l’importanza della marcia Perugia-Assisi

nell’era delle ideologie

l’Italia riparte dalla marcia Perugia-Assisi

In tempi di imbarbarimento dello spazio pubblico, di banalizzazione mediatica, di demagogia politica, potrebbe sembrare ingenuo o anacronistico raccontare di organizzazioni e cittadini che studiano e approfondiscono notizie e ragionamenti per rendere serio il proprio impegno politico e più efficaci le proprie argomentazioni.

È così che – a dispetto di chi misura la vitalità di associazioni e movimenti dal numero di manifestazioni – hanno trascorso gli ultimi anni molte organizzazioni della società civile che si occupano di politiche globali e diritti umani, conflitti e disarmo, crisi climatica e migrazioni, giustizia sociale e liberazione dei popoli, diritti e democrazia. Ed è così che hanno pensato di approfondire le tante questioni della Perugia-Assisi di quest’anno. Un po’ come se fosse il titano Atlante, l’evento si è caricato sulle spalle le cose del mondo che non ci piacciono, organizzando un forum multitematico a Perugia nei due giorni precedenti alla Marcia.

Quella del prossimo 7 ottobre sarà una Marcia della Pace che durerà più di un giorno, perché una parte del Paese è già in cammino. Sono ormai tante le manifestazioni che, mettendo insieme organizzazioni della società civile e singoli cittadini, vogliono evidenziare un dissenso o semplicemente palesare l’esistenza di un’Italia che non ci sta, che non è allineata alla straripante sbornia di una campagna elettorale che non è mai finita e di una vita politica che ha assunto i toni della perenne proclamazione ideologica.

Spontaneità di mobilitazione e di opposizione popolare che agisce come surroga ad una opposizione istituzionale. Opposizione che fatica nel sintonizzarsi con quella parte di Paese che aspira a rappresentare e farsi carico di un’azione politica strutturata e finalizzata.

Durante l’estate della criminalizzazione della solidarietà e dei porti chiusi, la Puglia più solidale piange i suoi lavoratori morti di caporalato; la Catania più accogliente affolla il molo per liberare i “sequestrati” della Diciotti; la Milano democratica scende in piazza contro un ministro che fonda un’alleanza della destra più xenofoba e antieuropeista da spendere alle prossime elezioni europee; Riace e mezza Italia si stringono intorno ad un sindaco arrestato per l’accusa di promozione di una società aperta, ideatore di un modello di comunità che nel resto del mondo è studiato e invidiato.

Intanto, il nostro Paese prosegue a esportare bombe verso l’Arabia Saudita – senza scrupoli né umani né di coerenza con le proprie leggi – che le fa piovere criminosamente sulla testa di bambini e civili imbelli. In Siria, il regime di Bashar al-Assad prepara la propria restaurazione e la spallata finale ai “ribelli”, nel silenzio della comunità internazionale. La Libia implode sotto il peso di una finta credibilità costruita da istituzioni internazionali ansiose solo di rimettere in moto gli affari, che puzzano di petrolio da comprare e di sangue dei migranti nei lager delle nuove frontiere esternalizzate. La Turchia di Erdogan e del suo ego si sbriciola economicamente, tra la follia di una politica estera da superpotenza che non può permettersi e le conseguenze dei dazi americani voluti dal suo ex amico Donald Trump, consegnando a mezza Europa lo spettro dello scioglimento anticipato del contratto che ha arginato la rotta balcanica di immigrazione. Ultima, ma non per importanza: il conflitto palestino-israeliano, lungi da trovare una via di pace e di indipendenza per il popolo palestinese, si caratterizza invece per nuovi e diseguali scontri e violazione dei diritti umani.

Questa concentrazione di contenuti e di politica non deve sembrare irrituale per la Perugia-Assisi, è il concetto stesso di Pace ad essere in discussione, se Pace non significa solo assenza di guerre e conflitti o un contenitore astratto, in cui porre pochi e consimili concetti. La Pace, quindi, diventa il nome che diamo al nostro progetto politico, che coinvolge ambiti che troppo spesso vengono tenuti distinti: dai conflitti alle migrazioni, dal disarmo alla giustizia sociale, dai diritti umani alla difesa dei beni comuni, dalla giustizia climatica ai diritti civili.

Ci sarà da fare un grande sforzo per elaborare in maniera più puntuale e diffondere un nuovo approccio nell’affrontare le politiche globali, un pensiero forte sul quale fondare nuovi movimenti per nuove generazioni. L’Arci, già da ora, è parte integrante di questo nuovo fronte, che sa guardare al globale e occuparsi delle sue più piccole comunità, che sa cogliere la circolarità e l’interdipendenza della realtà senza dimenticare l’importanza di nessun elemento.

Ripartiamo da qui, quindi. Dalla Perugia-Assisi del 7 ottobre.

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