relazione di don Vito Impellizzeri al CCIT 2016 di Esztergom in Ungheria

CCIT –Esztergom– 2016

basilica1la figura della coscienza del Samaritano lo sguardo dal basso della prossimità culturale

 

di don Vito Impellizzeri

A mio padre, vangelo nascosto

Introduzione

«L’altro è l’inferno» (Sartre)Vito

«Oggi sarai con me in Paradiso» (Gesù)

«La sofferenza, la fame, i disagi finiscono per fare degli uomini dei lupi fra loro: beati quei popoli che riescono a prevenire con l’unico mezzo efficace, la vera profonda leale solidarietà. La società di domani sarà come noi l’avremo voluta oggi» (G. Andrea Trebeschi, Brescia 1897 – Dachau Mauthausen Gusen 24.1.1945)

per). Ma devo prima raccontare le due domande sentite ripetutamente negli ultimi giorni di mio papà. Domande che abitano come senso e come promessa la mia ricerca, che hanno ricordato alla mia coscienza l’intelligenza nascosta del vangelo nelle pieghe e nella piaghe del quotidiano.

  1. Accompagnandolo in ospedale a fare le visite, ma lo stesso potrebbe avvenire in posta, in un supermercato, o dal dentista, dovunque si crei un legame antropologico reale tra il tempo come attesa e lo spazio come fila e questo attenda la scelta delle relazioni, la prima domanda era sempre la stessa: «Scusate, chi è l’ultimo?». È, a mio semplice modo di vedere, riflesso di vangelo, completamento della domanda con cui Gesù conclude la parabola del Buon Samaritano, perché anche qui la risposta, il riconoscimento presuppone poi che io, cioè colui che pone la domanda, prenda il suo posto, diventi io l’ultimo. E lui diventi colui che è prima di me. Diventi il primo di me. È questa semplice domanda che trasforma gli ultimi in primi. È questa semplice domanda che custodisce l’umanità come riflesso bello di vangelo. È veramente una domanda bella.

  1. Il mondo come spazio della vera fraternità.

[È dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, Questo sfida l’uomo, anzi lo costringe a darsi una risposta.1 ]

In questo modo, si rende possibile sviluppare una comunione nelle differenze, che può essere favorita sola da quelle nobili persone che hanno il coraggio di andare oltre la superficie conflittuale e considerano gli altri nella loro dignità più profonda. Per questo è necessario postulare un principio che è indispensabile per costruire l’amicizia sociale: l’unità è superiore al conflitto. La solidarietà, intesa nel suo significato più profondo e di sfida, diventa così uno stile di costruzione della storia, un ambito vitale dove i conflitti, le tensioni e gli opposti possono raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita. Non significa puntare al sincretismo, né all’assorbimento di uno nell’altro, ma alla risoluzione su di un piano superiore che conserva in sé le preziose potenzialità delle polarità in contrasto.3

La storia dunque è il luogo specifico e il teatro di realizzazione dell’uomo come singolo e come comunità sociale. Ma il Concilio, proprio secondo la prospettiva dell’unità, assume una decisa prospettiva trinitaria, legge in tale chiave proprio l’ Intersoggettività.

[Iddio che ha cura paterna di tutti, ha voluto che tutti gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro come fratelli. Iddio abbia voluto per se stesso, non possa trovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé.4 ]

Ognuno deve considerare il prossimo, nessun eccettuato, come un altro se stesso. Il “come” dei sinottici, è in realtà la misura trinitaria della socialità umana, cioè il porre l’altro sullo stesso piano di sé, come il Padre e il Figlio, la stessa dignità. E deve considerare il prossimo come l’alterità di Dio. Amare Dio e amare il prossimo non possono essere disgiunti come comandamento, in ragione del fatto che il comandamento rileva, cioè assume a norma di comportamento, ciò che l’amore rivela: l’inseparabilità tra Dio e il prossimo. Inseparabilità realizzata in Cristo. È il mistero più profondo che abita l’incarnazione, lì dove inizia la misericordia.

[La Chiesa ha riconosciuto che l’esigenza di ascoltare questo grido deriva dalla stessa opera liberatrice della grazia in ciascuno di noi,pesanti inefficaci.5 ]

Dio in persona viene ad abitare in mezzo agli uomini, là ove si accende il mutuo riconoscimento.

[L’unione della famiglia umana viene molto rafforzata e completata dall’unità della famiglia dei figli di Dio, il compimento della sua missione.6 ]

  1. La fraternità: totalità del compito di tutto l’uomo e del cristianesimo.

Eccomi al secondo momento di questo percorso: Non c’è alcun amore a Dio che non sia in se stesso già amore al prossimo e che attraverso l’esercizio dell’amore al prossimo non raggiunge il suo fine. Riflesso l’argomentare di Rahner della Prima Lettera di Giovanni. Solo chi ama il prossimo può sapere chi è veramente Dio, e solo chi ama Dio veramente può riuscire ad entrare in relazione con l’altro uomo, senza renderlo un mezzo per la propria autoaffermazione, in maniera riflessa oppure no. Dio non è il concorrente dell’uomo, bensì colui che rende comprensibile l’uomo, colui che gli dà la sua vera radicale dignità e significazione, essendo nel più intimo dell’uomo e nel contempo superandolo infinitamente. L’esistenza in Dio è la più profonda interiorità dell’uomo. In quanto viene amato in/per Dio, l’uomo è amato nel suo essere e nel suo significato ultimo, e in quanto si apre veramente all’amore al prossimo gli è data la possibilità di uscire da se stesso per amare Dio.

