le ‘suore luigine’ lasciano a Torino il campo rom ma non i rom

le suore lasciano i campi rom

“troppi prepotenti, costrette a mollare dopo trentotto anni”

le religiose:
“in via Germagnano serve la presenza delle forze dell’ordine e degli educatori”

suor Rita e suor Carla sono suore Luigine, una congregazione nata nel 1915 ad Alba

dal 1979 sono vissute prima tra i sinti e poi tra i rom della ex Jugoslavia

maria teresa martinengo

«vi chiudiamo dentro, così non andate via. Se ve ne andate questo campo non sarà più come prima»,

ha detto un capofamiglia rom a Rita e a Carla. Ma loro, le suore Luigine che hanno vissuto 38 anni nei campi nomadi di Torino, con le lacrime agli occhi un mese fa hanno lasciato la loro casetta di via Germagnano. «Avremmo voluto restare, ma la nostra età e le condizioni del campo non lo permettevano più», raccontano le religiose, sorelle, 78 e 77 anni. Una frase a testa, con serenità e malinconia insieme, le suore Luigine che ai sinti e ai rom hanno dedicato la vita, dando una mano con i bambini, con le medicazioni, con la burocrazia, raccontano.  

PRESENZA AMICA  

«La nostra è stata e continua ad essere, perché siamo già tornate più volte, una presenza di amicizia, condivisione di vita». Dal 1979 in via Lega, tra i sinti, poi all’Arrivore, gli ultimi quindici anni in via Germagnano. «Ma il campo comunale di via Germagnano, dove vivono 30 famiglie con la residenza, da cinque-sei anni vive un momento brutto. L’abbiamo detto in Comune: l’abbandono in cui versa è un segnale negativo per i rom prima di tutto». Le suore, che raramente si sono espresse in tutti questi anni, ammettono che «le pietre lanciate di notte contro la roulotte di un poveretto da ragazzi, sono il segno che mancano i genitori, che non c’è più autorevolezza». La scuola è trascurata. «I ragazzi non ci vanno, i genitori non insistono. Il pulmino che li portava non c’è più e per le famiglie è difficile accompagnarli: se li mettono sul furgone capita che appena usciti dal campo prendano la multa. Poi, l’impressione è che il diploma di terza media venga dato con una facilità che non è educativa».   

TROPPI PREPOTENTI  

Rita e Carla hanno pianto. «Saremmo rimaste, ma non aveva più senso stare in un posto di cui non si cura più nessuno. Per un po’ ci siamo fermate a pensare alla proposta che i sinti di via Lega, di fronte a via Germagnano, ci hanno fatto. Ci volevano di nuovo con loro, si sarebbero accollati la spesa per comperarci una casa mobile. Ma alla nostra età non avrebbe avuto senso. Così abbiamo accettato la casa che don Ciotti ci ha offerto», spiega Rita. «Certo – aggiunge la sorella, guardandosi intorno nell’appartamento dove si trovano provvisoriamente – per noi come per i rom è difficile abituarci a una casa. Il campo è un’altra vita. Al mattino presto là c’era sempre qualcuno che gridava se volevamo un caffè…».  

I problemi sono arrivati dai prepotenti. «Cinque-sei anni fa è arrivata gente che minacciava, bruciava le case, poi le occupava. Ora piazzano i camper dentro l’area, se ci sono controlli se ne vanno. Alcune famiglie in regola se ne sono andate. Noi – tengono a ribadire – non siamo andate via per i rom, ma per l’abbandono: nonostante questa situazione che colpisce i deboli, là non vanno più né vigili, né cooperative. I volontari vengono derisi. Ci avevano detto, in caso di necessità di chiamare la polizia, finito l’orario dei vigili, ma in sei mesi non è mai arrivata».  

LAVORO PER LE DONNE  

Per Rita e Carla un’altra estate là non sarebbe più stata possibile. Se avessero lasciato la casetta per qualche settimana di riposo, al ritorno probabilmente avrebbero trovato brutte sorprese. Per far sì che il Comune potesse assegnarla a una famiglia in regola e bisognosa, e non venisse, al contrario, occupata da prepotenti, le suore sono rimaste fino all’ultimo: «Mentre uscivamo – ricordano – è entrata una giovane coppia in attesa di un bimbo». Così anche le famiglie vicine in regola sono state protette. «C’era chi ci diceva: se la vostra casa se la prendono “quelli là” noi dovremo andare via». Rita e Carla le loro idee per restituire a via Germagnano un po’ di dignità le hanno spiegate in Comune: «Presenza delle forze dell’ordine, subito, lavoro educativo nel campo. E lavoro per le donne».