in www..publik-forum.de del 8 gennaio 2015 (nostra traduzione)
Gli attentatori di Parigi hanno colpito l’Europa al cuore. Chiese e associazioni musulmane sono sconvolte e indignate per l’attacco al settimanale satirico francese Charlie Hebdo e per il brutale assassinio di dodici persone. L’Occidente è scosso. E dovrebbe porsi alcune domande.
Condanna del terrore e difesa del vero Islam. C’è un filo comune che lega le diverse reazioni dei rappresentanti della comunità musulmana italiana, sotto choc dopo la mattanza di Charlie Hebdo. Da Nord a Sud, le voci raccolte dai leader religiosi delle città usano lo stesso registro.
“l’esistenza dello ‘Stato Islamico’ (con i suoi cloni) e di quello che rappresenta non è compatibile con la sopravvivenza stessa delle nostre democrazie.” Per invertire l’attuale tendenza “occorre dunque agire contemporaneamente sulle comunità musulmane presenti in Occidente e sullo ‘Stato Islamico’, perché solo rafforzando le prime e indebolendo il secondo noi – musulmani, cristiani, ebrei, atei ma comunque ‘fedeli’ della civiltà e della tolleranza – potremo sconfiggere gli alfieri della barbarie.
…tuttavia non ci piacciono quelle vignette neppure dopo l’enormità dell’atto terroristico e l’immenso dolore per la morte di 12 persone libere e innocenti. Appartengono infatti alla grammatica della blasfemia e non a quella della trasgressione “I 12 morti di Parigi sono come un richiamo della foresta per i nostri cristianisti con il Crocifisso tra i denti che papa Francesco aveva messo a cuccia, un ritorno alla natura per l’estrema destra razzista pronta alla difesa di una Francia e di un’Europa bianche e cristiane.”
Non so dire quale delle due posizioni sia la più realistica: quella che scommette sul potere delle maggioranze pacifiche o quella che prevede il prevalere delle minoranze radicali. So però, senza dubbio alcuno, quella per la quale vale la pena parteggiare e lavorare.
«Riconoscere che fino a quando non sarà abbattuto lo Stato islamico dobbiamo aspettarci il peggio. Ma lo si abbatte solo se non si invoca il conflitto di civiltà. Purtroppo quando la storia appare tragica si fa molto fatica a ragionare. È del tutto logico, e porta anche voti: ma è anche pericolosissimo.
Schieriamoci quindi con Charlie Hebdo, perché la solidarietà dimostrata a livello globale è ispirante. Denunciamo il terrorismo, l’oppressione e la misoginia nel mondo islamico, e in qualsiasi altro luogo. Ma cerchiamo di stare attenti a non rispondere all’intolleranza dei terroristi con la nostra.
l’esperienza del passato c’insegna che non è vero. La cultura non ha mai evitato le catastrofi. La Germania aveva la cultura più avanzata, ma questa non ha potuto evitare la Shoah. La cultura può alimentare le coscienze, non può disarmare gli assassini. Il che naturalmente non significa che non si debba continuare a battersi e a lottare contro tutte le forme d’intolleranza e di violenza
Ragionare in risposta agli omicidi di Parigi significa mettere da parte il compiacimento autocelebrativo del liberale permissivo e accettare che il conflitto tra la permissività liberale e il fondamentalismo in definitiva è un conflitto falso. …chi non è disposto a parlare in modo critico della democrazia liberale non dovrebbe contestare neppure il fondamentalismo religioso.
«Ahmed è stato ucciso come un animale. Ma le bestie sono i suoi assassini». Il dirigente di polizia Christophe Crepin conosceva Ahmed Merabet, 42 anni, l’agente che i fratelli Kouachi hanno ucciso in boulevard Richard- Lenoir. «Era un poliziotto coscienzioso, discreto, entusiasta del suo lavoro. Aveva origini tunisine ma era francese. Era un musulmano praticante. Frequentava la moschea. Per noi della polizia è un orgoglio mostrare che abbiamo agenti di ogni religione»
quando succederà che un ragazzo, una ragazza di una qualunque banlieue canterà in un rap trascinante l’orrore per le sue coetanee e correligionarie assassinate e stuprate in nome di Allah in Yemen, in Siria, in Iraq, in Nigeria, e per quelle cui è fatto divieto di cantare e far rumore coi propri passi in Afghanistan?
La pubblicazione coordinata delle vignette non è un gesto gratuito. Non è contro l’Islam. Al contrario, è proprio in difesa della realtà per cui i musulmani d’Europa – a differenza dei cristiani e degli atei in gran parte del Medio Oriente – possono esprimere liberamente le loro convinzioni più radicate e sfidare quelle altrui. È in gioco il destino dell’Europa e della libertà. La nostra convivenza nella libertà dipende da questo: che non prevalga il veto degli assassini».