Di fatto, grazie alla comunicazione oggi siamo di fronte ad una umanità che nel suo insieme tende a diventare sempre più unità. Mondiale, globale, sono parole del quotidiano di ciascuno, spesso abbinate a crisi o conseguenze, basti pensare alle situazioni di conflitto o alle sfide ambientali. Viviamo nella situazione di una umanità che si fa sempre più vicina e unita. Ciò non significa naturalmente che questo mondo umano che diviene sempre più uno sia anche più armonico e tranquillo. Anzi. In un mondo in cui le singole storie dei popoli e le singole culture non sono più separate da spazi vuoti e da terre di nessuno, le situazioni di un conflitto divengono persino più pericolose che non nei tempi passati. C’è oggi nell’umanità una forza centripeta che costringe i singoli spazi storici e culturali a convergere verso uno spazio esistenziale comune a tutti gli uomini, ad es. la questione dei diritti universali dell’uomo. Ma anche c’è una nuova interiorità dell’uomo. Una nuova percezione di se. Sta cambiando decisamente la coscienza soggettiva e la sua relazione con il bene (e il male). Questa nuova condizione globale cambia anche la percezione della Chiesa, oggi tutti percepiamo la Chiesa nella sua dimensione mondiale, fa quasi nostalgia l’espressione usata da Papa Francesco la sera della sua elezione, di un papa venuto dalla fine del mondo!

Stoltezza della croce. Vera sapienza cristiana. Domanda che scuote le coscienze. La fraternità si rivela secondo Rahner come forma concreta dell’amore verso Dio. Il fratello diventa la porta, autenticamente umana, che porta Dio. Il fratello è la porta santa. Emerge chiaramente allora il senso e la promessa con cui Francesco ha voluto ampliare il segno della porta santa nel Giubileo della misericordia ponendovi luoghi come Lampedusa, il Centro Africa e la mensa dei poveri. Quando si comprende veramente l’unità che deve esserci tra l’amore verso Dio e verso il prossimo allora quest’ultimo passa dalla situazione di richiesta di una prestazione particolare e ben limitata alla condizione di un totale impegno di vita, in cui da tutta la nostra persona si richiede qualcosa, esigendola oltre misura. È il compiersi della trascendenza secondo la carità. È autentica libertà da noi stessi. In altri termini con fraternità, nella sua necessaria unità con la risposta d’amore verso Dio, si esprime la totalità del compito di tutto l’uomo e del cristianesimo. Secondo il padre gesuita è una parola da difendere e orientare verso la coscienza. In modo che torni a trovare residenza nella coscienza comune dell’umanità raccolta globalmente. Papa Francesco oggi in qualche modo rappresenta tangibilmente e percettibilmente la coscienza dell’intera umanità che vive più che mai oggi in unità e comunicazione. Rappresenta la coscienza del mondo.

Da questa impostazione della questione del recupero della logica agapica integrale della fraternità ne conseguono alcune conseguenze. Innanzitutto una teologia politica deve derivare necessariamente dall’essenza di questa fraternità cristiana. Oggi viviamo in una società del cambiamento. È un nuovo ambito per il compito della fraternità. L’ambito della politica vera e propria, della responsabilità per le premesse socio-strutturali che consentono una vita degna dell’uomo e sanamente possibile. Spiritualità fraterna e mistica della fraternità secondo l’EG, capaci di avviare il costituirsi di strutture di misericordia, alternativa alle strutture di peccato e alla logica del potere.

Poi ne consegue che mistero è la totalità dell’esistenza umana. Dio ed uomo sono mistero. L’amore del prossimo fa sì che uno entri nell’altro. Tale amore consegna l’uomo che ama all’altro, non soltanto in questo o quella sua caratteristica bensì nella sua totalità, come soggetto, con l’ampiezza illimitata della sua coscienza e del suo essere libero, con il suo perdersi in Dio. E allo stesso modo questo amore del prossimo è pronto ad accogliere l’altro come un soggetto denso di incalcolabile mistero. L’amore per il prossimo è il vicendevole compenetrarsi dei due misteri, in cui è presente il mistero per eccellenza Dio che rende così irriconoscibili i limiti tra questi due soggetti. In terzo luogo, secondo la proposta di Ranher la grazia si rivela come attraverso l’amore al prossimo, la fraternità, Dio stesso si fa norma interiore nello scambio tra due soggetti. La realtà bella ed universale, per tutti, è che l’antropologia della fraternità cristiana riesce a dire dell’uomo comune e semplice questa sua dignità infinita. La fraternità avvolta e sostenuta dal mistero assoluto di Dio infinito è per tutti. Per l’uomo che vive il quotidiano, fatto di spazi vuoti di infinito.

