ricrordando A. Zarri

zarri

Vita di una eremita

 

di Ilaria Napolitano

 in “Mosaico di pace” n° 2 del febbraio 2014

 

“Ogni vita comincia alla soglia di una tomba” scrisse diversi anni fa André Chouraqui all’inizio della sua stupenda autobiografia (Chouraqui, A., Un eremo non è un guscio di lumaca, Torino 2011, pag. 197. Per tutte le successive citazioni si fa riferimento al medesimo testo).

Adriana Zarri: teologa, scrittrice, attenta osservatrice della nostra realtà politica ed ecclesiale, impegnata nelle grandi battaglie civili della storia recente del Paese, dal 1975 sceglie di ritirarsi in campagna abbracciando una forma di vita eremitica, coltivando la terra, occupandosi degli animali e, naturalmente, scrivendo. Informandone con una lettera “circolare” gli amici, sente il bisogno di difendere la sua scelta da due possibili malintesi: il primo che la preghiera, vissuta così radicalmente, possa essere vista come qualcosa di alienante, in antitesi a una piena partecipazione alle cose del mondo; il secondo, più legato alla sua storia personale, che il “ritirarsi”, dopo decenni di lotte e battaglie nell’arena pubblica, dato il “clima restauratore” del momento, possa essere letto come abbandono del campo per “delusione e stanchezza”. nel deserto . Niente di tutto questo: Chiede a un certo punto un lettore: “Come fa un monaco laico a mantenersi? Penso, infatti, che oggi la povertà non escluda l’indipendenza economica, che è dovere per tutti”. Semplice, lavorando. E il lavoro al Molinasso è duro: agosto insopportabilmente caldo, gennaio freddissimo, le zanzare torturano, l’attività della fienagione stanca sul serio, l’acqua spesso gela nella stalla e si è costretti a intervenire con il martello. Un lavoro tosto e scarsamente remunerativo, ma: ‘dopo’) ci pare sempre più verde; mentre è esattamente il contrario: l’erba più verde è la mia, quella che cresce nel mio orto, quella del mio ‘oggi’ del mio ‘ora’ perché soltanto quella è stata coltivata da Dio per me, e soltanto quella mi può nutrire di rugiada, di verde, di vita; non di illusioni e di velleità. La cosa più importante è sempre quella che sto facendo. Allora non debbo avere fretta”. È così che alla fine la preghiera stessa si fa indistinguibile dall’abitare il quotidiano: “è divenuta un’intellettuale incarnata, “contaminata, sporca di vita materiale”, che non rinnega metà del suo lavoro, però può consapevolmente dire, giunta all’ultima stagione, che è più importante vivere che fare: La vita, semplicemente

 Adriana Zarri (San Lazzaro di Savena 1919 – Crotte di Strambino 2010) prende molto giovane i voti nella Compagnia di San Paolo a Milano. Ne esce dopo qualche anno, continuando ad approfondire gli studi di teologia, collaborando con riviste specializzate e tenendo conferenze in giro per l’Italia. È stata definita una teologa di linea conciliare molto prima del Concilio. Ha vissuto da eremita dal 1975 prima in una cascina del Canavese, poi a Crotte, paesino nei pressi di Ivrea. Tra gli scritti teologici: Erba della mia erba (1981). Autrice anche di romanzi, tra cui Vita e morte senza miracoli di Celestino VI (2008).

*Ilaria Napolitano è laureata in filosofia, specializzata in educazione degli adulti e counseling clinico a indirizzo psicosintetico