  • Ridere di Alain Rémond in La Croix del 9 gennaio 2915 (nostra traduzione)
Bisogna indignarsi, gridare, protestare, manifestare. E poi riflettere, unirsi, pensare al nostro futuro. Ma soprattutto, molto presto, subito, bisognerà ricominciare a ridere. Perché è il riso, il diritto a ridere, che quei due assassini hanno voluto uccidere. La libertà di ridere, verso e contro tutto… quando Rabelais dice che il ridere è proprio dell’uomo, non lo dice per ridere: è una cosa seria”
“E adesso? «Il faut continuer à se moquer», dice Plantu, non dobbiamo smettere di prendere e prendersi in giro con i disegni… «Con “Cartoonist for piece” cerchiamo ogni giorno di dialogare con disegnatori cristiani, ebrei, musulmani, agnostici, atei e arriviamo talvolta a fare dei ponti con le nostre piccole matite là dove altri con le loro asce scavano fossati»”
“Nei giorni scorsi le tante manifestazioni a Parigi e in Europa hanno visto scendere in strada persone orgogliose di esser parte di una civiltà fondata sulla libertà di pensiero, di espressione ed anche di religione… Le libertà sono il fondamento irrinunciabile dell’Europa; non si può consentire, sotto il pretesto di culture diverse e intolleranti, ch’esse vengano limitate”
“Cosa ha in comune il personaggio di Houellebecq in «Sottomissione» con i giovani che… hanno fatto strage nella sede di Charlie Hebdo? Nulla, se non l’eccesso della realtà contemporanea che ne fa un’età dell’estremismo. La convinzione di Houellebecq è che l’Occidente non abbia più futuro e la depressione sia il nostro unico destino… Davanti all’attacco assassino bisogna issare il vessillo del nostro pensiero critico, che non deve indietreggiare nell’indagare anche quanto di oscuro c’è in noi”
“Dobbiamo imparare a tracciare i confini della nostra identità e a dare alla libertà il peso che merita non soltanto per i morti, anche per i vivi… per una questione morale profonda… che ci riguarda tutti in quanto individui di una società che trova il suo valore principale nella diversità di ciascuno e nel rispetto di questa diversità… proprio perché non siamo Charlie dobbiamo difendere strenuamente il diritto di Charlie alla sua libertà, che è la stessa nostra anche se siamo diversi da lui”
Per Stéphane Charbonnier, il direttore di Charlie Hebdo, la libertà di espressione non valeva nulla senza il diritto a offendere. Tutti, nessuno escluso. E senza limiti, neppure quelli della blasfemia e della volgarità. Un convincimento profondo, coraggiosamente applicato nella quotidianità del lavoro, che Charb e i suoi giornalisti hanno pagato con la vita. E che oggi provoca reazioni diverse nei media occidentali.
È passato oltre un quarto di secolo, ventisei anni per la precisione, da quel gennaio-febbraio 1989 quando noi occidentali, per la prima volta, vedemmo il nuovo volto che l’Islam intendeva mostrarci. Nell’autunno precedente era stato pubblicato da Penguin Satanic Verses, il nuovo romanzo di Salman Rushdie, giudicato blasfemo da molti religiosi islamici.
Su Twitter e su Facebook il poliziotto è stato scelto come simbolo: «Je suis Ahmed» (assieme alla solidarietà di «Je suis Charlie») hanno rilanciato in migliaia. Perché hanno voluto celebrare «l’eroe morto per difendere il diritto di Charlie Hebdo alla libertà di espressione, anche quando attaccava la sua religione».
Davanti a noi – ormai è chiaro – abbiamo una prova lunga e terribile. Ma dobbiamo affrontarla senza alzare le mura di una fortezza assediata, superando la paura, evitando di reagire al terrore con lo spavento. Chi segue l’islam ha la responsabilità di affrancare la sua fede dalla malattia estremista
Il confronto con l’Islam è un tema che attraverserà le nostre vite. Chiama in causa non soltanto le capacità militari e di intelligence dell’Europa; ne sollecita l’identità culturale, la coesione sociale. Contrapporre violenza a violenza, uniformare tutti i musulmani in un’unica condanna farebbe il gioco degli assassini di Parigi
L’islamismo armato e persecutore non va affrontato e respinto perché islamismo. Ma perché armato e persecutore. Ovvero identico al cristianesimo delle guerre contro i non cristiani, delle guerre fra cristiani …, delle Inquisizioni capaci, in nome di Dio, di crudeltà spaventose. Ma anche perché è stata la civiltà ospite, in parte assecondante e benevola, dello sterminio chiamato Shoah. Ogni dibattito senza questi richiami fondamentali è falsato fin dall’inizio.