Terza ed ultima conseguenza è il rischio della libertà, amare nel senso vero e proprio della parola. La fraternità che è sorretta dall’amore verso Dio e che in questo amore trova il suo compimento, è la cosa più grande che ci sia. E proprio in quanto tale rappresenta la possibilità che viene offerta ad ogni uomo nella semplicità del quotidiano.

  1. Il perdono e le strutture di misericordia.

7]

Il termine misericordia conosce possibili chiavi semantiche:

  • miseror, avere pietà verso chi è misero, e cor, il cuore che sente questa pietà.

  • Rahim, rehem, esedh, emeth: viscere materne, grembo materno, bontà originaria, completa fedeltà, ma anche verità.

  • Eleos, oiktirmos, splanchena: misericordia, compassione, commozione, viscere materne.

la tenerezza politica della misericordia: cura del bene comune e riscatto degli esclusi, alternativa alla cultura dello scarto e del ricatto, si tratta di costruire strutture di misericordia (Moltmann) per una società decente, generare un mondo nuovo con la logica messianica dell’etica concreta agapica. La misericordia deve venire dal basso (dove sono le vittime, dove si alza il grido, dove Dio si incarna) è non è paternalismo pietistico e patetico ma è riscatto e rottura. Il disagio di ricordare che nel Getsemani Gesù diede ai discepoli tempo e libertà e persino spazio proprio, lì collocò nell’ora dell’uomo. Ed essi si addormentarono.

Conclusione

Conosciamo la vicenda di Babele. (Gen. 11, 1-9)

Centoquaranta rampe di scale furono addossate alla torre, settanta a Oriente e settanta a Occidente. Quelle a Oriente servivano per salire e quelle a Occidente per scendere. Così il formicaio si rivelava più che mai insensato. Le formiche cercano e scelgono sulla superficie della terra provviste indispensabili alla sopravvivenza durante l’inverno, e le trasportano nelle loro abitazioni scavate nel suolo. Gli abitanti delle tre città prendevano da terra mattoni fatti con la terra e li trasportavano in alto, sempre più in alto, con fatica sempre maggiore e senza potersi fermare a riprendere fiato, perché la minima sosta rischiava di bloccare il flusso dei portatori provocando incidenti. Ormai occorreva più di un anno per arrivare in cima e un anno esatto per tornare giù. Se un uomo si feriva o cadeva da quell’altezza, nessuno ci faceva caso, ma se si rompeva o andava perduto un mattone, tutti piangevano perché sarebbero dovuti passare più di due anni prima di poterlo sostituire. L’unica pausa in quel moto perpetuo aveva luogo in cima alla torre, dove prima di attaccare la discesa i portatori di mattoni si fermavano a cementarli con la calce e a lanciare nugoli di frecce contro il cielo. Facendo bene attenzione a non guardare mai verso terra per paura delle vertigini. Gli angeli tornarono dall’Eterno:

  • Guardali! Sono arrivati tanto in alto che non ce la fanno a guardare il panorama.

Li vedo, disse l’Eterno rattristato, si sono trasformati in macchine puntante in un’unica direzione. Li ho lasciati fare fin’ora perché non si ingannano e non si uccidono, ma che pace è questa in cui si è perso il valore della vita umana? Venite, scendiamo fra questi sciocchi, confondiamo le loro lingue e costringiamoli a pensare».8

  • Non apparirebbe del tutto diversa la vita cristiana se noi intendessimo spontaneamente la massima salva la tua anima con salva il tuo prossimo?

  • Noi siamo disposti a prendere sul serio la beatitudine del povero, del misericordioso, dell’operatore di pace e il consegnarsi di Gesù come reale esperienza di compimento della nostra esistenza?

  • Siamo disposti ad accogliere che nell’amore cristiano, quale si attesta alle origini, l’amore del nemico è il principio di ogni amore ecclesiale?

  • Scusate, chi è l’ultimo, perché io possa prendere il suo posto?

  • Ma mi conosci? Ogni volta che lo hai fatto al più piccolo dei miei/tuoi fratelli lo hai fatto a me

1 Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et spes, n. 4

2 Espressione scelte da Piero Coda per una sua recente pubblicazione: Piero Coda , Il Concilio della misericordia. Sui sentieri del Vaticano II, Città Nuova, Roma 2015, pp. 407. Testo chiave per l’elaborazione di questo mio primo paragrafo.

3 Francesco, Evangelii Gaudium, Città del Vaticano 2013, n. 228

4 Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 24

5 Francesco, Evangelii Gaudium, Città del Vaticano 2013, nn. 188-189.

6 Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et spes, n.42

7 Francesco, Evangelii Gaudium, nn. 276.278-279

8 G. Limentani, Gli uomini del libro, Adelphi, Milano 1975, pp.82-84