per una chiesa più evangelicamente dialogante

 

se nella chiesa manca il confronto

di Enzo Bianchi

Si vive nella Chiesa una situazione paradossale della quale purtroppo non c’è consapevolezza né tra coloro che non ne fanno parte, né tra quelli che la compongono, e magari se ne sentono anche fieri militanti. Oggi, tra i cristiani è attestato molto impegno, soprattutto nelle opere di carità verso i bisognosi, i migranti. C’è anche indubbiamente molta attenzione e un giudizio positivo sulla voce di Papa Francesco che appare a tutti capace di una parola chiara e di un annuncio radicale del Vangelo.
Ma nello stesso tempo manca una soggettività matura nella vita della Chiesa soprattutto in Italia, a differenza che in altri Paesi, e lo si constata anche nel cammino sinodale in corso: c’è una certa assenza di dibattito intraecclesiale e di consapevolezza, la mancanza di proposte per il futuro della Chiesa. È significativo che ciò che è pervenuto alla Segreteria del Sinodo dalle assemblee diocesane di tutta Italia ripresenti in realtà le proposte già discusse nei decenni precedenti.
Quando ci si riunisce non si affrontano i temi che appaiono conflittuali, ma che sono i più sentiti e sofferti dal popolo di Dio, si sceglie invece di dare spazio alle “testimonianze”, vere e proprie esibizioni di leader spirituali che incantano ma non convertono nessuno e soprattutto non lasciano spazio al confronto delle idee. Fin dall’inizio del cammino sinodale il Papa e tutti i pastori delle chiese locali hanno enunciato il primato dell’ascolto invitando tutti all’ascolto reciproco.
Conosco bene la tradizione monastica e i suoi inganni: per mostrare di praticare la sinodalità l’autorità fa parlare tutti, ascolta tutti, ma non lascia spazio al dibattito, spegne ogni confronto sul suo nascere e poi decide come vuole. È un rischio presente in ogni cammino sinodale, soprattutto se nella chiesa manca l’opinione pubblica. Già nel 1950 Pio XII diceva: “Là dove non appare nessuna manifestazione di opinione pubblica, là dove si constata una sua reale inesistenza … occorre vedervi un vizio, una infermità, una malattia della vita sociale. Così anche in seno alla chiesa: essa, corpo vivente, mancherebbe di qualcosa di vitale se l’opinione pubblica mancasse, e questo sarebbe un difetto che ricadrebbe sui pastori e sui fedeli”. Parole da riproporre ancora oggi perché non abbiamo bisogno di voci uniformi, né di adulatori, né di parole che ripetono quelle del Papa, ma innanzitutto di persone che si distinguono per la loro libertà.
Non basta ascoltare, occorre poi anche discernere, prendere posizione, opporsi se è necessario, e confrontarsi per giungere a una comunione plurale.
Basta con queste “testimonianze” che la Chiesa non conosceva fino a cinquant’anni fa, basta con queste presunte “conversazioni spirituali”, che in realtà vengono richieste per nascondere i conflitti, basta con la paura della libertà. L’Evangelii gaudiumdi Papa Francesco è estremamente chiara su questo metodo e su questo stile.
Se non compariranno cristiani adulti, maturi, con una soggettività ecclesiale che sappia esprimersi, la Chiesa non solo sarà sempre clericale, ma continuerà a essere incapace di una parola profetica, libera e critica. Certo non basta parlare, occorre ascoltare, ma non basta neanche ascoltare, perché occorre poi confrontarsi, discutere, per camminare insieme.