Ma con l’illuminismo hanno poco da spartire le vignette apparse nel giornale della tragedia. “Merde” al Corano, “merde” a Maometto devono aver rallegrato il cuore di Marine Le Pen, leader ariana del razzismo francese.
La laicità più rigorosa, che esclude Dio, qualsiasi Dio, dalla vita pubblica (scuole, tribunali, comizi elettorali, salotti televisivi, ecc.), è perciò l’unica salvaguardia contro l’incubazione di un brodo di coltura clericale che inevitabilmente può diventare pallottola fondamentalista. (ndr.: una laicità fondamentalista? tutta per sottrazione?)
La demonizzazione fa gioco solo a chi ci vuole speculare politicamente, ma la cosa più importante in questo caos è proprio mantenere la freddezza e la tolleranza, intendo da entrambe le parti. “Francesco è l’esempio perfetto di questa attenzione per il diverso, l’uomo che in assoluto ha capito meglio i tempi. Eppure attorno a lui c’è una cattiveria impressionante”
Parla Hamza Piccardo: «Azione aberrante. Di certo, secondo il nostro punto di vista, le vignette del Charlie Hebdo offendevano il profeta. Ma nella nostra pratica religiosa quotidiana a un’azione si risponde con un’azione simile, non si imbraccia il kalashnikov». ” le moschee non hanno nulla a che fare con il terrorismo…. Chi organizza attentati come questi lo fa fuori dalle moschee”
si chiede alla comunità musulmana di condannare il terrorismo, di farlo più esplicitamente. Questo indubbiamente serve a isolare i jihadisti, ma non basta farlo quando c’è l’emergenza, la paura, occorre prestare maggiore attenzione a quelle forze, a quei religiosi, che dentro il mondo islamico si battono, a loro rischio e pericolo, per una secolarizzazione dell’islam. Non serve condannare le atrocità commesse in nome dell’islam solo quando toccano l’occidente, perché le principali vittime del fanatismo non siamo noi ma i musulmani moderati e laici.
Gli errori occidentali e i danni neo-liberisti: Saddam Hussein e Gheddafi sapevano contenere la deriva islamista, ma sono stati abbattuti. In Libia Parigi e Washington hanno sbagliato tutto. “La maggioranza schiacciante degli immigrati che vivono in Francia, credenti e non, non sono per nulla fanatici dell’Islam reazionario. Invece non è da sottovalutare che siano coinvolti molti atei e convertiti in questi movimenti radicali.”
Parla il sociologo Vincent Geisser, tra i maggiori studiosi dell’Islam francese e del radicalismo. Come nascono i terroristi islamici europei: non solo figli di immigrati, trovano nelle guerre di religione il fascino assurdo dell’estremo. «Disturbati emotivi, sostituiscono i simboli con la realtà. In prigione, il contatto con i musulmani». ” l’immigrazione non c’entra proprio nulla con questi fenomeni e dall’altro che sembra entrarci poco anche la pratica e la cultura religiosa” “una cosa è la fede, un’altra le rivolte urbane, altro ancora il terrorismo.”
Credenti o non credenti, dobbiamo accettare – anche se ci fa orrore – l’idea che il nome di Dio non è assente in questi atti, perché dei terroristi lo proclamano alto e forte. Perché in altri periodi neri della storia, fu abbondantemente utilizzato dai cristiani. Accettare l’idea e contestarla…
“Anche se gli assassini hanno gridato “Allah akbar”, è anche contro l’islam e contro i musulmani che hanno agito. È una guerra dichiarata contro la democrazia le cui istituzioni e le cui leggi rendono possibile un islam repubblicano… Al di là dell’emozione e della collera… bisogna che noi tutti, prendiamo coscienza… che c’è una volontà radicale e feroce… di isolare i musulmani, di farne i nemici della Francia. Per questo dobbiamo tutti resistere, perché tutti siamo coinvolti
“Il massacro segna l’irruzione in seno alla società francese della guerra del Medio Oriente, dove le nazioni occidentali hanno fatto gli apprendisti stregoni… L’anti-islamismo diventa sempre più radicale e ossessivo e tende a stigmatizzare tutta una popolazione… La paura si aggrava tra i Francesi di origine cristiana, tra quelli di origine araba, tra quelli di origine ebraica. Gli uni si sentono minacciati dagli altri… la risposta è l’unione di tutti… di tutte le etnie, di tutte le religioni e di tutte le componenti politiche”